Rivista Orizzonti del Diritto CommercialeISSN 2282-667X
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Reverse payment patent settlements e diritto antitrust: un'analisi comparatistica nell'esperienza europea e statunitense (di Beatrice Coppola, Dottoranda di ricerca in diritto dell'Unione europea e ordinamenti nazionali, Università degli Studi di Ferrara)


Nella prassi del contenzioso farmaceutico è frequente la stipulazione di accordi transattivi che impegnano le imprese genericiste a non contestare la validità dei brevetti sui farmaci originali e a non entrare in concorrenza con le imprese originator a fronte del pagamento di somme di denaro o altre utilità (reverse payment patent settlements). La giurisprudenza antitrust europea riconduce questi accordi alla categoria delle restrizioni vietate per oggetto. La giurisprudenza statunitense sembra a prima vista rifiutare una valutazione di per sé illegitimacy e preferire un approccio di rule of reason. Il presente contributo evidenzia che in realtà questa diversità di approccio è più apparente che reale, e che a ben vedere entrambi gli ordinamenti finiscono per ammettere la compatibilità di questi accordi con la disciplina antitrust solo quando le parti dimostrino che la restrizione concorrenziale verificatesi produca altresì efficienze che superino l’accertato danno anticompetitivo.

Reverse payment patent settlements and antitrust law: a comparative analysis in the European and United States legal system

In the practice of pharmaceutical litigation, frequently generic drug producers pledge not to challenge the validity of patents owned by brand-name drug manufactures and not to compete with them, in exchange for the payment of a sum of money or other benefit (reverse payment patent settlements). EU antitrust jurisprudence qualifies these agreements as restrictions by object. US jurisprudence rejects an evaluation of per se illegality and accepts an analysis based on the rule of reason. This article shows that this different approach is more apparent than real: both the considered legal systems end up admitting the compatibility of these agreements with the antitrust discipline only when the defendants show that the occurred restraint also produces procompetitive benefits that outweigh the ascertained anticompetitive harm.

Sommario/Summary:

1. Premessa - 2. Il trasferimento di valori quale indice presuntivo dell’anticoncor­renzia­lità degli accordi di reverse payment. - 3. La valutazione delle efficienze associabili agli accordi di reverse payment nell’ordinamento antitrust europeo e statunitense. - 4. La (ir)rilevanza dell’accertamento della validità del brevetto dell’origi­nator per fondare l’anticoncorrenzialità degli accordi. - 5. Reverse payment patent settlements e abuso di posizione dominante. - 6. Considerazioni conclusive. - NOTE


1. Premessa

Molte delle dispute brevettuali vengono definite in via stragiudiziale attraverso accordi transattivi fra il titolare della privativa e il presunto contraffattore. Questi accordi inevitabilmente comportano rinunce delle parti alle rispettive istanze, che possono tradursi in corrispondenti restrizioni concorrenziali. La Commissione Europea ha in più occasioni riconosciuto l’efficacia pro-competitiva associata a questi strumenti deflattivi del contenzioso, invitando tuttavia le autorità antitrust ad una prudente valutazione [1]. La necessaria cautela richiesta nell’apprezzamento concorrenziale degli accordi transattivi si spiega alla luce del rischio che le imprese si servano in realtà di questi patti per celare possibili condotte preordinate all’eliminazione della concorrenza sul mercato. Tale tendenza è tipica dei comparti industriali caratterizzati dalla presenza di assetti oligopolistici e da un elevato tasso di conflittualità tra imprese ed è stata riscontrata soprattutto nel settore farmaceutico, dove le dinamiche competitive che nascono tra imprese di un farmaco di marca (cc.dd. originator) e imprese genericiste danno spesso luogo a contenziosi definiti stragiudizialmente [2]. Una particolare categoria di accordi transattivi che ha trovato larga applicazione nel mercato del farmaco è costituita dai c.d. reverse payment patent settlements o pay-for-delay agreements. L’espressione fa riferimento ad accordi che impegnano i concorrenti del titolare della privativa a ritardare la vendita dei loro prodotti e a riconoscere la validità del brevetto a fronte della corresponsione di somme di denaro o di altri benefici economici. Tali pratiche consentono alle imprese originator di garantire il proprio monopolio sul mercato, in particolare ritardano la concorrenza dei produttori di farmaci generici. Secondo la ricostruzione operata dalla giurisprudenza europea, questi accordi si traducono in veri e propri accordi di buy off della concorrenza [3]: la loro stipulazione è volta ad instaurare rapporti di collaborazione preordinati a eliminare i rischi intrinseci alle dinamiche concorrenziali a scapito degli utilizzatori finali. La riscontrata finalità escludente giustifica la loro riconduzione all’interno della tipologia delle restrizioni vietate per oggetto. Allo stesso tempo, la coeva sottoscrizione di plurimi accordi di pay-for-delay impone di [...]


2. Il trasferimento di valori quale indice presuntivo dell’anticoncor­renzia­lità degli accordi di reverse payment.

L’iter argomentativo seguito dalla giurisprudenza europea per fondare l’anti-concorrenzialità degli accordi in analisi si basa su tre elementi: a) il riconoscimento dell’esistenza un rapporto di concorrenza potenziale tra l’originator e l’impresa produttrice del medicinale equivalente [5]; b) l’impegno assunto dal genericista a non commercializzare il proprio prodotto generico sul mercato interessato e a non contestare la validità del brevetto di proprietà dell’originator durante la vigenza dell’accordo [6]; c) l’ingente pagamento effettuato dall’originator a favore della concorrente genericista [7]. Quest’ultimo è l’elemento portante della ricostruzione dell’illiceità delle pratiche in commento. Qui infatti il flusso direzionale del trasferimento di valori risulta invertito rispetto alla normale situazione in cui il genericista deve corrispondere una somma a titolo di risarcimento danni all’originator in conseguenza della violazione brevettuale. La giurisprudenza ritiene che questa inversione non costituisca di per sé motivo sufficiente per desumere l’anti-concorrenzialità dell’accordo, potendo il pagamento risultare giustificato alla luce degli obiettivi legittimi dei contraenti. La corresponsione di tali somme potrebbe ad esempio motivarsi a titolo di compensazione di spese o disagi connessi alla controversia, ovvero ancora a titolo di corrispettivo per l’adempimento di ulteriori prestazioni concordate dalle parti, che tipicamente danno vita a rapporti di collaborazione commerciale [8]. Il reverse payment assume però carattere dirimente nel fondare la presunta illiceità delle intese ogni qual volta non abbia giustificazione diversa da quella di incentivare l’impresa genericista ad addivenire all’accordo con l’originator e a sottostare agli obblighi da questo imposti. A tal fine, non si rende necessario che i valori trasferiti alla genericista siano superiori agli utili che la stessa avrebbe conseguito se avesse commercializzato il proprio prodotto, bastando invece che il trasferimento sia sufficientemente vantaggioso per incentivarla a limitare i propri sforzi indipendenti per entrare sul mercato [9]. È ragionevole ritenere che, a fronte di un’elevata possibilità per l’originator di vincere la disputa brevettuale, questi [...]


3. La valutazione delle efficienze associabili agli accordi di reverse payment nell’ordinamento antitrust europeo e statunitense.

La valutazione delle efficienze associabili agli accordi transattivi in analisi rappresenta il terreno di principale divergenza tra impostazione europea e statunitense. In linea di principio, l’esistenza di benefici concorrenziali associabili ad una data fattispecie può assumere in ambito europeo un duplice rilievo, sul piano della valutazione degli effetti in base all’art. 101.1 [25] e rispettivamente su quello dell’esistenza dei presupposti di esenzione previsti dall’art. 101, terzo paragrafo [26], T.F.U.E. Diversamente, nell’ordinamento statunitense, in assenza di meccanismi di esenzione, l’incidenza di eventuali efficienze ha una portata più circoscritta, limitandosi ad escludere una valutazione di per se illegitimacy, giustificando dunque un’analisi degli effetti verificatesi sul mercato. Ciò premesso, la giurisprudenza elaborata in Actavis valorizza l’interesse alla composizione amichevole della controversia e le possibili efficienze associabili ai rapporti di collaborazione commerciale che sovente nascono in occasione della stipulazione degli accordi transattivi quali cause legittimanti una valutazione degli effetti prodotti dall’intesa sul mercato [27]. Tale valorizzazione, puntualizza la stessa giurisprudenza, deve in ogni caso ritenersi meramente esemplificativa, posta l’esi­genza di calare la valutazione all’interno del contesto specifico della singola fattispecie concreta. La majority opinion si limita così a tale constatazione di principio, rimettendo alle Corti inferiori il compito di declinare la regola di ragionevolezza al singolo caso di specie [28]. Alla delicata applicazione della rule of reason elaborata in Actavis sono state così chiamate le Corti minori e la stessa Federal Trade Commision. Tra i molteplici casi scrutinati, particolare attenzione merita la decisione elaborata dal Fifth Circuit nella vicenda Impax [29]. Nel caso considerato la Corte chiarisce quale sia la ripartizione degli oneri probatori in giudizio e cosa costituisca oggetto di bilanciamento nell’applicazione della regola di ragionevolezza alle pratiche in considerazione. A ben vedere i principi adottati nella sentenza sono coerenti con l’iter normalmente seguito dalla giurisprudenza statunitense nella valutazione concorrenziale di condotte che coinvolgono l’utilizzazione di innovazioni tecnologiche [30]: viene [...]


4. La (ir)rilevanza dell’accertamento della validità del brevetto dell’origi­nator per fondare l’anticoncorrenzialità degli accordi.

Come è emerso dai paragrafi precedenti, l’anticoncorrenzialità degli accordi di reverse payment, tanto nel contesto giurisprudenziale europeo, quanto nella ricostruzione operata dalla majority jurisprudence statunitense, è sorretta da un ragionamento logico-presuntivo in cui l’elemento dell’accertamento dell’invalidità del brevetto dell’originator è relegato ad un ruolo di assoluta marginalità. L’invalidità della privativa, inferenzialmente desumibile dal trasferimento di valori corrisposto all’impresa genericista, contribuisce unicamente a corroborare l’accertata preordinazione escludente dell’accordo senza incidere nel giudizio di antigiuridicità dello stesso. Ad un’impostazione così strutturata si oppone la giurisprudenza espressa da alcune Corti statunitensi [43] di cui si è fatta portavoce la minority opinion nella vicenda Actavis, secondo cui il vaglio antitrust relativo agli accordi transattivi in analisi non può prescindere dal previo accertamento dell’invalidità del titolo dell’impresa originator. La premessa su cui poggia l’argomentazione della giurisprudenza minoritaria si basa sull’assunto per cui la conformità di una data pratica al diritto delle privative intellettuali esclude la rilevanza della stessa sul piano concorrenziale. Il vaglio antitrust dei reverse payment patent settlements presuppone dunque che la stipulazione di tali accordi transattivi non rientri all’interno delle legittime prerogative escludenti che il brevetto attribuisce al suo titolare: il bilanciamento tra i differenti interessi di cui si fanno portatori il diritto delle privative intellettuali e la disciplina della concorrenza non può infatti prescindere dal riconoscimento del diritto attribuito al titolare del brevetto di restringere la concorrenza e, conseguentemente, di essere immune da qualsiasi vaglio antitrust fintanto che tale potere di monopolio sia correttamente esercitato nell’ambito delle prerogative attribuite dal suo titolo [44]. Coerentemente, in presenza di un valido brevetto, l’accordo transattivo che impedisce alle imprese concorrenti di fare ingresso sul mercato per un periodo di tempo che non supera la durata accordata dal titolo deve ritenersi irrilevante da un punto di vista concorrenziale, inserendosi all’interno del c.d. “patent [...]


5. Reverse payment patent settlements e abuso di posizione dominante.

Nel contesto giurisprudenziale europeo, l’analisi antitrust degli accordi di pay-for-delay non è stata confinata al solo accertamento degli effetti di restrizione orizzontale prodotti sul mercato, ma è stata effettuata anche alla luce del divieto sancito dall’art. 102 T.F.U.E. Secondo la giurisprudenza europea, l’analisi di reverse payment patent settlements impone infatti di considerare la coeva sottoscrizione di molteplici accordi transattivi da parte dell’impresa originator all’interno di un’unica ed ampia strategia escludente dalla stessa operata, integrante appunto un abuso di posizione dominante. La sottoscrizione di più accordi con le concorrenti genericiste, si inserirebbe cioè in una programmatica strategia dell’impresa produttrice di farmaci originali finalizzata al rafforzamento della propria posizione di dominanza sul mercato ottenuto attraverso l’effetto escludente prodotto dalla sottoscrizione degli accordi transattivi con le concorrenti. Nella sentenza Generics la CGUE chiarisce come la medesima strategia contrattuale posta in essere da un’impresa farmaceutica detentrice di una posizione di dominanza sul mercato possa contemporaneamente integrare i divieti sanciti dagli artt. 101 e 102 T.F.U.E. [56]. La Corte riconosce come il ricorso al rimedio della transazione stragiudiziale da parte di un’impresa in posizione di dominanza sul mercato non costituisca di per sé un abuso, inserendosi infatti in quelle che sono le legittime prerogative riconosciute all’impresa stessa. Tuttavia questo strumento non può essere preordinato al rafforzamento della posizione di dominanza del­l’impresa originator attraverso la creazione di barriere all’ingresso sul mercato finalizzate ad annientare la concorrenza possibile, ancorché incerta, delle imprese genericiste [57]. L’abuso di impedimento, puntualizza la Corte, presuppone in ogni caso che il singolo accordo sottoscritto dall’originator si inserisca all’interno di un’unica e complessa strategia all’interno della quale confluiscono più accordi transattivi che presentano tutti la stessa ratio escludente: la ricostruzione della condotta abusiva deve dunque avvenire in un’ottica unitaria che trascende gli effetti concorrenziali specifici di ciascun accordo sottoscritto [58]. Anche in questo caso, il danno concorrenziale si [...]


6. Considerazioni conclusive.

I criteri di valutazione adottati dalla giurisprudenza europea e statunitense nella ricostruzione anticoncorrenziale degli accordi di pay for delay sembrano istituire una sostanziale divergenza d’impostazione. Al riconoscimento di un intrinseco carattere anticoncorrenziale proposto dai giudici comunitari si contrappone l’op­posto rifiuto espresso dai giudici statunitensi per un “quick look approach” e un conseguente giudizio basato sulla regola di ragionevolezza. A me sembra tuttavia che la riscontrata lontananza debba piuttosto essere ridimensionata: dietro la rule of reason statunitense si nasconde una modalità di accertamento dell’antigiu­ridicità degli accordi transattivi di reverse payment basata su una presunzione relativa che in sostanza ricalca la ricostruzione inferenziale operata nel contesto europeo e che vede nell’ingente trasferimento di valori l’elemento principe su cui fondare la preordinazione anticompetitiva degli accordi di reverse payment. Per entrambe le giurisprudenze il rationale economico delle intese in considerazione, in assenza di altre spiegazioni plausibili, non può che giustificarsi in un’ottica collusiva, indentificandosi nella volontà dei contraenti di sostituire scientemente attraverso l’accordo sottoscritto una collaborazione reciproca ai rischi connaturati alle dinamiche concorrenziali, impedendo in tal modo il sorgere di un rapporto di concorrenza possibile, ancorché incerto, sul mercato. Il sostanziale allineamento interpretativo trova inoltre conferma nell’irrilevanza attribuita in entrambi i contesti giurisprudenziali all’accertamento della validità del titolo dell’originator nel giudizio antitrust per fondare l’antigiuridicità degli accordi in considerazione. Tale elemento diventa totalmente inconferente, rilevando unicamente la portata anticoncorrenziale della pratica considerata, indipendentemente dalla sua giustificabilità alla luce di altre discipline. Questo giudizio di irrilevanza finisce così per ridimensionare la rule of reason statunitense, che al contrario presupporrebbe la valutazione della validità della privativa dell’originator e il riconoscimento dell’in­ci­denza di tale accertamento nel giudizio antitrust, portando quindi a ritenere che anche nel versante giurisprudenziale americano l’ambito di inquadramento dei reverse [...]


NOTE