Rivista Orizzonti del Diritto CommercialeISSN 2282-667X
G. Giappichelli Editore

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I fondi non salveranno il mondo, lasciano che a farlo siano i loro clienti (di Roberto Sacchi, Professore ordinario fuori ruolo di diritto commerciale, Università degli Studi di Milano)


Il problema di diritto costituzionale posto dall’assegnazione ai fondi di obiettivi ESG, costituito dall’attribuzione di scelte politiche a soggetti privi di legittimazione democratica, non è risolto dal pass through voting, dato che l’incidenza delle indicazioni dei clienti ai gestori del fondo dipende dall’entità dell’investimento e quindi non è uguale per tutti. A questo si aggiunge il disincentivo dei gestori del fondo ad assumere i costi della produzione di informazioni da fornire ai clienti nei sondaggi.

Funds will not save the world, they will let their clients do it

The constitutional law problem posed by assigning ESG objectives to funds, i.e., the attribution of policy choices to entities lacking democratic legitimacy, is not solved by pass through voting, since the incidence of client input to fund managers depends on the size of the investment and thus is not equal for all. In addition to this, on a different level, there is the disincentive of fund managers to undertake the costs of producing information to be provided to clients in polls.

Il dibattito sulle conseguenze della presenza – preponderante negli Stati Uniti, crescente in Europa – degli investitori istituzionali nell’azionariato delle società quotate riguarda anche il loro ruolo rispetto agli obiettivi ESG. Qui non mi soffermo sulla declinazione di questo dibattito in relazione alle differenti tipologie di fondi, né mi soffermo sui problemi posti dalla tesi favorevole all’attribuzione ai gestori dei fondi di un ruolo nella tutela di questo genere di obiettivi.

A quest’ultimo riguardo si ripropongono gli stessi (noti) problemi che sorgono se si assegna questo compito ai managers, qualificando la protezione degli interessi degli stakeholders come fine (o come uno dei fini) dell’azione dell’impresa (cioè, dei managers). Questo – tenendo conto che gli interessi dei vari stakeholders diversi dai soci possono essere in conflitto fra loro (oltre che con gli interessi dei soci) – implica l’attribuzione a coloro (siano essi i managers delle imprese o i gestori dei fondi) che siano chiamati a perseguire obiettivi ESG la mediazione fra gli interessi in conflitto delle varie categorie di stakeholders, interessi in sé tutti meritevoli di protezione giuridica.

Ciò comporta due rischi speculari:

(i) quello della sostanziale irresponsabilità dei managers/dei gestori dei fondi (secondo che la protezione degli stakeholders venga affidata ai primi o ai secondi), dato che non è chiaro come – e sulla base di quali parametri, in assenza di una gerarchia di interessi stabiliti dalla legge – i giudici possano sindacare a posteriori le decisioni in sede di mediazione fra gli interessi dei vari stakeholders e fra gli interessi di costoro e quelli degli azionisti;

(ii) in alternativa (nei Paesi, come l’Italia, ove i giudici hanno un approccio culturale che, al di là di un omaggio formale alla libertà d’impresa e alla Business Judgment Rule, spesso conduce a un penetrante sindacato sulle scelte gestionali), quello, opposto, di lasciare alla discrezionalità di un giudice la decisione sulla composizione dei diversi interessi, con l’effetto di consentire una eccesiva ingerenza giudiziaria nella soluzione dei conflitti fra gli stakeholders e di quelli fra gli stakeholders e i soci.

Questi sono discorsi noti, come note sono le perplessità sulla sincerità di alcune prese di posizione, quali lo Statement della Business [continua..]

Fascicolo 3 - 2023