Rivista Orizzonti del Diritto CommercialeISSN 2282-667X
G. Giappichelli Editore

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Prime riflessioni sul rapporto tra NFT e proprietà intellettuale (di Nicolò Muciaccia, Susanna Lopopolo)


Il contributo sviluppa alcune riflessioni iniziali sulle problematiche poste dagli NFT nella prospettiva del diritto d’autore.

In una prima parte vengono individuate e descritte le fattispecie di NFT attualmente esistenti distinte in ragione dei diversi usi a cui sono destinate. Gli autori indagano i modi in cui queste nuove tecnologie sviluppate su blockchain possano impattare sui meccanismi di gestione del diritto d’autore, tenendo conto tanto degli aspetti di Law and Economics quanto del diritto positivo. Proseguono sviluppando l’idea che gli NFT non dovrebbero essere trattati in modo unitario, poiché a diverse modalità di utilizzo corrispondono diverse fattispecie giuridiche e, quindi, diverse discipline.

Nell’ultima parte vengono affrontate le questioni inerenti al rapporto tra NFT e opere dell’ingegno ad esemplare unico, all’applicabilità del diritto di seguito e quella del principio dell’esaurimento «digitale».

Parole chiave: diritto d’autore.

A first glance at the relationship between NFTs and intellectual property

The paper contains some initial reflections on the issues posed by the emerging technology of NFTs and their relationship with Copyright.

In the first part, existing and currently widespread cases in reality are identified and described because of the different uses that can be made of NFTs. The authors investigate the changes that the diffusion of these new technologies developed on blockchain may bring in the mechanisms of copyright management, having regard as much to Law and Economics aspects as to positive law. They go on to develop the basic idea that these new cases should be legally treated in a non-unitary way, since different ways of use correspond to different conformations and, therefore, different rules of discipline.

Thus, in the last part they deal with the relationship between NFTs and one-off intellectual works, the resale right and the principle of «digital» exhaustion.

Keywords: Non-Fungible Token; blockchain; IP Law.

Sommario/Summary:

1. Introduzione: le nuove fattispecie della realtà tecnologica. - 2. Blockchain, Non-Fungible Token (NFT) e smart contract: i caratteri della fattispecie. - 2.1. Tassonomia e qualificazione giuridica degli NFT in ragione dei loro utilizzi. - 3. Disruptive technologies e liberalizzazione nella gestione dei diritti IP. - 4. Blockchain e regole di allocazione dei diritti patrimoniali d’autore. - 5. NFT e opere ad esemplare unico. - 6. NFT e diritto di seguito. - 7. NFT tra distribuzione e principio dell’esaurimento (digitale). - 8. Conclusioni. - NOTE


1. Introduzione: le nuove fattispecie della realtà tecnologica.

Nell’era della «quarta rivoluzione industriale» [1] e sulla scia degli effetti provocati dalla pandemia [2], la WIPO ha ben evidenziato come la nascita della blockchain [3] si fondi su, e contribuisca al contempo ad alimentare, un nuovo sistema che consente a soggetti che non si fidano l’uno dell’altro [4] di mantenere un consenso sull’esistenza, lo stato, i tempi e l’evoluzione di una serie di eventi condivisi [5]. Le applicazioni blockchain possono creare un record immutabile di transazioni, connesso ai partecipanti, che non dà luogo a opportunità di frode, date le caratteristiche della tecnologia su cui si basa il record. La possibile sfiducia tra i partecipanti viene risolta attraverso l’esistenza di una rete globale di computer, caratterizzata da nodi che validano consensualmente tutte le transazioni che avvengono su questa rete e quindi gestiscono il database distribuito – in tal senso si parla di «decentralizzazione». La principale differenza rispetto agli strumenti attualmente diffusi sta nel fatto che questi comportano solitamente un costo operativo più elevato a causa dei sistemi di sicurezza che utilizzano e non è garantito che vengano eseguiti in modo altrettanto efficiente su sistemi remoti, creando rischi di conflitto o contenzioso. Di contro, la blockchain fornisce un sistema sicuro e resiliente, relativamente economico e flessibile, che consente di costruire applicazioni collegate in tempo reale e maggiormente dinamiche. I database blockchain sono, peraltro, inalterabili a causa della loro natura crittografica e decentralizzata: per un verso, le informazioni in essi archiviate sono distribuite in più nodi che ne contengono una copia aggiornata; per altro, sono protette da sistemi crittografici. Strutturalmente, un database blockchain è organizzato in blocchi di transazioni matematicamente correlati tra loro in modo concatenato, sì che la modifica di un blocco sarebbe impossibile, generando una discrepanza nel sistema rispetto al resto dei blocchi tale da invalidare la transazione. I partecipanti a una blockchain non si autenticano tramite una sessione utente (cioè effettuando il login con username e password, come nei sistemi tradizionali), ma utilizzano coppie di chiavi private di firma (an­ch’esse correlate crittograficamente), generate automaticamente. Queste chiavi forniscono [...]


2. Blockchain, Non-Fungible Token (NFT) e smart contract: i caratteri della fattispecie.

Passando ad una descrizione dei caratteri fondamentali dei sistemi di blockchain, degli NFT e degli smart contract, si cominci col dire che con il recente art. 8-ter della l. n. 12/2019 di conversione del d.l. n. 135/2018 (c.d. decreto Semplificazioni) recante «disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione» [16], il legislatore ha offerto una prima, sebbene parziale e opinabile [17], definizione di «tecnologie basate su registri distribuiti» quali «le tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche» che consentono «la registrazione, la convalida, l’aggiornamento e l’archi­via­zione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili». Si tratta, in generale, di tecnologie decentralizzate, caratterizzate dall’as­senza di un’entità centrale che media le transazioni tra gli attori ai quali è affidata, in modo paritetico, la gestione del registro contabile o database di contabilità. Nell’ambito di tali piattaforme si collocano le reti blockchain che, da un punto di vista strutturale, secondo la WIPO, possono definirsi «a network of identical ledgers shared and synchronized across multiple sites, bodies or geographies, which can record the transactions performed in multiple places at the same time» [18]. Le unità fondamentali di questa rete sono i cc.dd. blocchi o nodi, collegati tra loro in maniera concatenata mediante algoritmi e tecniche crittografiche che, tramite hash, mettono in relazione ogni blocco con il precedente e così via, fino a raggiungere il blocco di genesi (c.d. origine della catena). La funzione principale di ciascun nodo della rete è validare le transazioni che avvengono al suo interno e archiviare le informazioni del sistema, rendendo il database inalterabile: una volta che le informazioni e gli scambi sono stati registrati nella rete, infatti, non possono più essere modificati autonomamente da nessun componente e sono irrevocabili. È questa una caratteristica essenziale dei sistemi blockchain, di tipo «congiunturale» [19], ossia legata a variabili come il numero [...]


2.1. Tassonomia e qualificazione giuridica degli NFT in ragione dei loro utilizzi.

Aver messo a fuoco i principali caratteri della blockchain e le possibili declinazioni degli NFT consente ora di tentare una qualificazione giuridica degli stessi in ragione dei loro utilizzi già ad oggi più diffusi o di prevedibile futura diffusione. Ad animare il presente lavoro è difatti la convinzione che gli NFT non siano tutti uguali tra loro, nel senso che diverse tipologie di token assolvono a funzioni diverse e presentano caratteri eterogenei, tali da determinare l’applicazione di regole volta a volta più congrue al caso concreto. Provando a raggruppare NFT con caratteri tra loro omogenei, il quadro che ne risulta potrebbe essere il seguente: a) NFT che incorporino opere native digitali o soltanto «copie digitali» di un’opera nata su supporto materiale [52]; b) quando le opere siano native digitali, NFT contenenti esemplari unici (o a tiratura limitata) o sue copie; c) NFT che contengano prodotti audio o audiovisivi, software, etc.; d) NFT rappresentativi di una posizione o status giuridici, ovvero di un certificato di autenticità et similia. È bene subito precisare che dei casi sub d) non saranno qui trattati quelli riconducibili alla disciplina dei mercati finanziari, ma soltanto gli altri utilizzabili nell’allocazione dei diritti IP, per i quali si rinvia alle pagine che seguono. Nei casi sub a) e b) – all’evidenza strettamente connessi –, se gli NFT vengono utilizzati come supporto per opere dell’ingegno native digitali, saranno coperti dalla tutela autorale; se invece incorporano copie di un’opera nata su supporto materiale, rappresenteranno una forma di sfruttamento economico della creazione qualificabile come riproduzione o adattamento digitale ovvero elaborazione creativa. L’argomento verrà meglio sviluppato in seguito [53], dovendosi qui solo accennare alla circostanza che se un NFT incorpora un’opera già esistente aumentano le possibilità di conflitto con i diritti di proprietà intellettuale del­l’autore o di eventuali terzi. Si pensi all’ipotesi in cui un token abbia ad oggetto highlight [54], ossia immagini o brevi video dei momenti salienti di una o più partite o gare sportive: la creazione di un token con queste caratteristiche potrebbe contrastare con il diritto connesso degli organizzatori dell’evento sportivo ai sensi del d.lgs. 9 gennaio 2008, [...]


3. Disruptive technologies e liberalizzazione nella gestione dei diritti IP.

Prima di passare ad una più puntuale ricostruzione di alcuni problemi posti dagli NFT, occorre però vagliare criticamente le ragioni a base dello scetticismo che li ha accolti. Passaggio tanto più reso obbligato dalla circostanza che, se gli NFT non fossero effettivamente forieri di vantaggi per gli operatori economici, cadrebbe nel medio e lungo termine ogni interesse scientifico ad un loro studio. Nella prassi, la diffusione degli NFT è per lo più legata alla creazione e alla circolazione di opere dell’ingegno nel campo dell’arte, della musica, dello sport e degli audiovisivi, cioè nei settori in cui tradizionalmente operano le collecting societies. Un primo dubbio attiene dunque all’idoneità degli NFT di consentire il superamento dei problemi legati alla posizione di monopolio o quasi-monopolio delle collecting e, ancor prima, all’opportunità economica di superare tali forme di monopolio e prediligere modelli di licenza individuali rispetto a modelli di licenza collettivi, realizzando una «disintermediazione» nella gestione dei diritti. Secondo un’opinione da condividere, il monopolio delle collecting, anche se non imposto per legge [63], sarebbe comunque il frutto di spinte naturali del mercato verso una contrattazione collettiva dei diritti d’autore e connessi, e ciò, in estrema sintesi, per le seguenti ragioni fondate su argomenti di analisi economica del diritto: i) a causa delle molteplici possibili utilizzazioni e del loro carattere transnazionale, oltre che del numero di titolari dei diversi diritti patrimoniali, intavolare trattative individuali sarebbe antieconomico, tanto per gli artisti quanto per gli utilizzatori; ii) e così l’intermediazione delle collecting, consentendo negoziazioni collettive, che tengano conto delle, e ricomprendano anche, creazioni future, permetterebbe di abbattere i costi di transazione [64]; iii) in tal modo, gli utilizzatori sarebbero naturalmente portati a sfruttare un ampio «repertorio» di opere, fra cui scegliere in relazione ad esigenze di programmazione necessariamente mutevoli e imprevedibili ex ante (una discoteca, una radio e una piattaforma on line non sanno quali opere utilizzeranno nel corso della stagione, né con quale intensità) [65]. Sempre secondo lo stesso Autore, a determinare in concreto l’idoneità delle contrattazioni [...]


4. Blockchain e regole di allocazione dei diritti patrimoniali d’autore.

Se alle radici della liberalizzazione dei diritti vi è lo sviluppo tecnologico, è ben possibile che i sistemi di DLT, e la blockchain nello specifico, consentano di superare anche alcuni dei problemi legati all’urgenza di porre un limite al c.d. value gap e di assicurare una più equa ed effettiva distribuzione dei proventi lungo tutta la filiera dell’industria creativa (revenue sharing) [86]. In questo senso, si può dire che lo sviluppo di nuovi modelli di business basati sulla valorizzazione del dato (data-driven) ha contribuito a spostare l’attenzione dalla protezione alla tariffazione. Un sistema che sfrutti a pieno il potenziale della blockchain potrebbe far sì che, ogni qual volta un utente intenda fruire di un contenuto protetto su una data piattaforma, questa invii una query allo smart contract [87] il quale, verificate le condizioni di accesso, registri il dato sulla blockchain e sblocchi di pari passo il contenuto richiesto, mentre trasferisce sul conto degli autori il compenso convenuto. La corresponsione delle royalties, rispetto alla quale oggi gli autori faticano ad esercitare un controllo efficace, potrebbe divenire semplice e automatica, quindi istantanea e certa. Inoltre, grazie alla disintermediazione degli scambi che abbatte i costi di transazione, tutti potrebbero partecipare al sistema di revenue-sharing, anche gli autori indipendenti e, in generale, i beneficiari di micropayment [88]. Sul versante del finanziamento dei progetti artistici, i sistemi di blockchain consentirebbero agli artisti – che la legge stessa abilita a disporre dei propri diritti su opere future (ex art. 120 l. aut., a patto che le creazioni siano determinate o determinabili) – di ricorrere allo schema dell’Initial Coin Offering (ICO) per emettere «copyright token», i quali rappresenterebbero una quota del diritto d’autore di regola proporzionale all’investimento effettuato [89]. Si verrebbe in astratto a costituire tra i token holder una comunione sul diritto autorale, con i medesimi problemi in punto di gestione che potrebbero invero crearsi anche nei casi in cui la comunione non sorga in ragione dell’ICO. Per una corretta impostazione dell’itinerario argomentativo, occorre però anzitutto guardare alla situazione attuale, ove anche la gestione collettiva dei diritti d’autore in comunione è incisa dalla [...]


5. NFT e opere ad esemplare unico.

Passando agli specifici profili dell’utilizzo di NFT in campo artistico, è cruciale intendere (e perciò ribadire) che l’opera non è sovrapponibile al­l’NFT; ma il file contenente la creazione è normalmente incorporato nell’NFT, che a sua volta incorpora un URL che indirizza al file originario. Può invero capitare che in alcuni casi sulla blockchain venga memorizzato il file vero e proprio, anziché i metadati che ad esso si riferiscono; ma – allo stato dell’arte – ciò accade raramente perché la memorizzazione di informazioni sulla blockchain ha un elevato costo di progettazione, ed è quindi più conveniente ricorrere a un collegamento esterno che conduce al file. Sul piano giuridico, il token può non essere perciò di per sé un’opera creativa che veicola la forma espressiva originale dell’autore (ma un insieme di metadati), esulando quindi dall’ambito di applicazione del diritto d’autore; e però le fonti del diritto e le norme sul diritto d’autore restano sempre le uniche applicabili (e doverosamente) anche al mondo delle disruptive technologies. Tuttavia, la maggior parte dei token fa riferimento e conduce a un file digitale, tramite un collegamento ipertestuale, e tale file potrebbe essere protetto da copyright. L’NFT può essere allora talvolta qualificato come una ricevuta di autenticità firmata crittograficamente di una copia unica di un’opera, che apre la strada a una rivendicazione di proprietà sulla copia stessa. I principi base in tema di proprietà faticano a trovare adattamento nel mondo digitale a causa dell’infra­struttura tecnologica (internet), un ambiente in cui produrre copie è un’attività pressoché a costo zero che può essere fatta senza mai perdere le qualità del documento originale e senza mai privarne il precedente «proprietario» (il che si traduce nella circostanza che un numero illimitato di soggetti possa godere in contemporanea di un dato bene). A questo proposito, come già si osservava, la promessa degli NFT è di introdurre nel mondo digitale il concetto di scarsità e di riprodurre le dinamiche della proprietà su beni rivali, dove è il diritto di proprietà a garantire che il suo titolare sia in grado di escludere [...]


6. NFT e diritto di seguito.

Le conclusioni raggiunte nel paragrafo precedente inducono a riflettere sul possibile riconoscimento all’autore dell’opera ad esemplare unico incorporata in un NFT del diritto di seguito o droit de suite [113], un particolare diritto di natura patrimoniale [114] che riconosce agli autori di opere dell’arte figurativa e di manoscritti, il diritto di ottenere un compenso su ogni vendita successiva alla prima cessione delle opere stesse da parte dell’autore, così limitando gli effetti economici del principio dell’esaurimento [115]. Alle radici di tale previsione risiedono le particolarità del mercato delle opere d’arte [116] che, diversamente dagli altri tipi di opere, acquistano valore con il passare del tempo o comunque laddove cresca la notorietà del loro autore. Con il c.d. droit de suite, pertanto, si è inteso «ristabilire l’equilibrio tra la situazione economica degli autori d’opere d’arte figurative e quella degli altri creatori che traggono profitto dalle successive utilizzazioni delle loro opere» [117], assicurando ai primi una partecipazione economica adeguata all’au­mento del valore dell’opera attraverso il riconoscimento di una percentuale sul maggior valore commerciale conseguito nelle successive vendite, ragguagliata alla differenza tra i prezzi dell’ultima vendita e di quella immediatamente precedente [118]. L’art. 144 l. aut., introdotto a seguito del recepimento della direttiva 2001/84/CE [119], pone limiti ben precisi all’operatività del diritto di seguito. Esso, infatti, riguarda le sole «opere delle arti figurative» – con ciò intendendosi, ai sensi dell’art. 145 l. aut., i quadri, i collages, i dipinti, i disegni, le incisioni, le stampe, le litografie, le sculture, gli arazzi, le ceramiche, le opere in vetro e le fotografie, nonché gli originali dei manoscritti [120] – purché «originali» [121], ossia eseguite dall’autore stesso, ovvero, quando si tratti di opere in tiratura limitata, sono tali purché numerate, firmate o altrimenti debitamente autorizzate dall’autore. A questo proposito, si è già rilevato come il ricorso agli NFT quale supporto dell’opera consenta di riprodurre nel mondo digitale i caratteri della unicità e/o scarsità propri [...]


7. NFT tra distribuzione e principio dell’esaurimento (digitale).

Un ultimo profilo di disciplina che merita di essere indagato [132] è quello dell’applicabilità del principio di esaurimento [133] a questi nuovi artefatti digitali e, dunque, su quale sia il perimetro dello ius arcendi del titolare dell’opera in essi incorporata o dei suoi aventi causa. A tal fine, non sarà inutile rammentare sin d’ora che tale principio, ampiamente trasversale alla disciplina del diritto della proprietà intellettuale e industriale [134], si pone quale limite all’esercizio del diritto esclusivo dell’autore o dei suoi aventi causa, codificato agli artt. 17, primo comma, l. aut. e 4 della direttiva 2001/29/CE, di destinare al mercato l’originale dell’opera [135] o gli esemplari [136] di essa «con qualsiasi mezzo ed a qualsiasi titolo» ovvero, in altri termini, il diritto di determinare la quantità di prodotti disponibili sul mercato e di percepire «il profitto di tipo monopolistico derivante tra l’altro dall’eser­cizio di un potere di controllo sulla diffusione dell’opera o della tecnologia protetta» [137]. Se da un lato, infatti, il diritto di distribuzione, quale naturale completamento del diritto di riproduzione, mira a garantire all’autore la possibilità di percepire un compenso adeguato dallo sfruttamento economico dell’opera (intesa quale bene immateriale o corpus mysticum), dall’altro, il principio dell’esaurimento consente di soddisfare l’interesse dell’acquirente della copia (ossia del bene materiale in cui essa è incorporata o corpus mechanicum) di goderne e disporne in modo «pieno ed esclusivo», ivi compresa la possibilità di trasferirne liberamente la proprietà a terzi, così favorendo la creazione di mercati secondari delle opere (i cc.dd. mercati dell’usato), fondamentali sul piano socio-economico e culturale [138]. L’operatività di tale principio, tuttavia, non ha carattere omogeneo nel diritto d’autore, ma si presenta «a geometria variabile in funzione del tipo di opera» [139], a seconda che si tratti, ad esempio, di un software (per il quale anche la sola messa a disposizione dell’opera su reti immateriali può essere costitutiva dell’esaurimento) oppure di altre opere dell’ingegno [140], ripercuotendosi [...]


8. Conclusioni.

L’obiettivo del presente lavoro è di poter contribuire con delle prime e (necessariamente) provvisorie riflessioni alla ricerca giuridica sul tema delle tecnologie blockchain e, nello specifico, degli NFT nel prisma del diritto della proprietà intellettuale. Provvisorie perché il quadro della realtà considerato è in continuo mutamento e, ciò nonostante, ci è sembrato di poter fissare alcuni punti fermi. Uno di questi è l’emersione di una cornice normativa di matrice europea che, alle pur solide ragioni di economia del diritto propugnate da una parte della dottrina, sembra oramai preferire quelle della più ampia liberalizzazione nel campo dell’intermediazione dei diritti d’autore (v. par. 3). La blockchain e gli NFT, per le peculiarità tecniche che li caratterizzano (v. par. 2), si inseriscono nel sentiero tracciato dall’evoluzione tecnologica come strumenti per una migliore e più efficiente gestione dei diritti IP, ma, come ogni nuova tipologia della realtà, portano con sé nuovi problemi, al vertice di qualificazione giuridica e a valle di individuazione della disciplina. Sul primo versante si è potuto osservare che, date le loro molteplici funzioni, gli NFT non rappresentano una fattispecie unitaria, ma, in quanto supporto di qualcosa in essi «incorporato», sono suscettibili di sussunzione in diverse fattispecie e conseguentemente di ricevere discipline diverse già destinate a regolare fenomeni noti (proprio in ragione di quel contenuto in essi incastonato; v. par. 2.1.). Le implicazioni normative che ne discendono sono molteplici e saranno senz’altro oggetto di futuri e più strutturati studi; non si è tuttavia persa l’occasione, nella seconda parte dello scritto (v. parr. 5, 6 e 7), di mostrare alcuni di quei precipitati pratici. In disparte i vantaggi realizzabili nella gestione collettiva dei diritti d’autore (v. par. 4), è proprio l’«eterogenesi dei fini» cui gli NFT sono ispirati il motivo che ha portato a concentrare l’attenzione, paradigmaticamente, sull’esemplare unico che utilizza i token non fungibili come supporto, sul diritto di seguito e, di conseguenza, sul principio di esaurimento, specie in campo tecnologico, giungendo a conclusioni diversificate a seconda della fattispecie concreta volta a volta esaminata.


NOTE