Desidero innanzitutto ringraziare Giuliana per il richiamo al mio saggio recentemente pubblicato su questa rivista; era un saggio che nasceva da una duplice esigenza di inquadramento sistematico delle radici interdisciplinari del Diritto Commerciale e di riflessione sui possibili sviluppi di un sapere giuridico inevitabilmente destinato a incrementare dialoghi e integrazioni con altri campi della conoscenza.
Rinvio, quindi, al percorso che in quel saggio ho tentato di delineare, con i relativi approfondimenti e i dovuti riferimenti dottrinali, limitandomi ad una rapidissima, e non certo esaustiva, sintesi delle maggiori aree problematiche che proprio quelle forti radici pongono al centro della nostra agenda futura.
segue
E devo dire, in primo luogo, che la stringente attualità colloca purtroppo questa agenda non tanto nel futuro, ma in un presente che genera qualche disorientamento e richiede un serio e argomentato dibattito con un altrettanto seria e ambiziosa progettualità.
Mi riferisco a quei provvedimenti che, in attuazione del PNRR, prevedono una riduzione dei crediti obbligatori e caratterizzanti nei curricula universitari nella prospettiva, chiaramente esplicitata dal legislatore, di favorire sostanziali iniezioni di interdisciplinarità.
Ancor più recenti misure legislative, superando un antico divieto, consentono, poi, la contemporanea iscrizione a più corsi universitari.
In altra sede ho esposto le mie critiche a queste modalità di procedere, perché riflettono una scarsa consapevolezza delle caratteristiche di ricerca e didattica interdisciplinare che, mi permetto di dire, meriterebbero di essere più attentamente studiate per superare una certa facile retorica buona per tutti gli usi.
È evidente, ad esempio, e a prescindere da tutte le difficoltà operative per gli studenti, che studiare più materie o addirittura più corsi non significa essere di per sé interdisciplinari: la sommatoria non è l’integrazione che è molto più complicata e richiede un grande sforzo di elaborare linguaggi, modalità di apprendimento, paradigmi di ricerca completamente diversi rispetto a quelli ai quali siamo abituati.
Come si è efficacemente riassunto, la interdisciplinarità presuppone le discipline e quindi un ancoraggio alle rispettive identità che non devono affatto scolorirsi, ma necessita che si dia un reale contenuto a quel prefisso, “inter”, sul quale si giocano tutte le capacità di negoziare, coordinare, dialogare con altre competenze e verificare sul campo, scontando successi e insuccessi, i risultati raggiunti.
Questi non facili obiettivi si possono raggiungere, non attraverso misure forse di grande impatto mediatico ma poco efficaci (vedremo in futuro quanti saranno gli iscritti a due corsi universitari), ma con un percorso di riforma che investa innanzitutto la governance di ricerca e didattica.
La prima, necessaria, tappa di un simile percorso riguarda quella che potremmo ormai definire la madre di tutte le distorsioni.
Ormai da tempo non esiste studio o presa di posizione ufficiale che non esprima severe critiche [continua..]