Rivista Orizzonti del Diritto CommercialeISSN 2282-667X
G. Giappichelli Editore

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Storicità, controversia e insegnamento: tre parole per qualche divagazione sul metodo del diritto commerciale* (di Paolo Spada, Professore emerito, Sapienza Università di Roma)


* Il presente lavoro riproduce, con alcune integrazioni, la relazione svolta nel corso della tavola rotonda “Il metodo nel diritto commerciale”, tenutasi il 22 febbraio 2019 nell’ambito del X Convegno annuale dell'Associazione "Orizzonti del diritto commerciale".

Nel linguaggio giuridico italiano «diritto commerciale» designa un campo tematico delimitato dalla storia delle istituzioni economiche, politiche e normative di alcune aree del continente europeo. La storicità ne condiziona necessariamente ogni approccio conoscitivo. Metodologicamente, la prospettiva ineludibile della ricerca giuridica è quella della controversia, reale o potenziale: l’oggetto ne sono le regole di comportamento, i loro presupposti d’applicazione ed i loro destinatari; l’obiettivo è quello di validare la decisione della controversia. Questione metodologica distinta è quella dell’insegnamento, dell’addestramento alla prevenzione, alla gestione ed alla composizione della controversia. Insegnamento che esige lo sviluppo di una sensibilità funzionale nell’uso delle regole di comportamento.

* This article is an expanded version of the talk given at the roundtable on “Il metodo nel diritto commerciale” that was held on 22 February 2019 at the Tenth Annual Conference of the ODC Association.

Historicity, dispute and teaching: three words for some reflections on the method of commercial law.

In the Italian legal language, «diritto commerciale» designates a thematic field delimited by the history of the economic, political and regulatory institutions of certain areas of the European continent. Historical character necessarily influences any cognitive approach. Methodologically, the unavoidable perspective of legal research is that of every actual or potential dispute: the subject matter are the rules of conduct, their prerequisites and their addressees; the objective is to validate the settlement of the dispute. A separate methodological issue is that of teaching, i.e. training in prevention, management and dispute settlement. Primarily, teaching requires the development of a functional sensitivity in the use of the rules of behaviour.

Keywords: historicity – dispute – teaching

CONTENUTI CORRELATI: storicità - controversia - insegnamento

Sommario/Summary:

1. Premessa. - 2. Storicità. - 3. Controversia. - 4. Insegnamento.


1. Premessa.

Il tema su cui verte questa Tavola Rotonda (Il metodo nel diritto commerciale) si presta, ovviamente, ad una serie aperta di declinazioni – come gli interventi che hanno preceduto questo mio stanno a testimoniare. Intendo qui condividere con gli astanti qualche divagazione del mio pensiero che compendierei in tre parole: «storicità», «controversia» e «insegnamento»; parole la prima delle quali è spesso circolata trai partecipanti alla Tavola Rotonda, laddove latitanti mi sono sembrate le ultime due. Mentre poco, forse nulla, potrò aggiungere sulla storicità del diritto commerciale – tanto questo connotato ne è evidente – di una qualche enfasi sulla relazione tra metodo e controversia, da un lato, e tra metodo e insegnamento, dall’altro, avverto l’opportunità per contribuire al dibattito.


2. Storicità.

Quanto alla «storicità», ricordo a me stesso che le materie (o discipline) nelle quali si articolano la ricerca, l’insegnamento e il reclutamento dei docenti sono campi tematici dell’esperienza giuridica perimetrati dalla storia: talora il perimetro è tracciato da una innovazione delle regole aventi vigore in un prescelto contesto storico; talaltra sono gli studiosi a disegnarlo per rispondere ad esigenze di specializzazione della conoscenza e dell’insegnamento (come è a dirsi per il diritto industriale, il diritto del lavoro ecc.). Il diritto commerciale risale – io credo con i più – ad un’innovazione del materiale regolatorio che si profila soprattutto in Italia a partire dal secolo XII e si sviluppa con l’affermarsi della civiltà comunale, progressivamente affiancando e rimpiazzando il diritto romano, il diritto canonico e gli atti normativi dei regni altomedievali. L’innovazione, secondo un’interpretazione storiografica condivisa, è innescata dalla crisi dell’economia feudale; crisi a sua volta dovuta a una crescita demografica delineatasi nel passaggio dal primo al secondo millennio che avrebbe portato all’abbandono delle campagne, alla creazione dei borghi e all’affermarsi di un’economia fondata sulla manifattura e sugli scambi (la storiografia parla, come tutti sanno, di rivoluzione commerciale). Le istituzioni economiche mobiliari, che si consolidano nella «forma» politica dei Comuni e delle Repubbliche Marinare, producono materiali normativi a servizio degli interessi dei mercanti; materiali autonomi nel senso che i produttori delle nuove regole coincidono con i destinatari, perciò che scaturiscano dalla consuetudine, dagli statuti comunali, delle organizzazioni delle arti e dei mestieri e dalla giurisprudenza delle magistrature mercantili. Nell’arco di quattro secoli, si profilano gli istituti giuridici che tuttora si ag­giudicano al diritto commerciale: come la contabilità a partita doppia, la rappresentanza commerciale, il fallimento, le forme dell’iniziativa collettiva (la compagnia; la commenda, e solo più tardi – secolo XVII – e in altro contesto la società per azioni o anonima), i documenti di pretese pecuniarie – tardivamente ammessi a circolare, come la litera cambi – e via dicendo. Questo materiale normativo in via [...]


3. Controversia.

Venendo alla seconda delle parole che orientano questa mia riflessione, cioè alla parola «controversia», l’approccio per me indefettibile all’intel­ligen­za dell’esperienza normativa che la storia ha – come sommariamente accennato – delimitato (e tuttavia continua a delimitare e ad articolare), sta nella identificazione (i) delle regole vigenti, in un dato tempo ed in dato spazio, (ii) dei presupposti d’applicazione di queste e (iii) dei loro destinatari; l’obiettivo pri­mario dell’analisi giuridica essendo quello di scrutinare – secondo la logica della persuasione – il processo di trasformazione degli enunciati (Costituzioni, Leggi, Regolamenti, Consuetudini, casistica ecc.) dai quali si ricavano le regole vigenti nell’enunciato del dispositivo che definisce una lite (attuale o potenziale). Di scrutinare, in una parola, la motivazione del giudizio. L’analisi giuridica, insomma, deve (prima o poi) essere funzionale alla decisione di una «controversia» (v. art. 12, secondo comma, disp. prel. al codice civile). È tanto inevitabile quanto doveroso che, nell’attribuzione di significato agli enunciati, lo scrutinio (di chi predispone la motivazione e di chi riflette sulle motivazioni altrui) ponderi gli interessi premiati con quelli penalizzati da ogni alternativa semantica e che, nel farlo, si avvalga di altre prospettive epistemiche – e tra queste è oggi particolarmente rispettata la prospettiva economica. Ma ciò non toglie che l’analisi che non assolva al compito di semantizzare e trasformare retoricamente il giacimento di enunciati precettivi che chiamasi «diritto», per assolvere il compito di decidere motivatamente una lite reale o potenziale, non appartiene, per chi qui vi parla, all’esperienza del pensiero giuridico. Impone questa conclusione – almeno nell’area giusculturale alla quale appartiene l’esperienza nazionale italiana – l’art. 101, secondo comma, della Costituzione italiana: se della locuzione «i giudici sono soggetti soltanto alla legge» ci si rifiuta di fare un manifesto enfatico e precettivamente tanto ampio da essere vuoto, deve concedersi che, nel suo divenire , la «giustizia … amministrata nel nome del popolo italiano» vincola chi l’amministra ad assolvere l’onere di [...]


4. Insegnamento.