Rivista Orizzonti del Diritto CommercialeISSN 2282-667X
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Democrazia e virtualità nel procedimento assembleare delle cooperative (di Emanuele Cusa, Professore associato di diritto commerciale, Università degli Studi di Milano-Bicocca)


Tema del presente scritto è la disciplina (legale e negoziale) del procedimento assembleare nelle cooperative, il cui contenuto dovrebbe essere ripensato tenendo conto sia del necessario carattere democratico di queste società sia dello sviluppo tecnologico intervenuto negli ultimi decenni. Tesi di questo scritto è che un'adeguata riscrittura della predetta disciplina ci consegnerà cooperative più democratiche e imprese più mutualistiche.

Democracy and virtuality in the assembly procedure of cooperatives

This article focuses on the legal and contractual regulation regarding the assembly procedure in cooperatives, the content of which should be rethought taking into account both the necessary democratic nature of these companies and the technological development that has occurred in recent decades. The thesis of this paper is that an adequate rewriting of the aforementioned regulation will deliver us cooperatives more democratic and enterprises more mutualistic.

Sommario/Summary:

1. La disciplina civilistica in diacronia. - 2. Coop-s.p.a., coop-s.r.l., cooperative quotate e diritto di recesso. - 3. Precisazioni terminologiche. - 4. Il principio democratico in funzione dello scopo mutualistico. - 5. La partecipazione ottimale del socio nel procedimento assembleare. - 6. Il voto extrassembleare. - 6.1. La disciplina legale. - 6.2. L’autonomia statutaria. - 7. L’intervento virtuale e il voto anticipato. - 8. Assemblea fisica, ibrida o virtuale. - 8.1. Nelle società di capitali italiane. - 8.2. In alcune cooperative straniere. - 8.3. Nelle cooperative italiane. - 8.3.1. Possibili clausole statutarie. - 8.3.2. L’assemblea prolungata. - 8.3.3. Controllo dei soci e dei terzi sulle scelte degli amministratori. - 9. Una riforma per una rinnovata democrazia cooperativa. - 9.1. Due premesse. - 9.2. Almeno nove temi da affrontare. - 9.2.1. Procedimento assembleare e polimorfismo cooperativo. - 9.2.2. Informazioni ai soci e vigilanza sulle cooperative. - 10. Una conclusione. - NOTE


1. La disciplina civilistica in diacronia.

La disciplina civilistica contempla espressamente la facoltà di votare per corrispondenza fin dal 1942 per le cooperative [1] e solo dal 2003 per le s.p.a. e (in forza dell’art. 2454 c.c.) per le s.a.p.a. [2]. Al voto per corrispondenza si affianca nel 2003 quello espresso nelle cooperative «mediante altri mezzi di comunicazione» (art. 2538, sesto comma, c.c.) e nel 2010 quello espresso nelle s.p.a. e (in forza sempre dell’art. 2454 c.c.) nelle s.a.p.a. «in via elettronica» (art. 2370, quarto comma, c.c.). Tutte queste modalità di votazione sono accomunate dal fatto di consentire l’espressione del suffragio prima e fuori dall’assemblea nella quale si terrà conto dello stesso; nel prosieguo il voto per corrispondenza – esercitato «mediante altri mezzi di comunicazione» o «in via elettronica» – sarà denominato voto extrassembleare. Ancora nel 2003, con espressa previsione contenuta nella sola disciplina delle s.p.a. – ritenuta però integrante pure la disciplina delle cooperative regolate anche dalla normativa sulle s.p.a. (diverse dalle cooperative regolate anche dalla normativa sulle s.r.l., di seguito, rispettivamente, coop-s.p.a. e coop-s.r.l.), ai sensi del rinvio ad essa operato dell’art. 2519, primo comma, c.c., almeno secondo la lettura suggerita dalla dottrina minoritaria [3], confermata dalla prassi cooperativa [4] – si è consentito «l’intervento all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione» (art. 2370, quarto comma, c.c.) [5]; questo modo di intervenire (a volte indicato dalla dottrina come intervento a distanza) sarà di seguito denominato come intervento virtuale, il quale includerà tutti i diritti di partecipazione (tra cui quello di voto) esercitabili virtualmente nell’assem­blea. L’esposta evoluzione dei termini usati nel codice civile per descrivere i modi alternativi (a quelli tradizionali) di intervento e di voto del socio nel processo decisorio è dipesa dallo sviluppo tecnologico verificatosi nei decenni scorsi, grazie al quale oggi si può partecipare a tale processo in forme impensabili nel 1942.


2. Coop-s.p.a., coop-s.r.l., cooperative quotate e diritto di recesso.

Nel presente saggio la trattazione sarà perlopiù bipartita, analizzandosi prima il voto extrassembleare e poi l’intervento virtuale, i quali sono accomunati dall’essere funzionalmente collegati a una deliberazione assembleare [6]. Benché le disposizioni delle s.p.a. riportate nel precedente paragrafo non si applichino direttamente alle s.r.l., la gran parte dei teorici e dei pratici condivide da tempo l’opinione, secondo la quale gli atti costitutivi di queste società possano comunque prevedere l’intervento virtuale, quand’anche riguardi materie da decidere rispettando il metodo collegiale, a condizione che il relativo diritto sia esercitato nel procedimento assembleare [7]; molto più articolata è invece la risposta sull’ammissibilità del voto extrassembleare nelle s.r.l., almeno nelle materie per le quali il legislatore prescrive una deliberazione assembleare [8]. Meno controverse sono le medesime questioni in presenza delle coop-s.r.l.; queste ultime, infatti, sono certamente legittimate a prevedere statutariamente sia il voto extrassembleare (essendo detto voto espressamente consentito per qualsiasi cooperativa dall’art. 2538, sesto comma, c.c. e, conseguentemente, mancando la lacuna da colmare eventualmente mediante i rinvii di cui all’art. 2519 c.c.), sia l’intervento virtuale (valendo le stesse ragioni per cui è possibile nelle s.r.l., cui si aggiunge il fatto che tale intervento può facilitare la partecipazione dei soci alla vita sociale e così contribuire a migliorare la democrazia cooperativa) [9]. Dunque, le prossime pagine riguarderanno indistintamente le coop-s.p.a. e le coop-s.r.l., salvo diversa precisazione. Se la società è una coop-s.p.a. con azioni quotate in mercati regolamentati [10], il voto extrassembleare e l’intervento virtuale sono primariamente disciplinati negli artt. 127 t.u.f. e 140-143-ter del. Consob n. 11971/1999, da combinarsi con gli artt. 2370, quarto comma, 2538, sesto comma e 2519, primo comma, c.c., ai sensi dell’art. 2325-bis, secondo comma, c.c. [11]; tutte queste disposizioni formano oggi la disciplina più dettagliata in materia, anche se contengono alcune opacità prossimamente da eliminare [12]. Se un crescente numero di interpreti [13], basandosi sulla più recente giurisprudenza di [...]


3. Precisazioni terminologiche.

A beneficio del lettore, per evitare inutili fraintendimenti, chiarisco il significato che attribuirò alle espressioni di seguito riportate tra virgolette semplici: (i) denominerò come ‘intervento virtuale’ quello diverso dall’intervento fisico in assemblea dei soci e come ‘voto virtuale’ quello esercitato senza essere presente fisicamente nella relativa assemblea, così da avere le seguenti due coppie di concetti antitetici: intervento virtuale – intervento fisico; voto virtuale – voto fisico; (ii) parlerò di ‘intervento ottimale’ e di ‘voto ottimale’ o, sinteticamente, di ‘partecipazione ottimale’, ogni volta che il relativo esercente riesca a partecipare al procedimento assembleare nel modo migliore possibile, tenuto conto delle concrete situazioni in cui si trova la cooperativa e la sua compagine sociale; (iii) distinguerò il sintagma ‘procedimento assembleare’ [17] – inteso come insieme delle fasi necessarie per rispettare il metodo collegiale nel prendere le decisioni dei soci – dalla parola ‘assemblea’ – intesa come riunione che costituisce sì una fase necessaria di tale procedimento, ma nella quale potrebbero mancare tutti i soci [18]; (iv) userò ‘preassembleare’ e ‘extrassembleare’ per indicare ciò che accade nel procedimento assembleare ma fuori dall’assemblea; questi due aggettivi, saranno dunque contrapposti all’aggettivo ‘intrassembleare’ e potranno combinarsi con la coppia fisico – virtuale sopra precisata; sicché, esemplificando, il voto è normalmente intrassembleare e fisico, ma può diventare extrassembleare e virtuale o, alternativamente, intrassembleare e virtuale; naturalmente, il voto extrassembleare è per forza virtuale; (v) denominerò come ‘assemblea virtuale’ quella in cui si possa partecipare solo con interventi virtuali [19], come ‘assemblea fisica’ quella in cui si possa partecipare solo con interventi fisici, come ‘assemblea ibrida’ quella in cui si possa partecipare con interventi fisici o virtuali [20] e come ‘assemblea prolungata’ quella originariamente convocata in due distinti momenti.


4. Il principio democratico in funzione dello scopo mutualistico.

Ho già sostenuto [21] che il principio democratico innerva l’intera disciplina legale del procedimento assembleare delle cooperative; sicché l’autonomia negoziale (statutaria e regolamentare), volta a personalizzare tale procedimento, va esercitata rispettando tale principio. Al fine di attribuire il corretto significato al principio democratico – valevole anche in altri ordinamenti [22] – occorre rammentare che quasi tutte le cooperative regolate (anche o solo) dal codice civile sono vigilate ai sensi del d.lgs. 2 agosto 2002, n. 220 [23] e, pertanto, sono soggette al suo art. 4, primo comma, lett. a) e b); questa disposizione è cruciale nella ricostruzione del principio in parola, poiché essa stabilisce che durante la revisione cooperativa (cioè il controllo cui sono sottoposte, o biennalmente le cooperative in generale, o annualmente determinate classi di cooperative [24]) non solo si deve «fornire suggerimenti e consigli per migliorare […] il livello di democrazia interna, al fine di promuovere la reale partecipazione dei soci alla vita sociale», ma si deve anche «accertare […] la natura mutualistica dell’ente, verificando l’effet­tività della base sociale, la partecipazione dei soci alla vita sociale […], la qualità di tale partecipazione». Dai frammenti normativi testé riportati traggo tre importanti indicazioni. La prima. Se il revisore cooperativo deve accertare «la qualità della partecipazione dei soci alla vita sociale», allora la cooperativa è tenuta a garantire tale partecipazione, specialmente nel procedimento assembleare; sicché la promozione di questa partecipazione deve costituire il comune obiettivo vuoi della disciplina legale (come confermato dal criterio direttivo contenuto nella legge delega, attuato mediante la vigente disciplina civilistica del predetto procedimento [25]), vuoi della disciplina negoziale. La seconda. La democrazia cooperativa non può limitarsi a essere formale (mediante il riconoscimento ai soci del voto capitario), dovendo essere anche e soprattutto sostanziale, ovvero, usando il lessico legislativo, «reale» [26]. La terza. La democrazia cooperativa non è funzionalmente neutra, essendo imposta per garantire il doveroso scopo mutualistico; sicché nella cooperativa la democrazia [...]


5. La partecipazione ottimale del socio nel procedimento assembleare.

L’esposto legame tra democrazia e mutualità deve condurre le cooperative a concepire un’organizzazione interna atta a promuovere un proficuo dialogo tra soci e amministratori sui modi concreti di perseguimento dello scopo mutualistico; questo dialogo avviene osservando le rispettive competenze, le quali possono significativamente divergere in presenza di una coop-s.p.a. o di una coop-s.r.l., stante le diverse discipline di questi due sottotipi di cooperativa, contenute, rispettivamente, nell’art. 2380-bis, primo comma, c.c. e nell’art. 2475, primo comma, c.c. Una volta rimarcato il ruolo servente degli amministratori rispetto ai soci nel perseguimento dello scopo mutualistico, il dialogo tra loro può avvenire riconoscendo ai soci dei poteri esercitabili fuori o dentro il procedimento assembleare: come esempio dei primi, immagino apposite articolazioni della compagine sociale legittimate a trasmettere al consiglio di amministrazione suggerimenti e consigli nella gestione degli scambi mutualistici [31] oppure riunioni, anche virtuali, nelle quali soci, amministratori ed esponenti della struttura aziendale si confrontino per migliorare l’impresa mutualistica; come esempi dei secondi, penso ai casi in cui i soci abbiano specifiche competenze gestorie ai sensi degli artt. 2479 e 2519, secondo comma, c.c., siano chiamati a regolare gli scambi mutualistici ai sensi dell’art. 2521, quinto comma, c.c. o siano titolari di poteri autorizzativi ai sensi degli artt. 2364, primo comma, n. 5 e 2519, primo comma, c.c.; naturalmente, i soci possono sempre sostituire, con apposita deliberazione assembleare, gli amministratori risultati incapaci di rispondere adeguatamente ai loro interessi mutualistici. Nell’economia del presente saggio, dovendo circoscrivere la portata del sintagma «reale partecipazione dei soci alla vita sociale» al procedimento assembleare, ritengo che la partecipazione dei soci sia «reale», quando costoro siano concretamente messi in condizione di esercitare al meglio, in tale procedimento (prima o durante la relativa riunione), i diritti di essere informati dagli amministratori [32], di presentare istanze [33], di discutere e di votare. Se ciò accade, la partecipazione del socio è ottimale. Il che corrisponde a un obiettivo organizzativo cui deve costantemente tendere la cooperativa di diritto comune; questa, infatti, promuove «la reale [...]


6. Il voto extrassembleare.

Il voto extrassembleare, benché disciplinato nel diritto comune delle cooperative fin dal 1942, è stato da loro poco utilizzato, sia prima del 2003 [37] sia successivamente, al pari di quanto accaduto per le società lucrative di diritto comune dopo il 2003. Il che probabilmente dipende dalla connessa complessità organizzativa e dalla correlata rigidità delle volontà assembleari, ingabbiate nelle proposte di delibere pubblicizzate prima dell’assemblea; ciò non significa, tuttavia, che sia impedito agli intervenuti in assemblea di prendere deliberazioni con contenuto diverso da quello previamente comunicato, come prova l’espressa disciplina sul punto valevole per le società con azioni quotate.


6.1. La disciplina legale.

Nonostante l’infelice dettato dell’art. 2538, sesto comma, c.c., tutta la disciplina ivi contenuta è correttamente ritenuta applicabile ogni volta che il voto sia espresso prima e fuori dall’assemblea dei soci, vuoi «per corrispondenza», vuoi «mediante altri mezzi di telecomunicazione» [38]. Affinché il socio possa esprimere il proprio voto extrassembleare, occorre una previa clausola statutaria che lo consenta. Questa condizione non è però necessaria (in ragione, almeno fino al luglio 2022, dell’emergenza legata alla crisi pandemica da Covid-19) per le assemblee tenute tra il 17 marzo 2020 (data di entrata in vigore dell’art. 106, secondo comma, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv. con l. 24 aprile 2020, n. 27) e il 31 luglio 2023 (data entro la quale può tenersi, eventualmente in prima convocazione, un’assemblea regolata da questa disposizione, qualificabile come eccezionale ai sensi dell’art. 14 prel.) [39]. Durante il predetto periodo, infatti, in forza di tale disposizione, il consiglio di amministrazione di qualsiasi cooperativa, anche nel silenzio statutario sul punto, può prevedere nell’avviso di convocazione dell’assemblea «l’espressione del voto in via elettronica o per corrispondenza». Nell’avviso di convocazione devono essere riportate per esteso tutte le proposte di deliberazioni votabili fuori dall’assemblea (art. 2538, sesto comma, secondo periodo, c.c.). Prima della riforma del 2003 la giurisprudenza riteneva annullabile la deliberazione assembleare presa senza che la relativa proposta fosse stata riprodotta nell’avviso di convocazione [40]; precisando che le proposte di deliberazione possano legittimamente e alternativamente essere riprodotte in luoghi chiaramente indicati in tale avviso, alla stessa conclusione devono arrivare i giudici oggi, a meno che i voti extrassembleari non servano per raggiungere i richiesti quorum costitutivi e deliberativi, potendosi in questo caso applicare l’art. 2377, quinto comma, n. 2, c.c. [41]. Nel computare gli eventuali quorum costitutivi e deliberativi vanno inclusi i voti espressi prima dell’assemblea (così presumendosi intervenuti i relativi votanti, benché necessariamente assenti nella realtà), a condizione che tali voti abbiano riguardato le stesse proposte di deliberazioni effettivamente [...]


6.2. L’autonomia statutaria.

Sulla base del diritto comune, una volta che l’atto costitutivo consenta l’e­sercizio del voto extrassembleare, la relativa disciplina può trovarsi nello stesso atto, in un apposito regolamento (meglio se assembleare) e/o nell’avviso di convocazione della relativa assemblea, il quale a sua volta potrebbe rinviare ad altro luogo, idoneo a far conoscere tale disciplina almeno agli aventi diritto, come il sito internet della cooperativa (eventualmente nella sua parte riservata ai soci con diritto di voto). Salvo diversa disposizione legale o statutaria, spetta all’organo legittimato a convocare l’assemblea la scelta, da indicarsi nell’avviso di convocazione, di consentire il voto extrassembleare relativamente a uno specifico procedimento assembleare. Tra i mezzi utilizzabili per esprimere il voto extrassembleare segnalo i seguenti: la posta ordinaria o quella elettronica (ordinaria o certificata) [52]; il telefax; una comunicazione audio o audio-video (attraverso un telefono o un computer); un’apposita piattaforma elettronica di voto [53]. L’identità del votante può essere accertata dalla società in vario modo, imponendogli, ad esempio, di firmare digitalmente il documento di voto [54], di allegare una fotocopia di un suo documento di riconoscimento o di consegnare personalmente la scheda di voto in uno dei luoghi fisici indicati dalla cooperativa. Se lo consente la tecnologia o la procedura concepita nel caso di specie [55], il voto extrassembleare può rimanere segreto, nei casi in cui la cooperativa abbia previsto il voto segreto per la materia oggetto di deliberazione (quale, ad esempio, la nomina degli organi sociali). I suffragi espressi per corrispondenza possono essere revocati dal votante fino all’apertura dell’assemblea chiamata a deliberare sulla proposta rispetto alla quale vertono tali suffragi [56]. A mio avviso, l’esposta facoltà di revoca non può essere negata dalla società, stante il principio democratico secondo il quale va sempre prediletta la partecipazione assembleare dei soci, meglio se direttamente. Sarebbe pertanto nulla la regola negoziale che impedisse al socio di revocare il suo suffragio extrassembleare, quand’anche gli si consentisse di assistere all’assemblea senza partecipare al relativo dibattito e al conseguente voto. Sempre in base al predetto principio, la [...]


7. L’intervento virtuale e il voto anticipato.

Secondo la già ricordata tesi minoritaria sostenuta da chi scrive, da molto tempo (anche prima del 2003) le cooperative, al pari delle società di capitali, possono consentire a qualsiasi socio (con diritto di voto) di intervenire a qualsiasi assemblea (generale, speciale o separata) senza imporgli la presenza fisica nella relativa riunione. Ho precedentemente definito come intervento virtuale quello diverso dal­l’intervento fisico in assemblea dei soci. Ora occorre precisare che va considerato legalmente come virtuale anche l’intervento fisico in una riunione fisica che si tiene in un luogo diverso da quello indicato come luogo fisico dell’a­dunanza nel relativo avviso di convocazione, a condizione che il primo luogo sia collegato telematicamente con il secondo e che si permetta ai presenti fisicamente nel primo luogo di esercitare tutti i diritti esercitabili dai presenti fisicamente nel secondo luogo; nella situazione dianzi descritta gli interventi di fatto fisici si qualificano come virtuali in presenza di assemblee ibride o virtuali [62]. Affinché si possa intervenire in modo virtuale, è necessario che l’atto costitutivo lo consenta previamente [63], come impone l’art. 2370, quarto comma, primo periodo, c.c., applicato direttamente alle coop-s.p.a. (ex art. 2519, primo comma, c.c.) e analogicamente alle coop-s.r.l. [64]. Va dunque qualificato come norma eccezionale l’art. 106, secondo comma, d.l. n. 18/2020, grazie al quale il consiglio di amministrazione può prevedere (tra il 17 marzo 2020 e il 31 luglio 2023) «l’intervento all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione», anche se l’atto costitutivo avesse stabilito il contrario o, più verosimilmente, avesse taciuto sul punto. Sulla base del diritto comune, una volta che l’atto costitutivo consenta l’in­tervento virtuale, la relativa disciplina attuativa può trovarsi ancora nello stesso atto, in un apposito regolamento (meglio se assembleare [65]) o, se si vuole garantire la massima flessibilità, nell’avviso di convocazione della relativa assemblea [66]; questo avviso – eventualmente corrispondente all’unica fonte integrativa della scarna previsione statutaria, il quale deve però contenere i propri elementi essenziali, tra cui «il luogo dell’adunanza» (art. 2366, primo comma, c.c.), [...]


8. Assemblea fisica, ibrida o virtuale.

L’art. 106, secondo comma, d.l. n. 18/2020 prevede – circa i procedimenti assembleari delle società con personalità giuridica relativi ad assemblee tenute tra il 17 marzo 2020 e il 31 luglio 2023, anche in mancanza di qualsiasi disciplina statutaria in proposito o in contrasto con questa disciplina – (i) che l’organo competente a convocarle possa imporre a qualsiasi socio il solo intervento virtuale in assemblea e (ii) che il presidente, il segretario dell’as­semblea o l’eventuale notaio verbalizzante possano trovarsi in luoghi diversi durante lo svolgimento dell’assemblea [78]. Molti si sono chiesti se quanto espressamente ma eccezionalmente stabilito nella disposizione appena richiamata sia consentito anche dal diritto comune delle società.


8.1. Nelle società di capitali italiane.

La dottrina ormai maggioritaria [79] e la prassi notarile più autorevole [80], con riguardo alle società di capitali, sostengono in modo condivisibile che la disposizione testé citata è solo eccezionale nella parte in cui consente di convocare un’assemblea virtuale nel silenzio o in contrasto con l’atto costitutivo. Ma, allora, fin dal 2003 le società appartenenti alla predetta classe possono convocare non solo l’assemblea ibrida ma anche quella virtuale [81], a condizione che l’atto costitutivo previamente preveda queste modalità alternative di svolgimento del procedimento assembleare. Sicché, le assemblee ibride e quelle virtuali, una volta consentite astrattamente in via statutaria, si avranno concretamente, quando l’avviso di convocazione indichi, rispettivamente, il luogo fisico e quello virtuale dell’adunanza o solamente il luogo virtuale della stessa. In conclusione, de iure condito, le società di capitali possono convocare, in forza del codice civile, assemblee fisiche, ibride o virtuali [82]. L’atto costitutivo può stabilire che l’organo sociale competente a convocare l’assemblea possa o debba permettere l’intervento virtuale, in presenza vuoi di determinate materie all’ordine del giorno, vuoi di qualsiasi assemblea [83]; correlativamente, il socio ha nel primo caso un diritto e nel secondo caso una mera aspettativa a partecipare virtualmente. Un’apposita clausola statutaria può altresì imporre al predetto organo di convocare l’assemblea ibrida [84] o – secondo una tesi minoritaria, ma condivisibile [85] – l’assemblea virtuale [86], per alcune o per tutte le materie di competenza dei soci. Naturalmente, le assemblee virtuali e quelle ibride sono qualificabili come assemblee in senso stretto solo se il relativo procedimento si conformi al metodo collegiale; ne consegue che nelle assemblee in esame occorre sempre (i) identificare tutti gli intervenuti (in quanto legittimati a votare) e (ii) riconoscere a costoro i diritti (intrassembleari) di partecipare alla discussione e di votare, eventualmente esercitabili entrambi solo in forma scritta.


8.2. In alcune cooperative straniere.

Le conclusioni esposte per le società di capitali nel precedente paragrafo valgono anche per le società cooperative? Il dubbio discende da due ordini di ragioni. In primo luogo, solo alle cooperative è imposto di promuovere la reale partecipazione dei soci alla vita sociale e dunque anche ai lavori assembleari, ai sensi dell’art. 4, primo comma, d.lgs. n. 220/2002. In secondo e ultimo luogo, il dato comparatistico ci consegna alcuni limiti inderogabili, come mostrano i seguenti tre ordinamenti stranieri [87]: (i) il legislatore basco sembra ammettere solo l’assemblea ibrida, comunque organizzata mediante sistemi che permettano «la comunicación bidireccional y simultanea de la imagen y el sonido, y la interacción visual, auditiva y verbal [la comunicazione bidirezionale e simultanea dell’immagine e del suono, così come l’interazione visiva, uditiva e verbale]» [88]; (ii) il legislatore francese prevede che i «moyens de télécommunications permettant leur identification et garantissant leur participation effective {mezzi di telecomunicazione [utilizzati per l’assemblea virtuale (N.d.A.)] consentano l’identificazione [dei soci (N.d.A.)] e garantiscano a loro una partecipazione effettiva}» (art. L524-1-1 code rural et de la pêche maritime) e che in caso di votazioni mediante mezzi elettronici di telecomunicazione la cooperativa utilizzi «un site exclusivement consacré à ces fins [un sito esclusivamente dedicato a questi scopi]» (art. R225-61 code de commerce, richiamato espressamente dall’art. R524-15 code rural et de la pêche maritime) [89]; (iii) il legislatore tedesco, con la disciplina più interessante e articolata in materia, stabilisce dal 2022 – avendo introdotto [90], su richiesta del riconosciuto movimento cooperativo tedesco [91], il nuovo § 43b Gesetz betreffend die Erwerbs- und Wirtschaftsgenossenschaften (meglio conosciuta come Genossenschaftsgesetz o GenG), rubricato come Formen der Generalversammlung [forme di assemblea generale] – la piena legittimità sia dell’assemblea ibrida (hybride Versammlung) {definita nel § 43b, primo comma, n. 3, GenG come quella «an der die Mitglieder wahlweise am Ort der Versammlung physisch anwesend oder ohne physische Anwesenheit an diesem Ort teilnehmen können» [nella [...]


8.3. Nelle cooperative italiane.

A mio avviso, pur nel silenzio del diritto italiano, le cooperative italiane possono prevedere statutariamente quello espressamente consentito dal diritto tedesco per le assemblee delle cooperative tedesche. Dunque, già de iure condito, l’atto costitutivo di una cooperativa di diritto comune può legittimamente contemplare tutte le seguenti tre modalità di riunione dell’assemblea (generale, speciale e/o separata) dei soci: (i) l’assemblea fisica; (ii) l’assemblea ibrida [95]; (iii) l’assemblea virtuale. Contro l’assemblea virtuale non si può argomentare che tale riunione impedirebbe la partecipazione ai soci incapaci di intervenire virtualmente, così violandosi la parità di trattamento tra i soci [96]. Semmai, sarà difficile che una cooperativa prevedrà nell’atto costitutivo l’esclusivo intervento virtuale, qualora abbia una compagine sociale costituita in maggioranza da soci incapaci di intervenire virtualmente [97]. Anzi, in certe situazioni, l’assemblea virtuale può diventare la soluzione organizzativa capace di consentire il massimo rispetto del principio di parità di trattamento tra i soci, come quando questi ultimi siano sparsi su più territori e/o abbiamo adeguate capacità di intervenire virtualmente (eventualmente richieste dalla particolare attività svolta dalla cooperativa o acquisite grazie a percorsi formativi e/o aiuti tecnologici organizzati dalla medesima). In effetti, in tali casi, solo l’assemblea virtuale garantisce detta parità nell’esercizio dei diritti legati ai lavori assembleari, essendo tutti i potenziali partecipanti equidistanti dal luogo virtuale di adunanza dell’assemblea [98].


8.3.1. Possibili clausole statutarie.

Mi chiedo se la previsione statutaria dell’assemblea virtuale sia ammissibile nelle cooperative, a condizione che l’atto costitutivo non escluda la facoltà di convocare l’assemblea fisica, come stabilisce l’ordinamento tedesco. In effetti, in linea generale e astratta, l’ottimale partecipazione ai lavori assembleari appare essere quella personale (cioè senza delega di voto) e fisica (cioè non virtuale). Ma siamo sicuri che sia sempre così? Non è che, così ragionando, confondiamo la partecipazione tradizionale con quella ottimale? Si pensi, ad esempio, a una cooperativa con soci cooperatori i cui domicili siano sparsi in tutta Italia o addirittura in diversi Stati dell’Unione europea o i cui scambi mutualistici (come lavoratori, produttori o consumatori) siano resi possibili da una piattaforma digitale: in questi casi ha senso impedire alla cooperativa di prevedere statutariamente solo l’assemblea virtuale, qualora i relativi soci congetturino che non convocherebbero mai un’assemblea fisica o ibrida? Ricordo poi che è qualificabile come assemblea virtuale quella convocata solamente in un luogo virtuale (come una piattaforma informatica), senza cioè indicare nell’avviso di convocazione un luogo fisico di riunione [99]. L’assem­blea virtuale non è però incompatibile con la presenza fisica dei soci in un luogo fisico, a patto che quest’ultimo non sia previsto nel predetto avviso come il «luogo dell’adunanza» (art. 2366, primo comma, c.c.), essendovi altrimenti un’assemblea fisica o ibrida. Sicché rimane un’assemblea virtuale quella il cui avviso indichi come luogo di convocazione (inteso come elemento essenziale dell’avviso in parola) uno virtuale (nel nostro caso, l’unico rilevante per qualificare la conseguente assemblea), ma indichi altresì (se possibile, fuori dall’avviso di convocazione, in posti cui rinvii tale avviso, al fine di evitare possibili confusioni) uno o più luoghi fisici (alcuni dei quali potrebbero corrispondere agli spazi in cui la cooperativa eserciti la propria attività economica, come sedi secondarie o unità locali), tra loro collegati telematicamente, nei quali i soci, il presidente dell’assemblea e il relativo segretario possano recarsi, se non intendano partecipare ai lavori assembleari mediante [...]


8.3.2. L’assemblea prolungata.

A mio modo di vedere, le cooperative italiane possono adottare una soluzione statutaria analoga a quella prevista espressamente dal diritto comune tedesco delle cooperative con il nuovo § 43b, primo comma, n. 4 e quinto comma, GenG; questa disposizione contempla l’assemblea con procedura allungata (Versammlung im gestreckten Verfahren), necessariamente bifasica, essendo costituita dalla fase di discussione (Erörterungsphase), organizzabile in forma virtuale o ibrida, cui segue la fase di votazione (Abstimmungsphase), nella quale tutti i soci sono legittimati a votare in forma scritta o a mezzo di comunicazione elettronica. All’inizio del presente saggio ho denominato questa assemblea come assemblea prolungata. L’assemblea prolungata presuppone che chi l’abbia convocata sia arrivato alla conclusione che i soci non riescano a maturare adeguatamente la propria opinione se costretti a farsela in un’unica riunione (fisica, ibrida o virtuale). Si consente allora ai soci di ponderare adeguatamente la loro volontà, separando la fase della proposta e della discussione dalla fase della decisione, riservando ai soci un intervallo di riflessione extrassembleare tra queste due fasi; il predetto intervallo può corrispondere a meno di un giorno, a un giorno o a più giorni. L’assemblea prolungata si distingue dall’assemblea preceduta da uno scambio di informazioni tra soci e amministratori tenutosi fuori dall’assem­blea ma dentro il procedimento assembleare (sul quale ritornerò tra breve), poiché nell’assemblea prolungata lo scambio di informazioni e (soprattutto) la discussione avviene dentro l’assemblea. L’assemblea prolungata si distingue poi dall’assemblea preceduta da una discussione tenutasi fuori dal procedimento assembleare [110], avendo visto che la discussione tra soci è organizzata in assemblea. L’assemblea prolungata si distingue altresì dalla votazione referendaria tra soci (comunque inammissibile nelle coop-s.p.a. e possibile nelle coop-s.r.l., ma limitatamente alle materie non spettanti inderogabilmente all’assemblea dei soci), poiché l’assemblea prolungata rispetta il metodo collegiale nel prendere le proprie decisioni. L’assemblea prolungata si distingue infine dal rinvio dell’assemblea – espressamente previsto per le sole s.p.a. nell’art. 2374 c.c. ma certamente [...]


8.3.3. Controllo dei soci e dei terzi sulle scelte degli amministratori.

Diverso dal diritto intrassembleare di porre domande – per forza presente in qualsiasi procedimento finalizzato a prendere deliberazioni assembleari – è il diritto extrassembleare di trasmettere domande alla società sui temi indicati all’ordine del giorno dell’assemblea, alle quali il consiglio di amministrazione è tenuto a rispondere prima o durante la corrispondente assemblea. Questo secondo diritto deve essere riconosciuto nel nostro ordinamento dalle sole società che non siano in forma di cooperativa ma che abbiano azioni quotate (ai sensi degli artt. 127-ter e 135-bis, primo comma, secondo periodo, t.u.f.) e dalle cooperative di consumo con più di centomila soci [ai sensi dell’art. 4, lett. d), d.m. 18 settembre 2014]; tuttavia, quest’ultimo diritto può naturalmente essere riconosciuto statutariamente dalle altre cooperative, come in alcuni virtuosi casi è già accaduto [118]. Dalle considerazioni illustrate nelle pagini precedenti emerge in modo evidente come anche le cooperative debbano essere messe in condizione di approfittare degli sviluppi tecnologici nei mezzi di comunicazione, al fine di poter sperimentare efficienti ed efficaci processi virtuali di partecipazione assembleare [119], senza auspicabilmente abbandonare del tutto gli incontri in presenza [120]. In effetti, nella governance cooperativa ciò che conta veramente è l’esi­stenza di un effettivo controllo democratico dei soci, non la loro presenza fisica in assemblea, anche se quest’ultima può ancora generare e rigenerare la necessaria reciproca confidenza tra i soci [121]. Il controllo testé ricordato necessita però dell’interesse dei soci ad esercitarlo; in effetti, costoro, almeno per il diritto positivo, possono rimanere partecipanti passivi o addirittura assenteisti, se lo vogliono [122], quand’anche la cooperativa abbia adempiuto al proprio dovere di concepire un’organizzazione tale da consentire una reale partecipazione ai lavori assembleari. In ogni caso, le eventuali illegalità o abusi, vuoi nel regolare statutariamente le assemblee virtuali, vuoi nel convocarle e gestirle concretamente [123], sono accertabili e sanzionabili sia dall’autorità giudiziaria (in sede di impugnazione delle relative deliberazioni assembleari), sia dal revisore cooperativo, [...]


9. Una riforma per una rinnovata democrazia cooperativa.

La ricostruzione della disciplina del voto extrassembleare e dell’intervento virtuale, condotta nei precedenti paragrafi, fa emergere l’urgenza di un generale ripensamento della disciplina del procedimento assembleare di fonte non solo legale ma anche negoziale. Si pensi, ad esempio, a come l’assemblea virtuale o ibrida possa (già sulla base della disciplina vigente) diventare un valido sostituto delle assemblee separate, ovviamente quando queste non siano obbligatorie [126]; in effetti, se dovessimo valutare queste due alternative forme organizzative come strumenti per facilitare la partecipazione dei soci al procedimento assembleare, nella maggior parte dei casi concluderemmo nel senso di preferire un’unica assemblea generale (ibrida [127] o virtuale) al frazionamento della base sociale in più assemblee separate fisiche, poi seguite dall’assemblea generale fisica; tale preferenza discende dalla maggior qualità partecipativa di un intervento diretto (seppur virtuale) rispetto a un intervento necessariamente mediato (dal delegato eletto nell’assemblea separata). Occorre allora razionalizzare la disciplina civilistica della democrazia cooperativa, concepita in modo inadeguato fin dal 2003 e comunque bisognosa di un ammodernamento (in certi punti realizzabile semplicemente esplicitando ciò che è già consentito dall’ordinamento vigente) che tenga conto dell’inter­venuta evoluzione dei mezzi di telecomunicazione applicabili al procedimento assembleare; mezzi, quelli appena ricordati, sperimentati positivamente da molte cooperative, anche fuori dall’Italia, durante il triennio 2020-2022; sicché si può ragionevolmente prevedere che un significativo numero di cooperative non piccole continueranno a usare tali mezzi dopo tale triennio.


9.1. Due premesse.

Nel condurre la razionalizzazione prospettata nel precedente paragrafo mi paiono utili le seguenti due considerazioni preliminari, forse capaci di collocarla in modo appropriato all’interno dell’ordinamento cooperativo. La prima considerazione si basa sul ricordato intreccio tra democrazia e mutualità (nel senso che la prima è funzionale alla seconda) e può essere così bipartita. Da un lato, il socio cooperatore ha il diritto ma non l’obbligo (salvo diversa pattuizione statutaria) di partecipare al procedimento assembleare (essendo pertanto ammissibile il cooperatore assenteista), mentre il medesimo socio ha l’obbligo (anche nel silenzio statutario) di instaurare un minimo di scambi mutualistici con la cooperativa (essendo dunque inammissibile il cooperatore inerte [128]). Dall’altro lato, la cooperativa, essendo costretta a essere contemporaneamente democratica e mutualistica, deve (i) promuovere una reale partecipazione dei soci al procedimento assembleare (vale a dire attivarsi affinché siano esercitabili in modo consapevole e costante i correlati diritti, insopprimibili per i cooperatori, di informazione, di intervento, di discussione e di voto), (ii) creare le condizioni necessarie per offrire attività mutualistiche di interesse per i cooperatori, (iii) stipulare gli scambi mutualistici con i cooperatori e (iv) preferire questi ultimi nella conclusione di detti scambi [129]. L’osservanza di tutte le sopra indicate situazioni giuridiche passive, in capo ai cooperatori e alla cooperativa, è poi monitorata periodicamente dagli esecutori della vigilanza sugli enti cooperativi. La seconda considerazione si basa sull’assunto che la partecipazione del socio al procedimento assembleare è normalmente ottimale, se si caratterizza per essere contemporaneamente fisica, intrassembleare (tanto è vero che queste due caratteristiche devono esservi nel silenzio statutario) e diretta (come confermato dal fatto che la rappresentanza in assemblea può essere impedita statutariamente e comunque è limitata legislativamente, almeno nelle coop-s.p.a.). Dunque, le possibili partecipazioni del socio al procedimento assembleare, ulteriori a quella ottimale, sono di seguito elencate in ordine di crescente allontanamento dalla situazione normalmente ottimale: (i) intervento virtuale senza rappresentante; (ii) voto extrassembleare; (iii) intervento [...]


9.2. Almeno nove temi da affrontare.

La necessaria e urgente riforma della disciplina sulla democrazia cooperativa dovrà certamente tener conto della più avanzata legislazione straniera in materia (corrispondente, almeno nell’Unione europea, a quella tedesca, anche se redatta in modo non del tutto chiaro e condivisibile) e dovrà altresì contenere un insieme di nuove norme – più dispositive che imperative (stante il rilevante polimorfismo cooperativo), da coordinare con le vecchie – capace di non ingabbiare l’autonomia statutaria [130]. Questa riforma dovrà riguardare almeno i nove temi di seguito illustrati.


9.2.1. Procedimento assembleare e polimorfismo cooperativo.

Il primo tema ruota attorno all’intervento virtuale e alle conseguenti possibili assemblee ibride, virtuali e prolungate, convocabili solo se siano state contemplate nell’atto costitutivo. Quest’area del diritto cooperativo dovrà essere riformata concependo poche ma chiare disposizioni volte a far sì che la possibile virtualità del procedimento assemblare sia sinergica con la necessaria democraticità della società [131] e che gli operatori sappiano esattamente i confini entro cui esercitare la loro libertà organizzativa [132]. Il secondo tema è la rappresentanza volontaria in assemblea. La relativa normativa va completamente riscritta, mantenendo la facoltà (oggi riconosciuta alle cooperative e alle società di capitali che non facciano ricorso al mercato del capitale di rischio, ai sensi dell’art. 2372, primo comma, c.c.) di impedire statutariamente la rappresentanza in parola. L’auspicata riscrittura discende dal fatto che l’art. 2539 c.c. da una parte prevede nessun limite alle deleghe di voto attribuibili al socio della coop-s.r.l. (e questo vuoto normativo è particolarmente rilevante, atteso che la maggioranza delle cooperative esistenti sono costituite secondo il sottotipo coop-s.r.l.) e, dall’altra parte, fissa il tetto di dieci deleghe conferibili al socio della coop-s.p.a. senza considerare la dimensione delle relative compagini sociale e la materia oggetto della relativa deliberazione (la quale potrebbe non richiedere alcun quorum costitutivo, come in caso di nomina degli amministratori e dei controllori o di approvazione del progetto di bilancio); ben più misurata, allora, risulta la disciplina tedesca, la quale (con il § 43, quinto comma, terzo periodo, GenG [133]) stabilisce l’impossibilità per il socio di esercitare più di due deleghe in assemblea [134]. Naturalmente, il nuovo diritto dovrà confermare l’inapplicabilità alle cooperative (salvo quanto previsto eccezionalmente, per il periodo tra il 17 marzo 2020 e il 31 luglio 2023, dall’art. 106, sesto comma, d.l. n. 18/2020 [135]) del­l’istituto del rappresentante designato di cui all’art. 135-undecies t.u.f. [136], quand’anche tali società siano con azioni quotate [137]; l’istituto in parola, infatti, si pone in antitesi con la reale partecipazione [...]


9.2.2. Informazioni ai soci e vigilanza sulle cooperative.

Il sesto tema è rappresentato dalle informazioni preassembleari che gli amministratori devono fornire ai soci [145]; il che oggi è facilitato dallo sviluppo dei mezzi di telecomunicazione e della documentazione digitale. In questo caso lo standard legale potrebbe essere arricchito dallo standard negoziale, se il primo rinviasse o anche incentivasse il secondo, ad esempio contenuto in codici di comportamento adottati dal movimento cooperativo [146]. Quand’anche il diritto comune prevedesse già implicitamente il diritto del socio a ricevere informazioni sufficienti sulle materie iscritte all’ordine del giorno [147], sarebbe preferibile esplicitare tale posizione soggettiva nella legge [148]; tra queste informazioni si dovrebbero selezionare (facendo perno sugli elementi essenziali della cooperativa sia come impresa mutualistica sia come società democratica e aperta) quelle da inserire annualmente nella relazione sulla gestione degli amministratori [149]; questa relazione, per migliorare il controllo dei soci sull’operato degli amministratori (e dunque la loro reale partecipazione alla vita sociale), dovrebbe (almeno in presenza di cooperative di grosse dimensioni) contenere, in merito al perseguimento dello scopo mutualistico, vuoi l’illustra­zione degli obiettivi da raggiungere (con le relative strategie e tempistiche) vuoi la rendicontazione dei risultati (anche intermedi) raggiunti [150]. Il settimo tema è il diritto di porre domande prima dell’assemblea (con il conseguente obbligo per gli amministratori di rispondere alle stesse al più tardi nell’assemblea), da riconoscersi a ciascun socio con diritto di voto appartenente almeno alle cooperative di maggiori dimensioni. Questo tema è oggi regolato da una disciplina contraddittoria; in effetti, da un lato si esclude l’appli­cazione dell’art. 127-ter t.u.f. alle cooperative con azioni quotate, ma, dal­l’altro lato, si impone il riconoscimento del diritto qui sottolineato alle cooperative di consumo con più di centomila soci. L’ottavo tema ruota attorno a questi due diritti: (i) quello di integrare l’ordine del giorno dell’assemblea, da riconoscere solamente a una qualificata minoranza dei soci (similmente a ciò che prevedono gli artt. 126-bis, 135 e 135-bis t.u.f. per le cooperative quotate [151]); (ii) quello di presentare [...]


10. Una conclusione.

Sono certo che una migliore disciplina legale del procedimento assembleare – se accompagnata da conseguenti processi di adeguamento consapevole della disciplina negoziale (anche tenendo conto del progresso tecnologico), da periodici monitoraggi e consulenze dei revisori cooperativi (come richiede l’art. 4 d.lgs. n. 220/2002) e da codici di condotta o da modelli regolamentari predisposti dal riconosciuto movimento cooperativo – ci consegnerà domani cooperative più democratiche, grazie a procedimenti assembleari più partecipati e a migliori controlli dei soci sull’operato degli amministratori (con una conseguente organizzazione imprenditoriale più efficiente ed efficace), stante la regola del voto capitario presente nell’ordinamento cooperativo [156]. Quando ciò si verificherà, assisteremo a un duplice inveramento della nostra Carta fondamentale: (i) da parte delle cooperative, con il loro adempimento dei doveri di cui agli artt. 2 e 3, secondo comma, Cost., diventando organizzazioni imprenditoriali integranti contestualmente i due sintagmi costituzionali corrispondenti a «formazioni sociali» e a «funzione sociale»; (ii) da parte del legislatore statale, con il suo adempimento del dovere di cui all’art. 45, primo comma, Cost., consistente nel promuovere e favorire, anche con un adeguato diritto societario, solo le cooperative con la predetta funzione sociale [157].


NOTE