Rivista Orizzonti del Diritto CommercialeISSN 2282-667X
G. Giappichelli Editore

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La costituzione online delle società tra un arresto del Consiglio di Stato e l´attuazione della direttiva (UE) 2019/1151 (di Massimo Bianca)


Il saggio analizza le varie vicende che hanno caratterizzato la particolare disciplina prevista per la costituzione online delle s.r.l. start-up innovative. Particolare attenzione viene riservata alle pronunce n. 10004/2017 del T.A.R. Lazio e n. 2643/2021 del Consiglio di Stato, alle conseguenze derivatene per le s.r.l. start-up già costituite senza ricorso all’atto pubblico e all’attuazione della direttiva (UE) 2019/1151.

The online formation of companies between an arrest of the Council of State and the implementation of directive (EU) 2019/1151

The essay analyzes the various events that have characterized the specific regulation provided for the online formation of s.r.l. innovative start-ups. Main attention is paid to the rulings n. 10004/2017 of the Lazio T.A.R. and n. 2643/2021 of the Council of State, to their consequences for the s.r.l. start-ups already established without recourse to the public deed and to the implementation of EU directive 2019/1151.

Keywords: online formation of companies; formal requirements; case law intervention; implementation of directive (EU) 2019/1151

Sommario/Summary:

1. Introduzione. - 2. Il quadro normativo: la disciplina di legge. - 3. (segue). I regolamenti e la circolare ministeriale. - 4. L’iniziativa del Consiglio Nazionale del Notariato. - 5. La decisione del T.A.R. Lazio n. 10004/2017. - 6. La riforma da parte di Consiglio di Stato n. 2643/2021. - 7. Alcune questioni a margine e la sorte delle s.r.l. costituite ed iscritte in assenza di atto pubblico. - 8. Considerazioni conclusive. - NOTE


1. Introduzione.

In un contesto sempre più caratterizzato dall’uso della tecnologia digitale, esteso anche all’ambito societario [1], merita attenzione la sentenza n. 2643/2021 con cui lo scorso 29 marzo 2021 il Consiglio di Stato ha annullato il decreto ministeriale 17 febbraio 2016, che consentiva la costituzione delle s.r.l. start-up innovative esclusivamente per mezzo di atti redatti in forma elettronica [2]. Il giudice amministrativo, accogliendo il ricorso proposto dal Consiglio Nazionale del Notariato (CNN), ha riformato la precedente decisione del T.A.R. Lazio, che con la sentenza del 2 ottobre 2017, n. 10004 aveva, invece, fatto proprie le difese avanzate dal Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE) e da vari enti ed associazioni di settore intervenuti a suo sostegno [3]. I giudici del gravame hanno anche respinto l’appello incidentale del MiSE, che aveva a sua volta impugnato la decisione con cui, in primo grado, era già stato accolto uno dei motivi di ricorso del CNN. In questo saggio ci si propone di dare conto della fattispecie esaminata dai giudici amministrativi, delle ragioni supportanti le due decisioni, delle ricadute di quella appena adottata dal Consiglio di Stato e delle indicazioni ricavabili dalla direttiva (UE) 2019/1151, ormai in corso di attuazione a seguito della delega contenuta, ma solo in relazione all’uso di strumenti e processi digitali nel diritto societario, nell’art. 29 della legge 22 aprile 2021, n. 53.


2. Il quadro normativo: la disciplina di legge.

Al fine di meglio circostanziare la fattispecie oggetto di vaglio giudiziale, è appena il caso di ricordare che la l. 17 dicembre 2012, n. 221, con cui veniva convertito il d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, disciplina all’art. 25 le start-up innovative. Si tratta di imprese collettive, di nuova o recente formazione, costituite in una qualsiasi forma di società di capitali, compresa quella cooperativa [4], ed aventi diversi specifici requisiti: alcuni attengono alle risorse umane e finanziarie impiegate nell’attività “innovativa”, altri al suo oggetto. Tra i primi si annoverano i cospicui investimenti nell’attività di ricerca e sviluppo, che devono essere almeno pari o superiori al venti per cento del maggiore valore fra costo e valore totale della produzione, oppure l’impiego di dipendenti o collaboratori che, per almeno un terzo, siano in possesso del titolo di dottorato di ricerca o stiano svolgendo un dottorato di ricerca, o, se in possesso di laurea, che abbiano svolto, da almeno tre anni, una certificata attività di ricerca, ovvero, ancora, la titolarità o la licenza di almeno una privativa industriale, direttamente afferente all’oggetto sociale ed all’attività di impresa [5]. Tra i secondi, lo stesso oggetto sociale, che a mente dell’art. 25 deve esclusivamente o, almeno prevalentemente, contemplare lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto contenuto tecnologico [6]. Com’è noto, il ricorrere di questi ed altri requisiti giustifica alcune deroghe alle disposizioni applicabili alle imprese e, per quanto qui interessa, a quelle di diritto societario conseguenti al tipo di società scelto in sede di costituzione. In questa sede è sufficiente sottolineare che queste, individuate dal successivo art. 26, riguardano a volte tutti i tipi societari, ma più spesso le sole start-up innovative costituite in forma di s.r.l., cui maggiormente sembra rivolgersi il legislatore [7]. Così, ad esempio, se in tutte le società si consente una posticipazione degli effetti delle perdite del capitale sociale, alle start-up costituite in forma di s.r.l. si permette anche di rivolgersi al mercato dei capitali e di articolare la propria struttura finanziaria in termini obiettivamente prossimi a quelli delle s.p.a. [8]. Si ricordano, per tutte, [...]


3. (segue). I regolamenti e la circolare ministeriale.

Al quadro delineato dalle fonti primarie appena passate in rassegna si aggiunge la prevista disciplina di rango ministeriale [13]. Questa è però foriera di scelte, siano esse soltanto lessicali o vere opzioni di fondo, che già dal decreto ministeriale 17 febbraio 2016 [14] appaiono quantomeno incerte [15]. Infatti, con il provvedimento, recante le modalità di redazione degli atti costitutivi delle s.r.l. start-up innovative, il MiSE non si limita a varare il modello uniforme delegatogli dal legislatore, ma indica anche le modalità di redazione degli atti costitutivi di tali società [16]. L’art. 1, non a caso rubricato “Onere formale”, stabilisce al secondo comma che, in deroga all’art. 2463 c.c., che ne imporrebbe la redazione per atto pubblico, l’atto costitutivo e lo statuto, ove disgiunto, debbano essere redatti «in modalità esclusivamente informatica e portare l’im­pronta digitale di ciascuno dei sottoscrittori apposta a norma dell’art. 24 del Codice dell’Amministrazione Digitale». Il successivo terzo comma prevede che l’atto sottoscritto in maniera diversa da quella digitale non possa essere iscritto nel registro delle imprese e il quinto comma esclude espressamente la necessità di autentica delle sottoscrizioni. L’art. 2 prevede, inoltre, che il documento informatico, formato a norma dell’art. 1, debba essere redatto sulla base delle specifiche tecniche del formato elettronico elaborabile del modello, che sarebbero state successivamente emanate dallo stesso Ministero dello sviluppo economico. Il d.m. 17 febbraio 2016 si occupa anche dei già menzionati controlli. L’art. 2 li affida, di fatto esclusivamente, all’ufficio del registro delle imprese, tenuto a verificare che il contenuto dell’atto costitutivo risponda ai requisiti richiesti per l’iscrizione nel registro speciale istituito dal già ricordato art. 25 del d.l. n. 179/2012. L’ampiezza e l’oggetto di siffatto controllo, della cui natura si dirà meglio appresso [17], sono obiettivamente ampi, visto che questi requisiti comprendono elementi alquanto diversi. Tra gli altri, la conformità del contratto al modello standard, l’apposizione di tutte le sottoscrizioni in conformità all’art. 24 c.a.d., la riferibilità astratta del contratto alla [...]


4. L’iniziativa del Consiglio Nazionale del Notariato.

I provvedimenti ricordati nel precedente paragrafo disegnano un particolare quadro normativo che, tanto sul piano degli oneri di forma, quanto sul fronte dei controlli, sottrarre ai notai le funzioni tradizionalmente svolte in sede di costituzione delle società di capitali. Prescindendo, almeno per il momento, da ogni ulteriore considerazione in merito alle logiche sottese da tali scelte, non stupisce il fatto che questi venissero prontamente criticati [20] e poi impugnati dal CNN, che, anche a mezzo di motivi aggiunti, imposti dal­l’emanazione dell’appena ricordato decreto direttoriale e della circolare, chiedeva ai giudici amministrativi di annullare i due decreti del MiSE, tanto quello del 17 febbraio 2016, quanto quello del 1° luglio 2016, e la connessa circolare. Giova ricordare i principali motivi addotti a suffragio dell’impugnazione [21]. In primo luogo, il CNN denunciava l’illegittimità dei predetti provvedimenti, per la violazione dei precetti costituzionali sul procedimento di formazione degli atti normativi e per lesione della riserva di legge posta dall’art. 4, comma 10-bis, del d.l. 24 gennaio 2015, n. 3, già più sopra riportato. In specie, il CNN assumeva che la norma di legge, prevedendo già la forma dell’atto costitutivo delle s.r.l. start-up innovative (atto pubblico o atto sottoscritto ai sensi degli artt. 24 e 25 c.a.d.), demandava al Ministero la sola individuazione del modello uniforme, ma che il MiSE, attraverso il d.m. 17 febbraio 2016, aveva invece regolato anche la forma dell’atto, stabilendo che questa fosse “esclusivamente” digitale. Inoltre, sempre in relazione al rapporto tra le fonti, denunciava la violazione dell’art. 17 della l. 23 agosto 1988, n. 400 a seguito della scelta del Ministero di dare attuazione alla disciplina di livello legislativo per mezzo di atti atipici, privi dei requisiti minimi necessari perché potessero essere considerati fonti di rango secondario. In secondo luogo, il CNN sottolineava l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per la reiterata violazione di norme interne ed europee. Quanto alle prime, deduceva la violazione dell’art. 8 della l. 29 dicembre 1993, n. 580, istitutiva del registro delle imprese, per neutralizzazione delle funzioni tipiche attribuitegli e la violazione dell’art. 11 del d.p.r. 7 dicembre 1995, n. 581 per travalicamento delle [...]


5. La decisione del T.A.R. Lazio n. 10004/2017.

Con la sentenza n. 10004/2017 il T.A.R. Lazio respingeva i due principali motivi addotti dal CNN. In sintesi, i giudici di primo grado, dopo avere chiarito che la rappresentatività del CNN e gli interessi di cui è latore consentivano al T.A.R. di occuparsi dei soli temi direttamente interessanti la categoria notarile, escludevano che il principio di tipicità degli atti normativi, valevole per le norme di rango primario, potesse essere esteso a quelle secondarie; con la conseguenza che il legislatore ordinario avrebbe sempre la possibilità di introdurre ipotesi di fonti regolamentari non disciplinate dalle norme generali dell’art. 17 l. n. 400/88. Quanto al decreto ministeriale 17 febbraio 2016, il T.A.R. assumeva che, come può ricavarsi dallo stesso art. 4, comma 10-bis, d.l. n. 3/2015, andava e­scluso che il MiSE avesse voluto eliminare la possibilità di redazione “per atto pubblico” dell’atto costitutivo di start-up innovative, avendo invece inteso disciplinare le modalità di perfezionamento di tale atto (scrittura privata digitale ex art. 24 c.a.d.). In secondo luogo, i giudici amministrativi escludevano che il predetto art. 4, comma 10-bis, nel consentire il ricorso alla scrittura privata non autenticata sottoscritta con firma digitale ai sensi dell’art. 24 c.a.d., avesse inteso sopprimere il “controllo preventivo” richiesto all’art. 11 della direttiva 2009/101/CE in assenza di atto pubblico; siffatto controllo era, invece, garantito dalla perdurante sussistenza delle verifiche demandate all’ufficio del registro delle imprese nel procedimento di iscrizione degli atti societari in questione. Facendo proprie le difese del MiSE, il T.A.R. osservava che, nel sistema semplificato di costituzione delle start-up, la presenza di un atto societario, qual è l’atto costitutivo, corrispondente al modello standard, assicura la «piena tutela dell’interesse pubblico alla preventiva verifica della legalità sostanziale: è il modello uniforme che garantisce, a monte, la coerenza dell’atto con i crismi della legalità sostanziale». La standardizzazione dei modelli ridurrebbe, insomma, l’inten­sità dei pur sempre necessari controlli [23]. Si tratterebbe, quindi, di un meccanismo incentrato sulla previa individuazione da parte del “decisore pubblico” degli elementi [...]


6. La riforma da parte di Consiglio di Stato n. 2643/2021.

La decisione del T.A.R. Lazio veniva impugnata dal CNN, mentre il MiSE proponeva appello incidentale in relazione al motivo di ricorso già accolto dal giudice di primo grado. Con la sentenza n. 2643 dello scorso 29 marzo 2021 il Consiglio di Stato accoglieva il gravame e, respinto il ricorso incidentale, annullava il decreto ministeriale 17 febbraio 2016 ed i successivi provvedimenti. Merita dare brevemente conto della motivazione. Operata una puntuale ricostruzione del quadro normativo, i giudici d’ap­pello si soffermavano sull’art. 11 della direttiva 2009/101/CE, ricordando che, come l’art. 10 della successiva direttiva (UE) 2017/1132 [25], questo prevede, che «in tutti gli Stati membri la cui legislazione non preveda, all’atto della costituzione, un controllo preventivo, amministrativo o giudiziario, l’atto costitutivo e lo statuto della società e le loro modifiche devono rivestire la forma di atto pubblico». Assodato che, in base alle predette disposizioni, l’atto costitutivo e lo statuto delle società e le loro modifiche possono non rivestire la forma dell’atto pubblico solo se la legislazione prevede, all’atto della costituzione, un controllo preventivo, amministrativo o giudiziario, il Consiglio di Stato escludeva, in ciò differenziandosi dai giudici di primo grado, che quello affidato all’ufficio del registro delle imprese bastasse a soddisfarlo. A tal proposito il collegio ricordava anzitutto che il regime disegnato dal­l’art. 2189 c.c. e dal d.p.r. 581/1995 prevede un controllo di natura essenzialmente qualificatoria, dovendo il conservatore procedere non solo ad una verifica formale, ma anche alla qualificazione dell’atto presentatogli per l’i­scrizione, onde accertare se questo sia conforme al modello di atto previsto dalla legge per il quale è prescritta l’iscrizione. Quanto alla sua effettiva intensità, i giudici del gravame osservavano che, anche a voler accedere alla più ampia interpretazione, il controllo del conservatore è comunque limitato ai vizi estrinseci dell’atto, immediatamente rilevabili senza che si rendano necessari ulteriori accertamenti, che esulerebbero dai suoi poteri di controllo. Su tali premesse, il Consiglio di Stato osservava che il decreto ministeriale 17 febbraio 2016 avrebbe illegittimamente ampliato l’ambito dei controlli [...]


7. Alcune questioni a margine e la sorte delle s.r.l. costituite ed iscritte in assenza di atto pubblico.

La vicenda dianzi descritta suscita diversi interrogativi ed alcune considerazioni di fondo. Iniziando dai primi, le questioni sul tappeto, in parte esaminate dalle due decisioni, sembrano almeno quattro. In primo luogo, se i controlli che l’art. 2 del d.m. 17 febbraio 2016 affida all’ufficio del registro delle imprese esulino dai poteri attribuitigli dalla l. 29 dicembre 1993, n. 580 e dal successivo d.p.r. 7 dicembre 1995, n. 581. In secondo luogo, se, una volta individuatine oggetto ed intensità, questi siano davvero sufficienti ad integrare quel controllo preventivo che le fonti europee richiedono allorché l’atto costitutivo non sia redatto in forma legale. In terzo luogo, se, nel caso in cui si ritenesse insufficiente il predetto controllo, le fonti europee non lascino alternativa al ricorso all’atto pubblico. Infine, quale sia la sorte delle s.r.l. start-up già costituite con le modalità previste dal d.m. 17 febbraio 2016. Iniziando dalla prima questione, riguardante i controlli, è appena il caso di ricordare che l’art. 2, secondo comma, della l. 29 dicembre 1993, n. 580 affida alle CCIAA la tenuta del registro delle imprese e che l’art. 11, sesto comma, del d.p.r. 7 dicembre 1995, n. 581 prescrive che, prima di procedere all’iscri­zione, l’ufficio debba accertare il concorrere delle sue condizioni; tra le quali spiccano, lett. c), «la corrispondenza dell’atto o del fatto del quale si chiede l’iscrizione a quello previsto dalla legge» e, lett. e), «il concorso delle altre condizioni richieste dalla legge». È altrettanto noto che secondo la prevalente dottrina [27] e la giurisprudenza [28] siffatto controllo sarebbe sostanzialmente formale, riguardando solo l’esi­stenza, la veridicità e la tipicità dell’atto, esclusa, quindi, ogni sua valutazione di merito [29]. Per quanto sia sempre complesso stabilire quando un controllo cessi di essere formale ed inizi a farsi sostanziale e se attenga al merito o alla legittimità, i limiti della attività demandata all’Ufficio sono quindi meno ampi di quelli individuati dal Consiglio di Stato in relazione alle start-up innovative [30]. Infatti, se è vero che la verifica della corrispondenza dell’atto costitutivo al modello standardizzato implica un riscontro che non esula dalle previsioni [...]


8. Considerazioni conclusive.

Come dimostrano la complessa massima notarile ed il precipitoso intervento del legislatore, si tratta comunque, come direbbe Gadda, di un “pasticciaccio brutto di diritto societario”. L’esperienza può però servire da monito ed il fatto che vi sia stato ormai posto rimedio non esime dal riflettere sulla logica complessiva delle predette disposizioni. Non solo del d.m. 17 febbraio 2016, ma finanche dell’art. 4, comma 10-bis, del d.l. 24 gennaio 2015, n. 3. Se, come dichiarato da quest’ul­tima norma, l’intento è quello di favorire l’avvio dell’attività imprenditoriale da parte delle s.r.l. start-up innovative [40], ci si deve domandare se il ricorso all’atto pubblico notarile ne pregiudichi davvero l’avvio e come e perché lo sfavorisca. Infatti, qualora le ragioni che muovono il legislatore dipendessero dai costi e dai tempi imposti dall’intervento del notaio, si tratterebbe di argomenti non del tutto convincenti, tanto più se posti a confronto con l’importante funzione da questi svolta. Quanto ai tempi, è facile obiettare che non è detto che siano necessariamente lunghi e che potrebbero anzi essere anche molto brevi, per il più ampio numero di notai operanti rispetto al passato, per la loro dimestichezza e facilità di accesso al registro delle imprese e per la trasmissione informatica dell’atto e dei documenti ad esso eventualmente allegati. Inoltre, i tempi sono verosimilmente contratti anche dalla semplificazione della successiva iscrizione [41] e dalla standardizzazione dell’atto costitutivo, che ne abbrevia i tempi di redazione, riducendo, tra l’altro, le possibilità di ricorso all’autono­mia statutaria. Quanto ai costi, è un’illusione pensare che evitando il ricorso al notaio, i futuri soci e le imprese possano davvero andare incontro ad un risparmio. Infatti, dato che la costituzione delle società non è certo alla portata di tutti, questi non potranno fare comunque a meno dei necessari servizi, che saranno a quel punto loro resi da altri professionisti. Insomma, una qualche consulenza ed i relativi costi saranno pur sempre necessari e non è detto che questi siano sempre inferiori a quelli notarili. In termini di politica del diritto, anche per l’evidente similitudine derivante dalla standardizzazione del­l’atto [...]


NOTE