Rivista Orizzonti del Diritto CommercialeISSN 2282-667X
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La scissione mediante scorporo (di Gianluca Guerrieri, Professore ordinario di diritto commerciale, Alma Mater Studiorum Università degli Studi di Bologna)


Il d.lgs. 2 marzo 2023, n. 19, con il quale è stata recepita, in Italia, la direttiva (UE) 2019/2121, relativa alle trasformazioni, alle fusioni e alle scissioni transfrontaliere, ha introdotto nel testo del codice civile l’art. 2506.1, che disciplina la scissione mediante scorporo: istituto dotato di portata rivoluzionaria, se non addirittura eversiva dei principi generali che hanno sino ad ora governato, all’interno del nostro ordinamento giuridico, la scissione e la costituzione di società.

Division by separation

The D.lgs. 2 March 2023, n. 19, which has transposed the Directive (EU) 2019/2121, relating to transformations, mergers and cross-border divisions, in Italy, introduced art. 2506.1 in the Italian Civil Code, which regulates the “division by separation”: an institution with a revolutionary, if not even subversive, scope of the general principles that have up to now governed, within our legal system, the division and the incorporation of companies.

Sommario/Summary:

1. Introduzione. - 2. Scissione, scorporo, conferimento. - 3. Gli elementi identificativi della fattispecie. - 3.1. Segue: l’assegnazione parziale del patrimonio della società scissa. - 3.2. Segue: la continuazione, da parte della società scissa, della propria attività. - 3.3. Segue: la costituzione ex novo della società beneficiaria, o delle società beneficiarie. - 4. L’alternativa scorporo – conferimento. - 4.1. Segue: le differenze di disciplina. - 5. Vantaggi e svantaggi della disciplina dello scorporo. - 6. L’autonomia statutaria. - NOTE


1. Introduzione.

Per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 51 d.lgs. 2 marzo 2023, n. 19 [1], pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 7 marzo 2023, è stato novellato il codice civile mediante la modifica degli artt. 2437, 2473, 2506-bis, 2506-ter e 2510-bis e l’in­troduzione, nel capo normativo sulla scissione, dell’art. 2506.1 [2], rubricato «Scissione mediante scorporo» [3]. In tal modo il legislatore italiano ha dato attuazione all’art. 3 della Legge di delegazione europea 2021 – l. 4 agosto 2022, n. 127 – emanata per recepire, al­l’interno del nostro ordinamento giuridico, la direttiva (UE) 2019/2121 del Parlamento europeo e del Consiglio, modificativa della direttiva (UE) 2017/1132 «per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere», fra cui le scissioni mediante scorporo (stando al testo della direttiva, «division by separation»). L’intervento normativo comunitario, particolarmente incisivo, mira a favorire le operazioni straordinarie che coinvolgano società di capitali sottoposte a leggi nazionali di diversi Stati membri dell’Unione Europea [4], facilitandone l’attua­zio­ne [5]. In questa sede, nel tralasciare lo studio dei profili di disciplina relativi, in particolare, alle operazioni transfrontaliere regolate dagli artt. 1-50 d.lgs. n. 19/2023 [6], si porrà l’attenzione sulla sola scissione mediante scorporo di cui al citato art. 2506.1 c.c. [7], mettendo in luce le peculiarità che caratterizzano tale istituto e che consentono di attribuirgli una portata rivoluzionaria, se non addirittura eversiva dei principi generali che hanno sino ad ora governato, all’interno del nostro ordinamento giuridico, la scissione e la costituzione di società.


2. Scissione, scorporo, conferimento.

In effetti, è noto come, sino all’introduzione, nel tessuto codicistico, dell’art 2506.1 c.c., la scissione venisse definita, ai sensi dell’art. 2506 c.c., come l’o­perazione mediante la quale una società trasferisce in tutto o in parte il proprio patrimonio a una o più società, preesistenti o di nuova costituzione, con contestuale assegnazione delle relative partecipazioni nella società beneficiaria – o nelle società beneficiarie – ai soci della società scissa [8]. Sotto quest’ultimo profilo – si insegnava – l’operazione si differenziava dal conferimento proprio perché la società scissa, a differenza della società conferente, pur effettuando anch’essa un’attribuzione patrimoniale a favore della società beneficiaria – o delle società beneficiarie – non ne acquistava la qualità di socia; qualità che invece – come detto – era attribuita ai suoi soci, a cui, in ultima analisi, era imputato il relativo apporto. In tale contesto, il termine scorporo, all’epoca estraneo ai dati normativi, veniva utilizzato quale sinonimo di conferimento e, pertanto, in contrapposizione alla scissione [9]. Oggi, per contro, grazie all’introduzione dell’art. 2506.1 nel tessuto del codice civile, anche un’operazione tradizionalmente ascritta al genus conferimento, quale quella descritta nel predetto articolo, viene attratta nell’alveo della scissione; e coerentemente il termine scorporo, utilizzato per identificare detta tipologia di operazione, vale a connotare una specie del genere scissione [10]. Attraverso la novella di cui al d.lgs. 2 marzo 2023, n. 19, dunque, viene rimodellato l’istituto della scissione, regolato dagli artt. 2506 ss. c.c., e soprattutto viene messa in discussione la possibilità di tenere distinta tale fattispecie dalla fattispecie conferimento; il che induce a tentare un generale riordino delle categorie normative, la cui (ri)classificazione richiede, in primis, una minuziosa analisi del testo normativo dell’art. 2506.1 c.c.


3. Gli elementi identificativi della fattispecie.

«Con la scissione mediante scorporo» – recita l’art. 2506.1 c.c. – «una società assegna parte del suo patrimonio» (non necessariamente, al pari che nella scissione ordinaria, un’azienda o un ramo d’azienda [11]) – «a una o più società di nuova costituzione e a sé stessa le relative azioni o quote, continuando la propria attività». Tre, dunque, gli elementi identificativi che, perlomeno stando alla lettera della norma, caratterizzano la scissione mediante scorporo; dovendosi necessariamente trattare di a) una scissione parziale, b) con continuazione, da parte della società scissa, della propria attività e c) attribuzione dell’attivo patrimoniale alienato dalla società scissa a favore di una o più società di nuova costituzione.


3.1. Segue: l’assegnazione parziale del patrimonio della società scissa.

Non del tutto comprensibile, in primis, il requisito individuato supra, sub 3-a): poiché, infatti, la scissione mediante scorporo, al pari di qualsivoglia operazione di conferimento, comporta l’attribuzione delle partecipazioni nelle società beneficiarie alla società scissa, la devoluzione alle stesse beneficiarie dell’intero patrimonio di quest’ultima comporterebbe, semplicemente, la “sostituzione”, nel patrimonio della scissa, delle attività e delle passività attribuite alle beneficiarie con le partecipazioni rappresentative del loro capitale. Ci si troverebbe di fronte, in altre parole, al passaggio della società scissa da società operativa a holding (o, comunque, a società detentrice) di partecipazioni, senza che detto ente debba andare incontro ad estinzione, secondo quanto si verifica, per contro, nelle ipotesi di scissione totale ex art. 2506, che conducono, inevitabilmente, al venir meno della società scissa. Rimane fermo che la lettera del neo-introdotto art. 2506.1 c.c. – frutto del recepimento dell’art. 160-ter, n. 2), dir. (UE) 2017/1132 [12] – pare talmente chiara da non consentire interpretazioni ortopediche e da imporre che almeno una frazione, anche di valore estremamente esiguo, del patrimonio della scissa debba rimanere nella titolarità di quest’ultima. Ciò, perlomeno, nell’ambito dell’operazione di scissione de qua; essendo ovvio che la devoluzione della parte del patrimonio rimasta in capo alla scissa sarà sempre possibile, anche in epoca immediatamente successiva alla scissione, mediante un’operazione di conferimento che conduca, in concreto, al risultato almeno in apparenza impedito dal disposto della norma in commento [13].


3.2. Segue: la continuazione, da parte della società scissa, della propria attività.

Significativi, del resto, anche i dubbi suscitati dall’espressione sintetizzata supra, al punto 3-b). Non è chiaro, infatti, se il riferimento alla continuazione, da parte della società scissa, della propria attività debba essere inteso in senso atecnico, quale sinonimo di mantenimento in vita di detto ente, o debba, per contro, essere concepito avendo riguardo all’esercizio, da parte della società scissa, della “propria” attività di impresa. La prima interpretazione, invero, finirebbe per rendere pleonastica l’espressio­ne adottata dal legislatore, nella parte finale dell’art. 2506.1, primo comma, c.c., che dunque si limiterebbe a ribadire, indirettamente, il precetto per cui la scissione mediante scorporo, comportando l’attribuzione, alla società scissa, di una partecipazione nella beneficiaria, o nelle beneficiarie, non può mai determinare, in sé e per sé, la dissoluzione della prima. La seconda interpretazione, per contro, condurrebbe a ritenere necessaria, per configurare una scissione mediante scorporo, la prosecuzione, da parte della società scissa – per un periodo di tempo significativo (anche se, in ogni caso, non determinato) – dell’attività esercitata sino alla data di efficacia della scissione o, perlomeno, di una diversa attività d’impresa [14]; parendo allora possibile, in que­st’ottica, scorgere nel precetto normativo un favor per la continuità aziendale, nell’ambito di un gruppo in fase di costituzione, ovvero di riorganizzazione. Ammesso, infatti, che l’attrazione alla fattispecie della scissione delle operazioni di scorporo (di conferimento) di cui all’art. 2506.1 c.c. rappresenti un vantaggio per i soci interessati [15], si potrebbe essere indotti a ritenere che il legislatore abbia inteso attribuire detto vantaggio solo a coloro che, mediante le predette operazioni, diano vita ad una nuova struttura societaria funzionale alla prosecuzione dell’attività (o, quantomeno, di un’attività) di impresa; con la conseguenza – si potrebbe ritenere – che ove la società scissa, a un breve intervallo di tempo dallo scorporo, fosse posta in liquidazione, l’operazione non potrebbe essere ricondotta nell’alveo della scissione e beneficiare del trattamento normativo accordato a tale istituto. In [...]


3.3. Segue: la costituzione ex novo della società beneficiaria, o delle società beneficiarie.

Difficilmente comprensibile, del resto, pure il presupposto delineato supra, sub 3-c), sebbene anche in tal caso la lettera della norma appaia talmente chiara da non consentire interpretazioni ortopediche. Invero lo scorporo, ai sensi dell’art. 2506.1 c.c., deve avvenire a favore di una società beneficiaria, o di più società beneficiarie, di nuova costituzione (che, dunque – stante l’inammissibilità della costituzione per atto unilaterale di società di persone – devono essere, necessariamente, società di capitali, perlomeno se all’at­to di costituzione della beneficiaria, o delle beneficiarie, non partecipino altri soggetti [18]); con la conseguenza che un’attribuzione patrimoniale effettuata a favore di una società preesistente, in esecuzione di un aumento di capitale deliberato da quest’ultima e con emissione delle partecipazioni rivenienti dall’aumento alla società attribuente, pare estranea alla fattispecie in parola, dovendo essere ricondotta, in via esclusiva, al genus conferimento e sottoposta, di conseguenza, alla relativa disciplina. La scelta di politica legislativa operata in tal modo dal legislatore italiano – in tal caso riprendendo, anche nel novellare il diritto interno, una limitazione espressa nel testo della direttiva 2019/2121 [19] – pare poco convincente, tanto più se si considera che, per contro, la scissione tradizionale ben può avvenire a favore di una o più società preesistenti e che, quindi, stando al tenore letterale delle norme, se queste ultime aumentano il proprio capitale sociale emettendo partecipazioni a favore dei soci della attribuente, l’operazione è ascrivibile (rectius, deve essere ascritta) al genere scissione, mentre se aumentano il proprio capitale sociale emettendo partecipazioni a favore della società attribuente, l’operazione è per contro ascrivibile (rectius, deve essere ascritta) al genus conferimento; e ciò quando invece, ove le beneficiarie siano società di nuova costituzione, il sistema è strutturato in maniera tale che anche nella seconda ipotesi si possa (ma, come si dirà di seguito, non necessariamente si debba) configurare una scissione. Nonostante l’irrazionalità della scelta di politica legislativa operata, in tal modo, dal nostro legislatore, pare del resto da escludere [...]


4. L’alternativa scorporo – conferimento.

L’indagine relativa alla possibilità di configurare lo scorporo ed il conferimento quali strumenti posti a disposizione dell’autonomia privata in via alternativa fra loro [22] rappresenta, invero, uno snodo decisivo per delimitare la fattispecie regolata dall’art. 2506.1 c.c. e per ricostruirne correttamente la disciplina. In un sistema nel quale l’operazione delineata nel predetto articolo, da sempre ricondotta alla categoria del conferimento, è stata ascritta, ora, al genus della scissione, occorre in effetti chiedersi se la voluntas legis sia stata quella di consentire la produzione dei relativi effetti unicamente tramite il procedimento di cui agli artt. 2506 ss. c.c.; quesito a cui, come anticipato, pare di dovere fornire una risposta negativa. L’introduzione, all’interno del nostro ordinamento giuridico, dell’art. 2506.1 c.c., infatti, a fortiori alla luce del primo periodo dell’art. 51, terzo comma, lett. a), d.lgs. n. 19/2023 e, in particolare, dell’espressione «anche» ivi riportata [23], non pare affatto finalizzata a impedire che, ove una società ne voglia costituire un’al­tra, o ne voglia costituire altre, possa ricorrere alle norme sulla costituzione simultanea mediante conferimento dettate per il tipo sociale di riferimento. Un tale stravolgimento del nostro assetto normativo, in effetti, avrebbe richiesto una presa di posizione ben più netta; e ciò, senza considerare che la (ipotetica) scelta di limitare la fattispecie conferimento alle sole ipotesi di aumento del capitale sociale e di costituzione di società ad opera di soggetti diversi, escludendo dal relativo insieme le attribuzioni patrimoniali di società a favore di società neo-costituite, si potrebbe in contrasto coi principi generali del nostro sistema giuridico, desumibili, a tacer d’altro, dalla normativa comunitaria in tema di conferimenti [24]. Ma, se tale conclusione può dirsi corretta, e se dunque alla costituzione di una o più società da parte di un ente societario destinato a divenirne socio si può giungere, ora, in due modi diversi – mediante conferimento o mediante scissione – diviene inevitabile domandarsi quali siano le ragioni che, nella prassi, potrebbero orientare gli operatori ad avvalersi dell’una o dell’altra opzione.


4.1. Segue: le differenze di disciplina.

Al riguardo, nel passare in rassegna i principali snodi della disciplina della scissione e del conferimento, ponendoli a confronto fra loro perlomeno in relazione alle ipotesi suscettibili di ricadere nell’ambito di applicazione dell’art. 2506.1 c.c. [25], pare opportuno distinguere fra operazioni volte alla costituzione di società di persone e operazioni volte alla costituzione di società di capitali, distinguendo ulteriormente, per ciascuna delle due ipotesi, le fattispecie in cui la costituzione avvenga ad opera di società di persone e le fattispecie in cui la costituzione avvenga ad opera di società di capitali. Per ciascuna delle quattro ipotesi delineate (costituzione di società di persone ad opera di società di persone; costituzione di società di capitali ad opera di società di persone; costituzione di società di persone ad opera di società di capitali; costituzione di società di capitali ad opera di società di capitali), pare opportuno, in particolare [26], – individuare il soggetto a cui l’ordinamento attribuisce la competenza ad adottare la relativa decisione; – individuare eventuali vincoli di forma dell’atto costitutivo de quo; – verificare se occorra la relazione di stima richiesta per i conferimenti di beni in natura dagli artt. 2343 e 2465 c.c. e imposta, dagli artt. 2500-ter, secondo comma e 2501-sexies, settimo comma, nelle ipotesi di trasformazione di società di persone in società di capitali e «di fusione di società di persone con società di capitali» [27]; – verificare la tenuta dell’operazione, e in particolare la possibilità di dare vita a rimedi caducatori e invalidanti, a fronte di eventuali vizi di procedimento o di contenuto dell’iter ovvero dell’atto di scissione mediante scorporo. In quest’ottica, pare possibile mettere in luce come: A. Nell’ipotesi di costituzione di società di persone mediante conferimento ad opera di società di persone[28], – per dar corso all’operazione è sufficiente una decisione degli amministratori, o eventualmente – se lo statuto lo prevede [29] – dei soci, quando invece, in caso di scissione [30], è ovviamente necessaria sia una decisione dell’organo amministrativo, sia una decisione degli stessi [...]


5. Vantaggi e svantaggi della disciplina dello scorporo.

Come evidente, dunque, se si eccettua l’ipotesi considerata supra, sub D, con riferimento alla relazione di stima ex art. 2343 c.c., il ricorso alla disciplina della scissione mediante scorporo non sembra apportare alcuna semplificazione all’iter procedimentale dettato dalla legge per la costituzione di società. Del resto, anche se si analizza il fenomeno avendo riguardo ai vari soggetti che possono essere coinvolti nelle operazioni de quibus, pare di poter pervenire a conclusioni analoghe, non essendo dato scorgere alcun apprezzabile vantaggio nell’ipotesi in cui, invece di un conferimento, venga posta in essere un’operazione di scissione. Ciò vale, in particolare, nel caso in cui la società attribuente intenda dare vita a più società controllate o, comunque, partecipate; come, infatti, detta società, ove operi mediante scorporo, per espressa previsione dell’art. 2506.1 c.c. ha la possibilità di dare vita a più società beneficiarie, così, ove operi mediante conferimento, ha la possibilità di stipulare più atti costitutivi, eventualmente in via simultanea fra loro (e, si deve ritenere, sopportando costi del tutto analoghi). D’altronde, nell’ipotesi in cui la compagine sociale della società controllata o della società partecipata debba essere costituita non solo dalla società attribuente, ma anche da terzi, lo stesso risultato che si può ottenere mediante scissione è certamente ottenibile mediante conferimento; se è vero, infatti, che l’atto pubblico di scissione, fungendo da atto costitutivo della società beneficiaria, pare stipulabile anche con soggetti terzi, conferenti [44], o comunque può essere seguito, in particolare a seguito della costituzione di società di capitali, da una delibera di aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione destinato ad essere sottoscritto – si può immaginare contestualmente – dai terzi di cui si è negoziato l’ingresso nel capitale sociale, è altrettanto vero che la costituzione di una o più società da parte di una pluralità di soggetti è ovviamente consentita anche mediante conferimento. D’altronde, la circostanza per cui, in caso di scorporo di s.r.l. e di società di persone, i soci che non hanno consentito al compimento [...]


6. L’autonomia statutaria.

Salvi, dunque, i vantaggi che la disciplina della scissione può comportare dal punto di vista fiscale [48], sembra di potere affermare che, avendo riguardo alla normativa legale, la scelta di avvalersi della disciplina della scissione, in luogo della disciplina del conferimento, sotto il profilo civilistico non risulta, di regola, foriera di significativi vantaggi. Rimane fermo che, dal punto di vista dei soci, la costituzione di società controllate, o partecipate, mediante scorporo, può apparire preferibile, a tacer d’altro perché tale soluzione implica necessariamente un loro coinvolgimento nella relativa decisione e, determinando l’applicazione dell’art. 2504-quater c.c., assicura la massima stabilità possibile all’operazione. Ciò conduce a chiedersi se gli stessi soci abbiano la possibilità di inserire in statuto una clausola che vincoli gli amministratori, intenzionati a costituire una o più nuove società mediante attribuzione di una parte (soltanto) del patrimonio sociale, a procedere mediante scorporo e non mediante conferimento. Almeno prima facie, parrebbe trattarsi di una previsione legittima: ove, in effetti, l’ordinamento metta a disposizione dell’autonomia privata due diversi nuclei di disciplina al fine di pervenire a risultati analoghi, se non addirittura identici, si è indotti a ritenere che i consociati, così come possono optare di volta in volta per lo schema normativo che ritengono più idoneo alle loro esigenze, possano vincolarsi una tantum a seguire un percorso piuttosto che un altro. A ben vedere, in effetti, nella fattispecie esaminata una previsione statutaria quale quella ora ipotizzata si risolverebbe in una limitazione ai poteri degli amministratori, che si vedrebbero preclusa la possibilità di costituire, in nome della società, società partecipate, se non addirittura controllate, mediante conferimento e, dunque, in forza di decisioni rientranti esclusivamente nella loro competenza [49]; limitazione statutaria ai poteri di rappresentanza la cui eventuale violazione potrebbe peraltro essere giudicata opponibile ai terzi soltanto alle condizioni previste, nei diversi tipi sociali, dalla normativa codicistica [50] e salve, in tali ipotesi, le norme sulla nullità e l’inefficacia del contratto di società [51]. La lettura del sistema non pare, in [...]


NOTE
Fascicolo 1 - 2024