Un dibattito a più voci
La direzione della Rivista ODC ha ritenuto opportuno, anche alla luce di alcune recenti vicende che hanno avuto ampia risonanza nel mondo finanziario, promuovere l’approfondimento del tema – sempre attuale e di indubbio interesse – del voto di lista nella elezione dei membri del consiglio di amministrazione di società con azioni quotate.
La Rivista ha pertanto organizzato un seminario, sollecitando alcuni autorevoli studiosi ad intervenire sull’argomento e proponendo loro quattro domande, la cui formulazione è stata curata da Andrea Perrone e Giovanni Strampelli. La risposta a dette domande è stata sviluppata nel corso del seminario tenutosi il primo aprile 2022, del quale pubblichiamo la registrazione.
D.: L’esperienza degli ultimi anni ha mostrato chiaramente che il concreto funzionamento del voto di lista dipende dalla composizione dell’azionariato e, in particolare, dalla presenza di un socio di controllo. Numerosi sono stati, per esempio, i casi in cui la lista “di minoranza” è risultata la più votata. Né mancano società in cui la maggioranza si forma a seconda delle aggregazioni tra alcuni soci forti che di volta in volta vengono a determinarsi (c.d. società a controllo fluido). Il voto di lista è un sistema di nomina degli organi sociali adeguato quando manca un socio che detiene il controllo di diritto e la distinzione tra maggioranza e minoranza è più incerta?
Stella Richter: Nell’affrontare il tema, vorrei muovere da due premesse.
Prima premessa: quando si parla del voto di lista, si usa una locuzione non priva di ambiguità. Per esempio: si può parlare – e si è parlato in passato – di voto di lista per descrivere quella modalità di votazione attraverso schede prestampate con liste di nomi di candidati, tra i quali il socio può scegliere e che può tuttavia integrare; si usa poi l’espressione voto di lista per descrivere quella modalità di rinnovo delle cariche sociali sulla base di liste che presentano proposte preformate (e quindi non integrabili o altrimenti modificabili) e unitarie; si parla ancora di voto di lista per alludere non solo a tecniche di voto, ma anche per ricondurre alla liste un sistema elettorale che consente di distaccarsi dal principio strettamente maggioritario; e aggiungo incidentalmente che anche in questa ultima accezione l’uso della espressione voto di lista è molto risalente: se, per esempio, si prende la prima annata della Rivista delle società (siamo dunque nel 1956) ci si avvede che solo su quei primi fascicoli il tema è toccato tre volte: da Ascarelli, da Carnelutti e da Mengoni; e in quello stesso 1956, appare una breve (e polemica) nota sullo stesso tema di Bigiavi sulla Civile.
Ora, ai fini del nostro discorso, il voto di lista evoca un complesso sistema di elezione di amministratori e sindaci che, per imposizione normativa, deve essere adottato dalle società di diritto italiano quotate in mercati regolamentati.
Si deve dunque tenere presente – e questa è la seconda premessa – che, per come positivamente disciplinato, il sistema del voto di lista degli emittenti è una tecnica di elezione delle cariche sociali che incide su tutte le fasi del [continua..]