Rivista Orizzonti del Diritto CommercialeCC BY-NC-SA Commercial Licence ISSN 2282-667X
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Il «consumer welfare approach» nei recenti documenti della Commissione europea in materia di antitrust (di Alessandra Zanardo, Professoressa associata di diritto commerciale, Università Ca' Foscari Venezia)


Il presente scritto si propone di indagare se i più recenti atti e documenti della Com­missione europea in materia di antitrust forniscano elementi in favore di un (parziale) superamento, o di una rivisitazione, dell’approccio tradizionale che vede nel benessere dei consumatori (c.d. consumer welfare) la primaria finalità del diritto antitrust dell’Unione europea. A tal fine l’attenzione sarà concentrata sugli orientamenti e linee direttrici della Commissione in materia tanto di intese restrittive della concorrenza quanto di abusi di posizione dominante, nonché su due interessanti Competition policy briefs della Direzione generale della concorrenza della Commissione.

The 'consumer welfare approach' in the recent antitrust documents of the European Commission

This paper aims to examine whether the most recent antitrust acts and documents of the European Commission provide elements in favour of (partially) overcoming or revisiting the traditional approach that sees consumer welfare as the primary objective of European antitrust law. In particular, the focus will be on the Commission’s guidelines and guidance on both restrictive agreements and abuses of dominant position, as well as on two interesting ‘Competition policy briefs’ from the Commission’s DG COMP.

Sommario/Summary:

1. Premessa. - 2. Aspetti definitori: l’ambiguo significato dell’espressione “consumer welfare”. - 3. Il quadro degli interventi della Commissione europea: orientamenti e linee direttrici. - 4. Uno sguardo conclusivo ai Competition policy briefs. - NOTE


1. Premessa.

Nella sua densa e stimolante relazione introduttiva Francesco Denozza si è occupato – con accenti condivisibilmente critici – del concetto di, e della “cultura” del, consumer welfare: concetto centrale, come è emerso dalla relazione, nell’am­bito del dibattito sull’appropriate standard for competition policy, dove «ha spostato il baricentro […] dalla difesa generale della struttura concorrenziale dei mercati, verso l’esame degli effetti immediati che singole pratiche possono avere sui consumatori in esse coinvolti» [1]. A questo sarà dedicato il presente intervento, nel quale ci si prefigge precipuamente di indagare se i recenti atti e documenti della Commissione europea in materia di antitrust possano fornire elementi in favore di un (parziale) superamento – o di una rivisitazione – del­l’approccio che vede proprio nel benessere dei consumatori la primaria finalità del diritto antitrust dell’Unione europea: ossia, in termini riassuntivi, lo standard for competition policy [2].

Questo approccio è ancora prevalente in molte giurisdizioni e ha costituito, per lungo tempo, un Leitmotiv nell’ambito delle Guidelines e nei Guidance Papers della Comunità/Unione europea sulle intese restrittive della concorrenza e sugli abusi di posizione dominante. La sensazione è che qualcosa stia cambiando, e non solo nelle affermazioni di principio contenute nei documenti delle istituzioni dell’Unione europea o negli interventi dei loro rappresentanti. Si tratta di capire se questa sensazione trovi anche effettivo riscontro nell’attività regolatoria e nelle prassi applicative della UE.

Per meglio delineare il campo d’indagine, si precisa che le considerazioni che seguiranno non contengono un giudizio di valore sulla correttezza e/o preferibilità dell’adozione del consumer welfare approach nel diritto antitrust, limitandosi a descrivere il quadro che, in relazione a siffatto approccio, si è andato via via (e si sta) delineando nel contesto europeo.

Inoltre, affinché l’indagine abbia una qualche significatività e possa fornire spunti al dibattito, è opportuno soffermarsi brevemente sul significato dell’e­spressione “consumer welfare”, la cui ambiguità è stata da tempo evidenziata dalla vasta letteratura (soprattutto statunitense) in materia e che è spesso evocata attribuendo a tale espressione significati, e contenuti, parzialmente diversi [3]. A questo sarà dedicato il paragrafo successivo, non senza aggiungere che nei trattati istitutivi della UE non c’è alcun testuale riferimento al concetto di consumer welfare, mentre l’art. 3 TUE richiama il well-being – tradotto in italiano sempre con la parola “benessere” – of its peoples come uno degli obiettivi della UE. Anche da ciò l’utilità di inserire nel presente intervento una breve parentesi relativa agli aspetti definitori.


2. Aspetti definitori: l’ambiguo significato dell’espressione “consumer welfare”.

L’espressione “consumer welfare”, il cui utilizzo nell’ambito della disciplina antitrust risale agli anni Sessanta e alla Scuola di Chicago e del quale si è tributari al giudice Robert H. Bork e alla sua celebre opera «The Antitrust Paradox» [4], ha evocato e si è arricchita, nel corso degli anni e nei vari contesti economici e regimi giuridici in cui si è diffusa [5], di contenuti e accenti diversi [6]. Ciò anche alla luce del significato che all’espressione aveva attribuito, partendo dal modello della perfect competition, Bork; significato ritenuto da molti studiosi ambiguo o misleading [7].

In particolare, l’ampio dibattito sul «true consumer welfare standard» [8] si è incentrato sulla nota contrapposizione tra “consumer surplus” e “total surplus”.

Nella sua tradizionale (e restrittiva) accezione economica, il consumer welfare evoca (o sembra evocare [9]) il concetto di efficienza allocativa e si riferisce precipuamente al consumer surplus [10], ossia al benessere percepito dagli acqui­renti-consumatori (end consumers) quando acquistano un prodotto, quale dif­ferenza tra ciò che essi pagherebbero per un bene e ciò che effettivamente pagano. Un chiaro riferimento all’efficienza allocativa, nei documenti della Commissione europea, si legge nella comunicazione «Linee direttrici sull’appli­cazione dell’arti­colo 81, paragrafo 3, del trattato» del 2004 [11], i cui punti 13 (da dove si cita) e 33 prevedono che «l’obiettivo dell’articolo 81 è tutelare la concorrenza sul mercato come strumento per incrementare il benessere dei consumatori e per assicurare un’allo­cazione efficiente delle risorse» [12]; nonché nella comunicazione «Linee direttrici sull’appli­cazione dell’articolo 81 del trattato CE agli accordi di trasferimento di tecnologia» del 2004 [13] e in quella successiva del 2014 [14], dove, al punto 5, si precisa, quasi con le stesse parole, che «obiettivo generale del­l’articolo 81 è quello di tutelare la concorrenza sul mercato in modo da accrescere il benessere dei consumatori e favorire l’allocazione efficiente delle risorse» [15]. Questa accezione (restrittiva) di consumer welfare è evocata, seppur in forma più attenuata, anche dal testo della comunicazione «Orientamenti sulle priorità della Commissione nell’appli­cazione dell’articolo 82 del trattato CE al comportamento abusivo delle imprese dominanti volto all’esclusione dei concorrenti» del 2009 (punto 19) [16]. Tuttavia, la maggior parte dei riferimenti che i documenti della UE fanno ai consumatori – oppure al consumer welfare o well-being – nell’ambito della disciplina antitrust non è declinata, o non lo è esplicitamente, in un senso o in un altro [17], contribuendo così al quadro di incertezza sull’effettiva portata e significato del riferimento al benessere dei consumatori nell’Unione.

Secondo una diversa accezione diffusasi tra gli economisti che si sono occupati di antitrust [18] e che è prevalsa, nel corso degli anni, almeno nell’e­sperienza applicativa della UE e delle Corti europee [19], l’espressione si riferisce invece, più propriamente, al “total surplus” o “aggregate welfare”, ossia al benessere percepito da acquirenti (buyers) e venditori (producers) in un dato mercato [20]. In questa (più lata) accezione di benessere non si tiene conto dei trasferimenti di ricchezza tra consumers e producers o, altrimenti detto, della distribuzione del surplus [21].

Nonostante permanga il disaccordo sull’ampiezza del significato di consumer welfare, lo standard del benessere dei consumatori è stato considerato, almeno per alcuni decenni, lo standard di competition policy predominante in molte giurisdizioni (e probabilmente lo è ancora) [22].


3. Il quadro degli interventi della Commissione europea: orientamenti e linee direttrici.

La Commissione europea e il suo staff, in tempi recenti e occupandosi sia di intese restrittive della concorrenza sia di abusi di posizione dominante, hanno adottato e prodotto comunicazioni e documenti che potrebbero contribuire alla revisione dell’opinione, spesso tralatiziamente richiamata [23], secondo cui al centro del sistema della disciplina antitrust c’è il perseguimento del benessere dei consumatori; almeno nell’accezione più restrittiva di cui si è dato conto nel paragrafo precedente.

I documenti che si prenderanno in considerazione, ai fini della presente indagine, sono i seguenti: quanto alle intese restrittive della concorrenza, a) la comunicazione della Commissione «Orientamenti sulle restrizioni verticali» del 2022 [24], b) la comunicazione «Linee direttrici sull’applicabilità dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale» del 2023 [25]; quanto agli abusi di posizione dominante, c) la comu­nicazione recante modifiche alla comunicazione «Orientamenti sulle priorità della Commissione nel­l’applicazione dell’articolo 82 del trattato CE al com­portamento abusivo delle imprese dominanti volto all’esclusione dei con­correnti» del 2023 [26].

A questi atti della Commissione europea si aggiungono alcuni documenti prodotti dal suo staff, tra cui spiccano due recenti Competition policy briefs della Direzione generale della concorrenza (DG COMP) [27]: «A dynamic and workable effects-based approach to abuse of dominance» [28] e «Competition Policy in Support of Europe’s Green Ambition» [29]. Anche – e forse soprattutto – da questi documenti, alla cui analisi si dedicherà il paragrafo successivo (e conclusivo), sembra di poter trarre qualche utile indicazione in relazione alla direzione intrapresa dalle Istituzioni UE quanto alle finalità e agli obiettivi del diritto antitrust.

Non ci si soffermerà invece, nonostante la loro indubbia rilevanza e attualità, sul regolamento (UE) 2022/720 della Commissione del 10 maggio 2022, relativo all’applicazione dell’art. 101, par. 3, TFUE a categorie di accordi verticali e pratiche concordate, e sui due recenti regolamenti di esenzione per categoria in materia di accordi di ricerca e sviluppo [30] e accordi di specializzazione [31] (HBERs), data l’assenza, in tutti, di indicazioni o elementi valorizzabili ai fini della definizione degli obiettivi perseguiti dal diritto antitrust.

Infine, sotto il profilo metodologico, l’analisi verrà condotta richiamando testualmente i passaggi dei documenti che, più o meno esplicitamente, evocano profili di competition policy, affinché sia più agevole coglierne la portata precettiva, ove sussistente.

a) Comunicazione della Commissione – Orientamenti sulle restrizioni verticali.

La prima comunicazione presa in esame contiene gli orientamenti della Commissione sulle restrizioni verticali [32].

Nella sua introduzione si precisa, in termini generali ma indicativi – si ritiene – del prepotente affermarsi di nuove priorità nella politica dell’Unione europea, che «lo sviluppo sostenibile è un principio fondamentale del trattato e un obiettivo prioritario delle politiche dell’Unione, insieme alla digitalizzazione e a un mercato unico resiliente. La nozione di sostenibilità comprende, tra l’altro, la risposta ai cambiamenti climatici […], la limitazione dello sfruttamento delle risorse naturali, la riduzione degli sprechi e la promozione del benessere animale. Gli obiettivi di sostenibilità, resilienza e digitalizzazione dell’Unione sono promossi da accordi di fornitura e distribuzione efficienti tra le imprese» (par. 1.2, punto 8, della comunicazione). Nel successivo par. 2, punto 15, dopo alcune specificazioni in merito alle esternalità verticali e orizzontali derivanti dalla natura complementare delle attività del fornitore e dei suoi distributori (punti 12 e seguenti), si osserva che «in presenza di tali esternalità, i fornitori possono essere incentivati a controllare determinati aspetti delle attività dei loro distributori e viceversa. Gli accordi verticali in particolare possono essere utilizzati per internalizzare tali effetti esterni, aumentare i profitti comuni della catena verticale di fornitura e di distribuzione e in certe circostanze il benessere dei consumatori».

Il riferimento al benessere dei consumatori non sembra, tuttavia, qui particolarmente significativo, ove si voglia trarre da detto richiamo elementi a sostegno della permanente centralità del consumer welfare nella politica della concorrenza dell’Unione europea.

Assai più significativo pare, invece, il seguente passaggio contenuto nel par. 2.4 dell’allegato 2 («Summary of the stakeholder workshop») del Commission staff working document – Evaluation of the Vertical Block Exemption Regulation (SWD(2020) 172 final) [33]: «Considering that the enforcement of EU competition law is driven by the consumer welfare objective, which includes all relevant parameters of competition (e.g. price, output, choice and innovation), the workshop was intended to focus on how consumers are impacted by the identified shortcomings». Pur rimanendo, evidentemente, nell’alveo del consumer welfare quale appropriate standard for competition policy, il richiamo “paritario” a tutti i cinque parametri della concorrenza è, ad avviso di chi scrive, un elemento di apertura in favore di un allargamento degli obiettivi e delle finalità del diritto antitrust dell’Unione [34] e si pone in continuità con le parole recentemente pronunciate dall’Executive Vice-President Margrethe Vestager all’apertura della cinquantesima edizione degli «European Competition Law Tuesdays» [35]. Parole, quest’ultime, di cui si darà conto tra breve, occupandosi della successiva comunicazione della Commissione [36], e che mostrano un approccio diverso a questi temi rispetto a quanto si poteva cogliere dalle parole di precedenti Commissari [37].

b) Comunicazione della Commissione – Linee direttrici sull’applicabilità dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale.

La seconda comunicazione in esame, come si legge nell’introduzione («Finalità e struttura delle presenti linee direttrici») – recte: le linee direttrici ivi dettate – stabilisce i principi per la valutazione degli accordi di cooperazione orizzontale e delle pratiche concordate ai sensi dell’art. 101 TFUE e fornisce un quadro analitico per facilitare l’autovalutazione dei tipi più comuni di accordi di cooperazione orizzontale.

Dette linee direttrici, che sostituiscono quelle del 2011 [38], contengono una serie di punti che paiono in vario modo valorizzabili nell’ambito della presente analisi. Ci si riferisce, in primo luogo, al punto 444 nell’ambito degli accordi di normazione (capitolo 7), dove è precisato che «le norme sulla proprietà intellettuale e le norme sulla concorrenza condividono gli stessi obiettivi, ossia promuovere il benessere dei consumatori e l’innovazione, nonché un’allocazione efficiente delle risorse. Ad esso si aggiunge il punto 518, inserito nel capitolo 9 sugli accordi di sostenibilità [39], ove si afferma che «l’applicazione del diritto in materia di concorrenza contribuisce allo sviluppo sostenibile garantendo una concorrenza effettiva, che stimola l’innovazione, aumenta la qualità e la scelta dei prodotti, garantisce un’allocazione efficiente delle risorse, riduce i costi di produzione e contribuisce in tal modo al benessere dei consumatori». In entrambi i casi, invero, la prospettiva è ancora una volta quella che àncora le finalità del diritto antitrust al benessere dei consumatori. Tuttavia, alcune successive precisazioni in merito ai benefici che i consumatori traggono dagli accordi di sostenibilità sembrano allargare detta prospettiva per includere la considerazione e la promozione di altre istanze (si pensi, in particolare, alla produzione o al consumo sostenibili).

Altrettanto utile, sempre in una prospettiva evolutiva e di parziale ampliamento delle finalità perseguite dalle regole di concorrenza europee – e in linea con quanto appena evidenziato [40] –, sembra essere ciò che si legge nell’Inception impact assessment della Commissione relativo all’iniziativa «Revision of the two Block Exemption Regulations for horizontal cooperation agreements and the Horizontal Guidelines) [41]. Nel documento si dà conto del fatto che «by capturing those horizontal cooperation agreements that comply with the conditions of Article 101(3) TFEU to be block exempted, the initiative will increase consumer welfare in the internal market. Benefits passed on to consumers may be related to price reduction, product quality increase, as well as increased choice and the emergence of new or more efficient and greener technologies». L’iniziativa ha portato, qualche mese fa, all’adozione da parte della Commissione dei due regolamenti orizzontali di esenzione per categoria (HBERs) cui si è accennato in apertura del paragrafo.

Infine, alcune possibili indicazioni ai fini dell’indagine in oggetto, almeno in favore dell’affermazione che il consumer welfare non è inteso, nella politica della concorrenza della UE, nell’accezione più restrittiva, economicamente orientata, paiono trarsi dalle linee guida della comunicazione in cui si elencano i benefici – individuali, legati e (soprattutto) non legati all’uso di un prodotto, e collettivi – che i consumatori traggono dagli accordi di sostenibilità [42].

c) Comunicazione della Commissione – Modifiche alla comunicazione della Commissione – Orientamenti sulle priorità della Commissione nel­l’applicazione dell’articolo 82 del trattato CE al comportamento abusivo delle imprese dominanti volto all’esclusione dei concorrenti.

La presente comunicazione modifica la comunicazione del 2009 [43], che stabilisce le priorità della Commissione per quanto riguarda il comportamento delle imprese dominanti volto all’esclusione dei concorrenti dal mercato, allo scopo di fornire maggiore chiarezza e prevedibilità sul quadro generale di analisi utilizzato dalla Commissione per stabilire se essa debba esaminare in maniera prioritaria determinati casi di comportamenti di esclusione. Al punto 1 della comunicazione del 2023 si chiarisce che «l’applicazione di dette norme, vale a dire gli articoli 101 e 102 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea […], “giova all’Europa in quanto contribuisce a creare condizioni di parità in cui i mercati sono al servizio dei consumatori”. Può inoltre contribuire al conseguimento di obiettivi che vanno al di là del benessere dei consumatori, come la pluralità in una società democratica» (enfasi aggiunta).

Quest’ultimo passaggio, nonostante la sua concisione, è senz’altro valorizzabile a sostegno di un parziale superamento del consumer welfare approach, tanto più ove si consideri che la Commissione richiama esplicitamente la sentenza del Tribunale UE del 14 settembre 2022, pronunciata nel noto caso Google Android [44], riprendendo il seguente passaggio della stessa: «Inoltre, più concretamente, tali pratiche [id est, le pratiche abusive di Google] hanno anche limitato lo sviluppo di servizi di ricerca diretti verso i segmenti di consumatori che attribuiscono un’importanza particolare, segnatamente, alla tutela della vita privata o alle particolarità linguistiche all’interno del SEE. Siffatti interessi erano non solo conformi alla concorrenza basata sui meriti in quanto incoraggiavano l’inno­vazione a beneficio dei consumatori, ma erano anche necessari per garantire la pluralità in una società democratica».

Tornando agli orientamenti sulle priorità di applicazione delle norme, merita specifica menzione anche il punto 19 della comunicazione del 2009, così come modificato dalla comunicazione del 2023 [45], ove si precisa che «nella presente comunicazione l’espressione “preclusione anticoncorrenziale” è utilizzata per descrivere una situazione in cui il comportamento dell’impresa dominante compromette una struttura concorrenziale effettiva, consentendo così all’impresa dominante di influenzare negativamente, a suo vantaggio e a danno dei consumatori, i diversi parametri della concorrenza, quali i prezzi, la produzione, l’in­novazione, la varietà o la qualità dei beni o dei servizi». La modifica è sen­z’altro degna di nota (e positivamente valorizzabile [46]) nell’ambito delle riflessioni qui svolte [47]; anche se non va dimenticato che «gli orientamenti sulle priorità di applicazione delle norme […] non sono destinati ad avere valenza giuridica né danno un’inter­pretazione della nozione di abuso di posizione dominante, ma stabiliscono solo l’approccio della Commissione quanto alla scelta dei casi che essa intende esaminare in maniera prioritaria» (punto 6 della comunicazione del 2023).


4. Uno sguardo conclusivo ai Competition policy briefs.

L’ultima parte dell’analisi verte su due recenti Competition policy briefs dello staff della DG COMP della Commissione, l’uno del 2021 e l’altro del 2023.

Nel primo, intitolato «Competition Policy in Support of Europe’s Green Ambition», si legge, dopo un elenco di chiarimenti su taluni aspetti del­l’antitrust assessment che la Commissione intendeva fornire nel contesto delle revisioni delle proprie guidelines (allora in corso), che «the Commission considers that these are sound principles that ensure that antitrust enforcement remains anchored to the consumer welfare standard and at the same time allows sustainability benefits that accrue for the benefit of society as a whole, to be taken into account» [48].

In modo ancor più deciso, il più recente «A dynamic and workable effects-based approach to abuse of dominance» si spinge ad affermare che «the enforcement of competition rules also contributes to achieving objectives that go beyond consumer welfare, at least when the latter is defined strictly in economic terms. As stated by Executive Vice President Vestager: “By basing our policy intent and action on principles that stem directly from the Treaties, EU competition policy is able to pursue multiple goals, such as fairness and level-playing field, market integration, preserving competitive processes, consumer welfare, efficiency and innovation, and ultimately plurality and democracy.”. The case law has also confirmed that competition law can achieve broader objectives, as ensuring consumer choice is a means to ultimately guarantee plurality in a democratic society» [49]. Trattasi, con ogni probabilità, ed ancorché esso sia contenuto in un documento proveniente dallo staff della Direzione generale della concorrenza e non in un atto legislativo, del passaggio che più di tutti suggerisce – come dimostra qualche feedback degli operatori alla call for evidence lanciata dalla Commissione [50] – un parziale cambiamento di rotta rispetto al (ai proclami del) passato [51]. Quanto consapevole e quanto sostanziale sia – o voglia essere – questo cambiamento, tuttavia, è difficile a dirsi, almeno fino a quando la Commissione non adotterà anche gli (attesi) orientamenti sugli abusi preclusivi da parte di imprese in posizione dominante, la cui adozione è programmata per il quarto trimestre del 2025.

Ciò che però sembra complessivamente emergere dagli atteggiamenti, dalle dichiarazioni e dai documenti istituzionali, ai quali ha fatto da apripista la giurisprudenza della Corte di giustizia, è una tendenza, che si è andata via via affermando nell’Unione e tra i suoi operatori, a riconoscere al consumer welfare standard un significato più ampio e più inclusivo rispetto a quello che si imporrebbe se il focus fosse posto, per usare le parole dell’ETUC (European Trade Union Confederation), su «efficiency goals or ‘consumer-willingness-to-pay’ analysis» [52]; in altre parole, rispetto a quello che deriverebbe dalla stretta adesione agli insegnamenti della Scuola di Chicago.

L’obiettivo, da tempo primario nell’ambito delle politiche dell’Unione europea, di promuovere lo sviluppo sostenibile – ossia la capacità della società di consumare e utilizzare le risorse oggi disponibili senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie esigenze [53] – giustifica e, con ogni probabilità, favorirà in un futuro prossimo il consolidarsi di questa tendenza.


NOTE

[1] F. Denozza, Consumer welfare e shareholder value: le comuni radici, i limiti e i difetti di due teorie neoliberali, in questo fascicolo della Rivista, 591.

[2] Lo «standard for competition policy sets out how the relevant authority, be it an administrative body or the court, discerns positive outcomes from negative ones and hence determines preferences over different expected states of the world. It provides the underlying principle to how competition law is interpreted»: v. OECD, The Consumer Welfare Standard - Advantages and Disadvantages Compared to Alternative Standards, OECD Competition Policy Roundtable Background Note, 2023, reperibile all’indirizzo www.oecd.org/daf/competition/consumer-welfare-standard-advantages
-and-disadvantages-to-alternative-standards-2023.pdf, 5 e 9 s.

[3] La questione è accennata anche nella relazione di F. Denozza, (nt. 1), 590 s., nt. 4.

[4] R.H. Bork, The Antitrust Paradox: A Policy at War with Itself, New York, Basic Books, 1978. Per una disamina riassuntiva degli aspetti più salienti e controversi dell’opera, ai fini che qui rilevano, si rimanda a B.Y. Orbach, The Antitrust Consumer Welfare Paradox, in 7(1) J. Comp. Law Econ., 2011, 133 ss.; v. altresì H.J. Hovenkamp, Antitrust: What Counts as Consumer Welfare?, Faculty Scholarship at Penn Carey Law, 2020, reperibile all’indirizzo https://scholarship.
law.upenn.edu/faculty_scholarship/2194, in part. 9 ss.

[5] Rileva D. Goupou, All ‘antitrust’ roads can lead to sustainability, in European Commission, Directorate-General for Competition, Young experts’ views on the greening of competition policy – Special issue, European Commission, 2021, 2, che «each one of those competition regimes perceives the consumer welfare standard in a different way due to the different political and economic circumstances prevailing in a geographical area. Thus, it would not be far-reaching to argue that consumer welfare standard is a context-specific notion that embodies the peculiarities of the markets in the different jurisdictions».

[6] Come ben evidenzia l’OECD, (nt. 2), 11, «beyond differing views on its merits, there is also disagreement on what it actually is».

[7] V. H.J. Hovenkamp, (nt. 4), 12, il quale afferma che «Bork also did antitrust an important disservice by naming his version of the welfare tradeoff approach “consumer welfare,” even though it expressly took into account the combined welfare of consumers and producers. That conception of “consumer welfare” haunts antitrust to this day». Parimenti utile, ai fini della piena comprensione del contesto in cui sono maturate espressioni centrali nell’analisi degli obiettivi del diritto antitrust e riprese, spesso acriticamente, in molti ordinamenti, la disamina di B.Y. Orbach, (nt. 4), 136 e 138, ove si sottolinea che «The Antitrust Paradox ended the debate over the stated goals of antitrust law and opened a new debate over the meaning of the term “consumer welfare.” Antitrust scholars have known for many years that Bork was “confused” when he used the term “consumer welfare.” Yet, we have failed to inform courts who borrow from Bork’s terminology that they are relying on flawed analysis and misleading economic terminology» (p. 136); e si conclude che «the cause of the unreasonably long debate over antitrust standards is Bork’s successful campaign to persuade the antitrust world that antitrust laws are a “consumer welfare prescription,” when the term was undefined and when nobody, including Bork himself, believed that antitrust courts should protect consumer welfare as the term is defined in economics» (p. 138). V. inoltre R.D. Blair, D.D. Sokol, The Rule of Reason and the Goals of Antitrust: An Economic Approach, in 78(2) Antitrust L.J., 2012, 471 ss., i quali pure evidenziano come «the ambiguity arose as a result of Bork’s use of the term “consumer welfare” when he meant total welfare» (p. 473) e come Bork «analyzed the legislative intent of the Sherman Act. He argued that economic efficiency should be the guiding principle, which means total welfare, but he called this “consumer welfare.”» (p. 476); S.C. Salop, Question: What Is the Real and Proper Antitrust Welfare Standard? Answer: The True Consumer Welfare Standard, in 22(3) Loy. Consumer L. Rev., 2010, 347 s. e 353, il quale conclude che «the current antitrust welfare standard is the true consumer welfare standard. It is not the aggregate economic welfare standard that was confusingly mislabeled by Judge Bork as the consumer welfare standard».

[8] Espressione ricorrente negli autori qui citati e, più in generale, negli autori che si sono occupati delle finalità del diritto antitrust.

[9] Cfr. R. Pardolesi, Tutto (o quasi) quel che avreste voluto sapere sul principio del consumer welfare in diritto antitrust, in questa Rivista, 2021 (fasc. spec.), 317 ss., secondo il quale la pretesa sovrapposizione tra l’obiettivo di promuovere l’interesse dei consumatori e l’obiettivo di imple­mentare l’efficienza allocativa, sul presupposto che i due concetti coincidano, «è messa in crisi dall’ambiguità del secondo termine nell’elaborazione di chi l’ha prepotentemente messo al centro del dibattito: Robert H. Bork, nel celebre libro (The Antitrust Paradox, 1978) che ha fatto da bibbia al nuovo corso, ricorre alla formulazione atecnica di “consumer wealth”» (enfasi aggiunta).

[10] Preferisce utilizzare l’espressione «true consumer welfare» (enfasi dell’A.) S.C. Salop, (nt. 7), 336.

[11] GU C 101 del 27 aprile 2004, p. 97.

[12] Va detto, peraltro, che il successivo punto 105, interpretando la condizione di esenzione della non eliminazione della concorrenza, stabilisce che «in altre parole, l’obiettivo ultimo dell’articolo 81 è proteggere il processo concorrenziale». Lo evidenzia anche S. Albæk, Consumer Welfare in EU Competition Policy, in C. Heide-Jørgensen, C. Bergqvist, U. Neergaard, S.T. Poulsen (eds.), Aims and Values in Competition Law, Copenhagen, DJØF Publishing, 2013, 69, nt. 4.

[13] GU C 101 del 27 aprile 2004, p. 2.

[14] Comunicazione della Commissione – Linee direttrici sull’applicazione dell’art. 101 TFUE agli accordi di trasferimento di tecnologia (GU C 89 del 28 marzo 2014, p. 3).

[15] V. anche il punto 7 della comunicazione sull’applicazione dell’art. 81 TCE agli accordi di trasferimento di tecnologia, nel quale si precisa che «sia la legislazione in materia di proprietà di beni immateriali sia le regole di concorrenza perseguono un’analoga finalità, ossia accrescere il benessere dei consumatori e favorire l’allocazione efficiente delle risorse». In termini identici, nella versione in lingua inglese, e sostanzialmente analoghi, nella versione in lingua italiana, si esprimono i punti 5 e 7 della comunicazione del 2014.

[16] GU C 45 del 24 febbraio 2009, p. 7. Ci si riferisce alla versione originaria del punto 19, ampiamente modificato dalla comunicazione della Commissione di marzo 2023 (su cui infra, par. 3, lett. c), la quale prevedeva che «nella presente comunicazione l’espressione “preclusione anti­concorrenziale” viene utilizzata per descrivere una situazione in cui l’accesso effettivo di con­correnti reali o potenziali a forniture o a mercati è ostacolato o eliminato a causa del comportamento del­l’impresa dominante, e in cui è probabile che quest’ultima sia in grado di aumentare in modo redditizio i prezzi a scapito dei consumatori». Deve però aggiungersi che il punto citato, pur riferendosi testualmente al solo livello dei prezzi, rimandava in nota, per il significato del­l’espressione «aumentare i prezzi», al precedente punto 11, dove era (ed è ancora) precisato che detta espressione «viene utilizzata per designare in forma abbreviata i vari modi in cui i parametri della concorrenza – quali prezzi, produzione, innovazione, varietà o qualità di beni o servizi – possono essere influenzati a beneficio dell’impresa dominante e a scapito dei consumatori».

[17] S. Albæk, (nt. 12), 70, mette in luce anche il limitato uso, nei policy documents della UE, della stessa espressione “consumer welfare” (in favore dei termini “consumers” e “customers”). V. altresì R. Podszun, T. Rohner, Making Article 102 TFEU Future-Proof – Learnings from the Past, Comments for the European Commission’s 2023 Call for Evidence regarding Guidelines on Article 102 TFEU, Düsseldorf, April 2023, i quali (a p. 6) evidenziano che «despite initial attempts to apply this standard in individual cases (Intel), it hardly plays a role in the Commission’s later decisions or in the decisions of the CJEU. Therefore, the consumer welfare standard cannot prevail». Da qui l’in­terrogativo se il «consumer welfare can encompass broader social objectives besides the short time price effects»: v. D. Goupou, (nt. 5), 3, la quale, richiamando i trattati istitutivi dell’Unione e la giurisprudenza della Corte di giustizia, conclude che «it seems that the notion of consumer welfare under articles 101 and 102 TFEU can and should focus on more than price effects. Consumer welfare as an objective of EU competition law should be informed by the Union’s objective to promote sustainable development as envisaged in the founding Treaties and specified in the EU Green Deal».

[18] Categoria nell’ambito della quale S. Albæk, (nt. 12), 70 ss., più dettagliatamente, distingue fra tre differenti posizioni: quella di coloro che sostengono che il total welfare debba essere il criterio da utilizzare, anche nei singoli casi; coloro per i quali il criterio corretto è il criterio del consumer welfare, ad esempio per i suoi effetti distributivi, e pertanto dovrebbe essere applicato in tutti i casi; coloro che riconoscono che il total welfare sarebbe in teoria il criterio corretto, ma ci sono argomenti per cui, in pratica, può essere preferibile utilizzare il criterio del consumer welfare.

[19] In senso conforme, seppur cautamente, R. Pardolesi, (nt. 9), 322 s., lì dove l’autore riconosce che, mentre non è dato prescindere dall’approccio economico, una piena conversione continentale al consumer welfare – o meglio, a quanto esso implica nell’orientare l’applicazione del diritto della concorrenza – incontra ancora resistenze, neppure clandestine; quando non appare persino smentita da talune sortite di vertice con cui la Commissione mostra di coltivare priorità diverse da quella della lotta ai cartelli in quanto nocivi in massimo grado per il benessere dei consumatori. V. altresì R. Podszun, T. Rohner, (nt. 17), 8, i quali, dopo un richiamo dettagliato di parti della sentenza della Corte di giustizia nella causa Servizio Elettrico Nazionale (citata per esteso infra, alla nt. 23), concludono che «this language and these statements in the latest Court ruling, seen by some as consolidating the approach towards Article 102 TFEU, is a clear indication that the Court of Justice does not support a narrow consumer welfare-test. It attaches some meaning to the effects on consumers, but there is ample room for a more encompassing test».

[20] La differenza tra il consumer surplus e il total surplus è costituita dal producer surplus, ossia dal profitto del produttore/venditore quale differenza tra l’importo pagatogli per (l’acquisto di) un bene e il costo dal medesimo sostenuto per fornirlo nel mercato.

[21] Cfr. S.C. Salop, (nt. 7), 336 ss., il quale evidenzia altresì che questo standard, diversamente dal consumer surplus, si preoccupa tanto dei pregiudizi che la condotta illecita arreca ai consumatori quanto di quelli che arreca ai concorrenti (mentre «the true consumer welfare standard is indifferent to conduct that harms competitors»). Più precisamente, secondo l’A., «the aggregate economic welfare standard would condemn conduct only if it decreases the sum of the welfare of consumers (i.e., buyers) plus producers (i.e., sellers plus competitors); and without regard to any wealth transfers. Thus, efficiencies such as cost savings can trump demonstrable consumer injury. In contrast, the true consumer welfare standard would condemn conduct if it reduces the welfare of buyers, irrespective of its impact on sellers».

[22] Così OECD, (nt. 2), 13 e 37.

[23] Con significative eccezioni, soprattutto nelle pronunce della Corte di giustizia: v., a titolo esemplificativo, GlaxoSmithKline Services Unlimited c. Commissione europea e a., cause riunite C-501/06 P, C-513/06 P, C-515/06 P, C-519/06 P, punto 63; France Télécom SA c. Commissione delle Comunità europee, causa C-202/07 P, punto 105; T-Mobile Netherlands BV e a. c. Raad van bestuur van de Nederlandse Mededingingsautoriteit, causa C-8/08, punti 38 e 39 (relativamente alla quale è opportuno richiamare anche le conclusioni dell’avvocato generale Kokott del 19 febbraio 2009, punti 58 e 59, secondo cui «l’art. 81 CE, come anche le altre norme sulla concorrenza del Trattato, non è soltanto e prioritariamente destinato a tutelare gli interessi immediati di singoli concorrenti o consumatori, bensì la struttura del mercato e, pertanto, la concorrenza in quanto tale (come istituto). In questo modo, naturalmente, viene indirettamente tutelato anche il consumatore»); Konkurrensverket c. TeliaSonera Sverige AB, causa C-52/09, punti 22 e 24; Intel Corporation Inc. c. Commissione europea, causa C‑413/14 P, punto 135, e (soprattutto) causa T-286/09, punto 105; nonché, più recentemente, Google LLC e Alphabet, Inc. c. Commissione europea, causa T-604/18, punto 1028, su cui ci si soffermerà infra, nel testo, sub lett. c). Fa ancora riferimento al benessere dei consumatori (“well-being of […] consumers” nella versione inglese), sia intermedi che finali, come «l’obiettivo ultimo che giustifica l’intervento del diritto della concorrenza per reprimere lo sfruttamento abusivo di una posizione dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale del medesimo», la Corte in Servizio Elettrico Nazionale SpA e a. c. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e a., causa C-377/20, punto 46, sebbene aggiunga che una pratica escludente non incorre nel divieto di cui all’art. 102 TFUE se l’impresa in posizione dominante prova che i suoi effetti sono con­trobilanciati o superati da vantaggi in termini di efficienza che vanno a beneficio anche dei consumatori, in particolare in termini di prezzi, di scelta, di qualità o di innovazione. Soprattutto, ai punti 41 e seguenti della sentenza, la Corte ricorda che l’art. 102 TFUE fa parte di un insieme di regole che, avendo l’obiet­tivo di evitare che la concorrenza sia alterata a danno dell’interesse pubblico, delle singole imprese e dei consumatori, contribuiscono a garantire il benessere all’interno dell’Unione europea; che l’art. 102 TFUE è espressione dello scopo generale assegnato dall’art. 3, par. 1, lett. b), TFUE all’azione dell’Unione, ossia l’instaurazione delle regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno; che, infine, lo scopo più specificamente assegnato all’art. 102 TFUE è, secondo una costante giurisprudenza, quello di evitare che i comportamenti di un’impresa che detiene una posizione dominante abbiano l’effetto, a danno dei consumatori, di ostacolare, ricorrendo a mezzi o a risorse diversi da quelli su cui si impernia una concorrenza normale, la conservazione del grado di concorrenza esistente sul mercato o lo sviluppo di tale concorrenza.

[24] GU C 248 del 30 giugno 2022, p. 1.

[25] GU C 259 del 21 luglio 2023, p. 1.

[26] GU C 116 del 31 marzo 2023, p. 1.

[27] Trattasi di occasional papers del personale della Direzione generale della concorrenza della Commissione su questioni politiche e casi chiave, consultabili all’indirizzo https://competition-policy.
ec.europa.eu/publications/competition-policy-briefs_en.

[28] European Commission, Directorate-General for Competition, L. McCallum, I. Bernaerts, M. Kadar et al., A dynamic and workable effects-based approach to abuse of dominance, Publications Office of the European Union, 2023.

[29] European Commission, Directorate-General for Competition, A. Badea, M. Bankov, G. Da Costa et al., Competition Policy in Support of Europe’s Green Ambition, European Commission, 2021.

[30] Regolamento (UE) 2023/1066 della Commissione del 1° giugno 2023 relativo all’appli­cazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a talune categorie di accordi di ricerca e sviluppo.

[31] Regolamento (UE) 2023/1067 della Commissione del 1° giugno 2023 relativo all’applica­zione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a talune categorie di accordi di specializzazione.

[32] I quali sostituiscono gli orientamenti del 2010 (GU C 130 del 19 maggio 2010, p. 1).

[33] Che si legge anche nel par. 4.1.3, nell’ambito della metodologia applicata.

[34] Lo stesso atteggiamento di parziale apertura può ricavarsi dall’Inception impact assessment della Commissione relativo all’iniziativa «Revision of the Vertical Block Exemption Regulation and the Vertical Guidelines», ove – sub «C. Preliminary Assessment of Expected Impacts» – si osserva che «by ensuring that vertical agreements that create efficiencies meeting the conditions of Article 101(3) TFEU are block exempted, the initiative will increase consumer welfare in the internal market. Benefits passed on to consumers may be price related, but consumers may also benefit from increased choice and the emergence of new and more efficient supply and distribution models».

[35] Keynote of EVP Vestager at the European Competition Law Tuesdays: A Principles Based approach to Competition Policy, Brussels, 25 October 2022, reperibile all’indirizzo https://ec.
europa.eu/commission/presscorner/detail/en/SPEECH_22_6393.

[36] V. infra, nt. 40.

[37] V., ad esempio, J. Almunia (Vice-President of the European Commission responsible for competition policy), Competition and consumers: the future of EU competition policy, European Competition Day, Madrid, 12 May 2010, reperibile all’indirizzo https://ec.europa.eu/commission/
presscorner/detail/en/SPEECH_10_233: «All of us here today know very well what our ultimate objective is: competition policy is a tool at the service of consumers. Consumer welfare is at the heart of our policy and its achievement drives our priorities and guides our decisions»; M. Monti (European Commissioner for Competition matters), Extracts from a speech by Mario Monti, The Future for Competition Policy in the European Union, London, 9 July 2001, reperibile all’indirizzo https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/SPEECH_01_340, per il quale «the goal of competition policy, in all its aspects, is to protect consumer welfare by maintaining a high degree of competition in the common market. Competition should lead to lower prices, a wider choice of goods, and technological innovation, all in the interest of the consumer»; nonché N. Kroes (Member of the European Commission), European Competition Policy – Delivering Better Markets and Better Choices, European Consumer and Competition Day, London, 15 September 2005, reperibile all’indirizzo https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/SPEECH_05_512, evidenziando che «consumer welfare is now well established as the standard the Commission applies when assessing mergers and infringements of the Treaty rules on cartels and monopolies. Our aim is simple: to protect competition in the market as a means of enhancing consumer welfare and ensuring an efficient allocation of resources». Successivamente, in relazione alla pubblicazione della comunicazione sulle priorità della Commissione nell’applicazione dell’art. 82 TCE al comportamento abusivo delle imprese dominanti, Neelie Kroes ha affermato che «it will ensure that the Commission’s intervention is effective, and should leave dominant undertakings in no doubt that they will find the Commission in their way wherever their conduct risks increasing prices, limiting consumer choice or dissuading innovation. Clear rules protecting consumers and promoting innovation are all the more important in times of economic difficulty such as these». Le sue parole sono riportate in Antitrust: consumer welfare at heart of Commission fight against abuses by dominant undertakings, press release, 3 December 2008 (IP/08/1877).

[38] GU C 11 del 14 gennaio 2011, p. 1.

[39] Il capitolo 9 della comunicazione fornisce indicazioni sul modo in cui i tipi più comuni di accordi di cooperazione orizzontale saranno valutati ai sensi dell’art. 101 TFUE quando perseguono obiettivi di sostenibilità: v. par. 1.1, punto 3, della comunicazione.

[40] Nonché con le seguenti – emblematiche – parole pronunciate da Margrethe Vestager all’aper­tura della cinquantesima edizione degli «European Competition Law Tuesdays»: «By basing our policy intent and action on principles that stem directly from the Treaties, EU competition policy is able to pursue multiple goals, such as fairness and level-playing field, market integration, preserving competitive processes, consumer welfare, efficiency and innovation, and ultimately plurality and democracy. […] First, our principles have allowed for more dynamic responses. It’s worth asking why the EU began taking up antitrust cases against large digital players, before jurisdictions in other parts of the world. […] Fortunately, the principles behind our antitrust enforcement allowed us to go further. We were not only concerned with price, but with harm to other parameters of competition that may prejudice consumers, such as innovation, choice, quality. By contrast, had we been focused solely on narrow price effects, those cases might not have been taken up. The EU - and for that matter the world - would have been much slower to respond to threats to competition, which are now so evident in digital markets. This is especially true given the role played by innovation in the digital economy. Innovation is a form of ‘dynamic market efficiency’, and as such is captured within the scope of our consumer welfare standard. EU law actually sees it as a critical component of consumer welfare, as well as part of a competitive process, the safeguarding of which is also among our principles».

[41] Il passaggio, peraltro, è quasi identico a quello contenuto nell’Inception impact assessment della Commissione richiamato supra, nt. 34.

[42] V. parr. 9.4.3.1, 9.4.3.2 e 9.4.3.3 delle linee direttrici sull’applicabilità dell’art. 101 TFUE agli accordi di cooperazione orizzontale.

[43] V. supra, par. 2, testo e nt. 16.

[44] Google e Alphabet/Commissione (Google Android), (nt. 23), punto 1028.

[45] V. l’allegato della comunicazione, punto 1.

[46] Conf. R. Podszun, T. Rohner, (nt. 17), 8, i quali concludono che «we support the European Commission’s changes to para 19 of the Guidance, but suggest that the consumer welfare standard should not be referenced in the new Guidelines»; diversa l’opinione, sul punto, di Open Markets Institute, Joint submission to Call for Evidence on TFEU Article 102 Guidelines, April 2023, che osserva – nel paragrafo intitolato «Moving beyond the consumer welfare standard» – che «despite the encouraging comments in the policy paper, the amendments to the 2008 Guidance do not correct its heavy reliance on the consumer welfare standard. It continues to state that “the aim of the Commission’s enforcement activity… is to ensure that dominant undertakings do not impair effective competition… thus having an adverse impact on consumer welfare”».

[47] La precedente versione – più restrittiva – del punto 19 è riportata supra, nt. 16.

[48] European Commission, Directorate-General for Competition, (nt. 29), 6, che aggiunge: «For example, if an agreement leads to a reduction in pollution to the benefit of society, and assuming the benefits are significant, a fair share of them can be apportioned to the harmed consumers – the latter being part of society – and fully compensate them for the harm».

[49] European Commission, Directorate-General for Competition, (nt. 28), 1. Critica nei confronti di questa affermazione Google (v. Proposed adoption by the European Commission of Article 102 TFEU guidelines on exclusionary abuses, Google response to the European Commission’s Call for Evidence, par. II delle observations, punti 7 e 8), la quale, pur essendo d’accordo che «in some cases, competition enforcement under the consumer welfare standard may indirectly serve other legitimate objectives», ritiene che «at the same time, identifying unclear or inherently subjective notions as standalone goals of Article 102 TFEU would give rise to legal uncertainty, particularly in cases where those objectives may conflict with consumer welfare». Pertanto, la società «encourage the Commission to reflect further on the necessity of referring to objectives other than consumer welfare in the Proposed Guidelines».

[50] Trattasi dell’invito a presentare contributi per l’iniziativa “Orientamenti sugli abusi preclusivi da parte di imprese dominanti”, “lanciato” il 27 marzo 2023 (ossia parallelamente alla pubblicazione, da parte della Commissione, della comunicazione contenente modifiche agli orientamenti sulle priorità di applicazione delle norme), con conclusione del periodo per l’invio dei contributi il 24 aprile 2023.

[51] V., ad esempio, il feedback di Open Markets Institute, (nt. 46), sempre nel paragrafo «Moving beyond the consumer welfare standard», dove si afferma, ad avviso di chi scrive condivisibilmente, che «we are encouraged by the recognition in the Commission’s policy brief that “the enforcement of competition rules also contributes to achieving objectives that go beyond consumer welfare” including “fairness and level-playing field, market integration, preserving competitive processes, consumer welfare, efficiency and innovation, and ultimately plurality and democracy”. Consumer welfare should not be the sole or even primary goal of competition policy, even when not “defined strictly in economic terms”. Neither Article 102 TFEU nor the EU treaties in general make any reference to the concept of consumer welfare or the need to protect it. As has been repeatedly argued, over-reliance on the consumer welfare standard – with welfare defined primarily in terms of lower prices – has weakened competition enforcement in both Europe and the United States in recent decades, particularly in digital markets».

[52] ETUC, Resolution for a More Sustainable and Inclusive Competition Policy Adopted at the Executive Committee of 22-23 March 2021, 6. Ivi l’ETUC suggerisce che, «to support sustainable development, EU competition law must adopt a broader approach to the ‘consumer welfare standard’. The definition of consumer interests must go beyond price, quality and individual consumers as ultimate beneficiaries of competitiveness».

[53] Questa è la definizione di sviluppo sostenibile che si legge nel punto 517 delle linee direttrici sull’applicabilità dell’art. 101 TFUE agli accordi di cooperazione orizzontale.

Fascicolo 3 - 2023