I modelli di contratti di acquisizione (denominati Share Sale and Purchase Agreements) costituiscono ormai la base di un “diritto proprio” che rappresenta un dato significativo all’interno del costante dibattito sulle fonti odierne di diritto commerciale e, più in generale, del diritto privato. Infatti, la prassi internazionale delle acquisizioni ha sviluppato modelli di contratto che non solo hanno completato il diritto nazionale, ma lo hanno quasi del tutto sostituito; si tratta di un fenomeno – riconosciuto anche dalla giurisprudenza – qualificabile come autentica produzione di regole a carattere consuetudinario, o, se ritenuto preferibile, come fonte fattuale di produzione di un diritto comune dei traffici.
Con riferimento alla recezione dei modelli nell’esperienza italiana, ci si sofferma anzitutto sulla qualificazione delle clausole di rappresentazione e garanzia (c.d. representations and warranties) e sull’importanza della due diligence, divenuta una fase essenziale delle acquisizioni a seguito della prassi degli studi legali anglo-americani; per poi concludere l’indagine con un focus sulla clausola di completezza, che parimenti pone alcune problematiche in relazione al rapporto con le norme dettate dal codice civile nella parte generale sul contratto.
The purpose of this contribution is to develop some reflections on the “proper law” of models of Share Sale and Purchase Agreements in relation to the constant debate on today’s sources of business law and, more generally, private law. In fact, the international practice of corporate acquisitions has developed contract models that have not only integrated national law but have almost entirely replaced it. For this reason, it is discussed whether it is a phenomenon of authentic production of customary rules, or whether it can be qualified as a factual source of production of commercial law.
First of all, with reference to the transposition of foreign and international models into Italian case-law, the investigation dwells on the qualification of the representation and warranties clauses and on the importance of due diligence, which has become an essential phase of the acquisition process following the practice of Anglo-American law firms; then the investigation is focused on the entire agreement clause, which likewise poses certain problems in terms of the relationship with the rules provided by the Italian civil code in the general part on contracts.
1. Contratti di acquisizione, sistema delle fonti del diritto privato e i protagonisti del diritto commerciale. - 2. La rilevanza dei modelli di contratto nella giurisprudenza. - 3. Le rappresentazioni e garanzie e la clausola di intero accordo. - NOTE
I modelli di contratti di acquisizione di aziende o di partecipazioni sociali di “controllo”, ossia i c.d. Sale and Purchase Agreements, rispettivamente denominati Asset Deal e Share Deal, costituiscono senz’altro uno strumento di utilizzazione molto diffuso anche nell’ordinamento italiano, e pongono alcune questioni di fondo in relazione all’interessante, e sempre stimolante, dibattito sulle fonti odierne del diritto non solo commerciale, ma, più in generale, privato. Tali modelli costituiscono schemi di accordi contrattuali, e a volte anche formulari non propriamente contrattuali (si pensi alla due diligence check-list, l’elenco dei documenti da controllare relativamente all’oggetto dell’acquisizione [1]), provenienti e basati sul diritto di altri sistemi giuridici – in particolare quello anglo-americano – e che si sono ulteriormente formati e sviluppati anche in Italia, a seguito della prassi professionale e della giurisprudenza, in primis arbitrale. Si tratta di contratti per i quali l’autonomia privata ha elaborato (ciò che, secondo la terminologia utilizzata nel sistema menzionato è definito un fenomeno di Private Ordering) un «diritto proprio» [2], e che sono stati efficacemente denominati “contratti alieni” [3], in quanto costruiti con riferimento, come si accennava, al diritto anglo-americano, seguendo una certa struttura articolata dell’operazione e con linguaggio giuridico (e quindi dei concetti e delle categorie) tipici del common law; sono accordi spesso anche redatti in lingua inglese [4], ma ai quali si applica il diritto italiano. In questa sede ci si intende occupare, pertanto, del c.d. private M&A, con riferimento ad operazioni di acquisizione di una certa rilevanza economica (non, di norma, la cessione dell’attività di dimensioni modeste gestite in forma di s.n.c. o s.a.s., sebbene anche questa ponga problemi giuridici rilevanti e interessanti, oggetto di significative sentenze della Cassazione [5]); non, invece, del c.d. public M&A, ossia la disciplina delle o.p.a., in relazione al quale le valutazioni sono diverse per la rilevanza pubblicistica del mercato dei capitali [6]. Sono inoltre contratti, quelli di cessione delle partecipazioni sociali o di aziende, che si caratterizzano per essere strumentali all’esercizio dell’attività [...]
Con riferimento alla recezione dei modelli stranieri e internazionali nella giurisprudenza italiana, può ricordarsi in primo luogo la vicenda del contratto autonomo di garanzia, che, in un’importante sentenza della Cassazione a sezioni unite dell’ottobre 1987 [37] in adesione all’opinione della dottrina [38], è stato ritenuto legittimo anche nell’ordinamento italiano in considerazione «delle esigenze del commercio internazionale sempre più esteso…»; perché è inoppugnabile, sostiene la sentenza, che sia meritevole di tutela l’esigenza, connessa al commercio internazionale, che il creditore ha di assicurarsi la prestazione del debitore [39]. Va in secondo luogo menzionato, venendo ad un tema molto più recente, il recepimento, prima nella prassi statutaria e parasociale e poi anche da parte della giurisprudenza, innanzitutto arbitrale [40], delle (già sopra menzionate) clausole contenute nei contratti di investimento da parte dei fondi di venture capital, con particolare riferimento a quelle di co-vendita [41] o anti-diluitive [42]. Tale fenomeno consente di sottolineare, nuovamente, la rilevanza della giurisprudenza arbitrale (nonché, in alcuni casi, delle massime notarili) nello sviluppo di questi istituti, modelli o clausole adattati rispetto, ancora una volta, alla prassi introdotta dagli studi anglo-americani che assistono gli investitori in oggetto. Per quanto riguarda specificamente i contratti di acquisizione, la rilevanza dei modelli nella prassi e poi nella giurisprudenza emerge da un lato con riferimento alle clausole di rappresentazione e garanzia (c.d. representations and warranties), d’altro lato con riferimento alla due diligence e alla sua importanza dal punto di vista giuridico e pratico. Con riferimento alle prime, oltre a ricordare il costante monito della giurisprudenza sulla fondamentale importanza del loro inserimento nel contratto ai fini della tutela dell’acquirente in merito alle caratteristiche del patrimonio sociale [43], è sufficiente riprendere alcuni passaggi dell’importante sentenza in materia della Cassazione del 2014 [44]. Questa decisione ha rappresentato un punto fondamentale rispetto alla pratica delle acquisizioni, tanto da aver fermato un progetto di legge, che era in discussione in Parlamento, per intervenire soprattutto sulla contestata [...]
L’analisi, nell’ottica sopra vista, si intende concentrare su due questioni specifiche: le clausole di garanzia e la clausola di completezza (o di autosufficienza contrattuale o di intero accordo). Per quanto riguarda le clausole di rappresentazione e garanzia [66], il ruolo dei modelli nonché dei formulari che contengono gli esempi delle clausole più diffuse e considerate maggiormente efficaci è essenziale [67]. Ciò da un lato per l’importanza pratica delle clausole nel sistema di equilibrio dei rischi che ciascun contratto di acquisizione determina, e che sarebbe, del resto, insostituibile con una norma introdotta dal legislatore, che al massimo può contribuire a risolvere un problema, ma che non è, in definitiva, auspicabile nel settore in oggetto [68]; d’altro lato il ruolo dei modelli è risultato essenziale per lo sviluppo del dibattito sulla qualificazione giuridica delle clausole, che, come si accennava, la sentenza della Cassazione del 2014 ha contribuito a chiarire, essenzialmente da due fondamentali punti di vista. In primo luogo la decisione ha considerato tali pattuizioni prestazioni accessorie del contratto di compravendita, e quindi clausole autonome rispetto alla disciplina legale dei vizi del bene «partecipazione sociale» (siano le “carenze” delle quote qualificabili come mancanza di qualità essenziali, o veri e propri vizi, o rendano le partecipazioni trasferite un aliud pro alio o altro ancora) [69]; tale autonomia consente alle parti di delineare, sulla base del principio di libertà contrattuale, un regolamento idoneo agli obiettivi perseguiti, soprattutto con riferimento alla durata entro cui far valere gli impegni del venditore, e quindi al problema della (non) applicazione del termine annuale dalla consegna, ritenuto – come si accennava – in prevalenza di prescrizione, previsto all’art. 1495 c.c. [70]. In secondo luogo la Cassazione del 2014, in adesione a quanto sostenuto da parte della dottrina, ha considerato le warranties vere e proprie garanzie, e non mere obbligazioni. Di conseguenza, l’impegno di garanzia implica l’assunzione di un rischio o l’assicurazione di un risultato, indipendentemente da una valutazione di inadempimento, e quindi di imputabilità del verificarsi o meno dell’evento garantito [71]; tema che, come noto, risulta [...]