Rivista Orizzonti del Diritto CommercialeCC BY-NC-SA Commercial Licence ISSN 2282-667X
G. Giappichelli Editore

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Gli accordi di sostegno finanziario di gruppo ex artt. 69-duodecies ss. t.u.b.: spunti critici e questioni aperte [1] (di Giorgia Marra, Dottoranda di ricerca in “Diritto e impresa”, LUISS Guido Carli, Roma)


Gli accordi di sostegno finanziario di gruppo, regolati dagli artt. 69-duodecies ss. t.u.b., rientrano tra gli strumenti di prevenzione della crisi dell’intermediario e del gruppo bancario alla luce del Meccanismo di Risoluzione Unico. Essi si presentano come istituto peculiare, per tecnica legislativa e per contenuti, rispetto alle generali norme di diritto comune. L’intento del lavoro è comprendere la logica sottesa al sistema attraverso lo studio della regolamentazione positiva. A sua volta, essa è strumento per vagliare l’effettività della costruzione giuridica, nonché colmarne, per quanto possibile, le lacune.

Group financial support agreements pursuant to articles 69-duodecies ff. of the Italian Banking Act: critical insights and open questions

Group financial support agreements, pursuant to Articles 69-duodecies and subsequent of the Italian Consolidated Banking Act, are a regulatory tool aimed at preventing the crisis of banking institutions and groups, in light of the Single Resolution Mechanism. They appear as a peculiar kind of legal transaction, in terms of legislative technique and content, with respect to the general provisions on groups. The aim of this paper is to understand their underlying logic through the study of the regulation, which in turn is a tool to assess the effectiveness of the legal construction and try to fill the regulatory gaps.

Keywords: intra group financial support – banks – crisis prevention measures – early intervention

Sommario/Summary:

1. Premessa - 2. Natura ed efficacia giuridicamente vincolante degli accordi. - 3. (Segue) La prestazione principale: il sostegno finanziario. - 4. (Segue) Il corrispettivo. - 5. (Segue) Le parti dell’accordo e la partecipazione di terzi. - 6. Procedimento di formazione ed esecuzione degli accordi. Possibili conseguenze applicative del relativo inquadramento. - 7. Prevalenza dell’interesse di gruppo sull’autonomia negoziale dei partecipanti all’accordo. - 8. Cenni conclusivi sulle criticità applicative degli accordi in una dimensione transnazionale. - NOTE


1. Premessa

Gli artt. 69-duodecies ss. t.u.b. regolamentano gli accordi di sostegno finanziario nel gruppo bancario, attuando la direttiva 2014/59/UE sul risanamento e risoluzione delle banche (BRRD). Il quadro è completato dal regolamento delegato della Commissione 2016/1075/UE, dal regolamento di esecuzione 2016/911/UE, e, seppur nei limiti di uno strumento di soft law, dalle Linee Guida EBA del 9 luglio 2015.

La disciplina speciale della risoluzione bancaria si propone la gestione degli intermediari in crisi o in dissesto secondo modalità tali da prevenire il rischio di crisi sistemiche, attraverso strumenti diversificati e destinati ad operare in vari momenti [2]. In particolare, si distinguono misure preparatorie e di prevenzione della crisi; misure di intervento precoce; ed, infine, la risoluzione vera e propria, che si pone a sua volta (a determinate condizioni) come alternativa alle ordinarie procedure concorsuali dei diversi ordinamenti nazionali.

Gli accordi rientrano tra le misure preparatorie del risanamento. Essi si inseriscono in una fase anteriore alla crisi (e al dissesto o rischio di dissesto) che si propongono di prevenire, ed infatti la relativa disciplina tipizza una complessa procedura articolata in due momenti: la conclusione, in via preventiva, di un contratto destinato a regolamentare la prestazione di sostegno finanziario; e la sua successiva esecuzione, possibile solo al verificarsi dei presupposti per l’intervento precoce [3], e delle altre condizioni di legge. È regolamentazione puntuale quanto a presupposti e controlli, ma non chiarifica la sostanza giuridica dell’istituto, che spetta all’interprete.

È certo però che la disciplina speciale intende favorire le interazioni finanziarie tra intermediari facenti capo ad un gruppo. Essa infatti deroga numerose norme di diritto comune, tradizionalmente fondato sull’alterità soggettiva dei partecipanti, da cui consegue la separazione delle relative masse patrimoniali quale garanzia per le pretese dei rispettivi creditori ed aventi causa [4]. Alla deroga funge da principale contrappeso il penetrante controllo dell’Autorità di Vi­gilanza, che è partecipe, insieme alle parti, delle varie fasi della procedura. È argine contro eventuali abusi.

Al di fuori di tali eccezioni, gli accordi si inseriscono comunque nella disci­plina della direzione e coordinamento e delle norme speciali sul gruppo ban­cario [5], e non escludono il ricorso, parallelamente, o alternativamente, ad al­tre forme di sostegno.

Quanto alla tecnica legislativa adottata sul piano europeo, la disciplina è concentrata, salvo sporadici riferimenti, nella direttiva, peraltro diretta a tutti gli Stati Membri, e non nel regolamento (2014/806/UE – SRM), ad essa «com­plementare», rivolto invece ai soli Stati che abbiano adottato la moneta u­nica (o che comunque abbiano instaurato una cooperazione stretta ai sensi del­l’art. 7, regolamento 2013/1024/UE – SSM).

La scelta può trovare una delle sue ragioni ispiratrici nella necessità di contestualizzazione e traduzione dell’istituto nel diritto di ciascuno Stato Membro, per quanto possibile, in coerenza sia con relativi istituti, sia con il quadro europeo. Tale necessità può ritenersi inoltre alla base del condivisibile impiego, nella direttiva, del termine, di portata più generale, «accordi». Ne è invero presupposta l’attuazione in ordinamenti caratterizzati da fattispecie negoziali diversamente qualificate in base alla relativa forza cogente. Tuttavia, la traduzione dell’istituto nel diritto italiano ne avrebbe forse richiesto la qualifica di «contratti». Nel diritto interno, infatti, la categoria giuridica degli accordi non si pone in posizione di netta alterità rispetto a quella dei contratti, che sono co­munque incontri di volontà suscettibili di formare un vincolo giuridico [6].

Alla luce di tali premesse, quanto si è detto e si dirà costituisce un primo ap­proccio alle principali problematiche di inquadramento ed applicazione del­l’istituto, sin ora oggetto solo sporadicamente di analisi dottrinaria e non conso­lidato nella prassi italiana. Molte delle ipotesi interpretative di seguito formulate attendono dunque il vaglio della concreta operatività di settore, nonché, in alcuni casi, un intervento chiarificatore delle Istituzioni.


2. Natura ed efficacia giuridicamente vincolante degli accordi.

Attraverso gli accordi, le parti possono «fornirsi sostegno finanziario per il caso in cui si realizzino per una di esse i presupposti dell’intervento precoce ai sensi dell’articolo 69-octiesdecies e siano soddisfatte le condizioni indicate nel presente capo [7]», e sono diretti «a preservare o ripristinare la stabilità finanziaria del gruppo nel suo complesso o di una delle società del gruppo» [8].

È una fattispecie complessa, a formazione progressiva [9], composta da un ne­gozio preparatorio [10], ed eventuali contratti esecutivi, che prevedono la forni­tura di sostegno finanziario a fronte di un corrispettivo, nel quadro convenzio­nale definito nel primo accordo. Si è detto, è strumento facoltativo [11].

Quanto agli effetti per le parti, il negozio «preparatorio» è giuridicamente vin­colante, e non si tratta pertanto di un semplice gentlemen’s agreement [12]: non avrebbe altrimenti ragione d’essere. È contratto consensuale, ad effetti ob­bligatori e non reali. Segnatamente, esso svolge, in primo luogo, una funzione normativa: le parti sono dunque obbligate ad inserire negli eventuali contratti futuri uno specifico contenuto ivi concordato (quomodo) [13]. È regolamento convenzionale che non esaurisce i propri effetti con l’esecuzione, ma è destinato, salvo revoca o modifica, a produrli ogniqualvolta se ne verifichino le condizioni. L’accordo preparatorio pare tuttavia suscettibile di produrre altresì un obbligo di eseguire il contratto su richiesta della controparte (an), ferma la sussistenza dei presupposti [14].

La natura vincolante dell’accordo preparatorio è punto cruciale per comprendere la reale portata dell’istituto, in quanto numerose sono le conseguenze pratiche, sia per colmare le lacune relative all’iter di adozione, sia per valutare la necessità di rimedi nel caso una delle parti rifiuti l’esecuzione (sul punto si tornerà oltre – v. infra par. 6). Una ricostruzione coerente con il sistema, come si vedrà, potrebbe implicare che il contratto preparatorio dia vita ad un reciproco diritto potestativo alla conclusione del contratto finale (esecutivo), in capo a ciascuna delle parti (di volta in volta) legittimate, contrapposto ad una posizione di soggezione della controparte, la quale, se i presupposti ricorrono, è tenuta ad accettare.

Diverso è il caso di deroga convenzionale al regolamento negoziale in sede esecutiva. In tal caso, si realizzerebbe la volontà delle parti di concludere il contratto finale al di fuori del negozio preparatorio e, dunque, senza applicazione della disciplina di favore, salvo trattarsi di variazioni che non alterino in misura sostanziale il sinallagma predefinito. Allo stesso modo, le parti non sono vincolate necessariamente alla conclusione di un contratto esecutivo, se le rispettive volontà convergono in tal senso, o se comunque nessuna delle due ne richiede l’attivazione, pur ricorrendo i presupposti di legge.

Nella globalità dell’operazione, il rispetto della procedura de qua, e del contenuto dell’accordo «preparatorio» in sede esecutiva è condizione perché le parti profittino di importanti deroghe al diritto comune. L’accordo non si sostituisce dunque alle altre forme di sostegno e non muta l’autonomia privata delle parti, che tuttavia, diversamente, non si avvantaggeranno della deroga [15]. Non si applicano, in particolare «[…] le disposizioni di cui all’articolo 53, comma 4, e agli articoli 2391-bis, 2467, 2497-quinquies e 2901 del codice civile, nonché agli articoli 163, 164, 165, 166, 338, comma 1, lettera a) e comma 3, e 339 del codice della crisi e dell’insolvenza» (art. 69-septiesdecies). È evidente l’incentivo, che d’altra parte spiega l’istituto, trattandosi di previsioni in materia di operazioni con soggetti collegati e parti correlate, postergazione dei finanziamenti infragruppo, azioni revocatorie e di inefficacia o revocabilità de­gli atti nel contesto concorsuale, nonché norme penali. È inoltre previsto che «Nessun diritto, pretesa o azione derivante dall’accordo può essere esercitato da soggetti diversi dalle parti, neppure ai sensi dell’art. 2900 del codice ci­vile» (art. 69-duodecies, settimo comma), ma sulla portata di tale ultima dero­ga si tornerà oltre.

Si spiega così anche l’obbligo di pubblicità dell’accordo normativo (art. 69-quaterdecies), che porta a conoscenza dei terzi la sottoposizione delle operazioni al regime speciale (e meno garantista) [16].

Al contempo, siffatta disciplina funge da incentivo per gli intermediari a ricorrere all’istituto che, essendo già sotto la lente dell’Autorità di Vigilanza, si fregia di una sorta di garanzia a costituire una best practice, certamente con riflessi (quantomeno parzialmente) cautelativi rispetto ad eventuali responsabilità degli organi amministrativi.

Infine, va ricordato che di tali accordi (preparatori), ove stipulati, è richiesta la previsione nell’ambito dei piani di risanamento di gruppo [17]. Questi ultimi ben potrebbero contemplare forme di sostegno (art. 69-quinquies, quarto comma, t.u.b. [18], e art. 7, quinto comma, BRRD) al di fuori della procedura ex artt. 69-duodecies ss. Esse verrebbero pertanto valutate in tale sede a fini prudenziali, ma al contempo le parti non profitterebbero della deroga.

D’altra parte, l’attuazione del piano, presuppone comunque un intervento da parte dell’Autorità, previo accertamento da parte di quest’ultima dei citati presupposti ex art. 69-octiesdecies (cfr. art. 69-noviesdecies). È da ritenere opportuno, alla luce del quadro esposto, ed, in particolare, degli obblighi pubblicitari, che, anche in caso di mancata attuazione su base «volontaria», ma in forza della procedura di intervento precoce, il sostegno prestato in attuazione dell’accordo contenuto nel piano goda comunque del regime derogatorio.


3. (Segue) La prestazione principale: il sostegno finanziario.

Il sostegno può essere concesso, «in forma di finanziamento, di prestazione di garanzia o mediante la messa a disposizione di beni o attività da utilizzare come garanzia reale o finanziaria, nonché con qualsiasi combinazione di queste forme, mediante un’unica o più operazioni, anche tra il beneficiario del sostegno e soggetti terzi, anche esterni al gruppo e non partecipanti all’accordo» (così art. 69-duodecies, quarto comma). L’enumerazione, seppur espressa in termini ampi, deve intendersi tassativa [19]. Tecniche diverse risponderanno al regime ordinario.

Segue ed è coerente con la visione restrittiva l’impossibilità di includere in tali apporti il sostegno prestato sotto forma di aumento di capitale. Esso è esplicitamente contemplato solo dall’art. 69-duodecies, secondo comma, con riguardo alle esclusioni dalla disciplina speciale («concessione di sostegno in qualsiasi forma, ivi incluso l’apporto di capitale, a un’altra società del gruppo al di fuori dei casi previsti dall’accordo») [20]. Peraltro, come si vedrà, numerose previsioni implicano la necessità di un corrispettivo, che è importante limite definitorio del sinallagma: è escluso ogni apporto a fondo perduto o causa societatis.

Altra norma rilevante ai fini della definizione della prestazione, forse più critica, è quella che esclude l’applicazione del capo alle «operazioni di finanziamento e di gestione della liquidità eseguite tra società del gruppo bancario se per nessuna di esse sussistono i presupposti dell’intervento precoce». La norma sembra tuttavia voler semplicemente evidenziare nuovamente il contesto necessario per l’applicabilità del regime di favore, che ricorre in presenza delle condizioni per l’intervento precoce.

Segnatamente, quanto alle operazioni di tesoreria accentrata (cd. cash pooling), ferma la molteplicità di varianti contrattuali e tecniche, che impediscono una soluzione unitaria, e che possono implicare anche profili di finanziamento, va rilevato che non di rado esse presuppongono a loro volta relazioni di durata strutturate attraverso intese preparatorie (cd. convenzioni di tesoreria), cui seguono contratti finalizzati gestione della liquidità [21]. Dunque, è solo esclusa la possibilità di estendere la portata della deroga a quelle operazioni che, essendo parte di un rapporto di durata, non avvengano al ricorrere dei presupposti.

Si tratta, come più volte ricordato, di accordi stipulati in fase «fisiologica» di attività, in cui una parte si impegna a fornire sostegno all’altra, solo qualora quest’ultima versi in condizioni tali da consentire l’attivazione dell’intervento precoce, e sono strettamente orientati a preservarne o ripristinarne la stabilità finanziaria, o quella del gruppo. Tale connotazione investe completamente la causa del sostegno, che di fatto può essere erogato solo in tal caso e solo con tale specifica finalità [22].


4. (Segue) Il corrispettivo.

Il sostegno è sinallagmatico e oneroso. Inoltre, non solo, come anticipato, è strettamente necessaria la previsione di un corrispettivo, ma deve sussistere la ragionevole aspettativa dell’effettivo rientro per l’intermediario erogante, nella forma di rimborso del prestito, o di recupero di capitale, interessi e spese del­l’eventuale garanzia escussa. È profilo di cui occorre anche l’accertamento da parte dell’Autorità (art. 69-quinquiesdecies, primo comma, lett. d).

Esso deve inoltre essere calcolato secondo criteri rimessi all’autonomia negoziale delle parti, ma conformi ai principi generali di legge, e soprattutto predefiniti nell’accordo [23]. L’effettiva determinazione ha riguardo al momento in cui il sostegno finanziario viene fornito.

Ove necessario per conseguire le finalità dell’accordo, i criteri possono tuttavia non tenere conto del prezzo di mercato, in particolare se esso è influenzato da fattori anomali ed esterni al gruppo o se la parte che fornisce il sostegno dispone, proprio in forza dell’appartenenza al medesimo gruppo del beneficiario, di informazioni non pubbliche rilevanti.

Se in tal modo è favorita l’individuazione del valore effettivo [24], al contempo è comunque offerta all’operatore una discrezionalità che potenzialmente apre ad abusi. Anche la precisazione che il perseguimento del miglior interesse di ciascuna parte possa «comportare benefici diretti o indiretti […] a motivo del sostegno finanziario» sembra confermare la possibilità di una non perfetta «proporzionalità» tra le prestazioni. La terminologia «benefici indiretti» peraltro induce al paragone con il controverso istituto dei vantaggi compensativi. A tal riguardo, pur volendo in tal senso intendere i benefici, a fortiori in questo contesto non potrà aversi riguardo a forme compensative non patrimonialmente valutabili [25].

Ad ogni modo, al di là delle cautele procedurali di carattere societario, il presidio ultimo per evitare che tali aperture consentano il perpetrarsi di abusi è sempre nel controllo dell’Autorità.

Possono inoltre essere previsti obblighi di sostegno reciproco. Ciò è ulteriore conferma della funzione normativa come sopra illustrata, trattandosi di re­golamentazione potenzialmente applicabile ad una molteplicità di rapporti futuri il cui contenuto sarà precisato anche in ragione delle circostanze concrete (ad esempio, il ricorrere delle condizioni per l’uno o per l’altro intermediario).


5. (Segue) Le parti dell’accordo e la partecipazione di terzi.

Infine, sia il contratto preparatorio, sia quelli esecutivi sono potenzialmente plu­rilaterali, ed è ben possibile che la stipulazione dei secondi avvenga solo tra alcune delle parti originarie. La partecipazione all’accordo quadro è, in ogni caso, facoltativa [26] (salvo quanto si dirà di seguito sul rispetto da parte del­le sussidiarie di eventuali direttive di gruppo [v. infra]).

Le parti autorizzate a prendervi parte sono un numerus clausus [27], sebbene le operazioni di sostegno possano aver luogo «anche tra il beneficiario del sostegno e soggetti terzi, anche esterni al gruppo e non partecipanti all’accordo» (art. 69-duodecies, quarto comma), secondo lo schema della promessa del­l’ob­bli­ga­zione o del fatto del terzo, ai sensi dell’art. 1381 c.c., che obbligherebbe il promittente ad indennizzare il beneficiario in caso di rifiuto o inerzia del terzo.

La posizione debitoria/creditoria non è cedibile leggendo la norma da ultimo enunciata in combinato disposto con il settimo comma dell’art. 69-duo­de­cies, secondo cui «Nessun diritto, pretesa o azione derivante dall’accor­do può essere esercitato da soggetti diversi dalle parti, neppure ai sensi del­l’art. 2900 del codice civile».


6. Procedimento di formazione ed esecuzione degli accordi. Possibili conseguenze applicative del relativo inquadramento.

L’istituto presenta ulteriori profili critici, in particolare quanto al complesso iter di conclusione ed esecuzione. Tali questioni saranno esaminate sulla base dei principi esposti, ricostruendo la disciplina come risultante dalle norme europee e italiane, ed, avendo, dunque, quale primario riferimento, il Testo Unico Bancario.

Giova ripetere, il procedimento si articola in due segmenti: la stipulazione dell’accordo preparatorio, e la relativa esecuzione attraverso la conclusione di contratti esecutivi.

Nell’ambito della prima fase, il progetto di accordo (stilato dagli organi am­ministrativi) è sottoposto all’autorizzazione della Banca d’Italia, quale Auto­rità competente [28], che valuta la sua coerenza con le condizioni previste nel­l’art. 69-quinquiesdecies [29], nonché l’insussistenza, per entrambe le parti, dei pre­supposti per l’intervento precoce (art. 69-duodecies, sesto comma). Il proget­to autorizzato è in seguito sottoposto all’approvazione dell’assemblea straordinaria dei soci di ciascuna società del gruppo che intenda aderire, unitamente ad un parere dei componenti indipendenti dell’organo amministrativo [30]. Sono necessarie tutte le formalità dell’assemblea straordinaria, e non solo i relativi quorum aggravati (verbalizzazione notarile nella forma dell’atto pubblico e iscrizione nel registro delle imprese ex art. 2375 c.c.) [31].

L’art. 2384 (secondo comma) c.c. risolve eventuali problemi legati all’in­va­lidità delle delibere. Infatti, non è opponibile ai terzi la limitazione al potere di firma dell’accordo da parte del rappresentante legale, anche ove fondato sul­l’invalidità della deliberazione assembleare [32]. Eccezione al principio è l’eventuale «prova che questi abbiano intenzionalmente agito in danno della società» [33], che non è ipotesi del tutto infrequente in un gruppo, ferme le concrete difficoltà probatorie.

Non pare possibile configurare un’approvazione solo parziale del progetto di accordo da parte dell’assemblea [34]. La delibera, dunque, potrà solo approvare o respingere, salvo quando la parzialità dell’approvazione non alteri il sinallagma originario, svilendosi altrimenti l’intervento dell’Autorità. Tale problematica non sussisterebbe, però, nell’ipotesi in cui gli organi di gestione degli intermediari coinvolti redigessero il progetto «di concerto» e, dunque, attraverso un’attività di interlocuzione più o meno continua con l’Autorità. È soluzione che deve emergere nella prassi. Diversamente, potrebbero sollevarsi dubbi sull’opportunità della scelta legislativa di far sì che la proposta all’Auto­rità non abbia riguardo ad un progetto di accordo già considerabile «definitivo» per le parti predisponenti, con evidente aggravio procedimentale anche a carico dell’«Amministrazione».

L’organo amministrativo è chiamato a riferire annualmente all’assemblea dei soci in merito alla relativa esecuzione. Pare peraltro applicabile (in forza del rinvio ex art. 69-duodecies, secondo comma) l’ultimo comma dell’art. 2497-bis, che impone agli amministratori di indicare nella relazione sulla gestione i rapporti intercorsi con chi esercita attività di direzione e coordinamento e con le altre società che vi sono soggette, nonché l’effetto che tale attività ha avuto sull’esercizio dell’impresa sociale e sui suoi risultati.

L’approvazione assembleare è comunque condizione della «vincolatività del­l’accordo» nei confronti delle società aderenti. Pertanto, al concludersi di questa fase, alla luce della formulazione del Testo Unico, si è al cospetto di un ne­gozio perfetto, dunque valido, già prima del ricorrere dei presupposti. L’ac­cordo, sottoscritto dai rappresentanti legali, è infatti soggetto a pubblicità [35] e informazione al mercato [36]. Giova ribadire, in questo modo le parti si impegnano tra loro e con il mercato stesso, cui è portato a conoscenza il dato «economico quanto giuridico» che il sostegno eventualmente prestato non soggiace alla disciplina ordinaria.

È comunque fatta salva la possibilità per l’assemblea straordinaria (e, dunque, nuovamente, con il rispetto delle relative formalità) di revocare l’au­to­riz­zazione, se non si sono ancora realizzati i presupposti dell’intervento precoce in capo ad una o più società aderenti all’accordo [37].

L’approvazione del progetto di accordo o la sua revoca non costituiscono cause di recesso del socio dalla società. Giova ricordare, tuttavia, che, in particolare nella società per azioni, il recesso è rimedio eccezionale per il socio assente, dissenziente o astenuto, esercitabile solo in circostanze specifiche. Nel­l’impresa bancaria, peraltro, una forma di exit che presupponga il rimborso del­la partecipazione al socio uscente è suscettibile di confliggere con le esigenze prudenziali di capitalizzazione (in particolare con riguardo al capitale di qua­lità primaria), ed infatti si rinvengono, nella relativa disciplina, svariate nor­me che ulteriormente limitano, secondo varie tecniche, l’esercizio di tale di­ritto [38]. Ad ogni modo, il recesso non è l’unica forma di exit dal­l’in­ve­sti­mento, poiché il socio potrà ricorrere alla cessione delle partecipazioni (se liqui­de). È dunque previsione in ultima analisi coerente con il sistema.

Durante tale seconda fase, avviene la conclusione di un secondo negozio tra le parti aderenti (o, eventualmente, anche solo tra alcune di esse), con incontro delle rispettive volontà negoziali, seppur in coerenza del contenuto «dispositivo» del primo. Ciò è possibile solo al ricorrere, si è detto, delle condizioni per l’intervento precoce per la parte individuata come potenziale beneficiario, e della relativa assenza per l’erogante.

L’art. 69-quaterdecies, secondo comma, attribuisce la competenza a decidere sulla «concessione o sull’accettazione» del sostegno finanziario in esecuzione dell’accordo, all’organo amministrativo [39], che motiva la decisione anche attestando la sussistenza dei presupposti. In entrambi i casi, è competenza delegabile, in assenza di espresso divieto [40].

Il citato secondo comma è, ad ogni modo, particolarmente importante proprio per l’espressa menzione di ambedue le delibere e si apre a diverse letture. Invero, non può negarsi che, anche in tale fase debba comunque realizzarsi un nuovo incontro delle volontà negoziali, anche ai fini della concreta definizione del contenuto dell’accordo finale, in attuazione dei criteri fissati da quello preparatorio [41].

Orbene, secondo la ricostruzione proposta, il contratto darebbe vita ad un diritto potestativo di ciascuna delle parti legittimate alla conclusione del contratto finale, per cui la controparte, se i presupposti ricorrono, è tenuta ad accettare. Tale «disequilibrio» di posizioni potrebbe trovare un fondamento normativo proprio nel secondo comma dell’art. 69-quaterdecies dove esse sono legate da una congiunzione disgiuntiva («o»). In altri termini, sembrerebbe affermarsene non una concorrenza vera e propria bensì una alternatività nella potestà di iniziativa cui la controparte deve soggiacere.

A questo punto, in linea generale, non ricorrerebbe il problema della sussistenza di una delibera negativa se fosse sufficiente l’iniziativa di una sola parte per costringere l’altra alla conclusione del contratto finale, seppur previa valutazione positiva dell’Autorità competente e nelle modalità di seguito esposte. La controparte potrebbe infatti legittimamente rifiutarsi solo eccependo la non sussistenza dei presupposti. In tal caso, sembra in ogni caso necessario procedersi al coinvolgimento dell’Autorità su iniziativa della parte interessata. Potrebbe supportare tale conclusione il riferimento ad una sola delibera oggetto di comunicazione all’Autorità ai fini dell’accertamento dei presupposti [42].

Quest’ultima (congiuntamente con le altre eventuali Autorità competenti), dunque, in caso di intervenuto accordo tra le parti, secondo una valutazione non di mera discrezionalità tecnica [43], potrà vietare o limitare l’esecuzione del­l’ac­cordo «definitivo» se ritiene non soddisfatte le condizioni del sostegno [44] (previste all’art. 69-quinquiesdecies [45]).

Al contrario, nel caso in cui una sola delle parti rilevi i requisiti per l’e­se­cuzione, l’Autorità sarebbe comunque chiamata alla valutazione di tale istanza. Se da tale analisi risultasse la sussistenza dei presupposti per l’in­ter­vento pre­coce e l’opportunità di ricorrere al sostegno finanziario alla luce delle altre condizioni di legge, l’Autorità potrebbe imporre l’attuazione del piano di risanamento (e, dunque, degli accordi in esso contenuti, con applicazione della deroga). Ed, in effetti, sembrerebbe completare il quadro la previsione dell’art. 69-octies, che impone la comunicazione senza indugio alla Banca d’Italia, non solo della decisione di adottare una misura prevista nel piano di risanamento, ma altresì quella di astenersi pur ricorrendone le circostanze [46].

Come anticipato, le osservazioni formulate sono tuttavia suscettibili di trovare o meno conferma nell’evoluzione e consolidamento della prassi operativa e regolamentare dell’istituto.

In caso di inadempimento dell’accordo esecutivo, una volta perfezionato, pare invece possibile il ricorso al rimedio dell’esecuzione in forma specifica.

Restano fermi i regimi di responsabilità previsti dal diritto comune, sia quan­to ai rapporti interni alle singole società, sia alla responsabilità da direzio­ne e coordinamento. Ed invero è fatta salva la disciplina del «capo IX, titolo V, libro V del codice civile […]» (art. 69-duodecies, secondo comma).


7. Prevalenza dell’interesse di gruppo sull’autonomia negoziale dei partecipanti all’accordo.

L’accordo è sottoscritto da ciascuna parte nell’esercizio della propria autonomia negoziale ed in coerenza con le eventuali direttive impartite dalla capogruppo (art. 69-duodecies, quinto comma, lett. a). Da tale disposizione emerge chiaramente la dicotomia tra gli interessi propri delle singole entità partecipanti e l’interesse del gruppo nel suo complesso.

Orbene, la formulazione della norma lascia pendere l’ago della bilancia dal lato dell’interesse di gruppo, che poi, di fatto, tende a coincidere con quello del soggetto etero-dirigente [47]. Una possibile ratio è individuabile nella presenza dell’interesse pubblico alla stabilità del sistema finanziario, che viene in questo caso perseguito valorizzando l’unitarietà dell’azione di gruppo onde favorirne la stabilità.

Va comunque rilevato che la stessa direttiva, che peraltro prevale, in caso di contrasto, sulla normativa nazionale [48], si esprime diversamente sul punto. Al­l’art. 19 BRRD si legge infatti che «ciascuna parte deve agire liberamente nel sottoscrivere l’accordo» [49], e che «in sede di conclusione dell’accordo e di determinazione del corrispettivo per la prestazione del sostegno finanziario, ciascuna parte deve agire nel proprio miglior interesse» [50]. Si attende dunque dalla CGUE un’eventuale pronunzia dirimente sul punto, a seguito di rinvio pregiudiziale ex art. 267 T.F.U.E. [51].

Tuttavia, la scelta legislativa si riverbera nella parte operativa della disciplina, ed è anzi coerente con altre disposizioni. La ricostruzione trova infatti ulteriore riscontro nell’esplicita esclusione di previsioni in materia di operazioni con soggetti collegati e parti correlate (art. 53, quarto comma, t.u.b. ed art. 2391-bis c.c.). In particolare, attraverso l’esclusione del secondo periodo dell’art. 53, quarto comma, t.u.b., i soci e gli amministratori in conflitto di interessi (per conto proprio o di terzi) non saranno tenuti ad astenersi dal voto [52].

Ciò potrebbe escludere, in caso di conflitto, l’epurazione dei voti che sono espressione del soggetto eterodirigente [53]. Dunque, allo stato della legislazione, le deliberazioni della figlia potranno rispecchiare l’interesse della madre che, tuttavia, ben potrebbe essere in posizione di conflitto (ad esempio relativamente ai finanziamenti cd. upstream).

La pratica accerterà l’effettività dei contrappesi, quali la predisposizione di un parere dei componenti indipendenti dell’organo amministrativo, l’obbligo di motivazione della delibera di esecuzione, il relativo monitoraggio, il permanere dei rimedi societari contro eventuali abusi, ed infine, la supervisione del­l’Autorità di Vigilanza.


8. Cenni conclusivi sulle criticità applicative degli accordi in una dimensione transnazionale.

Come in parte anticipato, la rilevanza, nonché le criticità, dell’istituto emergono altresì relativamente ai gruppi transnazionali, in particolare sotto due profili.

Da un lato, l’intervento del legislatore europeo si spiega come tentativo di armo­nizzazione della disciplina applicabile. Come anche le Linee Guida EBA preci­sano, infatti, la disomogeneità di regolamentazioni in tema di supporto fi­nanziario infragruppo [54] costituisce un ulteriore ostacolo agli obiettivi della di­rettiva, ed, in generale, alla realizzazione dell’Unione Bancaria. Tuttavia, co­me anticipato, la di­sciplina europea, non chiarificando, in tutte le sue parti, la natura giuridica del­l’isti­tuto, lascia comunque aperte problematiche di interpretazione e coordinamen­to che dovranno essere risolte tenuto conto delle specificità degli ordinamenti coinvolti.

Dall’altro lato, la previsione di un sistema di raccordo e cooperazione risulta altresì fondamentale con riguardo ai possibili conflitti tra diverse Autorità competenti relative ai flussi transnazionali di sostegno finanziario [55]. Esemplificando, un eventuale diniego da parte dell’Autorità cui è soggetto l’erogante potrebbe ostacolare la realizzazione di interventi di sostegno in favore di soggetti stabiliti in altri Stati Membri, con possibili impatti negativi sulla stabilità dei relativi sistemi finanziari. È problematica su cui il legislatore europeo si è già mostrato attento, come dalla stessa direttiva emerge, attraverso l’indivi­dua­zione di meccanismi che favoriscano per quanto possibile decisioni congiun­te e ponderate in tema di autorizzazione o comunque di intervento nelle va­rie fasi di adozione ed esecuzione degli accordi. Resta, tuttavia, in ultima ana­lisi fondamentale che tale organizzazione regolamentare ed istituzionale at­ta ad evitare, o, comunque, comporre eventuali conflitti tra Autorità sia dotata di effettività.

Tale esigenza si connota per una portata ben più ampia rispetto all’istituto qui discusso, che ne costituisce una possibile manifestazione, potendo su di esso sortire effetti rilevanti. Ed invero, è tuttora oggetto di dibattiti, anche sul piano istituzionale, l’individuazione di rimedi e strumenti di efficientamento finalizzati a dirimere tali criticità, che, altrimenti, rischiano di rappresentare un ostacolo alla concreta operatività del sistema nel suo complesso [56].


NOTE

[1] Il presente lavoro riproduce, con alcune integrazioni, la relazione presentata all’XI Convegno annuale dell’Associazione Italiana dei Professori Universitari di Diritto Commerciale «Orizzonti del Diritto Commerciale», «Organizzazione, riorganizzazione e ristrutturazione dell’im­pre­sa nel diritto interno e nella dimensione transnazionale», Roma, 14-15 febbraio 2020.

[2] In generale, sul Secondo Pilastro dell’Unione Bancaria, v. ex multis, G. Boccuzzi, Il regime speciale della risoluzione bancaria. Obiettivi e strumenti, Bari, Cacucci Editore, 2018; R. Ibrido, L’unione bancaria europea. Profili costituzionali, Torino, Giappichelli, 2017.

[3] I presupposti sono legati, in sintesi, alla violazione o al concreto rischio di violazione dei requisiti prudenziali di capitalizzazione, nonché in generale gravi violazioni di disposizioni legislative, regolamentari o statutarie o gravi irregolarità nell’amministrazione (art. 27 BRRD ed art. 69-octiesdecies t.u.b.).

[4] «In sostanza, le nuove norme in materia di accordi di sostegno finanziario fra entità appartenenti al medesimo raggruppamento mirano a rafforzare l’unitarietà economica dell’impresa di gruppo, nella consapevolezza che la scelta di aderire a un’articolazione soggettiva pluricorporativa è espressione di “un dato economico unitario, fondato su articolazioni giuridiche autonome, preordinato alla realizzazione di forme di concentrazione”.» (così A. Sacco Ginevri, sub art. 69-duodecies, in Commentario al testo unico in materia bancaria e creditizia4, diretto da F. Capriglione, Padova, Cedam, 2018, 906 ss., 910. L’A. richiama altresì sul punto F. Capriglione, Poteri della controllante e organizzazione interna del gruppo, in Riv. Soc., 1990, 46 ss.).

[5] Artt. 2497 ss. c.c. e artt. 60 ss. t.u.b. Peculiare è peraltro la posizione, nel settore bancario, del soggetto eterodirigente, ai sensi dell’art. 61 t.u.b. Sul punto, ampiamente C.L. Appio, Sugli ac­cordi di sostegno finanziario infragruppo bancario, in Banca, borsa, tit. cred., 2019, I, 719 ss., 736. Ivi altri riferimenti.

[6] La categoria degli accordi si connota infatti di maggiore autonomia nel diritto pubblico e internazionale, dove trova le sue radici. Per approfondimenti, v. M. Trimarchi, voce “Accordo”, in Enc. dir., I, Milano, Giuffrè, 1958, 297 ss.

[7] Il riferimento è appunto al capo 02-I («Sostegno finanziario di gruppo») del t.u.b.

[8] Cfr., rispettivamente, art. 69-duodecies, primo comma, t.u.b. e art. 69-quinquiesdecies, primo comma, lett. b), t.u.b.

[9] Così C. Pistocchi, sub art. 69-terdecies, in Commentario al testo unico in materia bancaria e creditizia4, cit. (nt 4), 920 ss., 920.

[10] Accenna un riferimento alla figura del contratto quadro, E. Ricciardiello, Gli accordi di sostegno finanziario infragruppo nella direttiva 2014/59/UE, in L’unione bancaria europea, a cura di M. P. Chiti, V. Santoro, Pisa, Editrice Pacini Giuridica, 2016, 445 ss., 448. In senso contrario, altra dottrina ha sostenuto trattarsi di un nuovo tipo contrattuale, peculiare quanto ai profili soggettivi: cfr. F.M. Sbarbaro, Gli effetti dell’accordo di gruppo sugli stakeholder del­l’impresa bancaria. Profili contrattuali e suggestioni di “enterprise view”, in Riv. trim. dir. econ., 2017, 1, 34 ss., 38.

[11] Si segnala, quanto al gruppo bancario cooperativo, l’obbligatorietà del cd. cross guarantee scheme. Ampiamente, A. Sacco Ginevri, L’incidenza degli accordi di sostegno finanziario infragruppo sull’evoluzione della struttura organizzativa bancaria, in Riv. trim. dir. econ., 2016, 4, 77 ss., 99. Ivi altri riferimenti.

[12] Ossia accordi vincolanti sul piano «dell’onore» ma non su quello del diritto, tali da escludere la configurabilità di qualsivoglia rimedio per l’eventuale inadempimento. Sul tema v. F. Di Marzio, Gentlemen’s agreement e contratto, nota a Trib. Crotone, 5 luglio 1999, in Giust. civ., 2000, 4, 1175 ss., e S. Ugolini, I gentlemen’s agreements sono giuridicamente vincolanti?, nota a Trib. Crotone, 9 luglio 1999, in Contr. Impr., 2001, 3, 1050 ss.

[13] Cfr. art. 69-duodecies, primo comma; nonché il terzo comma dell’art. 69-duodecies t.u.b.: «Le società che aderiscono all’accordo di sostegno finanziario di gruppo si obbligano a fornirsi sostegno finanziario in conformità dei termini dell’accordo».

[14] Non pare possibile una sussunzione nel contratto normativo «tipico», in quanto caratterizzato, in principio, dall’assenza per le parti di un obbligo di contrarre. Esse sono tenute esclusivamente, in caso di stipulazione del contratto esecutivo, al rispetto del contenuto predeterminato. Per approfondimenti v. F. Messineo, voce “Contratto normativo”, in Enc. dir., X, Milano, Giuffrè, 1962, 116 ss.

[15] Per i finanziamenti attuati al di fuori della procedura regolata dal capo, varranno le ordinarie regole di diritto comune. Sul punto, è stato evidenziato che i finanziamenti infragruppo concessi al ricorrere dei requisiti per l’intervento precoce sarebbero suscettibili di essere considerati anomali, con conseguente rischio di postergazione. Così E. Rulli, sub art. 69-qua­terdecies, in Commentario al testo unico in materia bancaria e creditizia4, cit. (nt. 4), 923 ss., 930.

[16] Cfr. Considerando n. 1 al regolamento di esecuzione 2016/911/UE, ove si legge: «Per poter assumere decisioni di investimento informate, creditori e investitori hanno bisogno di trasparenza in merito ai rischi e agli obblighi potenziali derivanti da tali accordi e alle possibilità di risanamento del gruppo sulla base dell’accordo di sostegno. Pertanto, l’accordo dovrebbe essere in una forma facilmente accessibile al pubblico, come i bilanci».

[17] Ossia strumenti programmatici atti a individuare misure coordinate per il ripristino del­l’e­quilibrio patrimoniale del gruppo nel suo complesso o dei singoli partecipanti in caso di situazioni di significativo deterioramento patrimoniale. V.G. Boccuzzi, (nota 2), 56 ss.; M. Pellegrini, Piani di risanamento e misure di early intervention, in Federalismi.it, 2018, reperibile in internet al seguente indirizzo: https://www.federalismi.it/nv14/articolo-documento.cfm?Artid=35596.

[18] Ai termini dell’ultimo periodo «Il piano di risanamento di gruppo individua, altresì, i possibili ostacoli all’attuazione delle misure di risanamento, inclusi gli impedimenti di fatto o di diritto all’allocazione tempestiva di fondi propri e al pronto trasferimento di attività nonché al rimborso di passività fra società del gruppo.». Sembra dunque possibile ipotizzare la previsione nei piani anche di operazioni di carattere «estemporaneo».

[19] Diversamente, E. Ricciardiello, (nota 10), 457.

[20] È comunque possibile l’assunzione, al di fuori degli accordi, di un simile impegno. In giurisprudenza, la Suprema Corte, nella sentenza Cass. civ., sez. I, 14 aprile 2006, n. 8876 (in Società, 2007, 2, 159 ss., con nota di Ambrosini) ha ritenuto pienamente valido il patto con il quale un socio (anche non totalitario ed, indirettamente, anche un terzo) si vincoli a sottoscrive­re un futuro aumento di capitale non deliberato dalla società, seppur sottoposto alla duplice con­dizione sospensiva della positiva deliberazione e del mancato esercizio del diritto d’op­zione da parte degli altri soci per la parte eccedente quanto a quest’ultimo spettante. In ogni caso, sempre stando alla Suprema Corte (Cass. civ., sez. I, 26 gennaio 1996, n. 611, in Notariato, 1996, 3, 209 ss., con nota di Tassinari; ed in Società, 1996, 8, 892 ss., con nota di Zucconi), il ne­gozio di sottoscrizione si configura come consensuale e non reale (v. Visentini G., La costituzione della società per azioni. Il capitale e le sue vicende, Dike, Roma, 2019, 13).

[21] Sul tema, A. Daccò, L’accentramento della tesoreria nei gruppi di società, Milano, 2002; L. Macci, L. Scappini, La gestione di tesoreria tramite il contratto di cash pooling, in Fisco, 2013, 9, 1282 ss.; L. Ruggeri, Brevi note circa il cash pooling, nota a Trib. Pistoia, 17 febbraio 2010, in Nuova giur. civ. comm., 2011, 3, 206 ss.; G.M. Zamperetti, Tesoreria di gruppo, presunzioni da consolidamento e articolazione plurisoggettiva della direzione e coordinamento, nota a Trib. Milano, 10 novembre 2014, in Società, 2015, 12, 1377 ss.

[22] F.M. Sbarbaro, (nota 10), 41, sottolinea la difficoltà di ricondurre la realizzazione dei presupposti ad una «condizione», stante la dubbia compatibilità con il disposto dell’art. 1359 c.c., secondo cui la condizione si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al relativo avveramento. Maggiori dubbi tuttavia potrebbero porsi quanto alla relativa configurabilità alla stregua di una condicio iuris sospensiva, avente ad oggetto la sussistenza dei requisiti per l’intervento precoce. Potrebbe infatti osservarsi, sul punto, che l’applicabilità di tale norma è fortemente discussa con riguardo alla condizione legale, nonché alle condizioni cd. miste, ma è univocamente ritenuta applicabile alla sola condizione volontaria, che qui comunque non ricorrerebbe.

[23] «[…] anche ai fini della determinatezza o determinabilità dell’oggetto ai sensi dell’art. 1346 c.c.». Così F.M. Sbarbaro, (nota 10), 40.

[24] Sul punto è da riscontrare una lieve differenza rispetto all’indicazione della direttiva (art. 19, settimo comma, lett. d), BRRD): «il corrispettivo della fornitura del sostegno finanziario può tenere conto delle informazioni in possesso della parte che fornisce il sostegno che le derivano dall’appartenenza al medesimo gruppo della parte che riceve il sostegno e che non sono disponibili sul mercato;» ed inoltre «i principi per il calcolo del corrispettivo della fornitura del sostegno finanziario non devono necessariamente tenere conto di impatti temporanei previsti sui prezzi di mercato derivanti da eventi esterni al gruppo.» (art. 19, settimo comma, lett. e), BRRD). Tuttavia, come rilevato in dottrina, si è di fronte ad una discrepanza più apparente che reale in quanto ciò «risponde a un principio di corretta e ponderata valutazione della prestazione offerta, funzionale a individuare il valore effettivo della stessa […]». Così A. Sacco Ginevri, Il gruppo bancario nella direttiva BRRD, in Riv. trim. dir. econ., 2017, 4, 418 ss., 428.

  1. Lamandini, Gli accordi di sostegno finanziario nel gruppo bancario, in La gestione del­le crisi bancarie. Strumenti, processi, implicazioni nei rapporti con la clientela, a cura di Tro­iano, Uda, Padova, Cedam, 2018, 185: «La norma è coraggiosa ed assai opportuna, in prospet­tiva prudenziale, giacché mira a rendere la tenuta dell’accordo impermeabile a contestazioni sul giusto prezzo.». L’A. richiama peraltro taluni provvedimenti in cui la giurisprudenza di merito nazionale aveva ammesso la determinazione di un corrispettivo a fronte della prestazione di servizi infragruppo al costo o forfettariamente (Trib. Milano, 25 marzo 2013; Trib Milano, 15 aprile 2014).

[25] Il principale (tuttora «irrisolto») interrogativo riguardo l’istituto dei vantaggi compensativi (la cui fondamentale fonte normativa risiede nell’art. 2497 c.c.), consiste nella definizione del perimetro che include i vantaggi giuridicamente rilevanti. Secondo una prima lettura, più rigorosa, tale vantaggio dovrebbe essere attuale e rigidamente proporzionale al pregiudizio subito dalla società eterodiretta, alla luce di una valutazione quantitativa di stampo ragionieristico; secondo un’altra, più elastica, rileverebbero anche delle forme compensative più labili, non strettamente proporzionali e non necessariamente attuali. Rispettivamente, per la prima e la seconda ricostruzione v., per tutti, G.M. Zamperetti, (nota 21), 1377 ss., e P. Montalenti, Gruppi e conflitto di interessi nella riforma del diritto societario, in Aa. Vv., Una tavola rotonda sui vantaggi compensativi nei gruppi, in Giur. comm., 2002, I, 624 ss.

[26] «L’accordo produce effetti solo nei confronti delle società le cui assemblee abbiano approvato il progetto» (cfr. art. 69-quaterdecies, primo comma t.u.b.). V. E. Rulli, sub art. 69-quaterdecies, (nota 15), 925.

[27] V. anche F.M. Sbarbaro, (nota 10), 38. ex art. 69-duodecies, primo comma t.u.b.: «Una banca italiana o società italiana capogruppo di un gruppo bancario, le società italiane ed estere appartenenti al gruppo bancario e le altre società incluse nella vigilanza consolidata indicate nell’articolo 69-ter, comma 1, lettera c)». Si tratta di un novero di soggetti riconducibili ad un perimetro più ampio rispetto al gruppo bancario in senso tecnico. Sul punto, v. A. Sacco Ginevri, (nota 11), 85.

Si segnala peraltro che, ai termini dell’art. 55-quater t.u.f., la disciplina in parola è estesa, per quanto compatibile, ai gruppi di SIM di cui all’art. 11 t.u.f.

[28] Ovvero dalla Banca Centrale Europea, ove Autorità competente a fini di vigilanza ai sensi del regolamento SSM.

[29] Non è valutazione di discrezionalità strettamente tecnica. F.M. Sbarbaro, (nota 10), 43, include nel ruolo «creativo» dell’Autorità il potere formulare osservazioni e richieste di modifica o integrazione nel merito del progetto di accordo. C. Pistocchi, sub art. 69-terdecies, (nota 9), 921, circa l’intervento dell’Autorità prima della deliberazione assembleare afferma che ciò «[…] dimostra come il ruolo dell’autorità di vigilanza in tale sede possa anche assumere funzione integrativo-modificativa delle previsioni dell’accordo in parola […]».

La valutazione del progetto avviene congiuntamente con le altre Autorità competenti sulle banche comunitarie aderenti all’accordo, ed, a seguito dell’autorizzazione, è trasmesso all’Au­torità di risoluzione.

Quanto al contenuto e i criteri minimi cui l’Autorità è chiamata alla valutazione cfr. anche il regolamento delegato della Commissione 2016/1075/UE.

[30] La direttiva richiede genericamente che «il progetto di accordo sia sottoposto all’ap­provazione degli azionisti di ciascuna entità del gruppo che si propone di aderirvi» (art. 21). Dunque, la scelta di ricorrere all’assemblea straordinaria è nazionale. Circa le possibili ragioni ispiratrici, nel confronto con l’art. 2358 c.c., v. A. Sacco Ginevri, (nota 11), 91.

[31] V. E. Rulli, sub art. 69-quaterdecies, (nota 15), 926.

[32] G. Visentini, L’amministrazione della società per azioni, Roma, Dike, 2016, 84. È principio applicabile anche alle deliberazioni consiliari di approvazione del futuro accordo esecutivo [v. infra].

[33] Sul tema è stato osservato che «in presenza di un vizio che determini l’invalidità della delibera di approvazione dell’accordo da parte di una singola società, l’accordo medesimo perde efficacia nei confronti solo di questa (anche se qualche dubbio sorge sulla complessiva “tenuta” dell’accordo nell’ipotesi in cui le società costituenti il gruppo siano soltanto due)». Così C.L. Appio, (nota 5), 724.

[34] In dottrina è stata sostenuta la soluzione positiva, apparentemente, senza procedere ad un’ulteriore comunicazione alla Banca d’Italia. Così F.M. Sbarbaro, (nota 10), 46.

[35] Oltre all’iscrizione nel registro delle imprese ex art. 2375, è necessario che dell’accordo sia data evidenza nell’albo delle banche e dei gruppi bancari (cfr. Disposizioni di Vigilanza). Ampiamente E. Rulli, sub art. 69-quaterdecies, (nota 15), 934.

[36] Cfr. Linee Guida EBA e regolamento di esecuzione 2016/911/UE. Ivi in particolare se ne richiede la comunicazione tramite pubblicazione nel sito internet in forma che ne garantisca l’accesso al pubblico nonché nelle forme previste per la divulgazione dei bilanci di gruppo.

[37] La revoca diviene efficace solo a seguito della predisposizione di un piano di risoluzione individuale o di gruppo che tenga conto delle mutate circostanze o, in ogni caso, decorsi dodici mesi dalla revoca (art. 69-quaterdecies, quarto comma, t.u.b.). Condivisibilmente, F.M. Sbarbaro, (nota 10), 42, richiama la figura del recesso unilaterale ex art. 1373 c.c. nel caso di contratto che non abbia avuto un principio di esecuzione.

[38] Ad esempio, quanto ai limiti al rimborso, l’art. 28, comma 2-ter, t.u.b., introdotto con la riforma delle banche popolari (d.l. 24 gennaio 2015, n. 3 convertito con l. 24 marzo 2015, n. 33). Sul tema, ex multis, M. Maugeri, Trasformazione delle popolari e limiti al rimborso delle azioni: frammenti di un diritto costituzionale delle società bancarie, in Rivista ODC, 2018, 3, 23 ss.

[39] Le parti chiamate a fornire il sostegno devono essere pienamente informate sulla condizione dei beneficiari prima della decisione di fornire il sostegno e, dunque, prima del­l’ese­cu­zio­ne dell’accordo preparatorio. Cfr. art. 69-duodecies, quinto comma, lett. b) t.u.b. Sulla «pluridirezionalità» dell’informazione infragruppo disposta dalla norma citata v. M. Lamandini, (nota 24), 184.

[40] Inoltre, l’esclusione del recesso [v. supra] anche nella fase di approvazione del progetto di accordo contribuisce a inquadrare l’operazione come gestione amministrativa «ordinaria», a fortiori delegabile. Diversamente, A. Sacco Ginevri, sub art. 69-duodecies, (nota 4), 915.

[41] Cfr. anche art. 24 BRRD.

[42] Il riferimento del Testo Unico è solo alla delibera del soggetto erogante, ma potrebbe trattarsi di una mera «traslazione» del contenuto della direttiva. Essa, in effetti, prevede un preventivo accertamento da parte dell’Autorità dell’erogante, e solo in un secondo momento di quella del beneficiario (e di quella su base consolidata se non coincidente con una delle precedenti), seppur prontamente avvisata dell’iniziativa. Tuttavia, va rilevato che la direttiva si preoccupa di un’operazione realizzata in un contesto transnazionale e condivisibilmente si propone di privilegiare l’accertamento della non nocività dell’inter­vento per il sistema finanziario dell’erogante (cfr. art. 25 BRRD). Ciò, tuttavia, non esclude che, specialmente quando le due Autorità coincidono, non possa configurarsi un’inizia­tiva del beneficiario.

[43] In effetti, la stessa direttiva (art. 23) consente all’Autorità di fornire ugualmente l’auto­riz­zazione, pur in mancanza dei requisiti di capitalizzazione per l’ente erogante. Come poi le Linee Guida EBA precisano, tale autorizzazione deve comunque essere limitata a circostanze eccezionali.

[44] Cfr. art. 25 BRRD cit., per l’eventuale necessità di coordinamento tra Autorità per prestazioni di sostegno transnazionali.

[45] In particolare: «a) si può ragionevolmente prospettare che il sostegno fornito ponga sostanziale rimedio alle difficoltà finanziarie del beneficiario; b) il sostegno finanziario è diretto a preservare o ripristinare la stabilità finanziaria del gruppo nel suo complesso o di una delle società del gruppo ed è nell’interesse della società del gruppo che fornisce il sostegno; c) le condizioni del sostegno finanziario, ivi compreso il corrispettivo, sono determinate in conformità dell’articolo 69-duodecies, comma 5, lettera c); d) vi è la ragionevole aspettativa, sulla base delle informazioni a disposizione dell’organo amministrativo della società che fornisce il sostegno al momento dell’assunzione della relativa decisione, che sarà pagato un corrispettivo e rimborsato il prestito da parte della società beneficiaria, qualora il sostegno sia concesso sotto forma di prestito, ovvero che, nell’ipotesi in cui il sostegno sia fornito in forma garanzia reale o personale e questa sia escussa, sarà possibile recuperare per intero, anche in via di surroga o regresso, capitale, interessi e spese; e) la concessione del sostegno finanziario non mette a repentaglio la liquidità o solvibilità della società del gruppo che lo fornisce; f) la concessione del sostegno finanziario non minaccia la stabilità del sistema finanziario, in particolare nello Stato comunitario in cui ha sede la società del gruppo che fornisce il sostegno; g) la società del gruppo che fornisce il sostegno rispetta, nel momento in cui lo fornisce, i requisiti in materia di capitale, liquidità, grandi esposizioni e gli altri requisiti specifici eventualmente imposti in conformità del regolamento (UE) 575/2013 e delle disposizioni di attuazione della direttiva 2013/36/UE, e la concessione del sostegno finanziario non è tale da determinare la violazione di questi requisiti da parte della società, fatta eccezione per il caso in cui l’autorità competente per la vigilanza sulla società abbia autorizzato una temporanea deroga a tali requisiti; h) la concessione del sostegno finanziario non pregiudica la risolvibilità della società del gruppo che lo fornisce.» (art. 69-quinquiesdecies).

A tale valutazione dovrebbe affiancarsi anche la verifica dell’effettiva rispondenza a quanto convenuto nel primo accordo (ad esempio, al rispetto dei criteri di calcolo per il corrispettivo).

[46] È norma che trova riscontro altresì nella direttiva, in particolare all’art. 9, il quale ulteriormente precisa che la previsione ha riguardo all’ipotesi di astensione pur in presenza delle condizioni predefinite dal piano, ove l’organo di amministrazione dell’ente non ritenga comunque opportuno procedere all’esecuzione date le circostanze.

[47] Sul punto, la dottrina è concorde. V. ex plurimis, F.M. Sbarbaro, (nota 10), 50.

[48] Evidenzia tale criticità C.L. Appio, (nota 5), 736.

[49] Art. 19, settimo comma, lett. a), BRRD.

[50] Art. 19, quinto comma, BRRD.

[51] Come suggerito da M. Lamandini, (nota 24), 184.

[52] Rileva richiamare sul punto anche l’art. 11, terzo comma, regolamento CONSOB 17221/2010 («Regolamento recante disposizioni in materia di operazioni con parti correlate» – adottato altresì ai sensi del citato art. 2391-bis c.c.), con riferimento alle cd. «operazioni di maggiore rilevanza». Ivi, in relazione alla proposta di deliberazione da sottoporre all’assem­blea approvata in presenza di un avviso contrario degli amministratori o dei consiglieri indipendenti, si richiede che la maggioranza dei soci non correlati approvi l’operazione (cd. whitewash).

[53] Cfr. Art. 69-septiesdecies, t.u.b. Nella dottrina v. M. Lamandini, (nota 24), 184. Diversamente, A. Sacco Ginevri, (nota 11), 88, dirime la questione attraverso un’interpretazione restrittiva della norma, escludendo dall’esenzione i partecipanti alla deliberazione (dell’organo di gestione e dell’assemblea) in conflitto di interessi, i quali devono pertanto ugualmente astenersi dal voto (art. 53, quarto comma, ultimo periodo t.u.b.).

[54] Sul punto si segnala tuttavia l’iniziativa UNCITRAL, Model Law on Cross-Border Insolvency, 2014. In tema, ampiamente, E. Ricciardiello, (nota 10), 453.

[55] G. Boccuzzi, The European Banking Union: supervision and resolution, Palgrave Macmillan, 2016, 58.

[56] J. Deslandes, C. Dias, M. Magnus, Banking Union: Defusing the “home/host” debate, July 2019, https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/BRIE/2019/634373/IPOL_BRI
(2019)634373_EN.pdf.