Rivista Orizzonti del Diritto CommercialeISSN 2282-667X
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Crisi dell'impresa e riparto fra i creditori dei costi della sostenibilità (di Bruno Inzitari, Professore ordinario di diritto civile, Università degli Studi di Milano-Bicocca)


Il ridimensionamento e la relativizzazione dell’interesse dei creditori, che non può essere più considerato l’interesse portante e pressoché assoluto delle procedure concorsuali, consente l’ingresso anche nelle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza dei nuovi interessi e conseguenti obblighi volti a realizzare la sostenibilità sociale e ambientale del­l’impresa.

Numerose disposizioni del codice della crisi segnalano un rilevante cambiamento di prospettiva rispetto alla gamma degli interessi tutelati e perseguiti nella soluzione della crisi di impresa, aprendo un significativo spazio, ad esempio, alla considerazione degli interessi dei lavoratori.

Con l’ingresso dei nuovi obblighi volti a realizzare la sostenibilità sociale e ambientale dell’impresa, nuovi e significativi oneri potranno gravare sui creditori. Detti oneri non potranno che essere addossati anche ai crediti che risultano assistiti da una causa di prelazione, ad eccezione dei crediti di lavoro, ai quali è riconosciuta una tutela assoluta ed inderogabile.

Business failure and allocation of sustainability costs among creditors

The downsizing and relativization of the interest of creditors, which can no longer be considered the leading and almost absolute interest of insolvency proceedings, allows new interests and consequent obligations aimed at achieving the social and environmental sustainability of the enterprise to enter also into the procedures for regulating the crisis and insolvency.

Many provisions of the crisis code mark a significant change in perspective with respect to the range of interests protected and pursued in the resolution of business crises, opening a significant space, for example, for the consideration of the interests of employees.

With the entry of the new obligations to achieve social and environmental sustainability of the business, new and significant burdens may be placed on creditors. These burdens will also be placed on credits that are assisted by a cause of pre-emption, except for labour credits, which are recognized as having absolute and mandatory protection.

Sommario/Summary:

1. Premessa: sostenibilità e responsabilità sociale nella continuità aziendale disposta nella crisi d’impresa. - 2. Interesse dei creditori ed altri interessi, nel fallimento (oggi liquidazione giudiziale) e negli altri percorsi e strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza. - 3. Dalla legge fallimentare al codice della crisi e dell’insolvenza dell’im­pre­sa (c.c.i.i.). - 4. Interessi dei creditori ed interessi diversi al rispetto della sicurezza sul lavoro, alla tutela dell’ambiente ed alla tutela dei crediti di lavoro nel c.c.i.i. - 5. L’impegno di spesa conseguente alle misure volte al rispetto e all’attua­zione degli obblighi relativi alla sostenibilità sociale e ambientale, grava anche sui creditori privilegiati, quale onere di gestione della procedura. - NOTE


1. Premessa: sostenibilità e responsabilità sociale nella continuità aziendale disposta nella crisi d’impresa.

La progressiva affermazione dei principi della sostenibilità e della responsabilità sociale dell’impresa nel diritto dell’Unione Europea e nell’ordinamento italiano impone una riflessione sulla possibile proiezione di questi principi sull’im­presa in crisi o insolvente. La disciplina delle procedure concorsuali, particolarmente nel rinnovato testo del codice della crisi, così come modificato dal d.lgs. n. 83/2022, di recepimento della direttiva 2019/1023/UE, risulta, a differenza della abrogata disciplina della legge fallimentare del 1942, potenzialmente suscettibile di confrontarsi con gli obiettivi volti ad includere i temi della sostenibilità nei processi gestionali delle società appartenenti ai vari settori dell’economia, al fine di ridurre gli impatti negativi sui diritti sociali e sull’ambiente. Il perseguimento di questi obiettivi comporta una responsabilizzazione di tutti coloro che operano nel governo societario. Essi devono tenere conto dell’esigenza di volgere l’attività di impresa alla transizione verso un’economia sostenibile e conseguentemente hanno il dovere di valutare i rischi connessi all’attività del­l’impresa stessa. Tutto questo si traduce in un’accresciuta dimensione degli obblighi di diligenza di cui all’art. 1176 c.c. Il rispetto dei doveri di sostenibilità comporta necessariamente una integrazione della diligenza professionale, la quale dev’essere intesa, piuttosto che secondo la generale ma anche imprecisa formula, che vorrebbe quella professionale ad un livello più elevato di diligenza, quale vincolo all’os­servanza delle regole tecniche proprie della professione o comunque dei compiti professionali che ricadono sul debitore dal momento in cui ha assunto una obbligazione che esige la conoscenza, il rispetto e l’applicazione di quelle specifiche regole tecniche. L’avvento dei principi e dei doveri ESG comporta l’inserimento tra le regole tecniche da osservare, perché l’attività di governo e gestione dell’impresa sia conforme alla diligenza professionale richiesta, oltre alle consuete regole del governo dell’impresa, anche quelle relative alla valutazione degli effetti delle scelte gestionali sui diritti umani, sul cambiamento climatico e sull’ambiente, la cui omissione o inosservanza configurerebbero [...]


2. Interesse dei creditori ed altri interessi, nel fallimento (oggi liquidazione giudiziale) e negli altri percorsi e strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza.

L’interesse dei creditori ha tradizionalmente contrassegnato l’impresa in crisi o insolvente e le procedure che la crisi e l’insolvenza sono dirette a governare. In realtà, va rilevato che l’interesse dei creditori non può essere l’unico ed unidimensionale interesse sottostante alla procedura di liquidazione, in quanto possono essere registrati anche altri interessi ritenuti meritevoli di tutela da parte del legislatore (quali la competitività secondo l’art. 216 c.c.i.i., i parametri di scelta dell’af­fittuario, art. 212 c.c.i.i., i presupposti e limiti per l’esercizio provvisorio dell’im­presa [1]) che concorrono con l’interesse, comunque prevalente, dei creditori. La centralità della procedura di fallimento ha contrassegnato il panorama delle procedure concorsuali sino al primo decennio di questo secolo, per poi iniziare a tramontare, prima per effetto della intensa novellazione della legge fallimentare e poi con l’entrata in vigore del codice della crisi, così come modificato nel 2022. La procedura fallimentare, oggi liquidazione giudiziale, che un tempo costituiva pressoché l’unica soluzione alla crisi ed all’insolvenza (considerati i deludenti risultati dell’amministrazione controllata, abrogata con il d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, e la natura sostanzialmente liquidatoria del concordato preventivo, così come previsto nella legge fallimentare), nel confronto con la nuova disciplina del codice della crisi, rappresenta l’ultima ratio alla soluzione della crisi dell’impresa. Un ventaglio molto ampio di percorsi e procedure, quali la composizione negoziata, il piano attestato, l’accordo di ristrutturazione, il concordato preventivo nella sua duplice tipologia di concordato liquidatorio e in continuità, consente, infatti, la soluzione della crisi e dell’insolvenza, attraverso meccanismi del tutto diversi dalla mera liquidazione dei beni. Si tratta di percorsi e procedure nei quali il debitore provvede– in modo diretto o indiretto, eventualmente anche con l’intervento sempre più frequente di terzi (attraverso i diversi tools, messi oggi a disposizione per effetto dell’’attuazione della citata direttiva europea), a riorganizzare l’esercizio dell’impresa, in modo tale da consentire, anche con la continuazione dell’attività [...]


3. Dalla legge fallimentare al codice della crisi e dell’insolvenza dell’im­pre­sa (c.c.i.i.).

Le prospettive per una concreta attuazione dei principi ESG anche nella crisi d’impresa richiedono una verifica degli spazi offerti dalla rinnovata disciplina delle procedure concorsuali. Per effetto delle radicali modificazioni dei principi che governano l’intero sistema concorsuale e degli spazi offerti dall’ampio ventaglio di percorsi e strumenti di regolazione della crisi, il codice della crisi appare suscettibile di accogliere nuovi interessi e finalità, quali quelli della sostenibilità sociale ed ambientale. Il codice della crisi, così come modificato nel 2022 col recepimento della direttiva “Insolvency”, costituisce una netta svolta del nostro diritto concorsuale. La legge fallimentare era infatti costruita come disciplina del processo esecutivo concorsuale, quale parte della codificazione del 1942, secondo una formulazione del tutto coerente con l’impostazione sistematica e con lo stesso linguaggio del codice di procedura civile e del codice civile, al punto che si poteva dire che costituisse un vero e proprio settimo libro, in perfetta continuità con il sesto libro, intitolato alla tutela dei diritti. Le altre procedure concorsuali alternative al fallimento erano viste, nella sostanza, quale eccezionale deroga alla regola dell’esecuzione collettiva sui beni del debitore e conseguentemente per la loro ammissibilità veniva richiesto che il debitore assicurasse, almeno prospetticamente, un livello di soddisfazione diverso e più elevato rispetto a quello della liquidazione fallimentare. Con il codice della crisi viene definitivamente superato il criterio, introdotto nella passata disciplina fallimentare all’art. 180 l. fall. (sostituito dall’art. 16, secondo comma, del d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169), secondo il quale la soddisfazione dei creditori non doveva essere inferiore alle alternative concretamente praticabili e viene introdotto il più chiaro e lineare criterio del soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione giudiziale. Non si richiede che il debitore soddisfi i creditori in misura più elevata rispetto alla liquidazione giudiziale, ma soltanto non inferiore e, quindi, anche nella stessa misura raggiungibile in sede di liquidazione. Questo criterio risulta costantemente reiterato nella medesima formulazione nei diversi strumenti di regolazione della crisi e [...]


4. Interessi dei creditori ed interessi diversi al rispetto della sicurezza sul lavoro, alla tutela dell’ambiente ed alla tutela dei crediti di lavoro nel c.c.i.i.

Le conseguenze di questi cambiamenti di prospettiva non sono di poco momento. Il ridimensionamento e la relativizzazione dell’interesse dei creditori, che non può essere più considerato l’interesse portante e pressoché assoluto delle procedure concorsuali, consente l’ingresso anche negli strumenti e nelle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza dei nuovi interessi e conseguenti obblighi volti a realizzare la sostenibilità sociale e ambientale dell’impresa. Ma l’ingresso di questi nuovi obblighi non può che recare con sé anche nuovi oneri che impegnano risorse dell’attivo e quindi gravano ed incidono sulle stesse prospettive di soddisfazione dei creditori, le quali, per effetto dell’accennato mutamento di prospettiva, possono subire un ridimensionamento ed una relativizzazione rispetto al­l’affermarsi di altri interessi, quali, appunto, il riconoscimento e l’attuazione di finalità volte alla sostenibilità sociale o ambientale. A questo riguardo, va considerato che il codice della crisi presenta significative e potenzialmente anche idonee aperture. La rilevanza di interessi diversi e di livello sovraordinato rispetto a quelli dei creditori viene per la prima volta riconosciuta nell’ambito degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza nella disciplina che prevede la formazione di un piano da sottoporre ai creditori ed agli organi della procedura. Secondo quanto previsto negli artt. 87, primo comma, lett. f), per il concordato in continuità e 64-bis, che per il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, fa espresso rinvio al citato art. 87, primo comma, il debitore, nel determinare il contenuto del piano di concordato, non solo deve indicare i diversi elementi dai quali gli organi della procedura ed i creditori possono trarre elementi di valutazione della fattibilità ed affidabilità del piano medesimo [6], ma per la prima volta, richiede, «ove sia prevista la prosecuzione dell’attività d’impresa in forma diretta, l’analitica individuazione dei costi e dei ricavi attesi, del fabbisogno finanziario e delle relative modalità di copertura, tenendo conto anche dei costi necessari per assicurare il rispetto della normativa in materia di sicurezza sul lavoro e di tutela dell’ambiente». Il piano, con il quale il debitore, [...]


5. L’impegno di spesa conseguente alle misure volte al rispetto e all’attua­zione degli obblighi relativi alla sostenibilità sociale e ambientale, grava anche sui creditori privilegiati, quale onere di gestione della procedura.

La ricerca e la realizzazione di tali obiettivi ed interessi comportano oneri che si ripercuotono sul trattamento dei creditori, il quale inevitabilmente viene ridimensionato nella misura in cui risorse, che potrebbero essere distribuite tra di essi, vengono indirizzate alla tutela della sicurezza sul lavoro, alla tutela dell’am­biente, alla prioritaria soddisfazione dei crediti privilegiati di lavoro. Con l’ingresso dei nuovi obblighi volti a realizzare la sostenibilità sociale e ambientale dell’impresa, nuovi e significativi oneri potranno gravare sui creditori. In un sistema qual è quello che si è formato nel nostro ordinamento, in cui il trattamento dei creditori è così vistosamente differenziato tra crediti assistiti da prelazione e privilegi da un lato e crediti chirografari dall’altro, il rischio è quello di addossare a questi ultimi l’intero peso delle misure volte a realizzare la sostenibilità sociale ed ambientale. A questo riguardo va tenuto conto delle evidenti distorsioni provocate dall’in­tervento dello Stato volto ad introdurre sempre nuovi privilegi e riconoscimenti della prededuzione, con traslazione dell’onere sui creditori chirografari. Si potrebbe dire che molto spesso gli ostacoli politici, economici e di bilancio alla realizzazione di una politica di deficit spending sono stati aggirati, ponendo a carico dei creditori chirografari l’onere delle misure volte a risolvere o contenere crisi economiche e sociali più ampie e di sistema. Questa politica ha comportato una delle modifiche più rilevanti del nostro diritto delle obbligazioni. La parità di trattamento dei creditori, proclamata dal codice civile unitario del 1865 (e prima ancora dal codice napoletano e dal codice napoleonico), ribadita nel codice civile del 1942, costituiva la proiezione della unicità del soggetto di diritto nell’attuazione delle obbligazioni. Limitate e giustificate erano nel codice civile del 1942 le deroghe al principio della par condicio creditorum. Oltre alle garanzie reali di origine negoziale o giudiziale, i privilegi trovavano una forte giustificazione causale di carattere sociale e/o morale nelle stesse ragioni esistenziali delle circostanze che avevano portato al sorgere del credito (spese funebri, di infermità, per bisogni fondamentali, alimenti, ecc.) Inoltre, per queste ragioni, risultavano [...]


NOTE