Rivista Orizzonti del Diritto CommercialeCC BY-NC-SA Commercial Licence ISSN 2282-667X
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Standard Essential Patents e licenze a condizioni FRAND nel diritto della UE: equità e ragionevolezza tra antitrust e regolazione (di Vincenzo Meli )


L’articolo affronta la controversa questione della determinazione delle condizioni per la concessione di licenze su brevetti essenziali per l’applicazione di uno standard, evidenziando come si sia rivelata inefficiente la scelta della Commissione UE di affidarla esclusivamente alla privata negoziazione dei termini degli impegni FRAND. Tale sistema ha generato un rilevante contenzioso, spesso affrontato con l’applicazione dell’art. 102 TFUE. Scarso aiuto hanno fornito le indicazioni fornite dalla stessa Commissione con diverse comunicazioni, il cui contenuto viene criticamente esaminato, e la pronuncia della Corte di giustizia sul caso ZTE/Huawei. L’autore è dell’idea che sia venuto il momento per un intervento riformatore, che approdi all’adozione di un atto normativo che favorisca la negoziazione collettiva già in sede di adozione degli standard.

Standard Essential Patents and FRAND licenses in the EU: fairness and reasonableness between antitrust and regulation

The essay addresses the controversial issue of determining the conditions for the granting of licenses on standard essential patents, highlighting how inefficient the choice of the EU Commission to entrust it entirely to the private negotiation of FRAND terms. This system has generated significant litigation, often involving the application of art. 102 TFEU. Little help was provided by the Commission itself in its various communications, the content of which is critically examined, and the ruling of the Court of justice on the ZTE/Huawei case. The author is of the opinion that the time has come for a reforming intervention, leading to the adoption of a legal act that favors collective bargaining already at the time of the adoption of standards.

Keywords: essential patents – FRAND – antitrust

CONTENUTI CORRELATI: brevetti - FRAND - antitrust

Sommario/Summary:

1. Premessa. - 2. Le condizioni FRAND di licenza: principi emersi nella recente giurisprudenza. - 3. Standardizzazione e FRAND commitments nel diritto della UE. Le Comunicazioni della Commissione. - 3.1. segue: La Comunicazione del 2011. - 3.2. segue: Le Comunicazioni del 2017 e del 2020. - 4. L’applicazione del diritto antitrust ai conflitti tra titolari di SEPs e aspiranti al loro utilizzo. - 4.1. I limiti del ricorso all’art. 101 TFUE. - 5. Prospettive di un intervento riformatore. - NOTE


1. Premessa.

L’approccio delle istituzioni europee alla standardizzazione de iure è improntato ad un deciso favor, conformemente ad una tendenza diffusasi universalmente da quando il fenomeno, che pure ha origini risalenti, ha conosciuto un rilevante incremento, quantitativo e qualitativo, a seguito del­l’impetuoso sviluppo delle tecnologie digitali [1]. La Commissione, in particolare, ne ha più volte sottolineato i benefici, osservando che la standardizzazione a) promuove la compenetrazione economica sul mercato interno; b) incoraggia lo sviluppo di mercati/nuovi e migliori prodotti e le migliori condizioni di fornitura e che gli standard i) in generale aumentano la concorrenza e riducono i costi di produzione e vendita; ii) possono mantenere e migliorare la qualità, fornire informazioni e assicurare l’interoperabilità e la compatibilità (aumentando così il valore per i consumatori) [2]. Coerente con tale visione è stata una costante attività istituzionale volta a promuovere e sostenere attivamente le standard setting organizations (SSOs), soggetti certo privati, ma che appaiono così investiti di funzioni di interesse pubblico [3].

Ciò non ha impedito, tuttavia, di riconoscere i possibili risvolti problematici del fenomeno sotto il profilo concorrenziale, ponendosi dunque l’esigenza di monitorarne la compatibilità con le norme antitrust [4]. Esigenza che investe, per un verso, la formazione di accordi stabili tra gli operatori dei mercati interessati, sulla base dei quali avviene la selezione degli standard, e, per un altro, i possibili effetti a valle di tale selezione.

È sotto tale ultimo aspetto che si sono rilevate le maggiori criticità. È evidente, infatti, che la standardizzazione ha come inevitabile (e voluto) esito il riconoscimento di un primato a determinate tecnologie, rispetto ad altre, non elevate a standard. Situazione, questa, che si traduce nella possibile attribuzione di posizioni di potere economico (restando da discutere se si possa sempre parlare di vere e proprie posizioni dominanti) ai titolari di quei diritti di proprietà intellettuale che, incorporati nelle tecnologie scelte come standard, divengono essenziali ai fini dell’implementazione delle stesse (c.d. standard essential patents, SEPs) [5]. Ne deriva la possibilità di abusarne, rifiutando discriminatoriamente di concedere licenze ovvero esigendo dagli utilizzatori dello standard, privi di alternative (cd. rischio di lock-in), royalties di livello supracompetitivo (cd. rischio di hold-up)Con l’aggiuntivo rischio che l’ammontare aggregato delle royalties pretese dai titolari dei diversi SEPs incorporati nello standard si riveli sproporzionato rispetto al valore aggiunto della tecnologia (c.d. royalty stacking[6].

Così come diffuso a tutti i paesi ad economia industriale avanzata è stato il riconoscimento di tali criticità, generatrici di un numero significativo e crescente di contenziosi, convergente è stata la scelta di affidarne la soluzione all’istituto contraddistinto dall’acronimo FRAND (ormai prevalentemente adottato anche dalla giurisprudenza statunitense, in luogo di RAND): i titolari di standard essential patents (SEPs) hanno cioè diritto ad esigere – e gli aspiranti al loro uso hanno l’obbligo di corrispondere – royalties che siano fair, reasonable, and non-discriminatory [7]. A tale scopo, nel processo di standardizzazione si richiede ai titolari di diritti di proprietà intellettuale destinati a divenire essenziali per lo standard di impegnarsi a concedere licenze a tali condizioni a chi le richieda.

È noto come la realtà si sia incaricata di smentire che impegni FRAND genericamente formulati nel momento in cui si aspiri a far inserire un proprio diritto di proprietà intellettuale in uno standard siano idonei ad evitare successivi comportamenti strategici, dopo che tale risultato sia stato ottenuto [8]. Si aggiunga, peraltro, che sovente si riscontrano comportamenti strategici anche da parte degli aspiranti all’utilizzo dei SEPs, i quali, controvertendo strumentalmente sulle condizioni degli accordi per la concessione delle licenze, cercano in realtà di sottrarsi alla corretta remunerazione dei titolari dei diritti (c.d. rischio di hold-out). Il che non può sorprendere, discendendo ciò dai noti limiti di efficacia che meccanismi di contrattazioni bilaterali e di decisioni caso per caso evidenziano in «situazioni in cui la soluzione di un singolo conflitto è interdipendente da quella di una serie di conflitti analoghi (come, appunto, accade nella gestione di un certo standard produttivo)» [9].

In tale contesto, come meglio si illustrerà, può oggi dirsi che si sia giunti ad una sostanziale concordanza di vedute tra la prevalente dottrina e le corti nazionali incaricate del private enforcement del sistema di licenze FRAND, sui principi ed i metodi per definirne il livello equo e ragionevole, ma non sul modo per approdare ad un sistema efficiente per giungere alla conclusione dei relativi accordi.

Se si guarda, però, al versante pubblicistico del problema, con lo sguardo specificamente rivolto al contesto eurounitario, si vede come sia stata l’inca­pacità delle istituzioni di (o la scelta di non) intervenire per ottenere che il livello FRAND delle royalties venga determinato a monte dell’adozione degli standard, come da tempo suggerito da parte della dottrina [10], a rivelarsi generatrice di evitabili tensioni. Essa palesa ancora di più, infatti, l’ambiguità tra la dichiarata volontà di favorire la standardizzazione e il totale affidamento della sua attuazione a scelte private. Ciò appare evidente se si considera la posizione della Commissione UE, la quale, pur faticosamente giunta a sposare le opinioni prevalenti in tema di livello FRAND delle royalties, non ha spinto la propria attività di «regolazione promozionale» [11] oltre la formulazione di indicazioni generali, affidandosi poi ex post all’applicazione (parziale e non sempre ortodossa) del diritto antitrust.

Nel presente scritto, dopo una sintetica ricognizione dei risultati ai quali sono ormai approdate la giurisprudenza e la dottrina sulla definizione del livello FRAND delle royalties, si considereranno dunque le prese di posizione della Commissione.

Opinione dello scrivente è che, di fronte all’evidente insuccesso di tale approccio, sia venuto il momento di valorizzare proprio l’interesse pubblico sotteso allo sviluppo degli standard, approdando ad un più marcato intervento di tipo regolatorio, volto ad ottenere dalle SSOs, appunto, un’assunzione di maggiori responsabilità già in sede di standardizzazione.


2. Le condizioni FRAND di licenza: principi emersi nella recente giurisprudenza.

Nelle giurisdizioni europee il tema delle licenze sugli standard essential patents si è manifestato inizialmente con esclusivo riferimento alla questione delle inibitorie richieste dai titolari dei primi nei confronti di utilizzatori con i quali non si era trovato un accordo in merito alle royalties da corrispondere.

È soprattutto la giurisprudenza tedesca che ha affrontato tale tema, condizionando, come si vedrà, anche la Corte di giustizia, ma la questione si è ovviamente posta, in minore misura, anche in altre giurisdizioni nazionali [12]. In tale attività non si è ritenuto necessario definire quando le condizioni di licenza (offerta o richiesta) possano considerarsi fair reasonable, o, più correttamente, palesemente unfair and unreasonable. Esercizio nel quale da tempo risultavano invece già impegnate le corti statunitensi [13].

Il momento del redde rationem doveva, presto o tardi, giungere anche per le corti europee. E ciò è avvenuto puntualmente quando, esaurite le fasi cautelari dei contenziosi, i titolari dei SEPs, hanno cominciato ad avviare giudizi per il risarcimento dei danni da utilizzo dei brevetti essenziali in assenza di accordi di licenza.

Anche la giurisprudenza europea si è dunque sostanzialmente conformata ad un insieme di principi in linea di massima universalmente condivisi, sui quali, almeno in via generale, concorda la maggioranza della ormai ricchissima letteratura [14]. Tali principi possono così riassumersi [15]:

1) la royalty dovrebbe evitare che i titolari di SEPs esercitino il patent hold-up;

2) le corti dovrebbero minimizzare il rischio di royalty stacking;

3) una royalty FRAND dovrebbe riflettere il valore incrementale, rilevato ex ante, della tecnologia rispetto alle alternative;

4) la royalty dovrebbe essere proporzionata, variamente, a (a) l’importanza della tecnologia per lo standard, (b) l’importanza della tecnologia per gli utilizzatori dello standard e (c) il valore dello standard per l’utilizzatore (principio di proporzionalità);

5) la royalty non dovrebbe riflettere il valore aggiunto dall’incorporazione di quella tecnologia nello standard, cioè il valore dello standard;

6) la royalty dovrebbe essere adeguata a preservare l’incentivo a brevettare (principio dell’incentivo ad inventare);

7) la royalty dovrebbe assicurare un adeguato incentivo a partecipare al processo di standardizzazione (principio dell’incentivo a partecipare).

Com’è evidente, le prescrizioni sub (1), (2), (3) e (5) servono a porre un cap alle royalties che il titolare di SEPs dovrebbe ricevere, tutelando quindi gli utilizzatori. Quelle sub (6) e (7) mirano a porre un floor, tutelando il titolare del diritto, e la (4) può servire entrambe le esigenze, a seconda del brevetto di cui trattasi [16].

Un recente esempio, particolarmente pregevole, di applicazione pratica di tali criteri è fornito dalla pronuncia del Giudice Birss, dell’Alta Corte di Giustizia inglese [17], la cui importanza va al di là dello specifico contesto nazionale in cui è stata resa, potendosi porre come modello di decisione.

Per ciò che interessa il presente scritto, scopo del decidente era stabilire se le royalties pretese da Unwired Planet (un patent troll che aveva acquistato oltre 2.000 brevetti da Ericsson) rispecchiassero il valore FRAND dei brevetti in questione.

Dalla sentenza emerge una particolare attenzione per il rispetto dei principi sopra declinati.

Il giudice ha affermato, in particolare, che per determinare una royalty FRAND si deve considerare un tasso benchmark, costituito dal valore del portafoglio del titolare del SEP, che non varia secondo il numero delle licenze. Ciò consente di eliminare sia il rischio di hold-up, ma anche quello di hold-out. Il parametro così adottato deve valere per tutti i richiedenti le licenze, indipendentemente dalla loro consistenza economica. Il livello FRAND della royalty richiesta può determinarsi attraverso una comparazione con le licenze negoziate dal titolare del diritto in situazioni di non essenzialità. Per quanto riguarda la metodologia per valutare la quota delle royalties complessive da attribuire al titolare del SEP in questione (onde scongiurare il rischio di cd. royalty stacking), il giudice determina l’aggregate royalty rate (ARR), a tal fine adottando un approccio top-down. Rigetta la possibilità di trarre l’ARR da dichiarazioni pregresse delle parti e prende in considerazione: a) il numero totale dei SEPs compresi nello standard e, tra questi; b) la quota di SEPs nel portafoglio del titolare del brevetto in contenzioso; c) il valore relativo dei brevetti nel portafoglio in confronto con i SEPs fuori dal portafoglio.

La sentenza è stata sostanzialmente confermata dalla Court of Appeal of England [18], la quale, però, a differenza del Giudice Birss, ha ritenuto (correttamente, ad avviso di chi scrive) che non esista un solo livello di royalty definibile come fair e reasonable: «concepts such as fairness and reasonableness do not sit easily with such a rigid approach» e «a number of sets of terms may all be fair and reasonable in a given set of circumstances». Il riconoscimento di una forbice, entro la quale si può dire che si sia in presenza di condizioni FRAND (o, meglio, che non si sia in presenza di condizioni unfair e unreasonable) lascia ovviamente maggiore spazio alle diverse posizioni delle parti, ponendo però dei (flessibili) limiti alla loro libera negoziazione.


3. Standardizzazione e FRAND commitments nel diritto della UE. Le Comunicazioni della Commissione.

Come detto in precedenza, nel contesto eurounitario riconoscere i benefici della standardizzazione, tanto da promuoverla attivamente, e scongiurarne i suoi pericoli per la concorrenza si è rivelata impresa ardua.

La scelta della Commissione è apparsa per la verità singolare. Essa ha intrattenuto un costante dialogo con le organizzazioni europee di standardizzazione, che ha anzi attivamente promosso e sostenuto. Facendo richiamo alla disciplina delle intese restrittive della concorrenza, ha dettato opportuni principi sullo svolgimento non anticoncorrenziale del processo di selezione degli standard, che finora paiono essere stati rispettati da dette organizzazioni. Di fronte, invece, all’evidente problematicità della gestione, a valle della selezione, degli standard che incorporino brevetti essenziali, ha scelto di non intervenire sulle stesse organizzazioni per indurle a risolverla, limitandosi a svolgere nei loro confronti un’attività di moral suasion, attraverso l’emanazione di una serie di comunicazioni. In sintesi, la Commissione ha dato alle organizzazioni indicazioni delle quali non ha potuto o voluto imporre il rispetto. Ha, per così dire, continuato a parlare a nuora perché suocera intendesse, lasciando così, però, che il problema fosse affrontato ex post, in un contenzioso interindividuale tra titolari di SEPs e aspiranti all’utilizzo, che, per ciò che riguarda le sue competenze, ha chiamato in causa l’art. 102 TFUE, anche qui con esiti modesti e soluzioni controverse.

In definitiva, non si è trattato di una strategia finora coronata dal successo.

La prima comunicazione che interessa il processo di standardizzazione condotto dalle SSOs è al 1992 [19]. In essa la Commissione rende già chiara la propria scelta di astenersi dall’intervenire regolamentando direttamente il processo di standard-making. Afferma, infatti, che le organizzazioni di standardizzazione «recognized by the Community at a European level» [20] e gli enti internazionali di standardizzazione [21] hanno natura volontaria. La policy adottata è dunque quella di dettare principi non vincolanti. È vero che la Commissione ha precisato che il mancato rispetto di tali principi avrebbe comportato che «the Community will not be able to use their standards and even less, to make them mandatory», ma il sottinteso di tale affermazione è che ciò non avrebbe comportato conseguenze per le stesse organizzazioni sul piano della disciplina della concorrenza.

Tra i principi enunciati vi erano quelli concernenti, appunto, il caso in cui uno standard incorpori diritti di proprietà intellettuale.

È in quest’ambito che la Commissione dispone che nell’accordo tra il titolare del diritto di proprietà intellettuale e l’ente di standardizzazione si preveda che i termini delle licenze siano «fair, reasonable and non-discriminatory», convertendosi esplicitamente alla scelta di puntare sui FRAND commitments. Afferma però che «It is not feasible or appropriate to be more specific as to what constitutes ‘fairness’ or ‘reasonableness’ since these are subjective factors determined by the circumstances surrounding the negotiation» e conclude che «If the rightholder is to be satisfied that his investment in research and development can be adequately recovered, he would expect the royalty rate to relate in some way to the normal freely- negotiated commercial rate, allowing for the greatly increased market for his technology which standardization will bring» [22].

Dunque, da un lato, si conta sui FRAND commitments, ma dall’altro ci si mostra agnostici persino sulla definizione delle condizioni FRAND, lasciandone l’interpretazione e la definizione in concreto alla negoziazione interindividuale.

Viene quindi riposta una certa (ingenua, è il caso di dirlo) fiducia nella possibilità che il sistema possa così autodisciplinarsi, senza considerare i rischi connessi alla presenza di standard essential patents. La Commissione confida, infatti, che i titolari dei diritti di proprietà intellettuale incorporati negli standard si accontentino di una moltiplicazione dei profitti corrispondente all’incremento del mercato – dovuto, appunto, alla incorporazione del brevetto nello standard – e non sfruttino il potere consegnato così loro, per applicare, nella fase post-standardizzazione, royalties più elevate di quelle che applicherebbero in una libera negoziazione sul brevetto non incorporato in standard.

Più in generale, il rischio concorrenziale insito nella trasformazione di un brevetto in brevetto essenziale per uno standard nella Comunicazione del 1992 sembra essere colto solo in parte dalla Commissione.

È vero che essa avvisa sui possibili rischi di comportamenti anticoncorrenziali, e distingue quelli che si annidano nel processo stesso di standardizzazione da quelli che si possono riscontrare a valle di tale processo, ma, considerando – comunque in termini sommari – tra questi ultimi il possibile rifiuto di concedere licenze, si concentra sulla possibilità che questo sia opposto dai titolari del diritto di proprietà intellettuale allo standardization body [23] o che vi sia un non ben definito rischio di abuso di posizione dominante da parte di quest’ultimo e dei propri membri [24].

Come le vicende successive hanno tuttavia evidenziato, il possibile successivo rifiuto non riguarda l’ulteriore incorporazione del SEP nello standard, con la conseguenza di mettere in crisi quest’ultimo, bensì lo sfruttamento di tale incorporazione a spese di quanti mirano ad utilizzare quello standard (e della sostenibilità dello standard nel suo complesso). Questione che riguarda anche le organizzazioni di standardizzazione, ma nella misura in cui queste, acquisito l’impegno da parte dei titolari di SEPs, non sono in grado di farlo rispettare.

La Commissione riprende nuovamente il tema nelle Linee direttrici del 2001 sugli accordi di cooperazione orizzontale [25].

La questione (fugacemente) toccata è però quella dell’accesso a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatore allo standard che è stato collettivamente sviluppato, senza un approfondimento del tema dell’accesso alle licenze dei titolari dei singoli diritti di proprietà intellettuale che vi sono incorporati [26].

Le Linee guida, del resto, riguardano esclusivamente l’ambito delle intese e, in questo contesto, esse adottano «a ‘safe harbour’ approach, by setting the conditions under which such agreements would normally fall outside the scope of Article 101 (1)» [27].

In verità, neppure in sede di considerazione degli abusi di posizione dominante il tema è stato per lungo tempo considerato.

Negli Orientamenti sull’applicazione dell’art. 82 del trattato CE agli abusi escludenti, del 2009 [28], alla standardizzazione de iure, ai brevetti essenziali ed al possibile rifiuto di licenza abuso da parte dei loro titolari non si fa, infatti, alcun cenno [29].


3.1. segue: La Comunicazione del 2011.

È ancora in una comunicazione sull’applicazione dell’art. 101 TFUE che viene espressa la posizione generale della Commissione sugli impegni FRAND che devono essere assunti dai titolari dei diritti di proprietà intellettuale. Si tratta delle Linee direttrici sugli accordi di cooperazione orizzontale del 2011 [30].

In essa, oltre ad affrontarsi i rischi del processo di standardizzazione, dettando indicazioni perché questo non si svolga in violazione dell’art. 101 TFUE, viene considerato anche il mercato rilevante delle tecnologie, che comprende i diritti di proprietà intellettuale, e vengono paventati i rischi che gli utilizzatori vengano bloccati, negandosi loro da parte dei titolari di SEP le necessarie licenze o esigendosi per esse royalties eccessive, così da impedire l’accesso allo standard. Da qui la conferma della soluzione dell’assunzione, da parte dei titolari di SEPs, di FRAND commitments in sede di approvazione dello standard.

A quel punto, peraltro, la Commissione si era già trovata ad affrontare, con gli strumenti dell’art. 102 TFUE, i primi casi di rifiuto di concedere licenze a condizioni FRAND, anche se in nessuno di essi era giunta all’adozione di una decisione (la prima decisione è del 2014).

Orbene, se si guarda alle Linee Guida, si individua con chiarezza la fonte dei problemi odierni in sede di applicazione della disciplina antitrust: la questione dei rischi della standardizzazione de iure, compresi quelli del possibile sfruttamento della posizione di potere individuale che ne può derivare ai titolari di SEP, viene infatti discusso ancora con riferimento alle intese.

È vero che la Commissione si impegna stavolta a definire i criteri per determinare se una royalty sia fair reasonable, ma ciò non induce ad una possibile chiamata in causa delle organizzazioni in merito all’applicazione di tali criteri agli accordi di licenza. In sostanza, ancora una volta, si indirizzano ad esse indicazioni, del cui rispetto esse non sono però ritenute responsabili.

Anzi, la Commissione ha cura di precisare che «L’osservanza dell’articolo 101 da parte dell’organizzazione di normazione non impone a quest’ultima di verificare se le condizioni applicate dai partecipanti per il rilascio di licenze siano conformi all’impegno FRAND. Sarà compito dei partecipanti valutare se le condizioni per il rilascio delle licenze, e in particolare i canoni applicati, siano conformi all’impegno FRAND. Di conseguenza, nel decidere se assumere un impegno FRAND per un particolare DPI, i partecipanti dovranno prevedere le implicazioni che ne conseguono, in particolare per quanto riguarda la possibilità di fissare liberamente il livello dei loro canoni» [31].

È evidente la preoccupazione della Commissione di non dare strada alla possibilità che, attraverso gli accordi di standardizzazione si possa approdare ad accordi sui corrispettivi delle licenze, che vengono evidentemente percepiti automaticamente come hardcore restrictions.

Come detto, la Commissione tuttavia non rinuncia a dettare criteri per la verifica dell’abusività del livello delle royalties richieste dai titolari di SEPs.

A tal fine, richiama la giurisprudenza sull’art. 102, lett a), TFUE, in materia di determinazione di prezzi o altre condizioni negoziali «non eque» [32], affermando che «In caso di controversia, per valutare se i canoni applicati per l’ac­cesso al DPI nel quadro della definizione delle norme non sono né equi, né ragionevoli occorrerà determinare se il canone richiesto è ragionevole in relazione al valore economico dei DPI» [33]. Orbene, com’è noto, il ragionevole rapporto con il valore economico della prestazione fornita viene, nella giurisprudenza della Corte di giustizia su prezzi e condizioni non equi, declinato secondo due possibili criteri, non necessariamente alternativi, e cioè, a) muovendo dall’accertamento dell’esistenza di «un’eccessiva sproporzione tra il costo effettivamente sostenuto ed il prezzo effettivamente richiesto» [34], b) attraverso la comparazione con i prezzi praticati in mercati nei quali sussiste la concorrenza [35].

La Commissione afferma quindi che «in linea di massima, i metodi basati sul costo non sono adeguati a questo contesto a causa della difficoltà di valutare i costi attribuibili allo sviluppo di un particolare brevetto o gruppi di brevetti. Al contrario, è possibile confrontare i canoni di licenza applicati dall’im­presa interessata per i brevetti in questione in un ambiente concorrenziale prima che il settore fosse vincolato a una norma (ex ante) con quelli applicati dopo che il settore è stato vincolato (ex post). Questo metodo presuppone che il confronto possa essere effettuato in modo coerente e affidabile» [36].

Indicazioni perfettamente ragionevoli e in linea sia con la giurisprudenza eurounitaria sull’art. 102 TFUE, sia con le indicazioni verso le quali, come si è visto, sembrano ormai convergere giurisprudenza e dottrina in materia di condizioni FRAND. Il problema, tuttavia, resta la palese divaricazione tra il contesto in cui esse vengono formulate e quello rispetto al quale se può esigere il rispetto.


3.2. segue: Le Comunicazioni del 2017 e del 2020.

Dopo la Comunicazione del 2011, la Commissione decide di abbandonare l’approccio occasionale al tema degli standard essential patents, per dedicarvi appositi documenti.

Nel 2014 avvia, dunque, una consultazione pubblica su brevetti e standard [37]; nel 2016 emana la Comunicazione sulle Priorità per la normazione delle TIC per il mercato unico digitale [38], nella quale, tra gli impegni assunti vi è quello di «precisare gli elementi essenziali di una metodologia equa, efficace e applicabile per le concessioni delle licenze, sulla base di condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie» e quello di «favorire un metodo di risoluzione delle controversie efficace ed equilibrato».

Si giunge, dunque, alla Comunicazione del 2017 [39]. Questa rappresenta l’ul­timo tentativo di indicare la via per una composizione negoziale dei conflitti tra titolari di SEPs e aspiranti alle relative licenze, dettando anche suggerimenti per la individuazione dei termini FRAND.

In essa si afferma che occorrono «buone pratiche in materia di concessione di licenze per garantire un accesso equo, ragionevole e non discriminatorio alle tecnologie standardizzate e per ricompensare i titolari di brevetti affinché continuino ad investire nella ricerca e sviluppo e nelle attività di normazione», ma si prende atto dei conflitti tra titolari di SEPs e aspiranti alle relative licenze. «Gli utilizzatori delle tecnologie accusano i titolari di brevetti SEP di imporre diritti di licenza eccessivi basati su portafogli di brevetti deboli e di ricorrere alla minaccia di contenziosi. I titolari di brevetti SEP sostengono che gli utilizzatori delle tecnologie approfittano gratuitamente delle loro innovazioni e violano consapevolmente i diritti di proprietà intellettuale (DPI) senza negoziare in buona fede la concessione di licenze» [40]. Dopodiché, non si va al di là della formulazione di esortazioni alle organizzazioni di standardizzazione e alle parti in conflitto, che la Commissione ritiene «siano nella posizione migliore per giungere a un’intesa comune sul significato di condizioni di licenza eque e canoni equi, attraverso negoziazioni in buona fede».

E poiché le interpretazioni delle parti in conflitto sulla determinazione delle condizioni FRAND, com’è ovvio, divergono, la Commissione detta una serie di principi di base, «in modo da offrire procedure più stabili per la concessione di licenze, orientare le parti nelle loro negoziazioni e ridurre i contenziosi». Si basa, a tal fine, sui risultati della già menzionata consultazione pubblica, sul­l’analisi delle migliori pratiche e su studi [41], nonché sulla giurisprudenza nazionale [42].

In particolare, la Commissione pone ancora al centro la relazione con il valore economico della tecnologia brevettata, da riferirsi di regola alla tecnologia in sé considerata, indipendentemente dalla decisione di includerla nello standard (a meno che non sia stata sviluppata appositamente per lo standard). Afferma la necessità che il livello FRAND delle royalties sia comunque sufficiente ad «incentivare in modo continuativo i titolari di brevetti SEP a contribuire alle norme con le loro migliori tecnologie disponibili». Si preoccupa anche del rischio del royalty stacking e invita le parti a non considerare isolatamente il canone del singolo brevetto la cui licenza è in negoziazione e di tenere conto invece di «un canone aggregato ragionevole per la norma in questione, valutando il valore aggiunto complessivo della tecnologia».

Non sorprendentemente, l’indicazione di principi e percorsi per la determinazione in via negoziale delle condizioni FRAND si rivela ancora una volta infruttuosa.

Il problema è sempre il solito. Di fatto, le SSOs (o una parte di esse, anche tra le più importanti) non sono, come ormai acclarato, in grado di costringere i propri aderenti a dettagliare, in sede di decisione su uno standard, le condizioni di licenza FRAND che si applicheranno a qualunque utilizzatore dello standard che incorpora un DPI essenziale. Tale incapacità, come si è visto, non è suscettibile di produrre alcuna conseguenza negativa dal punto di vista del mantenimento dell’esenzione ex art. 101, par. 3, TFUE, laddove, invece, iniziative in tal senso sono – non ingiustificatamente – avvertite come pericolose sul piano della possibile applicazione dell’art. 101, par. 1.

La Commissione prende dunque atto che l’approccio basato sulla moral suasion si è rivelato finora inefficace, ma non mostra di avere intenzione di assumere un approccio maggiormente interventistico nella materia.

Con una Comunicazione del 2020 [43], ribadita l’importanza, anche, sotto per la loro rilevante diffusione, dei brevetti essenziali, rileva così che «alcune imprese continuano a incontrare difficoltà a trovare un accordo sulla concessione di licenze per i brevetti SEP. Ciò può dar luogo a frequenti controversie in cui i titolari dei brevetti adducono la violazione dei loro brevetti SEP mentre l’altra parte lamenta l’imposizione di condizioni inique da parte del titolare del brevetto nel quadro dell’accordo di licenza».

La Comunicazione appare però interlocutoria sul punto, restando ancora indefinite le soluzioni prospettate:

– agevolare «le iniziative promosse dall’industria per ridurre i contrasti e le controversie tra gli operatori di settori specifici»;

– «Parallelamente, sulla base dell’approccio del 2017, la Commissione prenderà in considerazione riforme volte a chiarire e migliorare ulteriormente il quadro che regola la dichiarazione e la concessione di licenze per i brevetti nonché il rispetto degli stessi. La Commissione esaminerà ad esempio la creazione di un sistema indipendente di verifica del carattere essenziale da parte di terzi al fine di rafforzare la certezza giuridica e ridurre i costi delle controversie».

Il riferimento è ad un coevo studio edito dalla stessa Commissione [44], nel quale si analizzano i brevetti essenziali, per verificare la fattibilità tecnica e istituzionale di un sistema di migliore valutazione della loro essenzialità.

È appena il caso di chiarire, in proposito, che, come se nella materia non mancassero già i problemi, da considerare è quello dei brevetti che emergono come essenziali solo a valle dell’adozione di uno standard e vengono utilizzati al fine dell’instaurazione di contenziosi davanti alle corti. Si tratta, in genere, di brevetti azionati, con la tecnica della patent ambush, da patent trolls [45].


4. L’applicazione del diritto antitrust ai conflitti tra titolari di SEPs e aspiranti al loro utilizzo.

Come si è già detto, la difficoltà di mettere in pratica gli auspici espressi dalla Commissione nelle proprie comunicazioni, si traduce nello sviluppo di contenziosi. Diversi di questi vedono invocata, da parte degli aspiranti all’uti­lizzo di brevetti essenziali, che si considerano lesi dai rifiuti o dalle richieste economiche dei titolari di SEPs, l’applicazione dell’art. 102 TFUE, sia in sede di private enforcement di fronte ai giudici nazionali, sia in sede di public enforcement dinanzi alla stessa Commissione [46].

È nel 2007 che essa si trova ad affrontare i primi i conflitti del genere. Tuttavia, quelli nei quali la materia del contendere è il livello delle royalties richieste dal titolare del SEP si chiudono senza una decisione [47].

Il primo procedimento a giungere ad una decisione (ma si è già nel 2014) riguarda, invece, la valutazione, quale abuso di posizione dominante, dell’ini­ziativa giudiziale del titolare di un SEP volta ad ottenere l’inibitoria contro l’aspirante alla licenza che, in mancanza di un accordo sulle royalties, usa comunque il brevetto. Si tratta del caso Motorola [48].

È questa la fattispecie che, come si è ricordato in precedenza, sarà oggetto di un diffuso contenzioso specialmente dinanzi alle corti tedesche e della susseguente pronuncia pregiudiziale della Corte di giustizia ZTE/Huawei [49].

Si può ritenere che tale pronuncia rappresenti un’occasione mancata e che scarso o nessun aiuto sia venuto da essa alla Commissione.

La pronuncia appare ben iscritta nella tipologia di controversie sviluppatosi dinanzi alle corti tedesche (e tedesca era, infatti, la corte remittente) e ne è condizionata. La domanda posta dalla corte remittente ruotava, infatti, intorno alla questione, che si è prevalentemente posta alla giurisprudenza tedesca nella prima fase in cui essa si è dovuta confrontare con il tema dei SEPs, se ed a quali condizioni sia possibile qualificare come abuso di posizione dominante la richiesta di un’inibitoria da parte del titolare di un SEP nei confronti di un soggetto che lo utilizzi in assenza di un accordo di licenza.

La Corte si adegua, infatti, al metodo di valutazione sviluppato dalla giurisprudenza tedesca, sostanzialmente facendo derivare l’esistenza o meno di un abuso di posizione dominante dal comportamento delle parti [50], dettando un prontuario dei comportamenti delle parti in contesa, con richieste e risposte che da esse ci si deve attendere [51].

Si può convenire con chi ritiene che tale approccio puramente procedurale renda l’istituto dei FRAND commitments un “comity device”, che genera obblighi bilaterali di fair play tra i titolari di SEP e i potenziali licenziatari [52], laddove esso dovrebbe rappresentare un criterio per porre un limite al livello di royalties esigibili. E ci si può anche chiedere cosa abbia a che vedere simile approccio con una valutazione concorrenziale, quale quella richiesta [53].

Si può obiettare che, date le domande, non fosse necessario per la Corte suggerire cosa debba intendersi per condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie. In realtà, ciò non è del tutto vero, perché da esse emerge la necessità di dare un significato concreto all’espressione FRAND e le risposte che si limitano a ripeterla appaiono peccare di tautologia. Come si fa a stabilire se la «proposta debba rispondere a specifici requisiti qualitativi e/o temporali» e se «gli adempimenti del contraffattore debbano rispondere a specifici requisiti» senza descrivere quali siano i principi in base ai quali costruire tali requisiti? [54].

Sul finire del 2020, il LG Düsseldorf ha sollevato una nuova questione pregiudiziale nello stesso ambito. I termini della domanda sono alquanto complessi (ed è un eufemismo…). Mentre la prima parte di essa ruota intorno al tema della concessione di licenze in via preferenziale ai fornitori, la seconda riguarda chiarimenti in merito ai requisiti indicati dalla Corte di giustizia nella pronuncia pregiudiziale ZTE/Huawei [55].

È in questa seconda parte che si può forse individuare uno spiraglio che consentirebbe alla Corte di enunciare, finalmente, qualche principio sulla nozione di royalty FRAND, sulla base della propria giurisprudenza consolidata in tema di prezzi non equi, e magari spendere qualche parola che indichi una via per sottrarsi alla permanente conflittualità interindividuale che caratterizza la materia.


4.1. I limiti del ricorso all’art. 101 TFUE.

Pur di fronte all’acclarata incapacità dei standardization bodies ad assicurare il rispetto degli impegni FRAND, mai è stato, fino ad oggi, avviato un caso di possibile violazione delle norme antitrust nei loro confronti.

Ora, si può discutere sulla correttezza dell’utilizzo dell’art. 102 TFUE per giudicare le dispute individuali tra i titolari di SEPs e gli aspiranti alle relative licenze sulla base dei FRAND commitments [56]. Nessun dubbio v’è, invece, che le organizzazioni di standardizzazione debbano operare nel rispetto dell’art. 101 TFUE. La questione è, dunque, se si possano imputare ex art. 101 TFUE alle SSOs gli insuccessi dei FRAND commitments e se, per rimediarvi, non sia possibile operare sul piano dell’esenzione ex art. 101, par. 3. Come visto, finora la Commissione ha utilizzato come quadro di riferimento il diritto delle intese per “comunicare” con le SSOs, ma non per sanzionarle o per abilitarle (o costringerle) a porre rimedio alle criticità evidenziate a valle del processo di standardizzazione.

Sotto il primo aspetto, non è mancato in dottrina chi si è interrogato sulla possibilità di imputare alle SSOs una violazione del divieto delle intese [57]. È stato, in particolare, rilevato, «The Commission seems to be assuming that FRAND obligations can come into existence only as a result of contract, and not as a result of competition law. That view would be wrong, and directly contrary to what the Commission held in IGR Stereo television/Salora and in other cases under Article 101. It disregards the fact that the duty to grant licences on reasonable and non-discriminatory terms is imposed by competition law, in certain circumstances involving patent pools, joint ventures, and standard-setting agreements, whether the parties have expressed such an obligation in their contracts or not. This looks like a fundamental misunderstanding, but it may explain why the guidelines are so ineffective» [58]. La soluzione viene però scartata, ritenendosi che la conseguenza che ne deriverebbe (la nullità dell’intero accordo di standardizzazione) non sarebbe né equa (perché il comportamento di singoli membri vanificherebbe gli investimenti di tutti gli altri partecipanti all’accordo), né razionale, visto che ci si troverebbe comunque dinanzi ad uno standard già implementato, che ha già prodotto gli effetti di lock-in [59].

In realtà, a tale spiegazione si può opporre il classico adducere inconveniens non est solvere argumentum. Non è la indesiderabilità delle possibili conseguenze (che pure è frutto di una rispettabilissima preoccupazione di policy) a poter escludere l’applicazione della norma, bensì proprio la difficoltà di ricondurre alla fattispecie la condotta delle organizzazioni di standardizzazione. Problema questo che, non risolto, rende impraticabile anche l’applicazione di sanzioni meno problematiche, come quella di imporre, sulla stessa base dell’art. 101 TFUE, una licenza obbligatoria a condizioni FRAND al solo sog­getto che incorre nel rifiuto, in quanto «Although unilateral, its conduct is governed by the legal consequences of the standard agreement» [60]. Come è stato correttamente rilevato [61], mancherebbe, per l’applicazione del­l’art. 101 TFUE, quella collaborazione consapevole tra almeno due imprese richiesta dalla giurisprudenza eurounitaria. Si sanzionerebbero cioè, ex art. 101 TFUE, comportamenti individuali, senza cogliere un legame con l’orga­nizzazione, dalla quale, come visto, non si pretende di farsi carico di essi.

In positivo, senza apprestare una sorta di safe harbour dall’applicazione del divieto delle intese, non ci si può aspettare che le SSOs (ammesso che ne abbiano la forza) si mettano, per loro decisione autonoma, ad organizzare accordi sulle royalties dovute per le licenze [62].

Resta, dunque, da vedere se si possa superare l’inefficace politica di moral suasion fin qui tentata dalla Commissione, operando sulle condizioni alle quali viene riconosciuta alle organizzazioni di standardizzazione l’esenzione dal­l’applica­zione del divieto delle intese.

Anche qui sorgono però dei dubbi.

L’istituto dell’esenzione in deroga è concepito come mezzo per salvare accordi che, pur restrittivi (cioè valutabili come illeciti) possono arrecare dei vantaggi in termini di efficienza. Esso mal si attaglia a costituire quadro di riferimento per la attiva promozione di accordi restrittivi. Soprattutto, la scelta, adottata a partire dall’alba del terzo millennio, di sostituire ai regolamenti di esenzione per categorie regolamenti (e relative linee guida) generali (accordi di cooperazione orizzontale, accordi verticali) non pare allo stato reversibile [63]. Essa, peraltro, si è accompagnata a quella, formalizzata con il regolamento di modernizzazione n. 1/2003, di dare spazio all’autodeterminazione alle imprese, indicandosi le previsioni da non inserire (clausole nere, clausole grigie), ma non più i contenuti espressamente esentate (clausole bianche).


5. Prospettive di un intervento riformatore.

Quale può essere, dunque, la via per approdare ad una più efficiente (e conforme all’interesse pubblico) gestione del rapporto tra titolari di brevetti essenziali per uno standard e produttori/sviluppatori che a quello standard devono conformarsi, nel rispetto delle norme sulla tutela della concorrenza?

Si può, in definitiva, ritenere che solo un intervento regolamentare potrebbe abilitare (rectius, costringere) la SSOs a farsi carico della preventiva determinazione delle royalties a condizioni FRAND, conducendo ad una anticipata loro collettiva negoziazione in sede di selezione dei DPI da incorporare negli standard. I principi verso la cui osservanza sembrano ormai convergere giurisprudenza e dottrina (vedi supra, par. 2) ben si prestano, d’altronde, a consentire una determinazione preventiva delle royalties.

Questo appare, allo stato, il solo mezzo per «muovere verso una gestione collettiva dei SEP, opportunamente regolata», anziché, come si è preferito, «spostare l’approccio antitrust del fenomeno sul terreno, tipicamente sanzionatorio, del divieto di abuso di posizione dominante; con la conseguenza di una moltiplicazione di procedimenti per abuso e dell’accettazione dell’idea di una rete di posizioni dominanti fra loro interferenti» [64]. Quanto meno, la litigiosità a valle della selezione dello standard sarebbe limitata ai casi di titolari di SEPs non dichiarati all’atto dell’adozione dello standard [65].

I segnali che si possono cogliere nel contesto istituzionale sono però ambigui.

Come si ricorderà, con la Comunicazione del 2020 [66], la Commissione affermava che «prenderà in considerazione riforme volte a chiarire e migliorare ulteriormente il quadro che regola la dichiarazione e la concessione di licenze per i brevetti nonché il rispetto degli stessi».

Con decisione del 5 luglio 2018 [67], la Commissione aveva intanto deciso di nominare un gruppo di 15 esperti, il cui compito era, tra l’altro, «to assist the Commission in the monitoring of SEP licensing markets to inform any policy measures that may be required for ensuring a balanced framework for smooth, efficient and effective licensing of SEPs».

Dal lavoro di tale Gruppo, pletorico nel numero dei suoi componenti e fonte di perplessità sulla sua effettiva composizione [68], è scaturito, nel gennaio 2021, un ponderoso documento, dal poco rassicurante titolo di Contribution to the Debate on SEPs [69], che rispecchia, in realtà, il fatto che esso non propone per le diverse questioni soluzioni unitarie, ma piuttosto gruppi di opinioni differenti (e vede allegata anche una dissenting opinion della rappresentante di Ericsson).

Certo, c’è da chiedersi se per ottenere l’ennesimo contributo al dibattito fosse necessario nominare un apposito gruppo di esperti esterni, ma di qualche interesse, nel documento, è la parte sui patent pools, se non altro perché conferma la necessità di approdare a sistemi di negoziazioni collettive delle licenze [70].

Sulla vantaggiosità della loro formazione sembra esservi, infatti, una generale concordia, salvo il manifestarsi di tre visioni diverse in merito alle modalità per renderli «even more attractive».

La conclusione è che «joint licensing by patent pools reduces transaction cost for both licensor and licensees. Some members consider that transaction costs could be further reduced if implementers were allowed to form groups to jointly negotiate licenses on behalf of their group members. The mechanism and controls to form and operate these license control groups in compliance with the relevant competition rules would need to be developed».

V’è dunque da sperare che, nell’ovvio rispetto dei principi del diritto della concorrenza, ma con strumenti che esonerino i privati dal doversi districare tra le insidie di questo, la Commissione faccia seguito al suo annuncio di riforme del sistema, per farsi promotrice dell’adozione di un atto normativo che favorisca la formazione di gruppi all’interno dei quali procedere alla negoziazione collettiva delle licenze già in sede di selezione degli standard.


NOTE

[1] Per una ricostruzione storica della standardizzazione e del suo recente sviluppo, si veda A. GIANNACCARI, Standard Setting and the LawA Comparative Perspective, Roma, 2018, 4 ss., 43 ss.

[2] Si vedano le Linee direttrici sull’applicabilità dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale (2011/C 11/01), spec. parr. 263 e 308.

[3] Ne è chiara espressione il Reg. (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sulla normazione europea.

[4] Lo stesso Reg. (UE) n. 1025/2012 ha cura di ricordare (Considerando 13) che «Le organizzazioni europee di normazione sono soggette al diritto della concorrenza nella misura in cui possono essere considerati un’impresa o un’associazione di imprese ai sensi degli articoli 101 e 102 TFUE».

[5] Sul ruolo dei diritti di proprietà intellettuale nella standardizzazione nell’ambito delle telecomunicazioni, si vedano R. BEKKERS, B. VERSPAGEN, J. SMITS (2002), Intellectual property rights and standardization: the case of GSM, in Telecommunications Policy, 2002, 171-188. Per gli standard di connettività mobile sono state dichiarate all’ETSI, da un gruppo sempre più ampio di titolari di brevetti SEP, 297.557 brevetti, appartenenti a circa 25.000 famiglie di brevetti (così R. BEKKERS, J. HENKEL, E.M. TUR, T. VAN DER VORST, M. DRIESSE, B. KANG, A. MARTINELLI, W. MAAS, B. NIJHOF, E. RAITERI, L. TEUBNER, Pilot Study for Essentiality Assessment of Standard Essential Patents, Luxembourg, 2020, 23).

[6] La letteratura economia e giuridica sui rischi della standardizzazione è ormai sterminata. Si rinvia, in proposito, a V. MELI, Standard, standardizzazione e applicazione dell’art. 102 Tfue ai conflitti su licenze relative a diritti di proprietà intellettuale, in questa Rivista, 2014, note 5 e 6. Più di recente, si vedano, T.S. SIMCOE, A.L. SHAMPINE, Economics of Patents and Standardization: Network Effects, Hold-up, Hold-out, Stacking, in J.L. CONTRERAS (ed.), The Cambridge Handbook of Technical Standardization Law: Competition, Antitrust, and Patents, Cambridge (UK), 2018, 100; N. SIEBRASSE, Holdup, Holdout, and Royalty Stacking: A Review of the Literature, in Patent Remedies and Complex Products. Toward a Global Consensus, Cambridge (UK), 2019, 239.

[7] La nozione può farsi risalire addirittura alla giurisprudenza statunitense degli anni Venti in materia di obblighi di concedere licenze su diritti di proprietà intellettuale. Per un’ampia ricognizione storica, si veda J.L. CONTRERAS, Origins of FRAND Licensing Commitments in the United States and Europe, in J.L. CONTRERAS (ed.), The Cambridge Handbook of Technical Standardization Law (nt. 6), 149.

[8] Si veda, da ult., H. HOVENKAMP, FRAND and Antitrust, in Cornell Law Review, 2020, 1683, 1685. Per una critica alla soluzione dei FRAND commitments. E ciò a tacere dell’altret­tanto grave problema che non tutti i SEPs vengano dichiarati all’atto della selezione di uno standard, con il realizzarsi successivo del cd. patent ambush.

[9] Così M. LIBERTINI, Brevi riflessioni sulla sentenza Huawei: verso una regolazione delle licenze FRAND di ‘Standard Essential Patents’, in questa Rivista, fasc. 1/2017.

[10] Si vedano J. LERNER, J. TIROLE, Standard-Essential Patents, in Journal of Political Economy, 2015, 547: «In an attempt to curb the monopoly power that they create, most SSOs require the owners of patents covered by the standard to grant licenses on fair, reasonable and non-discriminatory (FRAND) terms. Needless to say, such loose price commitments have been conducive to intense litigation activity»; G. GHIDINI, G. TRABUCCO, Il calcolo dei diritti di licenza in regime FRAND: tre criteri pro-concorrenziali di ragionevolezza, in questa Rivista, fasc. 1/2017.

[11] Così M. LIBERTINI, Brevi Riflessioni sulla Sentenza Huawei: Verso una Regolazione delle Licenze FRAND di Standard Essential Patents” (nt. 9).

[12] Per una ricognizione, che considera anche le (poche) pronunce italiane, si vedano P. LAROUCHE, N. ZINGALES, Injunctive Relief in the EU – Intellectual Property and Competition Law at the Remedies Stage, in J.L. CONTRERAS (ed.), The Cambridge Handbook of Technical Standardization Law (nt. 6), 406. Anche negli Stati Uniti, in realtà, si è generato un diffuso contenzioso su talke aspetto; si veda J.G. SIDAK, Injunctive Relief and the FRAND Commitments in the United States, in J.L. CONTRERAS (ed.), The Cambridge Handbook of Technical Standardization Law (nt. 6), 389.

[13] Si vedano N.V. SIEBRASSE, T.F. COTTER, Judicially Determined FRAND Royalties, in J.L. CONTRERAS (ed.), The Cambridge Handbook of Technical Standardization Law (nt. 6), 365; J.L. CONTRERAS, T.F. COTTER, S.J. JONG, B.J. LOVE, N. PETIT, P. PICHT, N.V. SIEBRASSE, R. SIKORSKI, M. SUZUKI, J. DE WERRA, The Effect of FRAND Commitments on Patent Remedies, in B. BIDDLE, J.L. CONTRERAS, B.J. LOVE, N.V. SIEBRASSE (eds.), Patent Remedies and Complex Products: Toward a Global Consensus (nt. 6), 160, 171 ss.

[14] Si vedano ad es., D.W. CARLTON, A.L. SHAMPINE, An Economic Interpretation of FRAND, in Journal of Competition Law & Economics, 2013, 531; J.G. SIDAK, The Meaning of FRAND. Part I: Royaltiesivi, 931; J.D. WRIGHT, SSOS, Frand, and Antitrust: Lessons from the Economics of Incomplete Contracts, in George Mason Law Review, 2014, 791; A. LAYNE-FARRAR, The Economics of FRAND, in R.D. BLAIR, D.D. SOKOL, The Cambridge Handbook of Antitrust Intellectual Property and High Tech, Cambridge (UK), 2017, 57; T.F. COTTER, Comparative Law and Economics of Standard-Essential Patents and FRAND Royalties, in Texas Intellectual Property Law Journal, 2017, 311; A. LAYNE-FARRAR, K.W. WONG-ERVIN, Methodologies for calculating FRAND damages: an economic and comparative analysis of the case law from China, the European Union, India, and the United States, in Jindal Global Law School Review, 2017, 127; J.D. PUTNAM, Economic Determination in “FRAND Rate”-Setting: a Guide for the Perplexed, in Fordham International Law Journal, 2018, 953; J. PADILLA, D.H. GINSBURG, K.W. WONG-ERVIN, Antitrust Analysis Involving Intellectual Property and Standards: Implications from Economics, in Harvard Journal of Law & Technology, 2019, 1; P. PARCU, D. SILEI, An Algorithm Approach to FRAND Contracts, EUI Working Papers, n. 65/2020. Si veda anche il documento esitato nel gennaio 2021 dal Group of Experts on Licensing and Valuation of Standard Essential Patents ‘SEPs Expert Group’, Contribution to the Debate on SEPs, spec. 95 ss.

[15] N.V. SIEBRASSE, T.F. COTTER, Judicially Determined FRAND Royalties, in J.L. CONTRERAS (ed.), The Cambridge Handbook of Technical Standardization Law (nt. 6).

[16] Ibidem.

[17] Unwired Planet International Ltd v Huawei Technologies Co Ltd [2017] EWHC 711 (Pat). Si vedano su tale pronuncial P.G. PICHT, FRAND determination in TCL v. Ericsson and Unwired Planet v. Huawei: Same same but different?, Max Planck Institute for Innovation and Competition Research Paper No. 18-07; ID., Unwired Planet/Huawei: A Seminal SEP/FRAND Decision From the UK, in GRUR Int., 2017, 569; J. CONTRERAS, Global Markets, Competition, and FRAND Royalties: The Many Implications of Unwired Planet v. Huawei, in The Antitrust Source (www.antitrustsource.com), 2017, 1; N.D. MESEL, Interpreting the ‘FRAND’ in FRAND Licensing: Licensing and Competition Law Ramifications of the 2017 Unwired Planet v Huawei UK High Court Judgements, in A. BHARADWAJ, V.H. DEVAIAH, I. GUPTA (eds.), Multi-dimensional Approaches Towards New Technology Insights on Innovation, Patents and Competition, Singapore, 2018, 119.

Quasi contemporaneamente è stata emessa negli USA la sentenza TCL Communication Technology Holdings Ltd v Telefonaktiebolaget LM Ericsson (United States District Court for the Central District of California in No. 2:15-cv-02370-JVSDFM, Judge James V. Selna, 21 settembre 2017), che appare molto meno accurata di quella inglese. Su di essa (annullata per motivi processuali il 5 dicembre 2019 dalla Corte di appello federale), si veda la puntuale critica di J.G. SIDAK, Judge Selna’s Errors in TCL v. Ericsson Concerning Apportionment, Nondiscrimination, and Royalties Under the FRAND Contract, in The Criterion Journal on Innovation, 2019, 101.

[18] La sentenza di appello è Unwired Planet International Ltd v Huawei Technologies Ltd [2018] EWCA Civ 2344. Su di essa si vedano G. COLANGELO, G. SCARAMUZZINO, Unwired Planet Act 2: The Return of the FRAND Range, in European Competition Law Review, 2019, 306.

[19] Communication of the EU Commission, Intellectual property rights and standardization, COM(92), 445 final, Brussels, 27 October 1992.

[20] E cioè il CEN (European Committee for Standardization), il CENELEC (European Committee for Electro-Technical Standardization) e l’ETSI (European Telecommunications Standards Institute). Su di essi, si veda A. GIANNACCARI, Standard Setting and the Law (nt. 1), 194 ss.

[21] E cioè l’ISO (International Organization for Standardization), l’IEC (International Electrotechnical Commission) e il CCITT (International Telegraph and Telephone Consultative Committee).

[22] Communication 1992 (nt. 19), parr. 4.3.3, 7.

[23] Communication 1992 (nt. 19), par. 5.1.

[24] Ivi, par. 5.1.6: «Abuse of a dominant position by a standard-making body and its members could manifest itself by the activity of imposing unfair purchasing prices (i.e. royalty rates to right holders) or selling prices, (rates including royalties for the use of standards) or other unfair trading conditions».

[25] Comunicazione della Commissione, Linee direttrici sull'applicabilità dell'articolo 81 del trattato CE agli accordi di cooperazione orizzontale (2001/C 3/02).

[26] Par. 174. «È chiaro che vi sarà un momento in cui la definizione di uno standard privato da parte di un gruppo di imprese che insieme detengono una posizione dominante può portare alla creazione di uno standard di fatto per il settore. La principale preoccupazione sarà allora di garantire che tali standard siano il più possibile accessibili e che siano applicati in una maniera chiara e non discriminatoria. Per evitare l'eliminazione della concorrenza nel(i) mercato(i) rilevante(i) i terzi devono poter accedere allo standard a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie».

[27] Si veda D. GERADIN, European Union Competition Law, Intellectual Property Law and Standardization, in J.L. CONTRERAS (ed.), The Cambridge Handbook of Technical Standardization Law (nt. 6), 78, 79. Il tema è stato affrontato dalla Commissione anche con riferimento ai pool tecnologici: si vedano le Linee direttrici sull'applicazione dell'articolo 81 del trattato CE agli accordi di trasferimento di tecnologia (2004/C 101/02), spec. par. 226: «Quando il pool detiene una posizione dominante sul mercato, le royalties e le altre condizioni della licenza dovrebbero essere eque e non discriminatorie e le licenze non dovrebbero essere esclusive».

[28] Comunicazione della Commissione – Orientamenti sulle priorità della Commissione nel­l’applicazione dell’articolo 82 del trattato CE al comportamento abusivo delle imprese dominanti volto all’esclusione dei concorrenti (2009/C 45/02).

[29] Il solo passaggio nel quale si menzionano possibili rifiuti di licenza, da trattarsi secondo la essential facilities doctrine, opportunamente adattata, è il seguente (par. 78): «Il concetto di rifiuto di effettuare forniture copre una vasta gamma di pratiche, quale il rifiuto di fornire prodotti a clienti nuovi o esistenti, di concedere in licenza diritti di proprietà intellettuale, anche quando la licenza è necessaria per fornire informazioni di interfaccia, o di concedere l'accesso a un impianto o a una rete essenziali». In esso la Commissione fa, comprensibilmente, riferimento ai casi trattati fin lì dalla giurisprudenza, riguardanti possibili abusi da parte di titolari di DPI divenuti, essi stessi, di fatto, standard (Corte Giust., causa C-418/01, IMS Health/
NDC Health; Id., causa T-201/04, Microsoft/Commissione).

[30] Linee direttrici sull’applicabilità dell’art. 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale (2011/C 11/01).

[31] Linee Guida del 2011, Par. 288.

[32] In primo luogo, Corte Giust., 14 febbraio 1978, causa 27/76, United Brands Company e United Brands Continentaal BV contro Commissione delle Comunità europee, punto 250.

[33] Par. 289 delle Linee Guida 2011.

[34] Così la citata sentenza United Brands, punto 252.

[35] Corte Giust., 13 luglio 1989, cause riun. 110/88, 241/88, 242/88, François Lucazeau e altri contro Société des auteurs, compositeurs et éditeurs de musique (Sacem) e altri, punto 25.

[36] Par. 289.

[37] Public consultation on patents and standards: A modern framework for standardisation involving intellectual property rights (http://ec.europa.eu/growth/tools-databases/newsroom/cf/
itemdetail.cfm?itemid=7833).

[38] Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Priorità per la normazione delle TIC per il mercato unico digitale (COM(2016) 0176 final).

[39] Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo, Definire l'approccio dell'UE ai brevetti essenziali (COM(2017) 0712 final).

[40] Quest’ultima è la nota questione del reverse hold-up, sulla quale si veda, tra l’altro, D. GERADIN, Reverse Hold-ups: The (Often Ignored) Risks Faced by Innovators in Standardized Areas, 11/2010, in SSRN.com.

[41] Licensing Terms of Standard Essential Patents: A Comprehensive Analysis of Cases, JRC 2017. 26 Study on Transparency, Predictability and Efficiency of SDO-based Standardization and SEP Licensing, pubblicato il 12 dicembre 2016 (studio CRA).

[42] A tale proposito, richiama la già illustrata sentenza inglese del giudice Birss, Unwired Planet v. Huaweï [2017] EWHC 711 (Pat).

[43] Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Sfruttare al meglio il potenziale innovativo dell'UE Piano d'azione sulla proprietà intellettuale per sostenere la ripresa e la resilienza dell'UE (Bruxelles, 25 dicembre 2020 COM(2020) 760 final), 14.

[44] R. BEKKERS, J. HENKEL, E.M. TUR, T. VAN DER VORST, M. DRIESSE, B. KANG, A. MARTINELLI, W. MAAS, B. NIJHOF, E. RAITERI, L. TEUBNER, Pilot Study for Essentiality Assessment of Standard Essential Patents (nt. 5).

[45] Si vedano J. CONTRERAS, Essentiality and Standard-Essential Patents, in J.L. CONTRERAS (ed.), The Cambridge Handbook of Technical Standardization Law (nt. 6), 209; M.A. LEMLEY, T. SIMCOE, How Essential Are Standard-Essential Patents?, in Cornell Law Review, 2019, 607.

[46] Va ricordato, peraltro, come anche negli Stati Uniti, con riferimento alla standardizzazione de iure e ai FRAND commitments, si sia sviluppata una copiosa giurisprudenza antitrust. Si vedano, per una sua ampia illustrazione, R.B. HESSE, F. MARSHALL, U.S. Aspects of FRAND Disputes, in J.L. CONTRERAS (ed.), The Cambridge Handbook of Technical Standardization Law (nt. 6), 263.

[47] La Commissione, in particolare, il 1° ottobre 2007 avviò nei confronti di Qualcomm, produttore statunitense di circuiti per telefoni cellulari, un procedimento per abuso di posizione dominante per il livello irragionevole delle royalties richieste da tale impresa per le licenze su sue tecnologie adottate come standard dall’ETSI. Il procedimento fu abbandonato, per mancanza di prove e a fronte del ritiro delle denunce (si veda MEMO/09/516, del 24 novembre 2009). Un procedimento avviato, su basi analoghe, nei confronti di Rambus, impresa statunitense produttrice di semiconduttori e memorie per PC, fu chiuso con impegni (si veda MEMO/09/544, del 9 dicembre 2009). Si chiuse, infine, per il ritiro della denuncia e l’assunzione di impegni a concedere licenze a condizioni FRAND, un procedimento nei confronti di IPCom, denunciata da Nokia, per non avere assunto detti impegni in relazione a SEPs nel settore delle telecomunicazioni (che IPCom aveva acquisito dalla Bosch, la quale, invece, si era impegnata) (si veda MEMO/09/549, del 10 dicembre 2009).

[48] A partire dal 2012, la Commissione avviò diversi procedimenti per abuso di posizione dominante a carico di Motorola, Samsung e, ancora, Motorola. Solo nell’ultimo caso si è giunti, appunto, ad una decisione di condanna (dec. 29 aprile 2014, Motorola – Enforcement of GPRS standard essential patents, C (2014) 2892 final. Motorola Mobility Holding, Inc. (MMH), aveva tentato di ottenere da una corte tedesca un’inibitoria contro la Apple, in relazione all’utilizzo di SEPs incorporati nella tecnologia GPRS per le comunicazioni mobili e wireless, selezionata quale standard nell’ambito dell’ETSI. All’atto della convergenza sullo standard in questione, MMH aveva dichiarato l’impegno a concedere in licenza, a condizioni FRAND, sui brevetti ritenuti essenziali per l’implementazione di detta tecnologia.

Ai fini della determinazione delle condizioni FRAND, interessante il procedimento avviato nei confronti di Samsung (si veda la press release del 21 dicembre 2012, IP/12/1448 (http://
europa.eu/rapid/press-releaseIP-12-1448en.htm) e chiuso con impegni il 17 ottobre 2013 (si veda IP/13/971 all’indirizzo web http://europa.eu/rapid/press-releaseIP-13-971en.htm?locale=en). In particolare, Samsung si è impegnata per cinque a non agire in giudizio per bloccare l’utilizzo dei propri SEPs per l’implementazione delle tecnologie negli smartphones e nei tablets (mobile SEPs), nei confronti di qualunque impresa che accetti un determinato schema di licenza. Tale schema prevede, in sintesi, 1) una negoziazione di dodici mesi per la determinazione dei termini FRAND e 2) se la negoziazione non ha successo, la rimessione ad una terza parte, corte o arbitratore, secondo l’accordo delle parti. Per il testo completo degli impegni, si veda http://ec.europa.eu/competition/antitrust/cases/decdocs/39939/3993913015.pdf. Gli impegni sono stati accolti e resi vincolanti dalla Commissione il 29 aprile 2014 (IP/14/490). Si veda anche il memo (MEMO/13/403, reperibile all’indirizzo web http://europa.eu/rapid/press-releaseMEMO-13-403en.htm) che, in forma di domande e risposte, illustra la posizione generale della Commissione sul tema. Nel procedimento annunciato con la IP/12/1448.

Si rinvia, su tali vicende, al mio Standard, standardizzazione e applicazione dell’art. 102 Tfue ai conflitti su licenze relative a diritti di proprietà intellettuale, in questa Rivista, n. 1/2014. Si veda anche D. GERADIN, European Union Competition Law, Intellectual Property Law and Standardization (nt. 27), 80, 83 s.

[49] Corte Giust. (quinta sez.), 16 luglio 2015, causa C170/13, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dal Landgericht Düsseldorf (Germania), con decisione del 21 marzo 2013, pervenuta in cancelleria il 5 aprile 2013, nel procedimento Huawei Technologies Co. Ltd c. ZTE Corp., ZTE Deutschland GmbH. Alle riflessioni suscitate dalla sentenza è dedicato per intero il n. 1/2017 di questa Rivista. Tra i contributi critici più recenti, si segnala N. PETIT, EU Competition Law Analyisis of FRAND Commitments, in J.L. CONTRERAS (ed.), The Cambridge Handbook of Technical Standardization Law. Competition, Antitrust, and Patents (nt. 6), 290.

[50] Le cinque domande poste dalla corte tedesca erano le seguenti:

«1) Se il titolare di un [BEN], che abbia dichiarato dinanzi a un organismo di normalizzazione la sua disponibilità a concedere a terzi una licenza a [condizioni FRAND], abusi della sua posizione dominante qualora eserciti un’azione inibitoria nei confronti di un contraffattore, benché quest’ultimo abbia manifestato la sua disponibilità a negoziare siffatta licenza,

oppure

se si debba ritenere che un abuso di posizione dominante possa essere ravvisato soltanto qualora il contraffattore abbia presentato al titolare del brevetto, ai fini della conclusione di un contratto di licenza, una proposta incondizionata accettabile che il titolare non può rifiutare senza ostacolare in modo iniquo il contraffattore o senza violare il principio di non discriminazione, e qualora il contraffattore, in previsione della concessione della licenza, abbia già adempiuto gli obblighi contrattuali derivanti a suo carico dagli atti di sfruttamento precedentemente compiuti.

2) Nel caso in cui l’abuso di posizione dominante sia ravvisabile nella semplice disponibilità a negoziare del contraffattore:

se, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, siffatta disponibilità a negoziare debba rispondere a specifici requisiti qualitativi e/o temporali. Se il contraffattore possa essere ritenuto disponibile a negoziare quando abbia dichiarato (verbalmente), solo in modo generico, la propria disponibilità ad avviare trattative, o se il contraffattore debba aver già avviato le trattative, indicando ad esempio, in concreto, a quali condizioni è disponibile a concludere il contratto di licenza.

3) Nel caso in cui l’abuso di posizione dominante sia subordinato alla presentazione di una proposta contrattuale incondizionata e accettabile:

se, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, siffatta proposta debba rispondere a specifici requisiti qualitativi e/o temporali. Se la proposta debba contemplare tutte le regole che, di norma, sono contenute nei contratti di licenza stipulati nel settore tecnico considerato. Se, in particolare, la proposta possa essere subordinata alla condizione dello sfruttamento effettivo del brevetto summenzionato oppure della sua validità.

4) Nel caso in cui l’abuso di posizione dominante sia subordinato all’adempimento, da parte del contraffattore, degli obblighi derivanti dalla licenza da attribuire:

se, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, gli adempimenti del contraffattore debbano rispondere a specifici requisiti. Se il contraffattore sia tenuto a dar conto degli atti di sfruttamento compiuti e/o a versare diritti di licenza. Se, eventualmente, il contraffattore possa adempiere l’obbligo di pagamento dei diritti di licenza mediante la prestazione di una garanzia.

5) Se le condizioni alle quali si può ritenere che il titolare di un [BEN] abbia commesso un abuso di posizione dominante siano applicabili anche quando il titolare fa valere in giudizio altri diritti che traggono origine dalla contraffazione (presentazione di dati contabili, richiamo di prodotti, risarcimento dei danni)».

[51] In particolare:

– il titolare del SEP deve preavvisare il presunto contraffattore, informandolo della contraffazione;

– una volta che il presunto contraffattore abbia confermato di voler stipulare un contratto di licenza a condizioni FRAND, il titolare deve trasmettergli una proposta di licenza concreta e scritta a condizioni FRAND, nel rispetto dell’impegno assunto nei confronti dell’organismo di normalizzazione, specificando, in particolare, il corrispettivo e le sue modalità di calcolo;

– il presunto contraffattore deve dare seguito alla proposta ricevuta con diligenza, conformemente agli usi commerciali riconosciuti in materia e alla buona fede, senza porre in essere tattiche dilatorie. Se non la condivide, potrà, entro un breve termine e per iscritto, formulare una controproposta a condizioni FRAND;

– in tale fase, l’eventuale iniziativa del titolare volta ad ottenere un’azione inibitoria o per richiamo di prodotti sarà valutabile come abusiva;

– nel caso in cui il presunto contraffattore utilizzi il brevetto prima della stipulazione di un contratto di licenza, esso è tenuto, a partire dal momento del rifiuto della sua controproposta, a costituire una garanzia appropriata, conformemente agli usi commerciali riconosciuti in materia.

– qualora, in seguito alla controproposta del presunto contraffattore non si pervenga ad alcun accordo sui dettagli delle condizioni FRAND, le parti, di comune accordo, possono chiedere che l’importo del corrispettivo sia determinato da un terzo indipendente che statuisca in termini brevi (par. 68).

[52] Se ne discute in J.L. CONTRERAS, T.F. COTTER, SANG JO JONG, B.J. LOVE, N. PETIT, P. PICHT, N.V. SIEBRASSE, R. SIKORSKI, M. SUZUKI, AND J. DE WERRA, The Effect of FRAND Commitments on Patent Remedies, in B. BIDDLE, J.L. CONTRERAS, B.J. LOVE, N.V. SIEBRASSE (eds.), Patent Remedies and Complex Products: Toward a Global Consensus (nt. 6), 176.

[53] Si può convenire, cioè, con G. BRUZZONE, Standard-essential patents and assertion of IPRs: defining the boundaries of abusive use of court injunctions, slides della Relazione tenuta alla V Intertic Conference on Antitrust Policy, Rome, 16th May 2013, la quale, già considerando i precedenti tedeschi, osservava che «The issue of the conditions under which the SEP holder should obtain an injunction in court proceedings is different from the issue of the application of art. 102». Nello stesso senso, T. KÖRBER, Kartellrechtlicher Zwangslizenzeinwand und standardessentielle Patente, in NZKart, 2013, 104, 251 ss., tale giurisprudenza è contraria al diritto unionale.

[54] Successivamente alla pronuncia della Corte, il BGH ha più volte applicato i principi in essa dettati. BGH, Urt. v. 5.05.2020, KZR 36/17, si occupa del profilo della non discriminatorietà; BGH, 24 novembre 2020, KZR 35/17 si pone invece, in tutto e per tutto, sulla nota linea della valutazione del comportamento delle parti in causa.

[55] LG Düsseldorf 26 dicembre 2020 4c O 17/19. La domanda posta alla Corte è la seguente:

«A. Besteht eine Pflicht zur vorrangigen Lizenzierung von Zulieferern?

  1. Kann ein Unternehmen einer nachgelagerten Wirtschaftsstufe der auf Unterlassung gerichteten Patentverletzungsklage des Inhabers eines Patents, das für einen von einer Standardisierungsorganisation normierten Standard essentiell ist (SEP) und der sich gegenüber dieser Organisation unwiderruflich verpflichtet hat, jedem Dritten eine Lizenz zu FRAND- Bedingungen zu erteilen, den Einwand des Missbrauchs einer marktbeherrschenden Stellung i.S.v. Art. 102AEUV entgegenhalten, wenn der Standard, für den das Klagepatent essentiell ist, bzw. Teile desselben bereits in einem von dem Verletzungsbeklagten bezogenen Vorprodukt implementiert wird, dessen lizenzwilligen Lieferanten der Patentinhaber die Erteilung einer eigenen unbeschränkten Lizenz für alle patentrechtlich relevanten Nutzungsarten zu FRAND-Bedingungen für den Standard implementierende Produkte verweigert?
  2. a) Gilt dies insbesondere dann, wenn es in der betreffenden Branche des Endproduktevertreibers den Gepflogenheiten entspricht, dass die Schutzrechtslage für die von dem Zulieferteil benutzten Patente im Wege der Lizenznahme durch die Zulieferer geklärt wird?
  3. b) Besteht ein Lizenzierungsvorrang gegenüber den Zulieferern auf jeder Stufe der Lieferkette oder nur gegenüber demjenigen Zulieferer, der dem Vertreiber des Endprodukts am Ende der Verwertungskette unmittelbar vorgelagert ist? Entscheiden auch hier die Gepflogenheiten des Geschäftsverkehrs?
  4. Erfordert es das kartellrechtliche Missbrauchsverbot, dass dem Zulieferer eine eigene, unbeschränkte Lizenz für alle patentrechtlich relevanten Nutzungsarten zu FRAND-Bedingungen für den Standard implementierende Produkte in dem Sinne erteilt wird, dass die Endvertreiber (und ggf. die vorgelagerten Abnehmer) ihrerseits keine eigene, separate Lizenz vom SEP-Inhaber mehr benötigen, um im Fall einer bestimmungsgemäßen Verwendung des betreffenden Zulieferteils eine Patentverletzung zu vermeiden?
  5. Sofern die Vorlagefrage zu 1. verneint wird: Stellt Art.102AEUV besondere qualitative, quantitative und/oder sonstige Anforderungen an diejenigen Kriterien, nach denen der Inhaber eines standardessentiellen Patents darüber entscheidet, welche potenziellen Patentverletzer unterschiedlicher Ebenen der gleichen Produktions- und Verwertungskette er mit einer auf Unterlassung gerichteten Patentverletzungsklage in Anspruch nimmt? B. Konkretisierung der Anforderungen aus der Entscheidung des Gerichtshofs in Sachen Huawei./. ZTE (Urteil vom 16. Juli 2015, C170/13):
  6. Besteht ungeachtet dessen, dass die vom SEP-Inhaber und vom SEP-Benutzer wechselseitig vorzunehmenden Handlungspflichten (Verletzungsanzeige, Lizenzierungsbitte, FRAND-Lizenzangebot; Lizenzangebot an den vorrangig zu lizenzierenden Zulieferer) vorgerichtlich zu erfüllen sind, die Möglichkeit, Verhaltenspflichten, die im vorgerichtlichen Raum versäumt wurden, rechtswahrend im Laufe eines Gerichtsverfahrens nachzuholen? 2. Kann von einer beachtlichen Lizenzierungsbitte des Patentbenutzers nur dann ausgegangen werden, wenn sich aufgrund einer umfassenden Würdigung aller Begleitumstände klar und eindeutig der Wille und die Bereitschaft des SEP-Benutzers ergibt, mit dem SEP-Inhaber einen Lizenzvertrag zu FRAND-Bedingungen abzuschließen, wie immer diese (mangels eines zu diesem Zeitpunkt formulierten Lizenzangebotes überhaupt noch nicht absehbaren) FRAND-Bedingungen aussehen mögen?
  7. a) Gibt ein Verletzer, der mehrere Monate auf den Verletzungshinweis schweigt, damit regelmäßig zu erkennen, dass ihm an einer Lizenznahme nicht gelegen ist, so dass es – trotz verbal formulierter Lizenzbitte – an einer solchen fehlt, mit der Folge, dass der Unterlassungsklage des SEP-Inhabers stattzugeben ist?
  8. b) Kann aus Lizenzbedingungen, die der SEP-Benutzer mit einem Gegenangebot eingebracht hat, auf einemangelnde Lizenzbitte geschlossen werden, mit der Folge, dass der Unterlassungsklage des SEP Inhabers ohne vorherige Prüfung, ob das eigene Lizenzangebot des SEP-Inhabers (welches dem Gegenangebot des SEP-Benutzers vorausgegangen ist) überhaupt FRAND-Bedingungen entspricht, daraufhin stattgegeben wird? c) Verbietet sich ein solcher Schluss jedenfalls dann, wenn diejenigen Lizenzbedingungen des Gegenangebotes, aus denen auf eine mangelnde Lizenzbitte geschlossen werden soll, solche sind, für die weder offensichtlich noch höchstrichterlich geklärt ist, dass sie sich mit FRAND-Bedingungen nicht vereinbaren lassen?».

[56] Sul dibattito relativo alla natura giuridica degli impegni FRAND, si rinvia a V. MELI, Standard, standardizzazione e applicazione dell’art. 102 Tfue ai conflitti su licenze relative a diritti di proprietà intellettuale, in questa Rivista, 2014, spec. nota 11. Decisamente avverso all’applicazione del diritto antitrust nel caso di specie è D. Geradin, del quale si veda, da ultimo, European Union Competition Law, Intellectual Property law and Standardization, in J.L. CONTRERAS (ed.), The Cambridge Handbook of Technical Standardization Law. Competition, Antitrust, and Patents (nt. 6), 78.

[57] Si vedano, in particolare, J. TEMPLE LANG, Eight Important Questions on Standards under European Competition Law, in Comp. Law Int’l, 2011, 32; S. BARTHELMESS, N. GAUSSDie Lizenzierung standardessentieller Patente im Kontext branchenweit vereinbarter Standards unter dem Aspekt des Art. 101 AEUV, in WuW, 2010, 626.

[58] Così J. TEMPLE LANG, Eight Important Questions on Standards under European Competition Law (nt. 57), 33.

[59] Oltre agli autori citati alla nota 57, si veda, in tal senso, P. CHAPPATTE, Frand Commitments – The Case for Antitrust Intervention, in European Competition Journal, 2009, 319, 332.

[60] Si veda ancora J. TEMPLE LANG, Eight Important Questions on Standards under European Competition Law (nt. 57), 32. La stessa soluzione è proposta, ma in termini apodittici, da S. BARTHELMES, N. GAUSS,Die Lizenzierung standardessentieller Patente im Kontext branchenweit vereinbarter Standards unter dem Aspekt des Art. 101 AEUV (nt. 57).

[61] T. KÖRBER, Kartellrechtlicher Zwangslizenzeinwand und standardessentielle Patente, in NZKart, 2013, 57 (207).

[62] Secondo M. LIBERTINI, Brevi riflessioni sulla sentenza Huawei: verso una regolazione delle licenze FRAND di ‘Standard Essential Patents’ (nt. 9), «Non si tratterebbe però di un problema insuperabile: potrebbe richiedersi, in proposito, una “constatazione di inapplicabilità” dell’art. 101, ai sensi dell’art. 10, Reg. 1/2003/CE (sostanzialmente corrispondente alla “attestazione negativa” della prassi antitrust ante-modernizzazione). Esperienze di questo tipo si sono avviate, in effetti, negli Stati Uniti, con l’adozione, nel 2015, delle linee-guida di IP Policy dello IEEE (Institute of Electrical and Electronic Engineers), organizzazione titolare di diversi importanti standard; ma l’iniziativa ha suscitato forti critiche da parte delle principali imprese interessate».

[63] Si veda ancora, in senso assai critico verso questa rinuncia nel caso di specie, M. LIBERTINI, Brevi riflessioni sulla sentenza Huawei: verso una regolazione delle licenze FRAND di ‘Standard Essential Patents’ (nt. 9).

[64] Ibidem.

[65] Come rilevato da N. PETIT, EU Competition Law Analyisis of FRAND Commitments (nt. 49), spec. 301 s., la stessa impostazione basata sui FRAND commitments fa sì che ne restino fuori sia le patent assertion entities (PAEs), sia le non-practicing entities (NPEs). In linea di massima, entrambe le categorie sono riconducibili al fenomeno dei brevetti acquisiti non per svilupparli, ma per lucrare agendo contro i supposti contraffattori.

[66] Si veda nota 43.

[67] Brussels, 5 July 2018 C(2018) 4161 final, setting up a group of experts on licensing and valuation of standard essential patents.

[68] Il Gruppo, selezionato attraverso una public call, doveva comprendere per almeno due terzi esperti selezionati «in personal capacity», che avrebbero dovuto agire «independently and in the public interest» e, per il resto, «individuals appointed to represent a common interest shared by stakeholders involved in activities related to licensing and/or valuation of SEPs». Orbene, se, alla fine un solo componente risulta ascritto alla seconda categoria, sull’indipen­denza di alcuni dei membri annoverati nella prima si può esprimere più di un dubbio, considerato che tra di essi compaiono il Chief Licensing Officer di Audi AG, il Direttore IPR Marketing di Robert Bosch GmbH, la Vicepresidente di Ericsson AB …

[69] Group of Experts on Licensing and Valuation of Standard Essential Patents ‘SEPs Expert Group’, Contribution to the Debate on SEPs, January 2021. È disponibile anche un sintetico Executive summary.

[70] Ciò senza nascondersi che i patent pools presentano, a loro volta, numerosi problemi. Se ne veda un ampio studio in J. LERNER, J. TIROLE, Standard-Essential Patents (nt. 10).