Rivista Orizzonti del Diritto CommercialeCC BY-NC-SA Commercial Licence ISSN 2282-667X
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Democrazia e virtualità nel procedimento assembleare delle cooperative (di Emanuele Cusa, Professore associato di diritto commerciale, Università degli Studi di Milano-Bicocca)


Tema del presente scritto è la disciplina (legale e negoziale) del procedimento assembleare nelle cooperative, il cui contenuto dovrebbe essere ripensato tenendo conto sia del necessario carattere democratico di queste società sia dello sviluppo tecnologico intervenuto negli ultimi decenni. Tesi di questo scritto è che un'adeguata riscrittura della predetta disciplina ci consegnerà cooperative più democratiche e imprese più mutualistiche.

Democracy and virtuality in the assembly procedure of cooperatives

This article focuses on the legal and contractual regulation regarding the assembly procedure in cooperatives, the content of which should be rethought taking into account both the necessary democratic nature of these companies and the technological development that has occurred in recent decades. The thesis of this paper is that an adequate rewriting of the aforementioned regulation will deliver us cooperatives more democratic and enterprises more mutualistic.

Sommario/Summary:

1. La disciplina civilistica in diacronia. - 2. Coop-s.p.a., coop-s.r.l., cooperative quotate e diritto di recesso. - 3. Precisazioni terminologiche. - 4. Il principio democratico in funzione dello scopo mutualistico. - 5. La partecipazione ottimale del socio nel procedimento assembleare. - 6. Il voto extrassembleare. - 6.1. La disciplina legale. - 6.2. L’autonomia statutaria. - 7. L’intervento virtuale e il voto anticipato. - 8. Assemblea fisica, ibrida o virtuale. - 8.1. Nelle società di capitali italiane. - 8.2. In alcune cooperative straniere. - 8.3. Nelle cooperative italiane. - 8.3.1. Possibili clausole statutarie. - 8.3.2. L’assemblea prolungata. - 8.3.3. Controllo dei soci e dei terzi sulle scelte degli amministratori. - 9. Una riforma per una rinnovata democrazia cooperativa. - 9.1. Due premesse. - 9.2. Almeno nove temi da affrontare. - 9.2.1. Procedimento assembleare e polimorfismo cooperativo. - 9.2.2. Informazioni ai soci e vigilanza sulle cooperative. - 10. Una conclusione. - NOTE


1. La disciplina civilistica in diacronia.

La disciplina civilistica contempla espressamente la facoltà di votare per corrispondenza fin dal 1942 per le cooperative [1] e solo dal 2003 per le s.p.a. e (in forza dell’art. 2454 c.c.) per le s.a.p.a. [2].

Al voto per corrispondenza si affianca nel 2003 quello espresso nelle cooperative «mediante altri mezzi di comunicazione» (art. 2538, sesto comma, c.c.) e nel 2010 quello espresso nelle s.p.a. e (in forza sempre dell’art. 2454 c.c.) nelle s.a.p.a. «in via elettronica» (art. 2370, quarto comma, c.c.).

Tutte queste modalità di votazione sono accomunate dal fatto di consentire l’espressione del suffragio prima e fuori dall’assemblea nella quale si terrà conto dello stesso; nel prosieguo il voto per corrispondenza – esercitato «mediante altri mezzi di comunicazione» o «in via elettronica» – sarà denominato voto extrassembleare.

Ancora nel 2003, con espressa previsione contenuta nella sola disciplina delle s.p.a. – ritenuta però integrante pure la disciplina delle cooperative regolate anche dalla normativa sulle s.p.a. (diverse dalle cooperative regolate anche dalla normativa sulle s.r.l., di seguito, rispettivamente, coop-s.p.a. e coop-s.r.l.), ai sensi del rinvio ad essa operato dell’art. 2519, primo comma, c.c., almeno secondo la lettura suggerita dalla dottrina minoritaria [3], confermata dalla prassi cooperativa [4] – si è consentito «l’intervento all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione» (art. 2370, quarto comma, c.c.) [5]; questo modo di intervenire (a volte indicato dalla dottrina come intervento a distanza) sarà di seguito denominato come intervento virtuale, il quale includerà tutti i diritti di partecipazione (tra cui quello di voto) esercitabili virtualmente nell’assem­blea.

L’esposta evoluzione dei termini usati nel codice civile per descrivere i modi alternativi (a quelli tradizionali) di intervento e di voto del socio nel processo decisorio è dipesa dallo sviluppo tecnologico verificatosi nei decenni scorsi, grazie al quale oggi si può partecipare a tale processo in forme impensabili nel 1942.


2. Coop-s.p.a., coop-s.r.l., cooperative quotate e diritto di recesso.

Nel presente saggio la trattazione sarà perlopiù bipartita, analizzandosi prima il voto extrassembleare e poi l’intervento virtuale, i quali sono accomunati dall’essere funzionalmente collegati a una deliberazione assembleare [6].

Benché le disposizioni delle s.p.a. riportate nel precedente paragrafo non si applichino direttamente alle s.r.l., la gran parte dei teorici e dei pratici condivide da tempo l’opinione, secondo la quale gli atti costitutivi di queste società possano comunque prevedere l’intervento virtuale, quand’anche riguardi materie da decidere rispettando il metodo collegiale, a condizione che il relativo diritto sia esercitato nel procedimento assembleare [7]; molto più articolata è invece la risposta sull’ammissibilità del voto extrassembleare nelle s.r.l., almeno nelle materie per le quali il legislatore prescrive una deliberazione assembleare [8].

Meno controverse sono le medesime questioni in presenza delle coop-s.r.l.; queste ultime, infatti, sono certamente legittimate a prevedere statutariamente sia il voto extrassembleare (essendo detto voto espressamente consentito per qualsiasi cooperativa dall’art. 2538, sesto comma, c.c. e, conseguentemente, mancando la lacuna da colmare eventualmente mediante i rinvii di cui all’art. 2519 c.c.), sia l’intervento virtuale (valendo le stesse ragioni per cui è possibile nelle s.r.l., cui si aggiunge il fatto che tale intervento può facilitare la partecipazione dei soci alla vita sociale e così contribuire a migliorare la democrazia cooperativa) [9].

Dunque, le prossime pagine riguarderanno indistintamente le coop-s.p.a. e le coop-s.r.l., salvo diversa precisazione.

Se la società è una coop-s.p.a. con azioni quotate in mercati regolamentati [10], il voto extrassembleare e l’intervento virtuale sono primariamente disciplinati negli artt. 127 t.u.f. e 140-143-ter del. Consob n. 11971/1999, da combinarsi con gli artt. 2370, quarto comma, 2538, sesto comma e 2519, primo comma, c.c., ai sensi dell’art. 2325-bis, secondo comma, c.c. [11]; tutte queste disposizioni formano oggi la disciplina più dettagliata in materia, anche se contengono alcune opacità prossimamente da eliminare [12].

Se un crescente numero di interpreti [13], basandosi sulla più recente giurisprudenza di legittimità [14], sostengono che l’introduzione o la variazione della regolamentazione statutaria del voto extrassembleare e dell’intervento virtuale non comporterebbe «modificazioni dello statuto concernenti i diritti di voto o di partecipazione» di cui all’art. 2437, primo comma, lett. g), c.c. [15], vertendo tale regolamentazione solamente sulle modalità di esercizio dei diritti di intervento, di discussione e di voto (e non sulle limitazioni, modificazioni o esclusioni di tali diritti), altri interpreti [16] affermano invece che dalle predette modificazioni statutarie scaturirebbe il diritto di recesso per il socio non consenziente, essendo stato concepito quest’ultimo diritto quale strumento di negoziazione della minoranza e di risoluzione di assetti conflittuali ed inefficienti.


3. Precisazioni terminologiche.

A beneficio del lettore, per evitare inutili fraintendimenti, chiarisco il significato che attribuirò alle espressioni di seguito riportate tra virgolette semplici:

(i) denominerò come ‘intervento virtuale’ quello diverso dall’intervento fisico in assemblea dei soci e come ‘voto virtuale’ quello esercitato senza essere presente fisicamente nella relativa assemblea, così da avere le seguenti due coppie di concetti antitetici: intervento virtuale – intervento fisico; voto virtuale – voto fisico;

(ii) parlerò di ‘intervento ottimale’ e di ‘voto ottimale’ o, sinteticamente, di ‘partecipazione ottimale’, ogni volta che il relativo esercente riesca a partecipare al procedimento assembleare nel modo migliore possibile, tenuto conto delle concrete situazioni in cui si trova la cooperativa e la sua compagine sociale;

(iii) distinguerò il sintagma ‘procedimento assembleare’ [17] – inteso come insieme delle fasi necessarie per rispettare il metodo collegiale nel prendere le decisioni dei soci – dalla parola ‘assemblea’ – intesa come riunione che costituisce sì una fase necessaria di tale procedimento, ma nella quale potrebbero mancare tutti i soci [18];

(iv) userò ‘preassembleare’ e ‘extrassembleare’ per indicare ciò che accade nel procedimento assembleare ma fuori dall’assemblea; questi due aggettivi, saranno dunque contrapposti all’aggettivo ‘intrassembleare’ e potranno combinarsi con la coppia fisico – virtuale sopra precisata; sicché, esemplificando, il voto è normalmente intrassembleare e fisico, ma può diventare extrassembleare e virtuale o, alternativamente, intrassembleare e virtuale; naturalmente, il voto extrassembleare è per forza virtuale;

(v) denominerò come ‘assemblea virtuale’ quella in cui si possa partecipare solo con interventi virtuali [19], come ‘assemblea fisica’ quella in cui si possa partecipare solo con interventi fisici, come ‘assemblea ibrida’ quella in cui si possa partecipare con interventi fisici o virtuali [20] e come ‘assemblea prolungata’ quella originariamente convocata in due distinti momenti.


4. Il principio democratico in funzione dello scopo mutualistico.

Ho già sostenuto [21] che il principio democratico innerva l’intera disciplina legale del procedimento assembleare delle cooperative; sicché l’autonomia negoziale (statutaria e regolamentare), volta a personalizzare tale procedimento, va esercitata rispettando tale principio.

Al fine di attribuire il corretto significato al principio democratico – valevole anche in altri ordinamenti [22] – occorre rammentare che quasi tutte le cooperative regolate (anche o solo) dal codice civile sono vigilate ai sensi del d.lgs. 2 agosto 2002, n. 220 [23] e, pertanto, sono soggette al suo art. 4, primo comma, lett. a) e b); questa disposizione è cruciale nella ricostruzione del principio in parola, poiché essa stabilisce che durante la revisione cooperativa (cioè il controllo cui sono sottoposte, o biennalmente le cooperative in generale, o annualmente determinate classi di cooperative [24]) non solo si deve «fornire suggerimenti e consigli per migliorare […] il livello di democrazia interna, al fine di promuovere la reale partecipazione dei soci alla vita sociale», ma si deve anche «accertare […] la natura mutualistica dell’ente, verificando l’effet­tività della base sociale, la partecipazione dei soci alla vita sociale […], la qualità di tale partecipazione».

Dai frammenti normativi testé riportati traggo tre importanti indicazioni.

La prima. Se il revisore cooperativo deve accertare «la qualità della partecipazione dei soci alla vita sociale», allora la cooperativa è tenuta a garantire tale partecipazione, specialmente nel procedimento assembleare; sicché la promozione di questa partecipazione deve costituire il comune obiettivo vuoi della disciplina legale (come confermato dal criterio direttivo contenuto nella legge delega, attuato mediante la vigente disciplina civilistica del predetto procedimento [25]), vuoi della disciplina negoziale.

La seconda. La democrazia cooperativa non può limitarsi a essere formale (mediante il riconoscimento ai soci del voto capitario), dovendo essere anche e soprattutto sostanziale, ovvero, usando il lessico legislativo, «reale» [26].

La terza. La democrazia cooperativa non è funzionalmente neutra, essendo imposta per garantire il doveroso scopo mutualistico; sicché nella cooperativa la democrazia non è un fine, ma un mezzo per perseguire detto scopo [27], nel senso che il controllo democratico dei soci serve per avere un’impresa mutualistica [28]; in effetti, si suole spiegare la regola del voto capitario in ragione del fatto che, di norma, tutti i cooperatori sono portatori di omogenei interessi economici (più o meno forti, a seconda del grado di sostituibilità del servizio mutualistico offerto dalla cooperativa [29]) a concludere uno (ad esempio, in una cooperativa edilizia) o più scambi mutualistici (ad esempio in una cooperativa agricola di trasformazione) [30]. Dunque, la reale partecipazione dei soci alla vita sociale deve riguardare almeno i cooperatori, gli unici necessari per la stessa esistenza della cooperativa e per l’inveramento dello scopo mutualistico.


5. La partecipazione ottimale del socio nel procedimento assembleare.

L’esposto legame tra democrazia e mutualità deve condurre le cooperative a concepire un’organizzazione interna atta a promuovere un proficuo dialogo tra soci e amministratori sui modi concreti di perseguimento dello scopo mutualistico; questo dialogo avviene osservando le rispettive competenze, le quali possono significativamente divergere in presenza di una coop-s.p.a. o di una coop-s.r.l., stante le diverse discipline di questi due sottotipi di cooperativa, contenute, rispettivamente, nell’art. 2380-bis, primo comma, c.c. e nell’art. 2475, primo comma, c.c.

Una volta rimarcato il ruolo servente degli amministratori rispetto ai soci nel perseguimento dello scopo mutualistico, il dialogo tra loro può avvenire riconoscendo ai soci dei poteri esercitabili fuori o dentro il procedimento assembleare: come esempio dei primi, immagino apposite articolazioni della compagine sociale legittimate a trasmettere al consiglio di amministrazione suggerimenti e consigli nella gestione degli scambi mutualistici [31] oppure riunioni, anche virtuali, nelle quali soci, amministratori ed esponenti della struttura aziendale si confrontino per migliorare l’impresa mutualistica; come esempi dei secondi, penso ai casi in cui i soci abbiano specifiche competenze gestorie ai sensi degli artt. 2479 e 2519, secondo comma, c.c., siano chiamati a regolare gli scambi mutualistici ai sensi dell’art. 2521, quinto comma, c.c. o siano titolari di poteri autorizzativi ai sensi degli artt. 2364, primo comma, n. 5 e 2519, primo comma, c.c.; naturalmente, i soci possono sempre sostituire, con apposita deliberazione assembleare, gli amministratori risultati incapaci di rispondere adeguatamente ai loro interessi mutualistici.

Nell’economia del presente saggio, dovendo circoscrivere la portata del sintagma «reale partecipazione dei soci alla vita sociale» al procedimento assembleare, ritengo che la partecipazione dei soci sia «reale», quando costoro siano concretamente messi in condizione di esercitare al meglio, in tale procedimento (prima o durante la relativa riunione), i diritti di essere informati dagli amministratori [32], di presentare istanze [33], di discutere e di votare. Se ciò accade, la partecipazione del socio è ottimale. Il che corrisponde a un obiettivo organizzativo cui deve costantemente tendere la cooperativa di diritto comune; questa, infatti, promuove «la reale partecipazione dei soci alla vita sociale» evocata nell’art. 4, primo comma, lett. a), d.lgs. n. 220/2002, qualora faciliti (o addirittura incentivi, come sarebbe auspicabile) l’esercizio diretto e consapevole di tali posizioni soggettive.

Si può facilitare la partecipazione diretta dei soci al procedimento assembleare mediante l’intervento virtuale, il voto virtuale (intrassembleare o extrassembleare), le assemblee separate (a volte addirittura obbligatorie) e una serie di limitazioni alla facoltà di farsi rappresentare in assemblea.

Si può rendere più consapevole l’esercizio dei diritti sopra elencati riconoscendone altri, riassuntivamente denominati come diritti amministrativi di informazione e di controllo [34], esercitabili fuori o dentro l’assemblea, slegati o legati ad una specifica proposta di deliberazione assembleare; questi diritti sono non di rado garantiti mediante simmetrici doveri di informazione imposti agli amministratori, come quelli già previsti in materia contabile (cfr. artt. 2513, 2545 e 2545-sexies, secondo comma, c.c.) o riguardanti le variazioni numeriche della compagine sociale (cfr. artt. 2528, terzo comma e 2530, quinto comma, c.c.).

L’intervento informato del socio nel procedimento assembleare e la possibilità di un’effettiva dialettica tra soci e amministratori sono particolarmente importanti nelle cooperative, poiché il voto capitario impedisce di avere minoranze e maggioranze assembleari precostituite; sicché, l’assemblea può diventare «il luogo decisivo di convincimento reciproco tra i soci per la formazione dell’opinione che diverrà maggioritaria tra i soci» [35].

Sebbene nelle prossime pagine analizzerò quasi esclusivamente il diritto comune, rammento che le cooperative di consumo con più di centomila soci devono osservare una disciplina aggiuntiva, concepita per «migliorare i livelli di coinvolgimento dei soci nei processi decisionali della società» (art. 17-bis, quinto comma d.l. 24 giugno 2014, n. 91, conv. con l. 11 agosto 2014, n. 116); in attuazione di questa disposizione l’art. 3 d.m. 18 settembre 2014 impone all’indicata classe di cooperative i seguenti obblighi in favore di ciascuno dei loro soci: (i) quello di garantire l’accesso (attraverso i relativi siti internet aziendali) (a) «ai bilanci nella loro versione completa, compresa la nota integrativa e ai rapporti relativi agli sconti applicati esclusivamente ai soci, per gruppi di prodotti, dai quali si deduce la quota media dello sconto, l’ammon­tare totale e il numero dei soci che ne hanno beneficiato», (b) «alle iniziative assunte dalle cooperative in favore dei soci e ai relativi costi» e (c) «alle iniziative assunte dalle cooperative in favore delle comunità e ai relativi costi»; (ii) quello di istituire (nei principali punti vendita della cooperativa obbligata) dei «corner informatici, attraverso i quali consentire ai soci di accedere alle informazioni» di cui al punto (i) e di «comunicare con la cooperativa in termini propositivi o critici», ovvero (con un’alternativa organizzativa che è risultata più utilizzata nella realtà) quello di utilizzare «l’house organ [cioè la pubblicazione periodica della cooperativa, in formato cartaceo e/o digitale] al fine di rafforzare la consapevolezza dei soci sulle attività della cooperativa» [36].


6. Il voto extrassembleare.

Il voto extrassembleare, benché disciplinato nel diritto comune delle cooperative fin dal 1942, è stato da loro poco utilizzato, sia prima del 2003 [37] sia successivamente, al pari di quanto accaduto per le società lucrative di diritto comune dopo il 2003.

Il che probabilmente dipende dalla connessa complessità organizzativa e dalla correlata rigidità delle volontà assembleari, ingabbiate nelle proposte di delibere pubblicizzate prima dell’assemblea; ciò non significa, tuttavia, che sia impedito agli intervenuti in assemblea di prendere deliberazioni con contenuto diverso da quello previamente comunicato, come prova l’espressa disciplina sul punto valevole per le società con azioni quotate.


6.1. La disciplina legale.

Nonostante l’infelice dettato dell’art. 2538, sesto comma, c.c., tutta la disciplina ivi contenuta è correttamente ritenuta applicabile ogni volta che il voto sia espresso prima e fuori dall’assemblea dei soci, vuoi «per corrispondenza», vuoi «mediante altri mezzi di telecomunicazione» [38].

Affinché il socio possa esprimere il proprio voto extrassembleare, occorre una previa clausola statutaria che lo consenta. Questa condizione non è però necessaria (in ragione, almeno fino al luglio 2022, dell’emergenza legata alla crisi pandemica da Covid-19) per le assemblee tenute tra il 17 marzo 2020 (data di entrata in vigore dell’art. 106, secondo comma, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv. con l. 24 aprile 2020, n. 27) e il 31 luglio 2023 (data entro la quale può tenersi, eventualmente in prima convocazione, un’assemblea regolata da questa disposizione, qualificabile come eccezionale ai sensi dell’art. 14 prel.) [39]. Durante il predetto periodo, infatti, in forza di tale disposizione, il consiglio di amministrazione di qualsiasi cooperativa, anche nel silenzio statutario sul punto, può prevedere nell’avviso di convocazione dell’assemblea «l’espressione del voto in via elettronica o per corrispondenza».

Nell’avviso di convocazione devono essere riportate per esteso tutte le proposte di deliberazioni votabili fuori dall’assemblea (art. 2538, sesto comma, secondo periodo, c.c.).

Prima della riforma del 2003 la giurisprudenza riteneva annullabile la deliberazione assembleare presa senza che la relativa proposta fosse stata riprodotta nell’avviso di convocazione [40]; precisando che le proposte di deliberazione possano legittimamente e alternativamente essere riprodotte in luoghi chiaramente indicati in tale avviso, alla stessa conclusione devono arrivare i giudici oggi, a meno che i voti extrassembleari non servano per raggiungere i richiesti quorum costitutivi e deliberativi, potendosi in questo caso applicare l’art. 2377, quinto comma, n. 2, c.c. [41].

Nel computare gli eventuali quorum costitutivi e deliberativi vanno inclusi i voti espressi prima dell’assemblea (così presumendosi intervenuti i relativi votanti, benché necessariamente assenti nella realtà), a condizione che tali voti abbiano riguardato le stesse proposte di deliberazioni effettivamente votate nella successiva assemblea; altrimenti i voti extrassembleari sono computabili in nessun quorum assembleare (art. 2538, sesto comma, secondo periodo, c.c.) [42].

Proprio dall’imposto computo del voto extrassembleare nel quorum costitutivo discende l’impossibilità (nemmeno superabile con apposita clausola statutaria) di considerare come voto extrassembleare quello espresso durante i lavori assembleari dal socio non intervenuto in assemblea, quand’anche fosse riferito alla stessa proposta di deliberazione pubblicata contestualmente all’av­viso di convocazione [43]. Dunque, v’è un voto extrassembleare, solo se è stato ricevuto dalla società prima dell’accertamento del quorum costitutivo o comunque prima dell’inizio dell’assemblea secondo il diritto comune [44], ovvero «entro il giorno precedente l’assemblea» secondo il diritto delle società quotate (art. 141, secondo comma, del. Consob n. 11971/1999) [45].

Presumendosi intervenuto il socio che vota in via extrassembleare, è stato ritenuto [46] che costui possa «effettuare dichiarazioni scritte di cui ottenere lettura in assemblea ad opera del presidente» e «richiedere la verbalizzazione delle dichiarazioni, sempre che esse vengano ritenute pertinenti all’ordine del giorno».

Condividendo la tesi maggioritaria in dottrina [47], confermata dall’unico dato normativo in argomento (pur relativo alle sole società quotate) [48], sostengo che il voto extrassembleare è necessariamente personale [49].

In dottrina si discute se i risultati dello scrutinio dei voti extrassembleari debbano essere comunicati ai soci intervenuti immediatamente prima della votazione intrassembleare sulla stessa proposta di deliberazione [50] o contestualmente allo scrutinio dei voti intrassembleari [51].


6.2. L’autonomia statutaria.

Sulla base del diritto comune, una volta che l’atto costitutivo consenta l’e­sercizio del voto extrassembleare, la relativa disciplina può trovarsi nello stesso atto, in un apposito regolamento (meglio se assembleare) e/o nell’avviso di convocazione della relativa assemblea, il quale a sua volta potrebbe rinviare ad altro luogo, idoneo a far conoscere tale disciplina almeno agli aventi diritto, come il sito internet della cooperativa (eventualmente nella sua parte riservata ai soci con diritto di voto).

Salvo diversa disposizione legale o statutaria, spetta all’organo legittimato a convocare l’assemblea la scelta, da indicarsi nell’avviso di convocazione, di consentire il voto extrassembleare relativamente a uno specifico procedimento assembleare.

Tra i mezzi utilizzabili per esprimere il voto extrassembleare segnalo i seguenti: la posta ordinaria o quella elettronica (ordinaria o certificata) [52]; il telefax; una comunicazione audio o audio-video (attraverso un telefono o un computer); un’apposita piattaforma elettronica di voto [53].

L’identità del votante può essere accertata dalla società in vario modo, imponendogli, ad esempio, di firmare digitalmente il documento di voto [54], di allegare una fotocopia di un suo documento di riconoscimento o di consegnare personalmente la scheda di voto in uno dei luoghi fisici indicati dalla cooperativa.

Se lo consente la tecnologia o la procedura concepita nel caso di specie [55], il voto extrassembleare può rimanere segreto, nei casi in cui la cooperativa abbia previsto il voto segreto per la materia oggetto di deliberazione (quale, ad esempio, la nomina degli organi sociali).

I suffragi espressi per corrispondenza possono essere revocati dal votante fino all’apertura dell’assemblea chiamata a deliberare sulla proposta rispetto alla quale vertono tali suffragi [56].

A mio avviso, l’esposta facoltà di revoca non può essere negata dalla società, stante il principio democratico secondo il quale va sempre prediletta la partecipazione assembleare dei soci, meglio se direttamente. Sarebbe pertanto nulla la regola negoziale che impedisse al socio di revocare il suo suffragio extrassembleare, quand’anche gli si consentisse di assistere all’assemblea senza partecipare al relativo dibattito e al conseguente voto.

Sempre in base al predetto principio, la cooperativa non può impedire al socio che avesse votato in via extrassembleare (o al suo rappresentante) di ottenere l’accreditamento per intervenire (fisicamente o virtualmente) alla correlata assemblea; sicché, questo accreditamento determina l’automatica revoca del voto extrassembleare.

Rimane un voto extrassembleare (senza confonderlo con il cosiddetto voto anticipato [57]) quello espresso dal socio al quale si consenta di ritornare sulla sua decisione dopo l’intervenuta modificazione dell’originaria proposta di deliberazione, così da poter computare tale voto nei quorum costitutivo e deliberativo. Ciò però presuppone che la cooperativa adotti una soluzione negoziale ispirata all’art. 143, terzo comma, del. Consob n. 11971/1999 [58], di modo da combinare la massima libertà deliberativa dell’assemblea con la facoltà per il socio espressosi fuori dall’assemblea di riconsiderare il suo voto in ragione del risultato assembleare e così risultare come intervenuto e votante in tale riunione.

Ritengo ammissibile che l’atto costitutivo preveda che solo i soci finanziatori possano o debbano votare in via extrassembleare [59]; in effetti, come anticipato, l’ottimale partecipazione dei soci alla vita sociale – il faro della governance cooperativa secondo il d.lgs. n. 220/2002 – deve essere garantita solo ai soci cooperatori. Sarebbe pertanto nulla la clausola statutaria che costringesse una o più categorie di soci cooperatori a votare solo in via extrassembleare, derogando questa pattuizione alla norma imperativa ricavabile dal principio di democrazia cooperativa, secondo la quale al cooperatore deve sempre essere garantito il diritto (astratto) di votare in via intrassembleare.

Il voto extrassembleare può ragionevolmente essere considerato dalla società come un disincentivo alla diretta partecipazione (fisica o virtuale) alle assemblee e, dunque, può porsi in contrasto con il più volte richiamato principio democratico. L’autonomia negoziale può pertanto prevedere un tetto ai voti così esprimibili in ciascuna assemblea (generale o separata), a patto che il rispetto di tale tetto non sia ottenibile riconoscendo (anche solo temporaneamente, mediante la sospensione dei voti eccedentari [60]) al cooperatore un voto inferiore al­l’unità (violandosi altrimenti l’art. 2538, secondo comma, primo periodo, c.c.) e che tutti i soci possano sapere per tempo il raggiungimento del tetto in parola, così da poter decidere con ponderazione se intervenire in assemblea [61].

L’utilità del voto extrassembleare varia in base alla dimensione della compagine sociale: in cooperative con pochi soci è sostanzialmente inutile, potendo essere sostituito dalla possibile delega a un altro socio in caso di ostacoli alla partecipazione più o meno occasionali; in cooperative con tanti soci può invece incentivare la partecipazione degli assenteisti, ma questo scopo può essere raggiunto in modo maggiormente conforme con il principio democratico mediante l’intervento virtuale.


7. L’intervento virtuale e il voto anticipato.

Secondo la già ricordata tesi minoritaria sostenuta da chi scrive, da molto tempo (anche prima del 2003) le cooperative, al pari delle società di capitali, possono consentire a qualsiasi socio (con diritto di voto) di intervenire a qualsiasi assemblea (generale, speciale o separata) senza imporgli la presenza fisica nella relativa riunione.

Ho precedentemente definito come intervento virtuale quello diverso dal­l’intervento fisico in assemblea dei soci. Ora occorre precisare che va considerato legalmente come virtuale anche l’intervento fisico in una riunione fisica che si tiene in un luogo diverso da quello indicato come luogo fisico dell’a­dunanza nel relativo avviso di convocazione, a condizione che il primo luogo sia collegato telematicamente con il secondo e che si permetta ai presenti fisicamente nel primo luogo di esercitare tutti i diritti esercitabili dai presenti fisicamente nel secondo luogo; nella situazione dianzi descritta gli interventi di fatto fisici si qualificano come virtuali in presenza di assemblee ibride o virtuali [62].

Affinché si possa intervenire in modo virtuale, è necessario che l’atto costitutivo lo consenta previamente [63], come impone l’art. 2370, quarto comma, primo periodo, c.c., applicato direttamente alle coop-s.p.a. (ex art. 2519, primo comma, c.c.) e analogicamente alle coop-s.r.l. [64].

Va dunque qualificato come norma eccezionale l’art. 106, secondo comma, d.l. n. 18/2020, grazie al quale il consiglio di amministrazione può prevedere (tra il 17 marzo 2020 e il 31 luglio 2023) «l’intervento all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione», anche se l’atto costitutivo avesse stabilito il contrario o, più verosimilmente, avesse taciuto sul punto.

Sulla base del diritto comune, una volta che l’atto costitutivo consenta l’in­tervento virtuale, la relativa disciplina attuativa può trovarsi ancora nello stesso atto, in un apposito regolamento (meglio se assembleare [65]) o, se si vuole garantire la massima flessibilità, nell’avviso di convocazione della relativa assemblea [66]; questo avviso – eventualmente corrispondente all’unica fonte integrativa della scarna previsione statutaria, il quale deve però contenere i propri elementi essenziali, tra cui «il luogo dell’adunanza» (art. 2366, primo comma, c.c.), fisico o virtuale – può infine rinviare (solo parzialmente) ad altro posto (come il sito internet della cooperativa) al fine di fornire ulteriori regole operative [67].

L’atto costitutivo deve stabilire se l’intervento virtuale sia sempre garantito in presenza di tutte o di alcune tipologie di assemblee o se sia invece l’organo sociale, legittimato a convocare l’assemblea (di solito il consiglio di amministrazione), a decidere discrezionalmente se prevedere tale intervento nel relativo avviso di convocazione.

In forza dell’art. 2370, quarto comma, secondo periodo, c.c. (applicato direttamente o analogicamente, a seconda della presenza di una coop-s.p.a. o di una coop-s.r.l.) v’è giustamente un’equiparazione giuridica tra intervento fisico e intervento virtuale, essendo in entrambi casi presente il socio [68], seppur in forme diverse; ne consegue che anche gli intervenuti e i votanti virtualmente sono rispettivamente computati nei quorum costitutivi e deliberativi richiesti per aversi una deliberazione assembleare [69].

Affinché il partecipante virtuale possa ritenersi presente occorre che nell’assemblea lo si identifichi (eventualmente completando un procedimento iniziato prima dell’inizio dell’assemblea) [70] e gli si permetta di discutere [71] e di votare.

Ma, allora, l’art. 106, secondo comma, d.l. n. 18/2020 è una norma eccezionale che però contiene (quando stabilisce che «l’assemblea si svolga […] mediante mezzi di telecomunicazione che garantiscano l’identificazione dei partecipanti, la loro partecipazione e l’esercizio del diritto di voto») i necessari tratti della fattispecie di diritto comune corrispondente all’intervento virtuale [72]; in effetti, questo intervento, essendo intrassembleare, deve conformarsi al metodo collegiale e pertanto consentire all’intervenuto non solo di votare ma anche di discutere previamente [73]; discussione e votazione che per il partecipante virtuale possono realizzarsi anche solo in forma scritta o mediante comunicazione elettronica [74].

Dunque, l’intervento virtuale presuppone sì l’adozione di «sistemi di comunicazione in tempo reale a due vie» [come precisa l’art. 143-bis, primo comma, lett. b), del. Consob n. 11971/1999 per le società quotate, cioè il collegamento simultaneo tra tutti i partecipanti], ma a condizione che tale sintagma sia interpretato in modo da ammettere anche vuoi l’eventuale scambio e/o visione di documenti mediante canali paralleli (come messaggi di posta elettronica o messaggi telefonici), vuoi la discussione solo in forma scritta (realizzandosi così un sistema cosiddetto di comunicazione a due vie attenuata o a collegialità minore, comunque rientrante tra quelli appartenenti alla classe dei sistemi di telecomunicazione attivi) [75].

V’è da chiedersi se sia qualificabile come intervento virtuale la situazione in cui il socio possa esprimere il proprio voto prima o dopo l’inizio dell’as­semblea e possa altresì modificarlo fino a che il presidente dell’assemblea dichiari chiusa la votazione intrassembleare sulla proposta di deliberazione votabile prima dell’assemblea (nella prassi denominato voto anticipato o voto online).

A mio avviso, la descritta situazione può legittimamente integrare la fattispecie corrispondente all’intervento virtuale, quand’anche il voto sia espresso prima dell’inizio dell’assemblea e il corrispondente votante non intervenga poi virtualmente alla stessa, benché accreditato a parteciparvi dal momento del suo voto; tale integrazione presuppone però che la relativa disciplina negoziale preveda in via concorrente le seguenti sette condizioni: (i) sia stabilito fin dalla convocazione dell’assemblea che il socio possa votare tra una data anteriore a quella in cui si terrà l’assemblea e il momento in cui il presidente dell’as­semblea dichiarerà chiusa la relativa votazione assembleare [76]; (ii) si considerino come intervenuti anche i votanti prima dell’assemblea che non partecipino poi virtualmente alla medesima; (iii) il voto espresso prima dell’assemblea possa essere modificato nel periodo sub (i); (iv) sia esprimibile solo virtualmente il voto (prima o durante l’assemblea) e le sue eventuali modificazioni successive; (v) sia consentito al socio di partecipare solo virtualmente (se del caso, unicamente in forma scritta) alla discussione assembleare; (vi) si considerino inefficaci il voto o le sue modificazioni successive, se pervenuti prima che l’assemblea abbia modificato l’originaria proposta di deliberazione [77]; (vii) in caso di modificazione dell’originaria proposta di deliberazione si consenta di esprimere nuovamente il voto, eventualmente mutando quello previamente espresso. La descritta disciplina può incentivare la partecipazione personale al procedimento assembleare di quei soci che, prima dell’inizio dell’assemblea, siano certi di non potervi partecipare fisicamente ma siano incerti di potervi partecipare virtualmente.


8. Assemblea fisica, ibrida o virtuale.

L’art. 106, secondo comma, d.l. n. 18/2020 prevede – circa i procedimenti assembleari delle società con personalità giuridica relativi ad assemblee tenute tra il 17 marzo 2020 e il 31 luglio 2023, anche in mancanza di qualsiasi disciplina statutaria in proposito o in contrasto con questa disciplina – (i) che l’organo competente a convocarle possa imporre a qualsiasi socio il solo intervento virtuale in assemblea e (ii) che il presidente, il segretario dell’as­semblea o l’eventuale notaio verbalizzante possano trovarsi in luoghi diversi durante lo svolgimento dell’assemblea [78].

Molti si sono chiesti se quanto espressamente ma eccezionalmente stabilito nella disposizione appena richiamata sia consentito anche dal diritto comune delle società.


8.1. Nelle società di capitali italiane.

La dottrina ormai maggioritaria [79] e la prassi notarile più autorevole [80], con riguardo alle società di capitali, sostengono in modo condivisibile che la disposizione testé citata è solo eccezionale nella parte in cui consente di convocare un’assemblea virtuale nel silenzio o in contrasto con l’atto costitutivo.

Ma, allora, fin dal 2003 le società appartenenti alla predetta classe possono convocare non solo l’assemblea ibrida ma anche quella virtuale [81], a condizione che l’atto costitutivo previamente preveda queste modalità alternative di svolgimento del procedimento assembleare. Sicché, le assemblee ibride e quelle virtuali, una volta consentite astrattamente in via statutaria, si avranno concretamente, quando l’avviso di convocazione indichi, rispettivamente, il luogo fisico e quello virtuale dell’adunanza o solamente il luogo virtuale della stessa.

In conclusione, de iure condito, le società di capitali possono convocare, in forza del codice civile, assemblee fisiche, ibride o virtuali [82].

L’atto costitutivo può stabilire che l’organo sociale competente a convocare l’assemblea possa o debba permettere l’intervento virtuale, in presenza vuoi di determinate materie all’ordine del giorno, vuoi di qualsiasi assemblea [83]; correlativamente, il socio ha nel primo caso un diritto e nel secondo caso una mera aspettativa a partecipare virtualmente.

Un’apposita clausola statutaria può altresì imporre al predetto organo di convocare l’assemblea ibrida [84] o – secondo una tesi minoritaria, ma condivisibile [85] – l’assemblea virtuale [86], per alcune o per tutte le materie di competenza dei soci.

Naturalmente, le assemblee virtuali e quelle ibride sono qualificabili come assemblee in senso stretto solo se il relativo procedimento si conformi al metodo collegiale; ne consegue che nelle assemblee in esame occorre sempre (i) identificare tutti gli intervenuti (in quanto legittimati a votare) e (ii) riconoscere a costoro i diritti (intrassembleari) di partecipare alla discussione e di votare, eventualmente esercitabili entrambi solo in forma scritta.


8.2. In alcune cooperative straniere.

Le conclusioni esposte per le società di capitali nel precedente paragrafo valgono anche per le società cooperative?

Il dubbio discende da due ordini di ragioni.

In primo luogo, solo alle cooperative è imposto di promuovere la reale partecipazione dei soci alla vita sociale e dunque anche ai lavori assembleari, ai sensi dell’art. 4, primo comma, d.lgs. n. 220/2002.

In secondo e ultimo luogo, il dato comparatistico ci consegna alcuni limiti inderogabili, come mostrano i seguenti tre ordinamenti stranieri [87]: (i) il legislatore basco sembra ammettere solo l’assemblea ibrida, comunque organizzata mediante sistemi che permettano «la comunicación bidireccional y simultanea de la imagen y el sonido, y la interacción visual, auditiva y verbal [la comunicazione bidirezionale e simultanea dell’immagine e del suono, così come l’interazione visiva, uditiva e verbale]» [88]; (ii) il legislatore francese prevede che i «moyens de télécommunications permettant leur identification et garantissant leur participation effective {mezzi di telecomunicazione [utilizzati per l’assemblea virtuale (N.d.A.)] consentano l’identificazione [dei soci (N.d.A.)] e garantiscano a loro una partecipazione effettiva}» (art. L524-1-1 code rural et de la pêche maritime) e che in caso di votazioni mediante mezzi elettronici di telecomunicazione la cooperativa utilizzi «un site exclusivement consacré à ces fins [un sito esclusivamente dedicato a questi scopi]» (art. R225-61 code de commerce, richiamato espressamente dall’art. R524-15 code rural et de la pêche maritime[89]; (iii) il legislatore tedesco, con la disciplina più interessante e articolata in materia, stabilisce dal 2022 – avendo introdotto [90], su richiesta del riconosciuto movimento cooperativo tedesco [91], il nuovo § 43b Gesetz betreffend die Erwerbs- und Wirtschaftsgenossenschaften (meglio conosciuta come Genossenschaftsgesetz o GenG), rubricato come Formen der Generalversammlung [forme di assemblea generale] – la piena legittimità sia dell’assemblea ibrida (hybride Versammlung) {definita nel § 43b, primo comma, n. 3, GenG come quella «an der die Mitglieder wahlweise am Ort der Versammlung physisch anwesend oder ohne physische Anwesenheit an diesem Ort teilnehmen können» [nella quale i soci possono partecipare liberamente nel luogo della riunione presenziando fisicamente o senza presenza fisica in tale luogo]»}, sia dell’assemblea virtuale (virtuelle Versammlung) {così definita nel § 43b, primo comma, n. 2, GenG: «virtuelle Versammlung ohne gemeinsame physische Anwesenheit der Mitglieder an einem Ort [assemblea virtuale senza la presenza fisica insieme dei soci in un luogo]» [92]}, a condizione che il relativo organo convocante rimanga libero di optare per l’assemblea fisica (Präsenzversammlung[93] {così definita nel § 43b, primo comma, n. 1, GenG: «Präsenzversammlung an einem Ort, an dem die Mitglieder gemeinsam physisch anwesend sind [assemblea in presenza in un luogo, nel quale i soci sono presenti fisicamente insieme]»} [94].


8.3. Nelle cooperative italiane.

A mio avviso, pur nel silenzio del diritto italiano, le cooperative italiane possono prevedere statutariamente quello espressamente consentito dal diritto tedesco per le assemblee delle cooperative tedesche.

Dunque, già de iure condito, l’atto costitutivo di una cooperativa di diritto comune può legittimamente contemplare tutte le seguenti tre modalità di riunione dell’assemblea (generale, speciale e/o separata) dei soci: (i) l’assemblea fisica; (ii) l’assemblea ibrida [95]; (iii) l’assemblea virtuale.

Contro l’assemblea virtuale non si può argomentare che tale riunione impedirebbe la partecipazione ai soci incapaci di intervenire virtualmente, così violandosi la parità di trattamento tra i soci [96]. Semmai, sarà difficile che una cooperativa prevedrà nell’atto costitutivo l’esclusivo intervento virtuale, qualora abbia una compagine sociale costituita in maggioranza da soci incapaci di intervenire virtualmente [97].

Anzi, in certe situazioni, l’assemblea virtuale può diventare la soluzione organizzativa capace di consentire il massimo rispetto del principio di parità di trattamento tra i soci, come quando questi ultimi siano sparsi su più territori e/o abbiamo adeguate capacità di intervenire virtualmente (eventualmente richieste dalla particolare attività svolta dalla cooperativa o acquisite grazie a percorsi formativi e/o aiuti tecnologici organizzati dalla medesima). In effetti, in tali casi, solo l’assemblea virtuale garantisce detta parità nell’esercizio dei diritti legati ai lavori assembleari, essendo tutti i potenziali partecipanti equidistanti dal luogo virtuale di adunanza dell’assemblea [98].


8.3.1. Possibili clausole statutarie.

Mi chiedo se la previsione statutaria dell’assemblea virtuale sia ammissibile nelle cooperative, a condizione che l’atto costitutivo non escluda la facoltà di convocare l’assemblea fisica, come stabilisce l’ordinamento tedesco.

In effetti, in linea generale e astratta, l’ottimale partecipazione ai lavori assembleari appare essere quella personale (cioè senza delega di voto) e fisica (cioè non virtuale).

Ma siamo sicuri che sia sempre così? Non è che, così ragionando, confondiamo la partecipazione tradizionale con quella ottimale? Si pensi, ad esempio, a una cooperativa con soci cooperatori i cui domicili siano sparsi in tutta Italia o addirittura in diversi Stati dell’Unione europea o i cui scambi mutualistici (come lavoratori, produttori o consumatori) siano resi possibili da una piattaforma digitale: in questi casi ha senso impedire alla cooperativa di prevedere statutariamente solo l’assemblea virtuale, qualora i relativi soci congetturino che non convocherebbero mai un’assemblea fisica o ibrida?

Ricordo poi che è qualificabile come assemblea virtuale quella convocata solamente in un luogo virtuale (come una piattaforma informatica), senza cioè indicare nell’avviso di convocazione un luogo fisico di riunione [99]. L’assem­blea virtuale non è però incompatibile con la presenza fisica dei soci in un luogo fisico, a patto che quest’ultimo non sia previsto nel predetto avviso come il «luogo dell’adunanza» (art. 2366, primo comma, c.c.), essendovi altrimenti un’assemblea fisica o ibrida. Sicché rimane un’assemblea virtuale quella il cui avviso indichi come luogo di convocazione (inteso come elemento essenziale dell’avviso in parola) uno virtuale (nel nostro caso, l’unico rilevante per qualificare la conseguente assemblea), ma indichi altresì (se possibile, fuori dall’avviso di convocazione, in posti cui rinvii tale avviso, al fine di evitare possibili confusioni) uno o più luoghi fisici (alcuni dei quali potrebbero corrispondere agli spazi in cui la cooperativa eserciti la propria attività economica, come sedi secondarie o unità locali), tra loro collegati telematicamente, nei quali i soci, il presidente dell’assemblea e il relativo segretario possano recarsi, se non intendano partecipare ai lavori assembleari mediante collegamento solitario al luogo virtuale di convocazione.

Tutto ciò premesso, non ritengo rinvenibile nel nostro ordinamento un divieto, nemmeno desumibile dal vincolante principio democratico cooperativo, che impedisca all’autonomia statutaria di stabilire l’intervento virtuale come l’unico modo di partecipazione all’assemblea (pertanto, qualificabile come virtuale) [100].

Ciò non significa, tuttavia, che sia vietato al revisore, all’ispettore o al Ministero delle imprese e del made in Italy di richiedere l’eliminazione della disciplina statutaria sopra prospettata, qualora essa rappresenti un concreto ostacolo alla reale partecipazione dei soci nel procedimento assembleare.

In coerenza con quanto appena sostenuto de iure condito, suggerisco al legislatore italiano di non adottare de iure condendo l’esposta soluzione del legislatore tedesco, poiché altrimenti si limiterebbe irragionevolmente la libertà di iniziativa privata dei cooperatori italiani.

Di seguito esamino alcune possibili clausole statutarie sull’intervento del socio in assemblea, dopo aver precisato che, nel silenzio dell’atto costitutivo, l’assemblea può essere solo fisica, essendo preclusi gli interventi virtuali, in forza degli artt. 2370, quarto comma e 2519 c.c.

L’atto costitutivo delle cooperative può prevedere:

(i) l’obbligo di intervenire in modo virtuale per qualsiasi socio di cooperativa o per i soli soci finanziatori [101];

(ii) il divieto di intervenire virtualmente [102], eventualmente solo per i cooperatori;

(iii) l’obbligo di intervenire virtualmente a chi non riesca a prenotare uno dei numerosi posti disponibili per gli interventi fisici [103];

(iv) la facoltà, in capo all’organo sociale competente a convocare l’assem­blea (eventualmente su richiesta della minoranza), di scegliere le modalità di riunione assembleare;

(v) l’obbligo, sempre per il predetto organo, di convocare solamente l’as­semblea fisica, l’assemblea ibrida o l’assemblea virtuale, ovvero solo quest’ul­tima, ma unicamente quando sia prevedibile una minore partecipazione dei soci mediante la convocazione di un’assemblea fisica o ibrida;

(vi) la facoltà o l’obbligo di convocare l’assemblea ibrida o virtuale in presenza di specifici punti all’ordine del giorno [104].

Se l’atto costitutivo lascia libero il consiglio di amministrazione nell’indi­viduare come convocare l’assemblea, il consiglio stesso, pur non dovendo esternalizzare le proprie motivazioni circa le scelte che intende prendere [105], deve però tener conto dei costi collegati alla propria decisione [106]; sicché, con una disciplina negoziale così congegnata, l’assemblea virtuale potrebbe essere quella più utilizzata in futuro, essendo destinata a diventare la più conveniente [107], anche per i soci (eliminando i relativi costi di trasporto e, se del caso, di alloggio), grazie ai costanti progressi tecnologici [108]. Cionondimeno, gli amministratori possono scegliere l’assemblea fisica o ibrida, quand’anche più costose rispetto a quella virtuale, qualora il maggior costo da sostenere sia da loro adeguatamente giustificato e diligentemente monitorato [109].


8.3.2. L’assemblea prolungata.

A mio modo di vedere, le cooperative italiane possono adottare una soluzione statutaria analoga a quella prevista espressamente dal diritto comune tedesco delle cooperative con il nuovo § 43b, primo comma, n. 4 e quinto comma, GenG; questa disposizione contempla l’assemblea con procedura allungata (Versammlung im gestreckten Verfahren), necessariamente bifasica, essendo costituita dalla fase di discussione (Erörterungsphase), organizzabile in forma virtuale o ibrida, cui segue la fase di votazione (Abstimmungsphase), nella quale tutti i soci sono legittimati a votare in forma scritta o a mezzo di comunicazione elettronica.

All’inizio del presente saggio ho denominato questa assemblea come assemblea prolungata.

L’assemblea prolungata presuppone che chi l’abbia convocata sia arrivato alla conclusione che i soci non riescano a maturare adeguatamente la propria opinione se costretti a farsela in un’unica riunione (fisica, ibrida o virtuale). Si consente allora ai soci di ponderare adeguatamente la loro volontà, separando la fase della proposta e della discussione dalla fase della decisione, riservando ai soci un intervallo di riflessione extrassembleare tra queste due fasi; il predetto intervallo può corrispondere a meno di un giorno, a un giorno o a più giorni.

L’assemblea prolungata si distingue dall’assemblea preceduta da uno scambio di informazioni tra soci e amministratori tenutosi fuori dall’assem­blea ma dentro il procedimento assembleare (sul quale ritornerò tra breve), poiché nell’assemblea prolungata lo scambio di informazioni e (soprattutto) la discussione avviene dentro l’assemblea.

L’assemblea prolungata si distingue poi dall’assemblea preceduta da una discussione tenutasi fuori dal procedimento assembleare [110], avendo visto che la discussione tra soci è organizzata in assemblea.

L’assemblea prolungata si distingue altresì dalla votazione referendaria tra soci (comunque inammissibile nelle coop-s.p.a. e possibile nelle coop-s.r.l., ma limitatamente alle materie non spettanti inderogabilmente all’assemblea dei soci), poiché l’assemblea prolungata rispetta il metodo collegiale nel prendere le proprie decisioni.

L’assemblea prolungata si distingue infine dal rinvio dell’assemblea – espressamente previsto per le sole s.p.a. nell’art. 2374 c.c. ma certamente valevole anche per le s.r.l. [111] e per le cooperative [112] – in ragione del fatto che solo nell’avviso di convocazione dell’assemblea prolungata la convocazione è originariamente concepita in due distinti momenti e ognuno dei due momenti è incapace (fin dall’inizio del procedimento assembleare) di esaurire i lavori dell’assemblea (nel senso che la fase di discussione non può concludersi con la votazione).

Ma l’assemblea prolungata è compatibile con l’art. 2366, primo comma, c.c., nella parte in cui impone di indicare nell’avviso di convocazione, al singolare, sia il giorno sia l’ora dell’assemblea [113]?

Il tenore della predetta disposizione non è decisivo per sostenere l’inam­missibilità dell’assemblea prolungata nelle cooperative, non solo perché va letto assieme all’art. 2369, secondo comma, c.c. (ove si consente, come accade di regola, che l’avviso contenga anche un altro giorno, quello dell’assemblea in seconda convocazione), ma anche (e soprattutto) perché la disciplina del­l’avviso di convocazione nelle s.p.a. si applica alle cooperative in quanto sia compatibile con l’intero ordinamento cooperativo; sicché, quand’anche fosse imperativa per le s.p.a. la regola secondo la quale l’avviso di convocazione può contenere al massimo due distinti giorni di convocazione dell’as­semblea, la stessa regola diverrebbe dispositiva, una volta applicata alle cooperative, al fine di consentire a queste società di organizzarsi in modo da promuovere «una reale partecipazione dei soci» nel procedimento assembleare [114].

De iure condito, quindi, l’atto costitutivo di una cooperativa italiana può prevedere l’assemblea prolungata, poiché questa è in grado di diventare, in certe situazioni, la modalità ottimale per garantire ai soci vuoi un’informa­zione adeguata vuoi un consapevole esercizio del diritto di voto, grazie all’in­serimento nel procedimento assembleare di una nuova fase: quella di riflessione, riservata a ciascun socio in via extrassembleare.

L’assemblea prolungata costituisce sia un’assemblea in senso stretto (il cui inizio corrisponde con l’eventuale verifica del quorum costitutivo) [115], sia un autonomo procedimento all’interno del più ampio procedimento assembleare. In questa nuova fase procedimentale la discussione e la votazione corrispondono a due distinte riunioni quasi-assembleari (dovendosi qualificare come assemblea solo la riunione nella quale si possa essere informati, si possa discutere e si possa votare), ciascuna delle quali può consentire interventi fisici e/o virtuali e la seconda può prevedere anche il voto extrassembleare.

Per le stesse ragioni addotte in presenza dell’assemblea virtuale, l’atto costitutivo della cooperativa può prevedere che entrambe le necessarie fasi dell’assemblea prolungata, pur rispettando sempre il metodo collegale, si svolgano in modo solo fisico, solo ibrido o solo virtuale [116], oppure combinino forme diverse di intervento per la prima e per la seconda fase [117]; al limite, optando per il massimo grado possibile di virtualità, si potrebbe imporre statutariamente solo l’intervento virtuale per tutto il procedimento dell’assemblea prolungata.

De iure condendo, si potrebbe prevedere come legittima anche la clausola statutaria che disciplini l’assemblea prolungata con il voto esprimibile solo in via extrassembleare, così limitando la collegialità alla fase della discussione.


8.3.3. Controllo dei soci e dei terzi sulle scelte degli amministratori.

Diverso dal diritto intrassembleare di porre domande – per forza presente in qualsiasi procedimento finalizzato a prendere deliberazioni assembleari – è il diritto extrassembleare di trasmettere domande alla società sui temi indicati all’ordine del giorno dell’assemblea, alle quali il consiglio di amministrazione è tenuto a rispondere prima o durante la corrispondente assemblea. Questo secondo diritto deve essere riconosciuto nel nostro ordinamento dalle sole società che non siano in forma di cooperativa ma che abbiano azioni quotate (ai sensi degli artt. 127-ter e 135-bis, primo comma, secondo periodo, t.u.f.) e dalle cooperative di consumo con più di centomila soci [ai sensi dell’art. 4, lett. d), d.m. 18 settembre 2014]; tuttavia, quest’ultimo diritto può naturalmente essere riconosciuto statutariamente dalle altre cooperative, come in alcuni virtuosi casi è già accaduto [118].

Dalle considerazioni illustrate nelle pagini precedenti emerge in modo evidente come anche le cooperative debbano essere messe in condizione di approfittare degli sviluppi tecnologici nei mezzi di comunicazione, al fine di poter sperimentare efficienti ed efficaci processi virtuali di partecipazione assembleare [119], senza auspicabilmente abbandonare del tutto gli incontri in presenza [120].

In effetti, nella governance cooperativa ciò che conta veramente è l’esi­stenza di un effettivo controllo democratico dei soci, non la loro presenza fisica in assemblea, anche se quest’ultima può ancora generare e rigenerare la necessaria reciproca confidenza tra i soci [121].

Il controllo testé ricordato necessita però dell’interesse dei soci ad esercitarlo; in effetti, costoro, almeno per il diritto positivo, possono rimanere partecipanti passivi o addirittura assenteisti, se lo vogliono [122], quand’anche la cooperativa abbia adempiuto al proprio dovere di concepire un’organizzazione tale da consentire una reale partecipazione ai lavori assembleari.

In ogni caso, le eventuali illegalità o abusi, vuoi nel regolare statutariamente le assemblee virtuali, vuoi nel convocarle e gestirle concretamente [123], sono accertabili e sanzionabili sia dall’autorità giudiziaria (in sede di impugnazione delle relative deliberazioni assembleari), sia dal revisore cooperativo, dall’i­spettore straordinario e dal Ministero delle imprese e del made in Italy [124]; in effetti, il revisore, l’ispettore e il predetto dicastero, nel verificare la reale partecipazione dei soci alla vita sociale secondo il d.lgs. n. 220/2002, devono accertare non solo l’astratta conformità dell’atto costitutivo con tale vincolante obiettivo ma anche lo svolgimento dei concreti procedimenti assembleari, leggendo i relativi verbali e/o dando seguito ai fondati esposti pervenuti [125].


9. Una riforma per una rinnovata democrazia cooperativa.

La ricostruzione della disciplina del voto extrassembleare e dell’intervento virtuale, condotta nei precedenti paragrafi, fa emergere l’urgenza di un generale ripensamento della disciplina del procedimento assembleare di fonte non solo legale ma anche negoziale.

Si pensi, ad esempio, a come l’assemblea virtuale o ibrida possa (già sulla base della disciplina vigente) diventare un valido sostituto delle assemblee separate, ovviamente quando queste non siano obbligatorie [126]; in effetti, se dovessimo valutare queste due alternative forme organizzative come strumenti per facilitare la partecipazione dei soci al procedimento assembleare, nella maggior parte dei casi concluderemmo nel senso di preferire un’unica assemblea generale (ibrida [127] o virtuale) al frazionamento della base sociale in più assemblee separate fisiche, poi seguite dall’assemblea generale fisica; tale preferenza discende dalla maggior qualità partecipativa di un intervento diretto (seppur virtuale) rispetto a un intervento necessariamente mediato (dal delegato eletto nell’assemblea separata).

Occorre allora razionalizzare la disciplina civilistica della democrazia cooperativa, concepita in modo inadeguato fin dal 2003 e comunque bisognosa di un ammodernamento (in certi punti realizzabile semplicemente esplicitando ciò che è già consentito dall’ordinamento vigente) che tenga conto dell’inter­venuta evoluzione dei mezzi di telecomunicazione applicabili al procedimento assembleare; mezzi, quelli appena ricordati, sperimentati positivamente da molte cooperative, anche fuori dall’Italia, durante il triennio 2020-2022; sicché si può ragionevolmente prevedere che un significativo numero di cooperative non piccole continueranno a usare tali mezzi dopo tale triennio.


9.1. Due premesse.

Nel condurre la razionalizzazione prospettata nel precedente paragrafo mi paiono utili le seguenti due considerazioni preliminari, forse capaci di collocarla in modo appropriato all’interno dell’ordinamento cooperativo.

La prima considerazione si basa sul ricordato intreccio tra democrazia e mutualità (nel senso che la prima è funzionale alla seconda) e può essere così bipartita. Da un lato, il socio cooperatore ha il diritto ma non l’obbligo (salvo diversa pattuizione statutaria) di partecipare al procedimento assembleare (essendo pertanto ammissibile il cooperatore assenteista), mentre il medesimo socio ha l’obbligo (anche nel silenzio statutario) di instaurare un minimo di scambi mutualistici con la cooperativa (essendo dunque inammissibile il cooperatore inerte [128]). Dall’altro lato, la cooperativa, essendo costretta a essere contemporaneamente democratica e mutualistica, deve (i) promuovere una reale partecipazione dei soci al procedimento assembleare (vale a dire attivarsi affinché siano esercitabili in modo consapevole e costante i correlati diritti, insopprimibili per i cooperatori, di informazione, di intervento, di discussione e di voto), (ii) creare le condizioni necessarie per offrire attività mutualistiche di interesse per i cooperatori, (iii) stipulare gli scambi mutualistici con i cooperatori e (iv) preferire questi ultimi nella conclusione di detti scambi [129]. L’osservanza di tutte le sopra indicate situazioni giuridiche passive, in capo ai cooperatori e alla cooperativa, è poi monitorata periodicamente dagli esecutori della vigilanza sugli enti cooperativi.

La seconda considerazione si basa sull’assunto che la partecipazione del socio al procedimento assembleare è normalmente ottimale, se si caratterizza per essere contemporaneamente fisica, intrassembleare (tanto è vero che queste due caratteristiche devono esservi nel silenzio statutario) e diretta (come confermato dal fatto che la rappresentanza in assemblea può essere impedita statutariamente e comunque è limitata legislativamente, almeno nelle coop-s.p.a.). Dunque, le possibili partecipazioni del socio al procedimento assembleare, ulteriori a quella ottimale, sono di seguito elencate in ordine di crescente allontanamento dalla situazione normalmente ottimale:

(i) intervento virtuale senza rappresentante;

(ii) voto extrassembleare;

(iii) intervento senza rappresentante all’assemblea separata con nomina di delegati aventi un mandato vincolante; in effetti, questi ultimi – salvo l’appli­cazione del disposto dell’art. 1711, secondo comma, c.c. – si limitano a riportare in assemblea generale i voti espressi nelle assemblee separate;

(iv) intervento fisico con rappresentante;

(v) intervento virtuale con rappresentante;

(vi) intervento con rappresentante all’assemblea separata con nomina di delegati aventi un mandato vincolante;

(vii) intervento senza rappresentante all’assemblea separata con nomina di delegati aventi un mandato libero (cioè opposto a quello vincolato dianzi descritto);

(viii) intervento con rappresentante all’assemblea separata con nomina di delegati con mandato libero.


9.2. Almeno nove temi da affrontare.

La necessaria e urgente riforma della disciplina sulla democrazia cooperativa dovrà certamente tener conto della più avanzata legislazione straniera in materia (corrispondente, almeno nell’Unione europea, a quella tedesca, anche se redatta in modo non del tutto chiaro e condivisibile) e dovrà altresì contenere un insieme di nuove norme – più dispositive che imperative (stante il rilevante polimorfismo cooperativo), da coordinare con le vecchie – capace di non ingabbiare l’autonomia statutaria [130].

Questa riforma dovrà riguardare almeno i nove temi di seguito illustrati.


9.2.1. Procedimento assembleare e polimorfismo cooperativo.

Il primo tema ruota attorno all’intervento virtuale e alle conseguenti possibili assemblee ibride, virtuali e prolungate, convocabili solo se siano state contemplate nell’atto costitutivo.

Quest’area del diritto cooperativo dovrà essere riformata concependo poche ma chiare disposizioni volte a far sì che la possibile virtualità del procedimento assemblare sia sinergica con la necessaria democraticità della società [131] e che gli operatori sappiano esattamente i confini entro cui esercitare la loro libertà organizzativa [132].

Il secondo tema è la rappresentanza volontaria in assemblea.

La relativa normativa va completamente riscritta, mantenendo la facoltà (oggi riconosciuta alle cooperative e alle società di capitali che non facciano ricorso al mercato del capitale di rischio, ai sensi dell’art. 2372, primo comma, c.c.) di impedire statutariamente la rappresentanza in parola.

L’auspicata riscrittura discende dal fatto che l’art. 2539 c.c. da una parte prevede nessun limite alle deleghe di voto attribuibili al socio della coop-s.r.l. (e questo vuoto normativo è particolarmente rilevante, atteso che la maggioranza delle cooperative esistenti sono costituite secondo il sottotipo coop-s.r.l.) e, dall’altra parte, fissa il tetto di dieci deleghe conferibili al socio della coop-s.p.a. senza considerare la dimensione delle relative compagini sociale e la materia oggetto della relativa deliberazione (la quale potrebbe non richiedere alcun quorum costitutivo, come in caso di nomina degli amministratori e dei controllori o di approvazione del progetto di bilancio); ben più misurata, allora, risulta la disciplina tedesca, la quale (con il § 43, quinto comma, terzo periodo, GenG [133]) stabilisce l’impossibilità per il socio di esercitare più di due deleghe in assemblea [134].

Naturalmente, il nuovo diritto dovrà confermare l’inapplicabilità alle cooperative (salvo quanto previsto eccezionalmente, per il periodo tra il 17 marzo 2020 e il 31 luglio 2023, dall’art. 106, sesto comma, d.l. n. 18/2020 [135]) del­l’istituto del rappresentante designato di cui all’art. 135-undecies t.u.f. [136], quand’anche tali società siano con azioni quotate [137]; l’istituto in parola, infatti, si pone in antitesi con la reale partecipazione dei soci, oltre a derogare a due importanti norme (la prima implicita, la seconda esplicita) contenute nell’art. 2539, primo comma, c.c.: quella che vieta di attribuire la delega a un non socio e quella che fissa un tetto alle deleghe conferibili al socio di coop-s.p.a. [138].

Il terzo tema corrisponde alle assemblee separate [139].

Di esse va eliminata l’obbligatorietà, oggi prevista dal legislatore italiano – diversamente da molti altri ordinamenti [140] – per le cooperative (diverse da quelle bancarie o quotate) con più di tremila soci ed esercenti l’attività mutualistica in più province ovvero con più di cinquecento soci e con più gestioni mutualistiche (art. 2540, secondo comma, c.c.).

Il nuovo diritto dovrà consentire (finalmente in modo espresso [141]) alle assemblee separate di diventare assemblee elettive dei delegati che interverranno per una certa durata (rispettosa di quella massima da stabilire legislativamente) nell’assemblea generale, come già accade per le due più grandi mutue assicuratrici operanti in Italia (la cui disciplina legale è integrata da quella sulle cooperative, in quanto compatibile con la natura delle prime, ai sensi dell’art. 2547 c.c.).

In alternativa alle assemblee separate trasformabili in assemblee elettorali sarebbe opportuno ammettere anche l’assemblea generale trasformabile in un’unica assemblea elettorale; in entrambi i casi, una volta conclusa l’elezione dei delegati, l’assemblea generale, pur rimanendo giuridicamente tale, si trasforma da assemblea dei soci ad assemblea dei delegati; ovviamente, sia le assemblee elettorali (unica o plurime) sia l’assemblea generale costituita solamente da delegati potranno essere organizzate come assemblee fisiche, ibride o virtuali; si potrà inoltre esercitare il voto extrassembleare in ognuna delle predette assemblee, se previsto statutariamente.

Tutte le possibili organizzazioni assembleari testé elencate sono ritenute ammissibili nel diritto comune delle cooperative tedesche, secondo il quale l’assemblea generale (Generalversammlung), se costituita solo dai delegati (Vertreterversammlung), è regolata dal § 43a GenG [142]; come in Germania, si potrebbe altresì prevedere negli statuti delle cooperative italiane che alcune materie (come la trasformazione, la fusione, la scissione e lo scioglimento della cooperativa) rimangano di competenza dell’assemblea generale costituita da tutti i soci con diritto di voto.

Se si realizzasse la prospettata riforma delle assemblee separate e si regolasse come possibile opzione lasciata ai cooperatori l’assemblea dei delegati, quest’ultima potrebbe garantire un’adeguata democrazia indiretta in presenza di compagini sociali o con caratteristiche tali da impedire un efficace ed efficiente controllo diretto dei soci sull’organo amministrativo o comunque così numerose da rendere impossibile una sostanziale democrazia diretta (eventualmente implementata virtualmente).

Il quarto tema è il voto plurimo riconoscibile al socio cooperatore.

Di esso va senz’altro migliorata la disciplina [143], tra l’altro concependo con più attenzione i possibili parametri di attribuzione di tale voto e le diverse tipologie di cooperative che lo possano prevedere (tra cui le cooperative consortili e quelle di secondo e ulteriore grado), capaci di non contraddire l’osser­vanza dei doverosi scopo mutualistico e carattere democratico [144].

Il quinto tema è il polimorfismo delle cooperative.

L’esistenza di compagini sociali molto diverse (da quella della cooperativa costituita da soli tre soci persone fisiche direttamente coinvolti nella gestione imprenditoriale a quella della cooperativa con decine di migliaia di soci con un basso interesse allo scambio mutualistico) impone una saggia modulazione della normativa sul procedimento assembleare. Tale modulazione potrebbe basarsi su determinati parametri (tra cui, necessariamente, la dimensione della compagine sociale e la diversa provenienza territoriale dei soci), trasversali ai due sottotipi coop-s.p.a. e coop-s.r.l., la cui determinazione e i successivi aggiornamenti potrebbero essere effettuati mediante decreti del dicastero competente a vigilare le cooperative, sentito il riconosciuto movimento cooperativo italiano.


9.2.2. Informazioni ai soci e vigilanza sulle cooperative.

Il sesto tema è rappresentato dalle informazioni preassembleari che gli amministratori devono fornire ai soci [145]; il che oggi è facilitato dallo sviluppo dei mezzi di telecomunicazione e della documentazione digitale.

In questo caso lo standard legale potrebbe essere arricchito dallo standard negoziale, se il primo rinviasse o anche incentivasse il secondo, ad esempio contenuto in codici di comportamento adottati dal movimento cooperativo [146].

Quand’anche il diritto comune prevedesse già implicitamente il diritto del socio a ricevere informazioni sufficienti sulle materie iscritte all’ordine del giorno [147], sarebbe preferibile esplicitare tale posizione soggettiva nella legge [148]; tra queste informazioni si dovrebbero selezionare (facendo perno sugli elementi essenziali della cooperativa sia come impresa mutualistica sia come società democratica e aperta) quelle da inserire annualmente nella relazione sulla gestione degli amministratori [149]; questa relazione, per migliorare il controllo dei soci sull’operato degli amministratori (e dunque la loro reale partecipazione alla vita sociale), dovrebbe (almeno in presenza di cooperative di grosse dimensioni) contenere, in merito al perseguimento dello scopo mutualistico, vuoi l’illustra­zione degli obiettivi da raggiungere (con le relative strategie e tempistiche) vuoi la rendicontazione dei risultati (anche intermedi) raggiunti [150].

Il settimo tema è il diritto di porre domande prima dell’assemblea (con il conseguente obbligo per gli amministratori di rispondere alle stesse al più tardi nell’assemblea), da riconoscersi a ciascun socio con diritto di voto appartenente almeno alle cooperative di maggiori dimensioni. Questo tema è oggi regolato da una disciplina contraddittoria; in effetti, da un lato si esclude l’appli­cazione dell’art. 127-ter t.u.f. alle cooperative con azioni quotate, ma, dal­l’altro lato, si impone il riconoscimento del diritto qui sottolineato alle cooperative di consumo con più di centomila soci.

L’ottavo tema ruota attorno a questi due diritti: (i) quello di integrare l’ordine del giorno dell’assemblea, da riconoscere solamente a una qualificata minoranza dei soci (similmente a ciò che prevedono gli artt. 126-bis, 135 e 135-bis t.u.f. per le cooperative quotate [151]); (ii) quello di presentare nuove proposte di deliberazione, esercitabile o prima dell’assemblea da una qualificata minoranza dei soci (analogamente a quanto stabiliscono sempre gli artt. 126-bis, 135 e 135-bis t.u.f. per le cooperative quotate) o durante l’assemblea dal singolo socio (come discende espressamente dalle predette disposizioni per le cooperative quotate e implicitamente dal vigente codice civile per le cooperative di diritto comune).

Se vi sarà una disciplina adeguata di entrambi questi diritti, si otterranno i seguenti quattro benefici, nella logica della reale partecipazione dei soci alla vita sociale: (i) il riconoscimento ai soci del potere di integrare il thema decidendum della loro successiva riunione, potendo così concorrere costoro con gli amministratori nella concreta delimitazione della competenza dell’as­sem­blea già convocata; (ii) la possibile instaurazione di un dialettico confronto sulle proposte degli amministratori [152], così ampliando i casi di un effettivo condizionamento del «governo della compagine sociale» sul «governo degli amministratori» [153]; (iii) il miglioramento della funzione ponderatoria del procedimento assembleare; (iv) una razionalizzazione del procedimento assembleare, evitando di dover convocare in modo inefficiente una successiva assemblea a seguito della richiesta dei soci presentata ai sensi degli artt. 2367, 2479 e 2519 c.c.

Il nono e ultimo tema è la vigilanza degli enti cooperativi (oggi contenuta principalmente nel d.lgs. n. 220/2002), la cui disciplina abbisogna di una riforma urgente [154], da coordinarsi con quella qui suggerita sul procedimento assembleare; tra i possibili coordinamenti si immagini un miglioramento del flusso informativo verso i soci circa le risultanze della vigilanza cooperativa [155].

Solo grazie all’indicato coordinamento, infatti, i revisori e gli ispettori disporranno di chiare direttive – auspicabilmente integrate da appositi codici di condotta elaborati dalle associazioni di rappresentanza del movimento cooperativo – in base alle quali potranno monitorare la reale partecipazione dei soci alla vita sociale e l’osservanza della relativa disciplina legale, suggerendo migliorie statutarie e regolamentari basate su norme dispositive e sanzionando opportunamente la violazione di norme imperative.


10. Una conclusione.

Sono certo che una migliore disciplina legale del procedimento assembleare – se accompagnata da conseguenti processi di adeguamento consapevole della disciplina negoziale (anche tenendo conto del progresso tecnologico), da periodici monitoraggi e consulenze dei revisori cooperativi (come richiede l’art. 4 d.lgs. n. 220/2002) e da codici di condotta o da modelli regolamentari predisposti dal riconosciuto movimento cooperativo – ci consegnerà domani cooperative più democratiche, grazie a procedimenti assembleari più partecipati e a migliori controlli dei soci sull’operato degli amministratori (con una conseguente organizzazione imprenditoriale più efficiente ed efficace), stante la regola del voto capitario presente nell’ordinamento cooperativo [156].

Quando ciò si verificherà, assisteremo a un duplice inveramento della nostra Carta fondamentale: (i) da parte delle cooperative, con il loro adempimento dei doveri di cui agli artt. 2 e 3, secondo comma, Cost., diventando organizzazioni imprenditoriali integranti contestualmente i due sintagmi costituzionali corrispondenti a «formazioni sociali» e a «funzione sociale»; (ii) da parte del legislatore statale, con il suo adempimento del dovere di cui all’art. 45, primo comma, Cost., consistente nel promuovere e favorire, anche con un adeguato diritto societario, solo le cooperative con la predetta funzione sociale [157].


NOTE

[1] Circa la genesi della suddetta facoltà, introdotta nel 1942 sulla scorta di una prassi statutaria già affermatasi nelle cooperative e nelle società di mutuo soccorso, rimando a G. Bonfante, Delle imprese cooperative, in Commentario del Codice Civile Scialoja-Branca, a cura di F. Galgano, Bologna-Roma, Zanichelli-Il Foro italiano, 1999, 570. Una situazione analoga a quella descritta nel testo è presente nell’ordinamento francese, ove il voto per corrispondenza è previsto fin dal 1947 con l’art. 10 Loi n. 47-1775 du 10 septembre 1947 portant statut de la coopération; questa legge, più volte aggiornata, contiene la vigente disciplina comune delle cooperative francesi; sul voto per corrispondenza (anche inteso come voto elettronico) nelle cooperative francesi cfr. D. Hiez, Sociétés coopératives2, Paris, Dalloz, 2018, 211.

[2] Prima del 2003 il voto per corrispondenza era stato consentito alle s.p.a. rispettose della disciplina delle società di investimento a capitale variabile dall’art. 5, terzo comma, d.lgs. 25 gennaio 1992, n. 84, mentre era stato imposto alle s.p.a. derivanti da processi di privatizzazioni dall’art. 5, quinto comma, d.l. 31 maggio 1992, n. 332, entrambi abrogati nel 1998 dal t.u.f.

[3] Qui rappresentata da E. Cusa, sub art. 2538, in Commentario del codice civile, diretto da E. Gabrielli, Artt. 2511-2574, a cura di D.U. Santosuosso, Assago, Wolters Kluwer, 2014, 329 s. e, da ultimo, da P. Smirne, Corporate governance e assemblee con collegamento da remoto, in La governance dei gruppi cooperativi e la tutela dell’identità mutualistica: un problema aperto, in Governance e mercati. Studi in onore di Paolo Montalenti, a cura di M. Callegari, S.A. Cerrato, E.R. Desana, I, Torino, Giappichelli, 2022, 689 ss. Per la tesi maggioritaria si segnalano invece G. Bonfante, La società cooperativa, in Trattato di diritto commerciale, diretto da G. Cottino, V, 3, Assago, Wolters Kluwer, 2014, 315 s., P. Marano, sub art. 2538, in Codice civile commentato3, a cura di G. Alpa, V. Mariconda, III, Assago, Wolters Kluwer, 2013, 1917 s. e C. Sandei, La collegialità degli organi sociali e la tecnologia: legittimazione e partecipazione con metodi alternativi alla presenza fisica, in Trattato delle società a cura di V. Donativi, I, Milano, Wolters Kluwer, 2022, 1166, secondo i quali la previsione espressa del solo voto antecedente all’assemblea nell’art. 2538, sesto comma, c.c. e l’istituto delle assemblee separate (alternativo alle assemblee ibridi o virtuali) non consentirebbero di applicare né direttamente né analogicamente alle cooperative l’art. 2370, quarto comma, c.c.

[4] Registratasi, ad esempio, in alcune banche cooperative.

[5] Una situazione analoga a quella italiana (almeno se si segue la tesi minoritaria sopra riportata) è presente dal 2014 nell’ordinamento francese, poiché da questa data è in vigore il nuovo testo dell’art. 10, secondo comma, Loi n. 47-1775: «si les statuts le prévoient, sont réputés présents pour le calcul du quorum et de la majorité les associés qui participent à l’assemblée générale par visioconférence ou par des moyens de télécommunication permettant leur identification et dont la nature et les conditions d’application sont déterminées par le code de commerce [se gli statuti lo prevedono, si considerano presenti per il calcolo dei quorum costitutivi e deliberativi i soci che partecipano all’assemblea generale mediante videoconferenza o altri mezzi di telecomunicazione che permettano la loro identificazione, la cui natura e le condizioni di applicazione sono stabilite dal codice di commercio]»; il codice di commercio (art. L225-107, terzo comma) rinvia a sua volta a un decreto del Conseil d’Etat.

[6] In effetti, almeno de iure condito, il voto extrassembleare rappresenta sempre una facoltà esercitabile dal socio prima di un’assemblea destinata a tenersi successivamente.

[7] Così, per tutti, circa la dottrina M. Cian, Le decisioni dei soci: competenze decisorie e decisioni assembleari, in Le società a responsabilità limitata, a cura di C. Ibba, G. Marasà, II, Milano, Giuffrè, 2020, 1356, testo e nota (il quale precisa che «lo statuto non potrebbe tuttavia configurare la partecipazione a distanza come modalità esclusiva di svolgimento dei lavori assembleari, gravando il singolo socio dell’onere di dotarsi di propri apparati informatici per la connessione») e circa la professione notarile le seguenti due massime della Commissione per i Principi Uniformi in tema di Società, istituita dal Consiglio notarile di Milano (entrambe reperibili in www.consiglionotarilemilano.it): la n. 1 del 16 gennaio 2001 (nella quale si considerano legittime le clausole statutarie volte a prevedere nelle s.r.l. le assemblee in videoconferenza, a condizione che in tali riunioni «siano rispettati il metodo collegiale e i principi di buona fede e di parità di trattamento dei soci»); la n. 200 del 23 novembre 2021 (nella quale sono ritenute legittime le clausole statutarie di s.r.l. «che, nel consentire l’intervento all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione, […] attribuiscono espressamente all’organo amministrativo la facoltà di stabilire nell’avviso di convocazione che l’assemblea si tenga esclusivamente mediante mezzi di telecomunicazione, omettendo l’indicazione del luogo fisico di svolgimento della riunione»).

[8] La dottrina maggioritaria (qui rappresentata da G. Zanarone, Delle società a responsabilità limitata, in Il Codice Civile. Commentario, fondato da P. Schlesinger, diretto da F.D. Busnelli, II, Milano, Giuffrè, 2010, 1334 s.) sostiene che il voto extrassembleare possa essere previsto nell’atto costitutivo di una s.r.l. solo in presenza di decisioni dei soci per le quali la legge non imponga il rispetto del metodo collegiale e a condizione [almeno secondo M. Cian, (nt. 7), 1357] che tale voto non sia esercitabile se lo richieda un numero di soci la cui partecipazione rappresenti almeno un terzo del capitale sociale (stante l’art. 2479, quarto comma, c.c.).

[9] Dello stesso avviso è G. Petroboni, La collettività dei soci, in La cooperativa-s.r.l. tra legge e autonomia statutaria, a cura di E. Cusa, Padova, Cedam, 2008, 393; in senso inverso pare (ma comunque con formula dubitativa) P. Marano, (nt. 3), 1918, limitatamente all’in­tervento virtuale.

[10] Dal 1° gennaio 2022 non vi sono più cooperative di diritto italiano con azioni quotate, dopo la forzosa trasformazione in s.p.a. di alcune grandi banche popolari italiane.

[11] Come confermato in Trib. Bologna, 18 marzo 2014, relativa a una banca popolare con azioni quotate, reperibile in www.giurisprudenzadelleimprese.it.

[12] Rinvengo le principali opacità nell’art. 143-bis del. Consob n. 11971/1999 (commentato, tra gli altri, da A. Tucci, sub art. 127, in Le società per azioni. Codice civile e norme complementari, diretto da P. Abbadessa, G.B. Portale, II, Milano, Giuffrè, 2016, 3915-3921), il quale disciplina, contestualmente tre fattispecie diverse: (i) il voto extrassembleare virtuale (cioè quello con scheda elettronica, essendo quello con scheda cartacea normato dagli artt. 140-143 del. Consob n. 11971/1999) regolato dagli artt. 143-bis, primo comma, lett. c) (quando parla di «voto prima dell’assemblea») e 143-ter del. Consob n. 11971/1999; (ii) l’intervento virtuale; (iii) il voto intrassembleare virtuale regolato dall’art. 143-bis, primo comma, lett. b) e c) (quando parla di «voto […] durante» lo svolgimento dell’assemblea), potendo invece riferirsi a ciascuna delle predette tre ipotesi la situazione descritta nell’art. 143-bis, primo comma, lett. a). L’art. 143-bis del. Consob n. 11971/1999 non legittima invece il quasi-intervento virtuale [quello cioè realizzato mediante un collegamento che non consenta al socio di prendere parte attiva al dibattito assembleare; aderisco così alla tesi di C. Sandei, (nt. 3), 1166 s., ma in senso contrario V. Pettirossi, in L. Schiuma, V. Pettirossi, Assemblea e diritti sociali collegati al procedimento deliberativo, in Trattato delle società a cura di V. Donativi, IV, Milano, Wolters Kluwer, 2022, 202 s., A.M. Luciano, La riunione assembleare e il diritto d’intervento nella S.p.a. alla luce delle “nuove tecnologie”, in Società, 2023, 139, nt. 21 e, probabilmente, A. Tucci, (nt. 12), 3917 e 3920], potendosi parlare (come preciserò meglio nel par. 7) di intervento virtuale in senso stretto, anche per le società con azioni quotate, solo quando al partecipante sia riconosciuta la facoltà di partecipare (come minimo in forma scritta) al dibattito assembleare. Più in generale, su virtualità e procedimento assembleare nelle società quotate cfr., da ultimo, V. Allotti, P. Spatola, L’utilizzo delle ICT nel procedimento assembleare delle società quotate, in Gli sviluppi tecnologici del diritto societario, a cura di M. Bianchini, G. Gasparri, G. Resta, G. Trovatore, A. Zoppini, Quaderni giuridici Consob n. 23, maggio 2022, 29 ss.

[13] Tra cui C. Marchetti, M. Notari, Diritti dei soci, interesse sociale e funzionamento dell’assemblea: spunti dalle norme di emergenza, in Riv. soc., 2020, 432 e Assonime, La riunione assembleare con mezzi di telecomunicazione. Questioni e prospettive (corrispondente ad Assonime, Note e Studi n. 2/2022, datato 4 marzo 2022, di seguito citato come è stato pubblicato), in Riv. soc., 2022, 247-249.

[14] Mi riferisco a Cass. civ., sez. I, 1° giugno 2017, n. 13875, in Giur. it., 2018, 652 e a Cass. civ., sez. I, 22 maggio 2019, n. 13845, in Società, 2019, 936, nella parte in cui statuiscono che la succitata disposizione civilistica, in presenza di diritti non patrimoniali (come nel caso in esame), vale solamente se vi siano limitazioni al diritto di voto. Sul punto è assai interessante leggere Trib. Venezia, 26 febbraio 2021, n. 360, in Giur. it., 2021, 2145, riguardante una coop-s.p.a., ove si stabilisce l’inapplicabilità della disposizione in parola a una modificazione statutaria limitante la facoltà di conferire la delega di voto, atteso che la relativa deliberazione «non concerne in sé il riconoscimento del diritto di voto […], ma inerisce esclusivamente ad una modificazione delle facoltà e del diritto di farsi rappresentare in assemblea cosa in sé diversa dal riconoscimento del diritto di voto»; queste conclusioni sono accolte favorevolmente da F. Mosetto, Recesso del socio ex art. 2437, 1º comma, lett. g), c.c. e facoltà di delega, in Giur. it., 2021, 2146 ss. e da C. Mele, Le linee perimetrali del recesso del socio in caso di modificazioni dello statuto concernenti i diritti di voto o di partecipazione, in Società, 2021, 925 ss.

[15] Ritenuto applicabile analogicamente alle s.r.l. da una parte della dottrina, qui rappresentata da G. Zanarone, (nt. 8), 805.

[16] Come M. Libertini, A. Mirone, P. Sanfilippo, L’assemblea di società per azioni, Milano, Giuffrè, 2016, 201 s. e E. Pederzini, Intervento del socio mediante mezzi di telecomunicazione e democrazia, in Giur. comm., 2006, I, 122.

[17] Il quale inizia dal momento in cui la società comunica ai soci l’avviso di convocazione (oppure dal momento in cui è stato pubblicato il predetto avviso, contenente la data dell’as­semblea, sulla base della quale si calcola chi abbia il diritto di intervento, in caso di società con partecipazioni ammesse alla negoziazione nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione, ai sensi dell’art. 83-sexies t.u.f.) e termina al momento in cui i lavori assembleari sono stati verbalizzati. Anzi, il procedimento assembleare può farsi iniziare dall’even­tuale momento in cui la società riceva la richiesta (adeguatamente formulata) dai soci di cui all’art. 2367 c.c.

[18] Qualora l’intera compagine sociale votasse per corrispondenza; su questo modo di votare v. infra, par. 6 ss.

[19] Includo nella suddetta definizione l’assemblea in cui possano unicamente intervenire in modo virtuale (i) solo i soci, (ii) solo i soci e i membri degli organi di amministrazione e di controllo, ovvero (iii) i soci, tali membri, il presidente dell’assemblea e il segretario (eventualmente notaio) della stessa.

[20] Dunque, la definizione sopra indicata comprende anche l’assemblea in cui tutti i soci siano intervenuti virtualmente, ma avrebbero potuto intervenire fisicamente.

[21] E. Cusa, Il procedimento assembleare nella società cooperativa e il principio democratico, in Giur. comm., 2004, I, 844 ss. La disciplina della democrazia cooperativa ha certamente influenzato l’attuazione del principio di democrazia nella disciplina degli enti del Terzo settore in forma associativa (sulla quale cfr. E. Tuccari, La disciplina «democratica» delle associazioni non riconosciute tra codice del Terzo settore e codice civile, in Resp. civ. prev., 2019, 438 ss. e N. Riccardelli, Il principio di democraticità “formale” e “sostanziale” negli enti associativi del Terzo settore, in Terzo settore, non profit e cooperative, 4/2019, 6 ss.).

[22] Come quello dell’Unione europea; in effetti, questo ordinamento, mediante il settimo considerando del reg. CE n. 1435/2003, relativo allo statuto della Società cooperativa europea, chiarisce che «le cooperative sono innanzi tutto gruppi di persone o persone giuridiche disciplinati da principi di funzionamento particolari, diversi da quelli applicabili agli altri operatori economici, tra cui il principio della struttura e del controllo democratici e la distribuzione degli utili netti d’esercizio su base equa».

[23] Tra le cooperative non sottoposte alla vigilanza indicata nel testo rammento le banche popolari ex art. 28, secondo comma, t.u.b.; contrariamente a quello che sembrerebbe leggendo questa disposizione, sono invece sottoposte a tale vigilanza le banche di credito cooperativo ai sensi dell’art. 18 d.lgs. n. 220/2002.

[24] La suddetta forma di vigilanza è esaminata, tra gli altri, da E. Cusa, sub art. 2545-quaterdecies, in Commentario del codice civile, (nt. 3), 578 ss.

[25] In effetti, questo è il tenore dell’art. 5, primo comma, lett. d), l. 3 ottobre 2001, n. 366: «la riforma della disciplina delle società cooperative di cui al titolo VI del libro V del codice civile e alla normativa connessa è ispirata […] ai seguenti princìpi: […] favorire la partecipazione dei soci cooperatori alle deliberazioni assembleari»; più in generale, sui vincoli contenuti nella citata legge delega rispetto alla disciplina delegata sul procedimento assembleare delle cooperative, rimando a G. Di Cecco, La governance delle società cooperative: l’assemblea, in La riforma delle società cooperative, a cura di F. Vella, Assago, Ipsoa, 2003, 115 ss.

[26] Una portata analoga all’art. 4 d.lgs. n. 220/2002 è attribuita all’art. 148, ottavo comma, lett. e), d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, il quale impone ai soggetti che non vogliano perdere la qualifica tributaristica di ente non commerciale di tipo associativo di dimostrare all’Agenzia delle entrate non solo di avere clausole statutarie che riconoscano il voto capitario e la sovranità dell’assemblea degli associati, ma anche di rispettare effettivamente i «principi di democraticità e di partecipazione degli affiliati alla vita associativa» (così, da ultimo, Cass. civ., sez. V, tributaria, 11 gennaio 2023, n. 553, reperibile in www.cortedicassazione.it).

[27] Nella medesima direzione va C. Picker, Genossenschaftsidee und Governance, Tübingen, Mohr Siebeck, 2019, 116 s., circa l’ordinamento cooperativo tedesco.

[28] Dello stesso avviso, pare, G. Bonfante, (nt. 3), 36 s.

[29] Esemplificando, di regola sarà più forte il suddetto interesse in una cooperativa di trasformazione di prodotti agricoli piuttosto che in una cooperativa bancaria. Atteso che si suole registrare una diretta proporzionalità tra questo interesse e quello a partecipare ai lavori assembleari, di norma, nella prima cooperativa la percentuale di soci che parteciperanno ai lavori assembleari sarà maggiore rispetto a quella presente nella seconda. In senso analogo P.L. Morara, La partecipazione dei soci alla prova dell’emergenza sanitaria. Il caso delle cooperative, in AGE, 2020, 651, nt. 16.

[30] Similmente F. Vella, R. Genco, P.L. Morara, Diritto delle società cooperative, Bologna, il Mulino, 2018, 150.

[31] Paradigmatica in proposito è la disciplina statutaria di Coop Alleanza 3.0, la più grande cooperativa di consumo italiana, con 2.283.397 soci (al 31 dicembre 2021), di cui 42.716 (in crescita del 18,7% rispetto all’anno precedente, anche per l’utilizzo del rappresentante designato come mezzo per votare nelle sessantuno assemblee separate) parteciparono al procedimento assembleare di approvazione del bilancio 2020; in effetti, in questa cooperativa v’è una organizzazione dei soci basata sulla suddivisione del territorio nazionale (in cui opera la cooperativa) in diverse zone, ognuna delle quali aventi un consiglio e un presidente eletti democraticamente dai soci delle corrispondenti zone riuniti in assemblee (diverse dalle sopra ricordate assemblee separate, le uniche attinenti al procedimento assembleare); i presidenti di ciascuna zona, assieme ai componenti del consiglio di amministrazione della cooperativa, compongono la Consulta della Rappresentanza Sociale, cui compete il potere di esprimere pareri, richiesti dal consiglio di amministrazione (il quale, se non li accoglie, deve motivare tale mancato accoglimento), almeno sulle proposte di deliberazioni consiliari riguardanti lo scambio mutualistico e l’organizzazione sociale, promozioni e iniziative commerciali destinate ai soci e la distribuzione del ristorno.

[32] In argomento va citata Cass. civ., sez. un., 21 febbraio 2000, n. 27, in Giur. comm., 2000, II, 73.

[33] Nel suddetto diritto (in certi casi da esercitare congiuntamente ad altri soci per raggiungere la richiesta minoranza) possono essere inclusi i seguenti diritti, alcuni dei quali riconosciuti dalla legge, altri riconoscibili statutariamente: (i) il diritto di richiedere la convocazione dell’assem­blea ai sensi degli artt. 2367, 2479, primo comma e 2519 c.c.; (ii) il diritto di integrare l’ordine del giorno, riconosciuto dall’art. 126-bis t.u.f. ai soci di società con azioni quotate, quand’an­che in forma di cooperativa; (iii) il diritto di presentare delle proposte di deliberazione prima dell’assemblea, anch’esso riconosciuto dall’art. 126-bis t.u.f. ai soci di società (anche cooperative) con azioni quotate; (iv) il diritto di presentare proposte di deliberazione o proposte di mozioni in assemblea. In argomento, circa le s.p.a., ma con alcune osservazioni valevoli anche per il procedimento assembleare delle cooperative, cfr., da ultimo, F. Prenestini, La presentazione di proposte di deliberazione assembleare: riflessioni sul rapporto tra soci e amministratori nello scenario post-pandemico, in questa Rivista, 2022, 809 ss.

[34] Tra i diritti indicati nel testo rammento quelli inderogabili di esaminare i libri dell’organo di amministrazione ai sensi dell’art. 2545-bis c.c. e il diritto di rivolgersi al collegio sindacale ai sensi dell’art. 2408 c.c. o all’autorità giudiziaria ai sensi del combinato disposto degli artt. 2409 e 2545-quinquiesdecies c.c.

[35] Così P.L. Morara, (nt. 29), 649, il quale evidenzia [(nt. 29), 669] il rischio che il voto extrassembleare e quello virtuale, stante il voto capitario, possano diventare «una fonte di instabilità troppo forte e correlata a ventate di irrazionalità» che potrebbero però essere evitate se il suffragio «sia fortemente radicato nell’esperienza mutualistica».

[36] Circa l’informazione extrassembleare elencata nel testo cfr. F. Vella, R. Genco, P.L. Morara, (nt. 30), 98, 99, 148 e 149.

[37] Come riporta G. Bonfante, (nt. 1), 571. Secondo P. Verrucoli, La società cooperativa, Milano, Giuffrè, 1958, 326 s., si dovrebbe ricorrere «il meno possibile» al voto extrassembleare, essendo «un fattore di incertezze», anche se poi lo stesso autore suggerisce di prevederlo «per le deliberazioni di maggior rilievo», quali quelle di competenza delle assemblee straordinarie.

[38] A favore della lettura indicata nel testo è tutta la dottrina che ho potuto leggere e qui rappresentata da P. Marano, (nt. 3), 1918.

[39] Circa l’ultima proroga del suddetto termine finale (dal 31 luglio 2022 al 31 luglio 2023) cfr. Assonime, La proroga del regime emergenziale e le assemblee delle società quotate, Approfondimenti n. 2/2023, 2023.

[40] Così Cass. civ., sez. I, 17 febbraio 1987, n. 1687, in Giur. comm., 1988, II, 57, seguita, per esempio, da Trib. Trieste, 21 marzo 1994, in Giur. comm., 1995, II, 883.

[41] Sulla suddetta disposizione cfr., tra gli altri, C. Patriarca, sub art. 2377, in Le società per azioni. Codice civile e norme complementari, diretto da P. Abbadessa, G.B. Portale, I, Milano, Giuffrè, 2016, 1055 ss.

[42] L’art. 2538, sesto comma, secondo periodo, c.c. prevede pertanto una disciplina diversa da quella contemplata nell’art. 35-sexies, secondo comma, secondo periodo, t.u.f. e negli artt. 138, sesto comma e 143, terzo comma, del. Consob n. 11971/1999 in caso di modificazione dell’originaria proposta di deliberazione: per le s.p.a. qualificabili come società di investimento a capitale variabile il voto extrassembleare si computa nel quorum costitutivo ma non nel quorum deliberativo dell’assemblea straordinaria, mentre per le s.p.a. con azioni quotate si computa anche nel quorum deliberativo, presumendosi «confermato il voto già espresso».

[43] Contra P. Smirne, (nt. 3), 691, nt 10, il quale qualifica come voto extrassembleare anche quello espresso dal socio di cooperativa che si colleghi solo per votare o che ascolti l’assem­blea su un canale TV o in streaming su internet e poi si colleghi per trasmettere il proprio suffragio.

[44] Così, tra gli altri, V. Pettirossi, “Assembleare” ed “extrassembleare” nella deliberazione di società per azioni, Milano, Giuffrè, 2019, 94.

[45] In presenza di più convocazioni della stessa assemblea, una prudente regolazione negoziale potrebbe prevedere che il voto extrassembleare sia ricevuto dalla società entro il giorno antecedente alla data della prima convocazione.

[46] Da L. Restaino, sub art. 2370, in La riforma delle società. Commentario del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, a cura di M. Sandulli, V. Santoro, 2/I, Torino, Giappichelli, 2003, 312.

[47] Qui rappresentata da G. Bonfante, (nt. 3), 317 e da I. Demuro, Parere sulla sub-delega con procura notarile per intervenire all’assemblea di una società cooperativa, in Riv. not., 2021, 868.

[48] In effetti, l’art. 141, primo comma, del. Consob n. 11971/1999 espressamente esclude per le suddette società che il voto extrassembleare possa essere esercitato da un soggetto diverso da quello cui spetti il diritto di voto («il voto per corrispondenza è esercitato direttamente dal titolare ed è espresso separatamente per ciascuna delle proposte di deliberazione»).

[49] Tuttavia, può accadere che il titolare del diritto di voto permetta a un altro di votare per corrispondenza mediante il proprio voto, così aggirandosi i limiti alle deleghe di voto valevoli nel caso di specie. A questo fenomeno si riferisce P.L. Morara, Svolgimento delle assemblee cooperative e distanziamento sociale, con specifico riferimento al rappresentante designato, in Società, 2020, 546, nt. 2, quando scrive che il voto extrassembleare «potrebbe consentire, in contraddizione con la finalità dell’art. 2539 c.c. che limita fortemente la delega, quell’incetta di diritti di voto capace di distorcere la formazione della maggioranza assembleare». Per evitare i predetti fenomeni fraudolenti la cooperativa potrebbe ad esempio imporre la consegna fisica della scheda di voto, effettuabile soltanto dal titolare del diritto di voto.

[50] Così gli esponenti della tesi, forse minoritaria, qui rappresentata da M. Libertini, A. Mirone, P. Sanfilippo, (nt. 16), 210 s., secondo i quali la suddetta tempistica sarebbe vincolante per le società quotate e auspicabile per le società non quotate.

[51] Per la tesi, probabilmente maggioritaria, cfr. V. Pettirossi, (nt. 44), 32, 74, 94-99, secondo la quale la regola esposta nel testo sarebbe imperativa secondo il codice civile e secondo il t.u.f. (e la relativa disciplina attuativa).

[52] La distinzione sopra riportata (voto per corrispondenza v. voto elettronico) compare nella disciplina della Società cooperativa europea tratteggiata dall’art. 58, ult. par., reg. CE n. 1435/2003.

[53] Sul voto in via elettronica rimando, da ultimo, a C. Sandei, (nt. 3), 1168 s., la quale [(nt. 3), 1170) sostiene che il voto non potrebbe essere espresso mediante posta elettronica semplice, non consentendo questo sistema un’adeguata identificazione del votante.

[54] Così anche G. Di Cecco, (nt. 25), 125.

[55] Si immagini che la cooperativa abbia incaricato un ente per raccogliere i voti extrassembleari, il quale verifichi l’identità del votante ma comunichi alla cooperativa solo la dichiarazione di voto del votante.

[56] Sul punto, circa le s.p.a. di diritto comune, cfr. M. Libertini, A. Mirone, P. Sanfilippo, (nt. 16), 208 s. e, circa le società con azioni quotate, l’art. 141, quarto comma, del. Consob n. 11971/1999 («il voto può essere revocato mediante dichiarazione scritta portata a conoscenza della società almeno il giorno precedente l’assemblea ovvero mediante dichiarazione espressa resa dall’interessato nel corso dell’assemblea medesima»).

[57] Il voto rammentato nel testo è trattato al termine del paragrafo successivo.

[58] La suddetta disposizione è di seguito riportata per comodità del lettore: «il titolare del diritto che ha espresso il voto può manifestare la propria volontà per il caso di modifiche o integrazioni delle proposte di deliberazione sottoposte all’assemblea, scegliendo tra: a) la conferma del voto già espresso; b) la modifica del voto già espresso o l’esercizio del voto indicando l’astensione, il voto contrario o il voto favorevole alle proposte di deliberazione espresse da un organo amministrativo o da altro azionista; c) la revoca del voto già espresso con gli effetti previsti dall’articolo 138, comma 6 [cioè con il computo del voto extrassembleare ai fini del quorum costitutivo ma non di quello deliberativo]. In assenza di una manifestazione di volontà, si intende confermato il voto già espresso»; sul punto, circa le s.p.a., rimando a M. Libertini, A. Mirone, P. Sanfilippo, (nt. 16), 211 s.

[59] L. Schiuma, in L. Schiuma, V. Pettirossi, (nt. 12), 207, sostiene similmente che lo statuto potrebbe prevedere per gli azionisti delle s.p.a. la possibilità di votare solo per corrispondenza.

[60] Come può invece legittimamente accadere per i soci finanziatori; sul punto cfr. E. Cusa, Il socio finanziatore nelle cooperative, Milano, Giuffrè, 2006, 453-456.

[61] Si pensi all’ipotesi in cui il voto extrassembleare sia esercitabile solo mediante una piattaforma che impedisca tale suffragio al raggiungimento del suddetto tetto; nel prosieguo intenderò per piattaforma (digitale, informatica o elettronica) l’insieme di hardware e di software che consente (tra l’altro) l’esercizio dei diritti di partecipazione al procedimento assembleare in modo virtuale.

[62] Sul punto ritornerò nel par. 8.3.1.

[63] Circa le s.p.a., nella direzione del testo va la gran parte degli interpreti, qui rappresentati da Assonime, (nt. 13), 243 s.; tuttavia, in direzione opposta, ricordo, per la dottrina, A.M. Luciano, (nt. 12), 139-141 e, per la prassi notarile, l’orientamento H.B.39 (risalente al 2017) della Commissione Società del Comitato Interregionale dei Consigli notarili delle tre Venezie, reperibile in www.notaitriveneto.it, secondo il quale, «nelle società per azioni “chiuse”, anche in assenza di una specifica previsione statutaria, deve ritenersi possibile l’intervento in assemblea mediante mezzi di telecomunicazione».

[64] Del medesimo avviso, con riguardo anche alle cooperative, la massima n. 82/2022, approvata dall’Osservatorio sul diritto societario del Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze, Pistoia e Prato, reperibile in www.consiglionotarilefirenze.it, come si desume in più parti di tale massima.

[65] Specialmente se i soci vogliano sancire l’intervenuto accordo tra loro sul grado di virtualità da seguire nei lavori assembleari o comunque vogliano limitare la discrezionalità degli amministratori sul punto, come sottolinea giustamente la massima notarile n. 82/2022, (nt. 64).

[66] Su chi decide, su come vada prescelta (nel rispetto dei principi di buona fede, correttezza e parità di trattamento) e su dove sia fatta conoscere ai soci la piattaforma digitale da usare per esercitare l’intervento virtuale cfr. la massima notarile n. 82/2022, (nt. 64).

[67] Dello stesso avviso Assonime, (nt. 13), 249 s.

[68] Il socio non è invece presente nell’assemblea, se esercita il voto in modo extrassembleare; cionondimeno, come abbiamo già visto, la legge equipara in questo caso il socio assente a quello presente, imponendo di includere i soci votanti in modo extrassembleare negli eventuali quorum costitutivi e deliberativi richiesti per addivenire alla relativa deliberazione. In generale, sul calcolo dei quorum in presenza del voto per corrispondenza o dell’intervento virtuale e sulla centralità in entrambe le fattispecie dell’effettivo esercizio del relativo voto cfr. G.P. La Sala, Le forme di partecipazione assembleare con mezzi elettronici nella società per azioni, in Banca borsa tit. cred., 2016, I, 696 ss.

[69] In argomento cfr. Assonime, (nt. 13), 257 s.

[70] Sull’identificazione dei partecipanti in via diretta ed elettronica cfr., da ultimo, G. Balp, Società quotate e partecipazione all’assemblea: per una maggiore apertura all’intervento e al voto a distanza, in Riv. soc., 2022, 201.

[71] Atteso che «le regole del procedimento assembleare implicano, per ciascuno degli intervenuti […] il diritto di poter esprimere, in contraddittorio con gli altri, la propria opinione, al fine di orientare, nel senso da lui auspicato, la decisone finale» (così Cass. civ., sez. I, 13 dicembre 2002, n. 17848, in Società, 2003, 831, seguita da Cass. civ., sez. I, 30 maggio 2008, n. 14554, in Giur. it. 2009, 363, entrambe relative a banche popolari, dunque a società cooperative).

[72] Così anche Assonime, (nt. 13), 236.

[73] Come osserva L. Schiuma, (nt. 59), 217, l’unico caso in cui può esservi un’assemblea senza discussione, si ha quando tutti i soci partecipino al procedimento assembleare mediante l’esercizio del voto extrassembleare (eventualmente trasmesso elettronicamente); in tal caso, infatti, i soli presenti (eventualmente in modo virtuale) all’assemblea (cioè il presidente, il segretario e i membri del collegio sindacale, cui si potrebbero aggiungere gli amministratori) si limiterebbero a verificare gli eventuali quorum e a proclamare i risultati della votazione esclusivamente extrassembleare.

[74] Nella stessa direzione vanno, ad esempio, M. Libertini, A. Mirone, P. Sanfilippo, (nt. 16), 203 s. (quando parlano di telescrittura), C. Sandei, (nt. 3), 1166-1168 e, pare, Assonime, (nt. 13), 241 s. e 260; contra, da ultimo, la massima notarile n. 82/2022, (nt. 64), secondo la quale i soci interverrebbero virtualmente solo qualora potessero «interagire tra loro, potendo in tempo reale ascoltare [e non soltanto leggere (N.d.A.)] il dibattito».

[75] Non condivido pertanto il seguente passaggio contenuto in Trib. Bologna, 18 marzo 2014, (nt. 11), se esso significasse la possibilità di qualificare come intervenuto virtualmente chi possa solo votare virtualmente durante lo svolgimento dell’assemblea, confondendosi altrimenti l’intervento virtuale con il voto extrassembleare: «il legislatore […] ha ritenuto che i mezzi di telecomunicazione potessero essere utilizzati a prescindere dalla partecipazione in via fisica o telematica al luogo ove si tiene la riunione. Non vi è dubbio allora che chi utilizza tale strumento esercita la facoltà di privilegiare il momento del voto a quello di partecipazione effettiva all’assemblea e pertanto deve considerarsi presente alla stessa, cosi come le norme del Regolamento Consob [del. Consob n. 11971/1999 (N.d.A.)] coerentemente affermano, stabilendo peraltro che il voto può avvenire in qualsiasi momento anche prima della discussione e prima dell’assemblea».

[76] Con C. Sandei, (nt. 3), 1167, nt. 7, sostengo che l’intervenuto virtualmente, se non vota virtualmente né prima né durante l’assemblea, non può qualificarsi giuridicamente come intervenuto e pertanto non può essere computato nel quorum costitutivo.

[77] Nel suddetto caso si dovrebbe considerare come assente (e pertanto da non calcolare nel quorum costitutivo) il relativo votante, quando i suoi voti abbiano riguardato solo proposte di deliberazione poi modificate in assemblea, oppure come presente (e pertanto da calcolare nel quorum costitutivo), quando alcuni dei suoi voti abbiano riguardato proposte non modificate dall’assemblea. In questa seconda situazione il voto anticipato non potrà essere computato anche nel quorum deliberativo relativo alle proposte modificate successivamente, salvo quanto precisato nella condizione (vii) riportata nel testo.

[78] Circa la verbalizzazione delle assemblee virtuali o ibridi secondo il diritto comune, cfr., da ultimo, la massima notarile n. 82/2022, (nt. 64).

[79] Segnalo per la tesi maggioritaria C. Sandei, (nt. 3), 1174 s. e per la tesi minoritaria C. Marchetti, M. Notari, (nt. 13), 433-439, i quali specificano, anche con riguardo alle cooperative [(nt. 13), 435], da un lato che le assemblee (diverse da quelle totalitarie) dei soci dovrebbero inderogabilmente avere un luogo fisico di convocazione (il quale potrebbe essere diverso dal luogo di svolgimento dell’assemblea) e, dall’altro lato, che ciascun socio avrebbe sempre il diritto di partecipare di persona nel luogo di convocazione, senza alcun onere di dotarsi dei mezzi di telecomunicazione eventualmente previsti nell’avviso di convocazione.

[80] Rappresentata dalla massima notarile n. 200/2021, (nt. 7).

[81] Anche nelle s.p.a., stante l’inequivoco carattere dispositivo dell’art. 2363, primo comma, c.c.: così, in modo convincente, L. Schiuma, L’assemblea in via esclusivamente telematica nel diritto ante e post-emergenza COVID19, in Riv. dir. comm., 2020, I, 422-425 e 428; contra, da ultimo, A.M. Luciano, (nt. 12), 143-145 e A. Mirone, in Manuale di diritto commerciale5, a cura di M. Cian, Torino, 2023, 488.

[82] Circa la possibile invalidità della deliberazione assembleare presa da un’assemblea nella quale l’intervento virtuale sia stato impedito od ostacolato da problemi legati ai mezzi di telecomunicazione utilizzati cfr., tra gli altri, Assonime, (nt. 13), 263-267, L. Schiuma, (nt. 81), 425, nt. 11 (secondo la quale non sarebbero invalide le deliberazioni prese senza che alcuni soci siano potuti intervenire o abbiano potuto votare a causa di inconvenienti tecnici, qualora siano stati comunque raggiunti i quorum assembleari con gli altri soci) e la massima notarile n. 82/2022, (nt. 64, secondo la quale non opererebbe la prova di resistenza e pertanto rimarrebbe impugnabile la relativa deliberazione, se l’impossibilità di intervenire virtualmente non fosse dipesa dal socio).

[83] In favore della clausola statutaria che attribuisca agli amministratori il potere di scegliere se convocare un’assemblea ibrida o un’assemblea virtuale cfr., ex multis, la massima notarile n. 200/2021, (nt. 7).

[84] Così, ad esempio, la massima n. 200/2021, (nt. 7).

[85] Qui rappresentata da L. Schiuma, (nt. 81), 441, nt. 37. L’opposta tesi maggioritaria è sostenuta, tra gli altri, circa le s.p.a., da G.P. La Sala, (nt. 68), 702 s. (sulla base dell’assunto che l’art. 2370, quarto comma, c.c. consentirebbe solo di aggiungere l’intervento virtuale a quello fisico ma non di sostituire completamente il secondo con il primo) e pare, circa anche le cooperative, da M. Palazzo, Cosa resta della disciplina in materia di riunioni assembleari contenuta nella legislazione dell’emergenza?, in Nuove leggi civ. comm., 2020, 923 s. e 929 s.

[86] In effetti, se i più condividono che l’atto costitutivo possa attribuire agli amministratori il potere di decidere se convocare un’assemblea virtuale, a maggior ragione i soci possono decidere di vincolare gli amministratori a convocare un’assemblea virtuale mediante un’apposita clausola statutaria.

[87] Non sembrerebbero invece fissare dei limiti alle assemblee virtuali o ibride nelle cooperative questi due ordinamenti stranieri. Quello portoghese – attraverso il rinvio generale alla disciplina delle sociedades anónimas (corrispondenti alle nostre s.p.a.) operato dall’art. 9 Lei n. 119/2015, de 31 de agosto che approva il Código Cooperativo – stabilisce che le assemblee si possano tenere, «salvo disposição em contrário no contrato de sociedade, através de meios telemáticos, devendo a sociedade assegurar a autenticidade das declarações e a segurança das comunicações, procedendo ao registo do seu conteúdo e dos respectivos intervenientes [salvo diversa disposizione del contratto di società, mediante mezzi telematici, a condizione che la società assicuri l’autenticità delle dichiarazioni e la sicurezza delle comunicazioni, registrandone il contenuto e i partecipanti]» (art. 377, sesto comma, lett. b), Decreto-Lei n. 262/86, de 2 de setembro che approva il Código das Sociedades Comerciais, precisandosi nel successivo comma che l’assemblea virtuale possa essere convocata anche dall’organo di controllo); secondo D. Meira, Cooperative virtual general assemblies and cooperative principles. A legal and empirical analysis, in International Journal of Cooperative Law, 2023, 139, reperibile in www.iuscooperativum.org, la cooperativa portoghese deve assicurarsi che tutti i soci abbiano i mezzi e le capacità per partecipare alle assemblee virtuali e, in mancanza, deve organizzare un’apposita formazione in favore degli stessi. Quello greco – con l’art. 5, paragrafo 2, l. 6 dicembre 1986, n. 1667 (più volte modificata, relativa alle cooperative non agricole) – espressamente ammette l’assemblea fisica, ibrida e virtuale e sembrerebbe consentire all’atto costitutivo di prevedere perfino la sola assemblea virtuale (in generale, sul diritto cooperativo greco cfr. il rapporto nazionale predisposto nel 2020 da I. Douvitsa, per incarico dell’Alleanza Cooperativa Internazionale, reperibile in www.coops4dev.coop).

[88] Leggendo assieme il primo e il secondo paragrafo del primo comma dell’art. 36 Ley 11/2019, de 20 de diciembre, de Cooperativas de Euskadi. Sul punto è meno rigido l’art. 34-bis Ley 8/2003, de 24 de marzo, de Cooperativas de la Comunidad Valenciana (nel prevedere le riunioni virtuali di qualsiasi organo sociale), mentre rimane del tutto silente il legislatore statale spagnolo. Più in generale, sulla disciplina delle assemblee virtuali nel complicato ordinamento spagnolo delle cooperative cfr. G. Fajardo García, Las asambleas telemáticas de las cooperativas en España, 2020, reperibile in www.ciriec.es.

[89] Il fatto che nel diritto francese sulle cooperative le assemblee ibride e virtuali siano contemplate in modo espresso solamente nella disciplina delle cooperative agricole non deve meravigliare, poiché in questo ordinamento la normativa più dettagliata sulle cooperative è appunto quella delle cooperative agricole. Risulta comunque pacifico in Francia che anche le cooperative non agricole possano prevedere statutariamente le assemblee ibridi e virtuali, le quali saranno regolate dalla normativa sulle sociétés à responsabilité limitée o da quella sulle sociétés anonymes a seconda che siano state costituite in forma di société à responsabilité limitée o di société anonyme; nel primo caso la disciplina in materia si troverà nell’art. L223-27 code de commerce, mentre nel secondo caso varranno gli artt. L225-103-1 e L225-107 code de commerce.

[90] Con l’art. 6, terzo comma, Gesetz zur Einführung virtueller Hauptversammlungen von Aktiengesellschaften und Änderung genossenschafts- sowie insolvenz- und restrukturierungsrechtlicher Vorschriften Vom 20. Juli 2022.

[91] Corrispondente a Deutscher Genossenschafts- und Raiffeisenverband e. V. (meglio conosciuta come DGRV, la quale rappresenta 5.210 cooperative e più di diciannove milioni di soci, tra cui 781 cooperative bancarie aventi più di diciotto milioni di soci) e a Bundesverband deutscher Wohnungs- und Immobilienunternehmen e. V. (meglio conosciuta come GdW, la quale rappresenta circa 3.000 imprenditori nel settore abitativo, di cui 1.800 cooperative di abitazione, che complessivamente gestiscono sei milioni di appartamenti per circa tredici milioni di persone); in effetti, come si può leggere dai rispettivi siti internet (www.dgrv.de e www.
gdw.de), queste due associazioni con personalità giuridica hanno effettuato una proficua e trasparente attività di lobbying, volta a inserire nel disegno di legge di iniziativa governativa sulle assemblee virtuali, originariamente riguardante le sole Aktiengesellschaften (corrispondenti alle nostre s.p.a.), anche le Genossenschaften (corrispondenti alle nostre cooperative); vi furono almeno quattro motivazioni alla base di questa ferma richiesta al legislatore teutonico per una chiara disciplina dell’intervento virtuale e delle assemblee ibride e virtuali nelle cooperative: (i) il favore di una parte dei cooperatori per tale innovazione (confermato mediante un sondaggio condotto nel 2021 e riguardante 1.053 cooperative, di cui 600 banche); (ii) un incremento della percentuale di soci partecipanti ai lavori assembleari relativi ad alcune cooperative che si avvalsero di assemblee virtuali; (iii) l’incertezza sulla legittimità delle assemblee virtuali sulla base dell’allora vigente diritto comune delle cooperative e specialmente del § 43, settimo comma, GenG (ora abrogato), anche dopo la decisione dell’Oberlandesgericht di Karlsruhe del 23 marzo 2021, reperibile in www.openjur.de, e della conseguente decisione del Bundesgerichtshof del 5 ottobre 2021, reperibile in https://juris.bundesgerichtshof.de; (iv) fino al 31 agosto 2022 rimaneva in vigore la legislazione di emergenza (Gesetz über Maßnahmen im Gesellschafts-, Genossenschafts-, Vereins-, Stiftungs- und Wohnungseigen- tumsrecht zur Bekämpfung der Auswirkungen der COVID-19-Pandemie) che aveva permesso lo svolgimento, pure nel silenzio statutario, di assemblee virtuali convocate anche da cooperative. Prima della riforma del 2022, sulle assemblee virtuali e sulle votazioni online nelle cooperative tedesche cfr., tra gli altri, B. Bode, Die Online-Wahl zur Vertreterversammlung einer Genossenschaft, in Zeitschrift für das gesamte Genossenschaftswesen, 2019, 232 ss. e M. Wrede, Mitgliederförderung und Partizipation – Herausforderungen und Chancen im Zeitalter der Digitalisierung, ivi, 2021, 245 ss. (il quale riporta, da un lato, che nell’elezione dei delegati per le Vertreterversammlungen delle grandi cooperative tedesche l’affluenza alle urne era di solito sotto il dieci per cento prima della pandemia da Covid-19 e, dall’altro lato, che le elezioni online hanno consentito significativi risparmi economici rispetto alle elezioni con seggi elettorali fisici).

[92] Ai sensi del § 43b, terzo comma, primo periodo, GenG, «bei einer virtuellen Versammlung muss sichergestellt sein, dass 1. der gesamte Versammlungsverlauf allen teilnehmenden Mitgliedern schriftlich oder im Wege der elektronischen Kommunikation mitgeteilt wird und 2. alle teilnehmenden Mitglieder ihre Rede-, Antrags-, Auskunfts- und Stimmrechte schriftlich oder im Wege der elektronischen Kommunikation ausüben können [nel caso di un’assemblea virtuale, deve essere garantito (1) vuoi che l’intero procedimento assembleare sia comunicato a tutti i soci partecipanti in forma scritta o mediante comunicazione elettronica, (2) vuoi che tutti i soci partecipanti possano esercitare i propri diritti di parola, di presentare istanze, di ottenere informazioni e di votare per iscritto o mediante comunicazione elettronica]».

[93] Così il § 43b, sesto comma, quinto periodo, GenG. Da segnalare che, ai sensi del § 43b, sesto comma, primo periodo, GenG, qualora lo statuto rimetta agli organi sociali competenti la scelta tra forme alternative di convocazione dell’assemblea, tale scelta spetta al Vorstand e all’Aufsichtsrat o, in mancanza dell’Aufsichtsrat, al Vorstand e a un socio eletto dalla Generalversammlung come rappresentante dei soci; i relativi soggetti decidono concordemente e «nach pflichtgemäßem Ermessen unter Berücksichtigung der Interessen der Mitglieder [discrezionalmente tenendo conto degli interessi dei soci]» e, in assenza di accordo, l’assemblea deve essere convocata nella forma della Präsenzversammlung.

[94] Ai sensi del § 43b, secondo comma, GenG, «bei einer Präsenzversammlung können Beschlüsse der Mitglieder auch schriftlich oder im Wege der elektronischen Kommunikation gefasst werden […]. Ferner kann die Satzung vorsehen, dass 1. in bestimmten Fällen Mitglieder des Aufsichtsrats im Wege der Bild- und Tonübertragung an der Generalversammlung teilnehmen können und 2. die Generalversammlung in Bild und Tonübertragen werden darf [nel caso di una assemblea in presenza, i voti dei soci possono anche essere espressi in forma scritta o mediante comunicazione elettronica e lo statuto può prevedere (1) sia che in determinati casi i componenti dell’Aufsichtsrat possano partecipare all’assemblea generale mediante trasmissione video e audio (2) sia che l’assemblea generale possa essere trasmessa in immagini e suoni]».

[95] A favore dell’assemblea ibrida, eventualmente solo su specifiche materie, P.L. Morara, (nt. 29), 666 s.

[96] Circa le società di capitali (ma con argomentazioni che possono estendersi alle cooperative) nella massima notarile n. 200/2021, (nt. 7) si sostiene giustamente che il diritto societario non riconosce «una sorta di diritto “individuale” del socio […] avente ad oggetto la possibilità di recarsi di persona in un luogo fisico per intervenire all’assemblea»; nella stessa direzione Assonime, (nt. 13), 234, quando precisa che il principio di parità di trattamento deve essere inteso in senso oggettivo e non soggettivo.

[97] P.L. Morara, (nt. 49), 546 s., segnala vuoi che la maggioranza dei partecipanti alle assemblee fisiche delle cooperative è di età avanzata e senza un’adeguata capacità di utilizzare la strumentazione necessaria per intervenire virtualmente, vuoi che l’ampia diffusione territoriale di alcune cooperative «potrebbe mettere a rischio la possibilità del socio di usufruire di collegamenti con banda che sostenga i collegamenti informatici con possibilità di sostenere i collegamenti da remoto»; dal che discenderebbe che l’assemblea non fisica parrebbe «in contraddizione con lo spirito democratico della governance cooperativa».

[98] Di contro, l’assemblea fisica o quella ibrida, nell’esercizio fisico dei diritti collegati ai lavori assembleari, favoriscono sempre i soci che si trovino più vicini al luogo fisico dell’adu­nanza assembleare.

[99] In questo senso, chiaramente, la massima notarile n. 200/2021, (nt. 7).

[100] Secondo invece M. Libertini, A. Mirone, P. Sanfilippo, (nt. 16), 205 s., la previsione statutaria dell’assemblea virtuale nelle s.p.a. è ammissibile, a condizione che non si escluda la facoltà per il socio di intervenire fisicamente, «a meno che tale esclusione sia prevista per ragioni derivanti dalla necessità di organizzare in modo efficiente i lavori assembleari».

[101] Di contro, per Assonime, (nt. 13), 238, circa le società di capitali, la sopra riportata pattuizione violerebbe il principio di parità di trattamento, se si differenziassero categorie di soci circa le possibilità di utilizzare sistemi di telecomunicazione per intervenire in assemblea.

[102] La clausola sopra ipotizzata potrebbe ad esempio essere prevista dalla cooperativa che, in ragione dell’alto numero di soci, ritenesse ingestibile un’assemblea ibrida o virtuale: così P. Smirne, (nt. 3), 695, nt. 26 e la massima notarile n. 82/2022, (nt. 64). Considerazioni analoghe sono state prospettate [ad esempio, da L. Schiuma, (nt. 81), 430, nt. 20] per le assemblee delle società quotate, le quali hanno sempre fatto scarso uso degli interventi virtuali, anche durante la pandemia da Covid-19, come ricorda, da ultimo, Assonime, (nt. 39), 9.

[103] La suddetta pattuizione statutaria sarebbe ad esempio utile, anzi auspicabile, in presenza di una cooperativa con cinquantamila soci, la quale prenotasse per l’assemblea dei soci un palazzetto dello sport con una capienza di cinquemila persone e assicurasse l’intervento virtuale ai soci che non riuscissero a prenotare uno dei posti in tale palazzetto; in effetti, se mancasse la regola statutaria testé immaginata, tale cooperativa rischierebbe non già di doversi sciogliere per impossibilità di funzionamento dell’assemblea (ai sensi degli artt. 2484, primo comma, n. 3 e 2519 c.c.), bensì di dover non aprire o chiudere anzitempo l’assemblea (alla quale avessero cercato di intervenire fisicamente più di cinquemila soci) e di dover ricercare un luogo più capiente per la successiva assemblea.

[104] Così anche la massima notarile n. 82/2022, (nt. 64).

[105] Del medesimo avviso Assonime, (nt. 39), 8, 9 e 13 circa le società quotate.

[106] Di solito, l’assemblea ibrida è più costosa di quella virtuale, comportando la prima l’organizzazione di due modalità alternative di intervento all’assemblea.

[107] E la più sostenibile dal punto di vista ambientale, eliminando gli spostamenti dei soci verso il luogo fisico in cui sia stata convocata l’assemblea fisica.

[108] Tuttavia, come è stato da tempo notato (da ultimo, nello scritto di L. Locci, Assemblee societarie “a porte chiuse”: quali indicazioni per il futuro, in Nuova giur. civ. comm., 5/2020, suppl., 85 s.), potrebbe accadere che gli amministratori scelgano di convocare l’assemblea fisica al posto di quella virtuale o ibrida, poiché vogliano ostacolare una maggior partecipazione dei soci ai lavori assembleari, capace di rompere consolidate maggioranze (dovute a una stabile quota di assenteisti) o comunque di rendere più incerto l’esito delle votazioni; se si verificasse una tale situazione, gli amministratori difficilmente diverrebbero responsabili dell’eventuale danno cagionato ai sensi degli artt. 2392 ss. c.c., anche se, nei casi più macroscopici, potrebbe intervenire l’organo di controllo interno o l’autorità di vigilanza sulle cooperative, a seguito di segnalazione di alcuni soci.

[109] In proposito si immagini la scelta di permettere solo l’intervento fisico, poiché si voglia festeggiare (prima o dopo l’assemblea) un particolare fatto riguardante la cooperativa, si voglia fidelizzare i soci per una corrispondente crescita dell’impresa mutualistica o, più semplicemente, si voglia incrementare la presenza assembleare dei soci (ad esempio, offrendo loro un pasto, una festa e/o dei doni).

[110] Come può accade nei forum tra azionisti (Aktionärsforum), disciplinati nell’ordinamento tedesco dal § 127a Aktiengesetz vom 6. September 1965 (AktG), come attuato con specifico provvedimento del Ministero della giustizia (corrispondente a Aktionärsforumsverordnung del 22 novembre 2005, meglio conosciuto come AktFoV), sui quali cfr. M. Gargantini, I forum degli azionisti, in Principio capitalistico. Quo vadis?, a cura di F. Briolini, Torino, Giappichelli, 2016, 347 ss.

[111] In favore dell’applicazione analogica della suddetta disposizione alle s.r.l. leggasi, tra gli altri, G. Zanarone, (nt. 8), 1340.

[112] Così G. Bonfante, (nt. 3), 306.

[113] Un ostacolo testuale analogo a quello sopra indicato per le s.p.a. manca nelle s.r.l.; anzi, l’art. 2479-bis, primo comma, c.c., pur preoccupandosi che sia garantita ai soci la sola tempestività delle informazioni sugli argomenti da trattare, consente certamente modalità di convocazione assembleare che favoriscano la qualità dell’informazione e il conseguente dibattito intrassembleare.

[114] Un’analoga trasformazione della disciplina della s.p.a. (valevole anche per le s.r.l.), una volta applicata alle cooperative, si ha per l’art. 2375, primo comma, c.c., nella parte in cui impone di indicare nel verbale assembleare i «soci favorevoli, astenuti o dissenzienti»; in effetti, questa regola è dispositiva per le cooperative, poiché esse possono in certi casi prevedere statutariamente il voto segreto; sul punto cfr., tra gli altri, E. Cusa, (nt. 3), 345 s.

[115] Si possono pertanto applicare alla riunione corrispondente alla fase di votazione nell’as­semblea prolungata le considerazioni della dottrina [qui rappresentata da M. Libertini, A. Mirone, P. Sanfilippo, (nt. 16), 292 s.] sulla seduta di rinvio di cui all’art. 2374, primo comma, c.c.; ne deriva che, in presenza dell’assemblea prolungata, (i) sono trattate le stesse materie nella fase di discussione e in quella di votazione, (ii) la delega di voto data per la fase di discussione vale anche per la fase di votazione (se si vota in modo intrassembleare), (iii) il presidente della riunione corrispondente alla fase di discussione può essere lo stesso di quello relativo alla fase di votazione e (iv) possono partecipare alla votazione anche chi non sia intervenuto alla precedente fase di discussione.

[116] Ad esempio, consentendo l’intervento fisico e virtuale nella fase della discussione e in quella della votazione.

[117] Ad esempio, prevedendo l’intervento fisico nella fase della discussione e l’intervento virtuale nella fase della votazione, nella quale si potrebbe esprimere anche il voto extrassembleare.

[118] Più in generale, sul centrale ruolo svolto dall’informazione continua e da quella preassembleare, cfr. G. Balp, (nt. 70), 219-224 e Assonime, (nt. 13), 253-257.

[119] Come sostiene da tempo il movimento cooperativo internazionale. In effetti, nell’inter­pretazione autentica del secondo principio cooperativo (denominato Controllo democratico dei soci) contemplato nella Dichiarazione di identità cooperativa – approvata dall’Alleanza Cooperativa Internazionale (ACI, corrispondente all’acronimo ICA che sta per International Cooperative Alliance) nel 1995 e contenente gli elementi che dovrebbero caratterizzare qualsiasi cooperativa nel mondo – si trova scritto che «it is important for co-operative democracy to take advantage of technological developments. Advances in modern mobile and internet communication technology are making it easier to develop strategies that actively engage members in a co-operative’s democratic processes [è importante che la democrazia cooperativa si avvantaggi degli sviluppi tecnologici. I progressi nella moderna tecnologia di comunicazione telefonica e digitale stanno facilitando lo sviluppo di strategie che coinvolgano attivamente i soci nei processi democratici di una cooperativa], anche se «the value of members meeting physically in general assemblies before voting should not to be underestimated [il valore delle riunioni fisiche tra soci nelle loro assemblee prima di votare non dovrebbe essere sottovalutato]» (ICA, Guidance Notes to the Co-operative Principles, Brussels, 2015, 17, reperibile in www.
ica.coop).

[120] Così, da ultimo, Word Cooperative Monitor, Exploring the cooperative economy, dicembre 2022, reperibile in www.monitor.coop, 60, nel quale, affrontando il rapporto tra digitalizzazione, partecipazione e democrazia (specialmente nelle grandi cooperative), si enuncia il seguente segreto di questa forma organizzativa di esercizio collettivo dell’impresa: «embracing virtual participation while not neglecting in-person engagement [adottare la partecipazione virtuale senza trascurare il coinvolgimento in presenza]».

[121] Il pensiero sopra riportato, certamente da condividere, è stato espresso da H. Henrÿ, Guidelines for Cooperative Legislation3, Geneva, ILO, 2012, reperibile in www.ilo.org, 81; questo libricino è stato commissionato e promosso dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro – meglio conosciuto con l’acronimo BIT (Bureau international du travail) o ILO (International Labour Office) – come strumento per promuovere le cooperative nel mondo e come aiuto per chi debba concepire o riformare il loro ordinamento giuridico.

[122] Nelle compagini sociali numerose il suddetto assenteismo può non di rado discendere o dal già ricordato basso interesse economico del socio alla vita delle società (come accade in presenza di grandi cooperative di consumo o di credito) o dalla consapevolezza che il suo voto capitario sia ininfluente nella formazione della volontà assembleare. Il che può determinare la pericolosa separazione tra proprietà e controllo della ricchezza e il sostanziale dominio degli amministratori sull’impresa, svincolato dalla volontà dei soci. Sul punto, tra gli altri, F.M. Mucciarelli, sub art. 2542, in Codice civile commentato3, a cura di G. Alpa, V. Mariconda, III, Milano, Wolters Kluwer, 2013, 1935. Il fenomeno appena descritto non è ovviamente presente solo in Italia, come ricorda per la Germania C. Picker, (nt. 27), 414 ss.

[123] Per evitare manipolazioni degli esiti assembleari in presenza di compagini numerose P.L. Morara, (nt. 29), 668 suggerisce di rivolgersi a soggetti terzi, indipendenti e professionali, al fine di far gestire gli interventi virtuali e le votazioni elettroniche.

[124] Naturalmente, solo il suddetto Ministero può irrogare le opportune sanzioni amministrative, sulla base degli accertamenti dei revisori e/o degli ispettori.

[125] Il monitoraggio indicato nel testo è massimamente coerente con il già citato secondo principio cooperativo, così come interpretato autenticamente mediante il seguente passaggio contenuto in ICA, (nt. 119), 22 s.: «co-operatives are advised to carry out regular internal and external audits that include an audit of democratic governance processes. These will help protect members’democratic rights, ensure that democratic governance accords with best practice and stands up to member and external scrutiny [le cooperative sono invitate a condurre periodici controlli interni ed esterni che includano un controllo dei processi di governance democratica. Questi controlli aiuteranno a proteggere i diritti amministrativi dei soci, assicureranno che la governance democratica sia in linea con le migliori pratiche in materia e reggeranno al vaglio esterno e dei soci]».

[126] De iure condito, le assemblee separate devono essere previste statutariamente e concretamente convocate in presenza delle due alternative situazioni contemplate nell’art. 2540, secondo comma, c.c.; situazioni che però non valgono per le cooperative con azioni quotate ai sensi dell’art. 2540, settimo comma, c.c. e per le banche cooperative ai sensi dell’art. 150-bis, primo e secondo comma, t.u.b.

[127] Si pensi a una banca cooperativa che permetta ai propri soci di intervenire all’assemblea in modo fisico (in un ampio salone affittato per l’occasione) o alternativamente in modo (legalmente) virtuale (ma realmente in modo fisico), essendo riuniti in uno (si immagini un altro salone situato molto distante dal primo salone) o più luoghi (si immagini i locali di alcune filiali sparse sul territorio in cui opera tale banca), tutti collegati in video conferenza con il primo ampio salone.

[128] Almeno per la parte minoritaria della dottrina [qui rappresentata da V. Buonocore, Rapporto mutualistico e parità di trattamento, in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gian Franco Campobasso, diretto da P. Abbadessa, G.B. Portale, 4, Assago, Utet, 2007, 602 e da E. Cusa, (nt. 60), 121-123], ma in senso contrario, tra gli altri, F. Casale, Scambio e mutualità nella società cooperativa, Milano, Giuffrè, 2005, 18, 56, 115-117 e 141, Bonfante, (nt. 3), 139 e M.C. Tatarano, La nuova impresa cooperativa, in Trattato di diritto civile e commerciale, già diretto da A. Cicu, F. Messineo, L. Mengoni, continuato da P. Schlesinger, Milano, Giuffrè, 2011, 95 s. Nel senso del testo, pare, anche Cass. civ., sez. I, 27 dicembre 2021, n. 41515, in Società, 2022, 549, quando gli Ermellini affermano che «mutualità vuol dire reciprocità e quindi, se riferita ad un organismo societario, implica che ciascun socio dia il proprio apporto – in denaro o prestazioni – a vantaggio diretto degli altri». Risulta così tollerante l’art. 5 d.m. 18 settembre 2014, il quale consente al socio di una cooperativa di consumo con più di centomila soci di non essere escluso, qualora per un anno non instauri alcuno scambio mutualistico, ma nello stesso anno abbia finanziato la cooperativa o sia intervenuto in assemblea.

[129] Della stessa opinione è V. Buonocore, (nt. 128), 602 s.

[130] In effetti, solo l’autonomia statutaria può trovare le soluzioni ottimali per inverare il principio democratico, rispettando, contemporaneamente, le sagge limitazioni legislative e le specificità della cooperativa esercente tale autonomia; sul punto, più in generale, cfr. M. Stella Richter jr, Tendenze e problemi attuali dell’autonomia statutaria, in La governance dei gruppi cooperativi e la tutela dell’identità mutualistica: un problema aperto, (nt. 3), 427 ss.

[131] Tra le suddette disposizioni si potrebbero pensare le seguenti, già contenute nei §§ 43b e 51 GenG: (i) il dovere per la cooperativa di comunicare a tutti i soci le varie fasi del procedimento assembleare (ii) il dovere per la cooperativa di garantire a tutti i soci l’esercizio, almeno in forma scritta, dei diritti di parola, di presentare istanze, di ottenere informazioni e di esercitare il voto; (iii) una condivisione tra organo di controllo e consiglio di amministrazione nella concreta scelta di convocare l’assemblea diversa da quella fisica, qualora lo statuto rimetta tale scelta agli amministratori; (iv) l’impossibilità di impugnare la deliberazione assembleare presa con interventi virtuali a motivo di problemi tecnici nella comunicazione elettronica che non siano dovuti a dolo o a colpa grave della società.

[132] L’esigenza precisata sopra ha principalmente mosso il movimento cooperativo tedesco a chiedere al corrispondente legislatore federale di prevedere una specifica disciplina dispositiva finalizzata a coniugare virtualità, democrazia e mutualità.

[133] Ad esempio commentato da M. Schöpflin, sub § 43, in V. Beuthien, R. Wolff, M. Schöpflin, Genossenschaftsgesetz16, München, C.H. Beck, 2018, 585.

[134] Lo stesso tetto alle deleghe di voto è prescritto in Spagna sia dal diritto statale (art. 27, primo comma, Ley 27/1999, de 16 de julio, de Cooperativas), sia dal diritto di alcune Comunidades Autónomas (come la Comunidad Valenciana, con l’art. 37, terzo comma, Ley 8/2003, de 24 de marzo).

[135] Circa l’ampio utilizzo, da parte delle cooperative, dell’istituto sopra indicato durante crisi pandemica da Covid-19 cfr. P.L. Morara, (nt. 49), 548 ss., il quale aggiunge [(nt. 49), 658] che il ricorso al rappresentante designato ha determinato un «aumento quantitativo del coinvolgimento dei soci», ma un «azzeramento qualitativo dell’interlocuzione tra socio e cooperativa».

[136] In generale, sulla suddetta materia rimando al recente contributo di G. Serafin, Il rappresentante designato delle società quotate: rapporto negoziale, ordinamento societario e rimedi, in questa Rivista, 2022, 847 ss.

[137] Ai sensi dell’art. 135-duodecies t.u.f. alle cooperative ricordate nel testo non si applica l’art. 135-undecies t.u.f.; alle predette cooperative è altresì inapplicabile la disciplina sulla sollecitazione delle deleghe di cui agli artt. 136 ss. t.u.f., stante l’art. 137, quarto comma, t.u.f.; su queste scelte del legislatore, criticate dai più, cfr., tra gli altri, F. Casale, Le cooperative quotate, in I diritti degli azionisti nelle società quotate, a cura di N. Ciocca, G. Marasà, Torino, Giappichelli, 2015, 276-280.

[138] Il tetto civilistico sopra ricordato è stato alzato a venti deleghe per le sole banche popolari, ai sensi dell’art. 150-bis, comma 2-bis, t.u.b.

[139] Fin dal 1942 le assemblee separate appartengono alla disciplina civilistica delle nostre cooperative, al pari di quanto stabilito fin dal 1947 per assemblées des section dal diritto comune delle cooperative francesi; queste assemblées – oggi regolate dall’art. 10, terzo comma, Loi n. 47-1775: «ils peuvent également décider que les associés seront répartis en sections délibérant séparément dont les délégués formeront l’assemblée générale de la coopérative {possono [gli atti costitutivi delle cooperative (N.d.A.)] anche stabilire che i soci siano divisi in sezioni deliberanti separatamente, i cui delegati formeranno l’assemblea generale della cooperativa}» – sono così denominate, poiché ognuna di esse è costituita da una parte della compagine sociale. Come stabiliva inderogabilmente il diritto italiano fino al 2003 (in effetti, il previgente art. 2533, secondo comma, c.c., mai mutato dal 1942 al 2003, così recitava: «le assemblee separate devono deliberare sulle materie che formano oggetto dell’assemblea generale, ed in tempo utile perché i delegati da essere eletti possano partecipare a questa assemblea»), così ogni assemblée des section deve deliberare sullo stesso ordine del giorno delle altre e deve eleggere i delegati che andranno successivamente a costituire l’assemblea generale dei soci; così D. Hiez, (nt. 1), 213 ss., il quale riporta che tale organizzazione assembleare è usata raramente in Francia, anche in ragione della sua complessità.

[140] I quali prevedono sì articolazioni assembleari corrispondenti o per certi versi simili alle nostre assemblee separate, ma mai imponendone la presenza ai cooperatori; tra i suddetti ordinamenti ricordo quello statale spagnolo (con le «juntas preparatorias» e l’«Asamblea General de Delegados» ai sensi dell’art. 30 Ley 27/1999, de 16 de julio, de Cooperativas), quello portoghese (con le assembleias sectoriais ai sensi dell’art. 44 Lei n. 119/2015), quello francese (con le già ricordate assemblées des section ai sensi dell’art. 10, terzo comma, Loi n. 47-1775), quello del Regno Unito (con il «meeting of delegates appointed by members» ai sensi della section 149 Co-operative and Community Benefit Societies Act 2014), quello tedesco (con la Vertreterversammlung ai sensi del § 43a, primo comma, GenG) e quello unionale (con le «assemblee settoriali o separate», ai sensi dell’art. 63 reg. CE 22 luglio 2003, n. 1435/2003, commentato, tra gli altri, da R. Schulze, Die Struktur der SCE, in Europäische Genossenschaft SCE Hanbuch, a cura di R. Schulze, Baden-Baden, Nomos, 2004, 120 s.). Sull’obbligatorietà o facoltatività di articolazioni assembleari in presenza di cooperative con tanti soci il cammino percorso dal legislatore tedesco è assai significativo per il giurista italiano e pertanto lo riporto di seguito: come risulta leggendo la dottrina tedesca [qui rappresentata da V. Beuthien, Genossenschaftsrecht: woher – wohin?, Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 1989, 30 s., H. Münkner, Germany, in Aa.Vv. Principles of European Cooperative Law. Principles, Commentaries and National Reports, Cambridge-Antwerp-Portland, Intersentia, 2017, 284 e C. Picker, (nt. 27), 421 ss.], la Vertreterversammlung (i) fu dal 1922 al 1926 obbligatoria per cooperative con più di diecimila soci e facoltativa per quelle con più di tremila soci, (ii) fu dal 1926 al 1973 obbligatoria per cooperative con più di tremila soci e facoltativa per quelle con più di millecinquecento soci, (iii) fu dal 1973 al 1993 obbligatoria per cooperative con più di 1.500 soci e (iv) divenne dal 1993 definitivamente facoltativa per quelle con più di millecinquecento soci.

[141] Ciò che si può comunque ricavare dal vigente dettato dell’art. 2540 c.c., almeno secondo la dottrina minoritaria [qui rappresentata da E. Cusa, sub art. 2540, in Commentario del codice civile, (nt. 3), 370-374], contrastata da quella maggioritaria [ex multis G. Bonfante, (nt. 3), 327].

[142] Sulla suddetta disciplina cfr., tra gli altri, M. Schöpflin, sub § 43a, in V. Beuthien, R. Wolff, M. Schöpflin, Genossenschaftsgesetz16, (nt. 133), 2018, 596 ss., ove sono riportati due regolamenti elettorale tipo relativi all’elezione dei delegati (Vertreter) nella Generalversammlung; l’esistenza di tutte le opzioni statutarie riportate nel testo sono state da me verificate compulsando alcuni statuti e regolamenti (anche standard) di cooperative tedesche.

[143] Esemplificando, costituisce un rebus l’interpretazione dell’art. 2538, quarto comma, c.c., in presenza di più categorie di soci (eventualmente, sia cooperatori sia finanziatori); per una possibile sua interpretazione rimando a E. Cusa, (nt. 3), 334 ss., ove sono riportate le altre opinioni espresse dalla dottrina sul citato quarto comma. In favore di un’accorta disciplina statutaria del voto plurimo, finalizzata a migliorare la governance della cooperativa e il perseguimento dello scopo mutualistico, cfr. C. Picker, (nt. 27), 434 ss.

[144] Sul punto è d’interesse segnalare il § 43, terzo comma, GenG, ove si precisa tra l’altro che per modificare o sopprimere le clausole statutarie sul voto plurimo non è necessario il consenso dei soci interessati.

[145] Un’articolata riflessione sull’informazione preassembleare (riguardante sì le s.p.a., ma interessante anche per le cooperative) è offerta da F. Innocenti, Informazione e dibattito nel procedimento assembleare delle s.p.a., in Giur. comm., 2015, I, 349 ss.

[146] Le sopra indicate informazioni, una volta prescritte dalla legge, non precluderanno alle cooperative più virtuose di concepire negozialmente altri spazi (anche virtuali) di informazione e di coinvolgimento dei soci, slegati da un’assemblea già convocata, come riunioni informali coi soci durante l’esercizio contabile o comitati consultivi (ad esempio per migliorare lo scambio mutualistico o per allocare in modo ottimale gli utili di esercizio destinati a fini di beneficenza o mutualità).

[147] In questa direzione, circa le s.p.a. e le s.r.l. di diritto comune, M. Bianca, Spunti in tema di informazione preassembleare, in La governance dei gruppi cooperativi e la tutela dell’i­dentità mutualistica: un problema aperto, (nt. 3), 633 ss.

[148] Doppiamente interessante nella logica del presente scritto è il regolamento elettorale ed assembleare tipo delle banche di credito cooperativo, approvato dalla Federazione Italiana delle Banche di Credito Cooperativo-Casse Rurali ed Artigiane (meglio conosciuta come Federcasse) nel 2006 e, in particolare, il suo art. 2, secondo comma, il quale così recita: «all’avviso di convocazione è allegata una informativa ritenuta utile dal Consiglio di Amministrazione per la illustrazione dei punti all’ordine del giorno». In effetti, tale normativa mostra, da un lato, come l’autonomia negoziale possa integrare virtuosamente la disciplina legale (silente sul punto, salvo che per le società con azioni quotate, ai sensi dell’art. 125-ter t.u.f.) e, dall’altro lato, come un’adeguata regolamentazione possa garantire una valutazione positiva da parte dei revisori cooperativi circa la democrazia interna e la partecipazione dei soci alla vita sociale. Non a caso, il regolamento tipo venne approvato appena prima della piena entrata in vigore (1° gennaio 2007) della disciplina della revisione cooperativa sulle banche di credito cooperativo. La clausola negoziale sopra riportata si trova oggi riprodotta nei regolamenti assembleari approvati da tutte le banche di credito cooperativo appartenenti ai due gruppi bancari cooperativi (Gruppo Bancario Cooperativo Cassa Centrale e Gruppo Bancario Cooperativo ICCREA), anche se molte di queste banche ne hanno purtroppo cambiato l’originaria formulazione, lasciando libero il consiglio di amministrazione di decidere se allegare l’informativa testé indicata, così non integrandosi più negozialmente gli obblighi informativi minimi imposti dalla legge (tra cui ricordo quelli previsti per qualsiasi società con personalità giuridica dall’art. 2429 c.c.).

[149] Per la desolante prassi applicativa dell’art. 2545 c.c. rimando a E. Cusa, Il diritto contabile delle cooperative, in Riv. dir. comm., 2022, I, 673.

[150] Similmente, circa il doveroso Förderzweck (o Förderungszweck) delle cooperative tedesche (equivalente allo scopo mutualistico delle cooperative italiane), C. Picker, (nt. 27), 418-420, quando auspica la redazione di un Förderplan e di un Förderbericht.

[151] L’art. 126-bis t.u.f. è da ultimo commentato da V. Pettirossi, (nt. 12), 192 ss.; si legga invece F. Casale, (nt. 137), 273-276, per un esame specifico della disposizione testé citata, una volta applicata alle cooperative con azioni quotate.

[152] I quali – come è la regola nelle società lucrative (stante il voto plutocratico), così può capitare nella realtà delle cooperative, anche a causa dell’assenteismo di alcuni soci – possono rispondere ai soci che sostanzialmente detengono il controllo dell’assemblea; sicché, le soluzioni prospettate nel testo sarebbero in grado di migliorare il monitoraggio anche su questi ultimi soci; il che è già stato sostenuto, circa le s.p.a., da V. Pettirossi, (nt. 12), 205.

[153] I due sintagmi sopra virgolettate sono presi in prestito da P. Spada, Riflessioni conclusive, in Governo societario ed esercizio del diritto di voto, a cura di L. Schiuma, Milano, Wolters Kluwer, 2014, 343.

[154] Come è stato ribadito da E. Cusa, Le cooperative insolventi tra liquidazione coatta amministrativa e liquidazione giudiziale, in Dir. fall., 2022, 1183-1185.

[155] Il diritto statale (art. 15, terzo comma, l. n. 59/1992) prescrive soltanto che gli enti cooperativi affiggano presso la propria sede sociale («in luogo accessibile ai soci») un estratto del processo verbale relativo alla più recente revisione cooperativa o ispezione straordinaria (ovvero consegnino tale estratto ai soci). Certamente migliore sul punto è la disciplina vigente nella Regione Trentino-Alto Adige (artt. 29, sesto comma e 32, terzo comma, l.r. 9 luglio 2008, n. 5); in effetti, in caso di irregolarità il revisore cooperativo può chiedere al presidente del consiglio di amministrazione della cooperativa revisionata di convocare tale organo (e, se inerte il presidente in parola, provvedere egli stesso alla necessaria convocazione), mentre in caso di gravi irregolarità, previo invito in assemblea del revisore che abbia redatto il relativo verbale, l’autorità di revisione (cioè chi abbia incaricato tale revisore) può ordinare la lettura di un estratto del verbale di revisione durante la prossima assemblea o può fissare un termine entro il quale sia convocata l’assemblea dei soci (e, in mancanza di convocazione, può essa stessa convocarla, designando chi la presieda).

[156] Nelle società lucrative, invece, stante il voto plutocratico, è più difficile che le migliorie del procedimento assembleare possano realmente incrementare la capacità di condizionamento dei soci sul governo degli amministratori, di regola espressione della minoranza del capitale nelle società con azioni quotate, come amaramente evidenzia P. Spada, (nt. 153), 343.

[157] Sul rapporto tra società cooperative e artt. 2, 3 e 45 Cost. rimando a E. Cusa, Le forme di impresa privata diverse dalle società lucrative tra aiuti di Stato e Costituzioni economiche, Torino, Giappichelli, 2013, IX, X, 74-91, reperibile in www.unimib.it/emanuele-cusa, ove si tenta di dimostrare la connessione esistente nel nostro ordinamento tra la possibile funzione sociale delle cooperative e il loro necessario carattere democratico. Più in generale, che il carattere democratico e partecipativo dell’imprenditore entificato sia per il nostro ordinamento un tratto organizzativo da promuovere è confermato, da ultimo, dalla disciplina degli operatori bancari di finanza etica e sostenibile di cui all’art. 111-bis t.u.b., attuata con d.m. 4 ottobre 2022, n. 209; ebbene, in questo decreto l’art. 3, primo comma, lett. e), n. 3 impone alle banche intenzionate a ottenere questa qualifica giuridica (cui è collegato un particolare trattamento tributario) di adottare, tra l’altro, «meccanismi idonei a favorire la partecipazione dei soci in assemblea, inclusa la possibilità di esprimere il voto per corrispondenza o mediante altri mezzi di voto a distanza».