Rivista Orizzonti del Diritto CommercialeISSN 2282-667X
G. Giappichelli Editore

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Premesse a uno studio sulla motivazione delle decisioni societarie: spunti dal diritto europeo * (di Alessio D. Scano**)


L'articolo pone le premesse ad uno studio sulla motivazione delle decisioni nelle società di capitali sotto un profilo sia strutturale sia funzionale.

La tesi è che la motivazione delle decisioni societarie non si risolve in un resoconto del processo decisionale (l'esposizione dei motivi o delle ragioni della decisione) ma in una giustificazione della decisione stessa, articolata in un discorso formale ed esplicito. Esige questa struttura della motivazione anche il diritto europeo, che sul punto ha profondamente influenzato il nostro diritto nazionale.

This paper analyzes the account of corporate decisions - when required by the law - both from a structural and functional standpoint.

The work finds that the account of corporate decisions does not consist of a "report" of the decision making process, but rather of a formal and explicit justification. European law is showed to conceive the account of corporate decisions in terms of "justification" as well, in this regard powerfully affecting the development of our national law.

KEYWORDS: limited liability companies – account of corporate decisions - Shareholder Rights Directive

* Testo rielaborato della relazione presentata al seminario «I diritti dei soci nell'ordinamento dell'Unione europea: la nuova direttiva Shareholders' Rights» nell'ambito del VII Convegno annuale dell'Associazione Italiana dei Professori Universitari di Diritto Commerciale su «L'influenza del diritto europeo sul diritto commerciale italiano: valori, principi, interessi».

** Professore associato di diritto commerciale, Università di Sassari.

Sommario/Summary:

1. Preambolo - 2. La nozione di motivazione: da resoconto delle tappe logiche del ragionamento decisorio a discorso giustificativo ex post della decisione - 3. Il portato della nozione di motivazione in termini di discorso giustificativo - 4. Procedimento, decisione, motivazione - 5. L’influenza del diritto europeo sulla struttura della motivazione societaria: a) la motivazione della delibera che esclude il diritto di opzione - 6. Segue: b) la motivazione della delibera di riduzione reale del capitale: cenni. - 7. Segue: c) la motivazione delle deliberazioni di fusione e scissione - 8. Segue: d) il principio ‘comply or explain’ e le decisioni in materia di related party transactions - 9. Segue: e) le proposte di modifica alla Direttiva Shareholders Rights - 10. Conclusioni: quale agenda di ricerca per il futuro prossimo? - NOTE


1. Preambolo

Sono anzitutto debitore di una spiegazione riguardo al tema oggetto del mio intervento che è quello della motivazione delle decisioni societarie. Devo francamente ammettere che ¯ in riferimento a una tavola rotonda sulle proposte di modifica[1] alla c.d. "Direttiva azionisti"[2] ¯ questa mia scelta è stata forse in origine avventata, più animata dal desiderio di sviscerare ulteriormente un tema che da tempo mi vede impegnato su uno studio monografico dedicato al tema della motivazione delle decisioni delle società che dalla piena consapevolezza circa la dimensione "europea" di questo fenomeno. Ma, come spesso accade, la fortuna premia l'azzardo. E così, il testo della proposta di Direttiva oggetto della discussione odierna si è, in effetti, rivelato (come pure numerose direttive europee precedenti) ricco di spunti e foriero di conferme in ordine ad alcune tendenze nel campo della "motivazione societaria" alle quali ero approdato per altre vie. Di una tale affermazione mi incaricherò ora di indicare le ragioni, con l'avvertimento che, per rispettare i tempi assegnatimi, procederò per punti e con proposito di semplificazione.


2. La nozione di motivazione: da resoconto delle tappe logiche del ragionamento decisorio a discorso giustificativo ex post della decisione

Preliminarmente, è utile chiarire che cosa debba intendersi per motivazionedi una decisione da un punto di vista giuridico. Se, infatti, questa nozione può dirsi ben nota ai cultori del diritto processuale [3] e del diritto amministrativo [4], non è possibile dire altrettanto per gli studiosi del diritto privato in genere, e del diritto commerciale in particolare, nelle cui trattazioni i riferimenti alla motivazione delle decisioni sono episodici, in quanto compiuti, per lo più, in occasione della disamina particolare di istituti specifici [5]. Se pure con una prima approssimazione, si può premettere che vi è un sostanziale accordo generale nell'affermare che in termini funzionalila motivazione rappresenta un «tipico strumento di controllo e di tutela, disposto nell'interesse di chi si trova in posizione di soggezione nei confronti del titolare di un potere giuridico», rappresentando essa un mezzo di «controllo del corretto esercizio del potere»[6]. La prospettiva funzionale rivela "a che cosa serva" la motivazione di una decisione. Rispetto, invece, a cosa debba intendersi per motivazione in terministrutturali¯ tali da consentirci di comprendere "come" la motivazione "sia fatta" (o debba essere fatta) ¯ la diversità di vedute fra gli autori è ben più ampia e variegata. a) Secondo la concezione che potremmo definire 'tradizionale', la motivazione dovrebbe rappresentare un segno(i.e., un discorso) linguisticoformale (motivation en la forme, nel linguaggio degli amministrativisti francesi) descrittivo, in forma di resoconto più o meno fedele, delle tappe logiche o psicologiche che hanno scandito il procedimento[7] decisorio. Si oppongono alla concezione tradizionale appena ora illustrata tre diversi approcci ricostruttivi. b) È dato rilevare, in primo luogo, una visione 'riduzionista' (quando non del tutto svalutativa) del ruolo e della esigenza della motivazione: i giusrealisti americani[8] e gli irrazionalisti tedeschi[9] non esitarono ad affermare, ad esempio, che la motivazione è pura finzione. È l'intuizione, in realtà, che sta alla base di tutti i ragionamenti logici; e l'intuizione (definita anche in termini di hunch o di wordless rationality) non può, né deve, essere logicamente illustrata, documentata o riportata. Alle nostre latitudini, in quello stesso frangente temporale, anche il Cammeo ¯ può esser [...]


3. Il portato della nozione di motivazione in termini di discorso giustificativo

Ma, all'atto pratico, cosa implica fare propria la concezione della motivazione in termini di discorso giustificativo? E, per rimanere aderenti al tema del nostro incontro odierno, qual è il portato applicativo della struttura giustificativa della motivazione sul piano dellacorporate governancee dei diritti degli azionisti? Dalla prospettiva strutturale da cui abbiamo analizzato il fenomeno della motivazione si ripassa, così, a una prospettiva più propriamente funzionale per chiederci quale sia loscopo, e l'utilità, della struttura giustificativa della motivazione. Nella prospettiva dischiusa dallo schema esplicativo della motivazione-giustificazione, la struttura giustificativa che essa deve assumere reca con sé rilevanti ricadute non solo dal punto di vista teoretico, ma anche sul piano applicativo; ricadute che si possono compendiare nei termini che vengo sinteticamente ad esporre. a)Sul piano dellatrasparenza: la struttura espressa e la formulazione a struttura giustificativa rendono la motivazione un insostituibile strumento di ricostruzione obiettiva dei comportamenti, non solo al fine della ricostruzione dei profili di responsabilità (in senso lato) di chi è incaricato di assumere determinati decisioni nell'interesse altrui[17], ma altresì della comprensione degli obiettivi perseguiti dal decidente anche al di là della decisione specificamente adottata. Da questo punto di vista, lo scopo di trasparenza non deve essere confuso con lo scopo di controllo (esaminato alla lettera successiva). La motivazione non è funzionale in modo esclusivo al controllo (del giudice o di altri soggetti), ma anche a perseguire altri fini, come appunto quello di garantire la trasparenza dell'azione e degli obiettivi cui questa concretamente si indirizza[18]. b)Sul piano del controllo: il discorso giustificativo consente una più efficiente «verifica di conformità»[19] delle decisioni assunte dai soggetti detentori del potere decisionale. La sottoposizione della decisione al controllo induce non solo alla produzione di una buona decisione e di una congrua motivazione, ma allo stesso tempo sospinge il decidente a giocare "a carte scoperte" e a svelare le ragioni reali al fondo della decisione, assai più agevolmente occultabili con il ricorso alle altre tecniche motivatorie. c)Infine, sul piano della razionalitàdella decisione: la prospettiva di dover motivare [...]


4. Procedimento, decisione, motivazione

La razionalizzazione del momento decisorio di cui ho appena riferito alla fine del paragrafo precedente implica l'idea della procedimentalizzazione di tale momento. In proposito, è subito opportuno chiarire come non sussista una corrispondenza biunivoca formaletra procedimentoe motivazione: ad ogni attività procedimentalizzata non corrisponde necessariamente una decisione finale motivata. Né - procedendo ancor più a ritroso - può dirsi sussistente una necessaria corrispondenza biunivoca formale tra procedimento eatto (sia esso motivato o meno)[21], essendo nota sia l'eventualità del compimento di un c.d. atto istantaneo, sia (soprattutto nel diritto privato) l'eventualità dell'atto compiuto all'esito di una sua preparazione che sia puramente psicologica e non procedimentale, in quanto tale «non rilevabile (ma non sempre irrilevante) come forma all'esterno»[22]. La sequenza procedimento‑decisione‑motivazione non è dunque né obbligatoria (per legge), né ineluttabile (per via di fatto). È per quest'ordine di ragioni che l'idea di recente prospettata, muovendo dall'assioma della connessione necessaria tra motivazione e procedimento -  e a stregua della quale là dove il legislatore ha imposto un obbligo di motivazione (cfr. art. 2391 c.c.) lo stesso ha finito per «codificare espressamente anche un ulteriore obbligo […] di […] attività istruttoria»[23] - può essere accolta solo con riserva e operando gli opportuni distinguo, fino a quando il discorso sia condotto sul piano giuridico-formale. In conclusione, e in termini astratti, mi sentirei di dire che ben potrebbe verificarsi il caso di unprocedimento senza motivazionedella decisione finale; come anche di unadecisione motivata senza procedimentopreliminare.  E tuttavia nella valutazione delle connessioni formali intercorrenti tra procedimento, decisione e motivazione, l'attenzione al dettaglio formale non deve far dimenticare la circostanza per cui nella realtà quotidiana le decisioni finali delle (piccole e grandi) organizzazioni sono spesso (sia pur solo spontaneamente) motivate e rese a seguito di un procedimento, nel cui ambito trovano collocazione sia una corretta ponderazione dei vari interessi coinvolti nella vicenda decisoria, sia l'assicurazione di garanzie formali e sostanziali a favore dei soggetti portatori di tali [...]


5. L’influenza del diritto europeo sulla struttura della motivazione societaria: a) la motivazione della delibera che esclude il diritto di opzione

L'influenza del diritto europeo sulla struttura della motivazione societaria: a) la motivazione della delibera che esclude il diritto di opzione. A conclusione di questo discorso introduttivo di tipo generale, è necessario finalmente porsi l'interrogativo di quale sia, se esistente, l'influenza del diritto europeo[33] sul diritto italiano con riguardo alla motivazione degli atti societari. La mia tesi ¯ lo affermo fin d'ora esplicitamente ¯ è che l'approccio europeo allacorporate governanceevidenzia una tensione crescente verso la fisionomia della motivazione nei termini di discorso giustificativo poc'anzi illustrato. Tenterò di dimostrare questo assunto ripercorrendo, senza pretesa di esaustività [per ragioni di tempo, infatti, lascerò fuori dalla mia analisi la motivazione delle decisioni di prestiti o garanzie della società per l'acquisto di azioni proprie (art. 2358, co. 3, c.c.) e della delibera di trasformazione regressiva (art. 2500-sexies, co. 2, c.c.)], le vicende relative ad alcune aree tematiche dal rilievo sistematico evidente. La prima vicenda ¯ ormai risalente nel tempo ma non meno attuale sotto il profilo sistematico ¯ è quella attinente all'art. 2441 c.c. e al ruolo svolto dall'art. 29, n. 4 della II Direttiva n. 77/91/CEE (in materia di costituzione delle s.p.a. e salvaguardia del capitale sociale [[34]]) circa la motivazione dell'esclusione del diritto di opzione nella sottoscrizione del nuovo capitale.        Il diritto domestico anteriore al recepimento della II Direttiva non faceva assolutamente cenno all'obbligo di motivazione della decisione di esclusione o limitazione del diritto di opzione. Molti autorevoli studiosi della nostra materia si pronunciavano apertamente ¯ confortati dalla formulazione del testo normativo al tempo in vigore ¯ per la non obbligatorietà della motivazione della delibera di esclusione o limitazione del diritto di opzione[35]. Si osservava che la motivazione (spontanea, al limite) avrebbe potuto sì far emergere «gli intendimenti» degli azionisti favorevoli all'adozione della delibera, ma che tale contenuto non avrebbe in ogni caso potuto influire sull'accertamento che il giudice era chiamato a svolgere in ordine al ricorrere «di un'utilità derivante alla società dalla deliberazione»[36]. Il comune sentire, insomma, era quello per cui la motivazione dell'esclusione - [...]


6. Segue: b) la motivazione della delibera di riduzione reale del capitale: cenni.

Conferma evidente dell'approccio europeo appena esposto si può trarre anche da un'ulteriore vicenda: quella attinente alle modifiche apportate dal legislatore nazionale all'art. 2445 c.c. sempre su impulso della II Direttiva n. 77/91/CEE. L'originaria laconica formulazione di questa disposizione fu anch'essa significativamente modificata («rafforzata»[43]) imponendo l'obbligo di esplicitare le ragioni (oltreché le modalità) della riduzione effettiva del capitale. L'esame di questa disposizione consente, tra l'altro, di rilevare un chiaro esempio di quella dissociazione tra organo proponente‑motivante e organo decidente alla quale è possibile assistere nel diritto delle società di capitali. In questa ipotesi, la particolarità del difetto di contestualità risiede nella circostanza che la motivazione deve essere addirittura "anticipata" già nell'avviso di convocazione dell'organo deliberante al quale poi spetterà di recepirla.[44]


7. Segue: c) la motivazione delle deliberazioni di fusione e scissione

Ancora: verso la struttura logico-giustificativa della motivazione (facendole guadagnare spazi sempre più consistenti) hanno mostrato di protendere ¯ sempre allo scopo evidente di rafforzare gli strumenti a disposizione degli azionisti di minoranza ¯ le disposizioni di cui agli artt. 5 e 9 della III Direttiva n. 78/855/CEE (in materia di fusioni[45]) e agli artt. 3 (nn. 1 e 2) e 7 (n. 1)  della VI Direttiva n. 82/891/CEE (in materia di scissioni[46]). Gli elementi di maggiore novità per il nostro ordinamento recati dalla III Direttiva ¯ immediatamente colti dai primi commentatori ¯ riguardano proprio la fase preparatoria del procedimento di fusione e, in particolare, l'obbligo di redazione di un "progetto" (art. 5), prima sostanzialmente ignoto al nostro diritto societario comune[47], e di una "relazione" di accompagnamento degli amministratori (art. 9)[48]. In particolare, con quest'ultimo documento, il legislatore comunitario ha richiesto la stesura di una relazione "particolareggiata" tesa aillustrare egiustificare (sia sotto il profilo giuridico, sia sotto il profilo economico) il contenuto del progetto di fusione e, in particolare, la determinazione del rapporto di cambio.    In generale, la dottrina italiana si è limitata a leggere queste novità esclusivamente in chiave di diritto di informazione degli azionisti. Vale però la pena sottolineare ¯ nella prospettiva propria di questo studio preliminare ¯ che la relazione di cui si discute non dovrebbe essere degradata alla stregua di una mera ed "avalutativa" somministrazione di informazioni ai soci, rappresentando essa qualcosa di più pregnante e di concreto incentrata (come effettivamente è) sul ruolo proattivo degli amministratori, i quali sono chiamati ad esplicare e giustificare le ragioni poste alla base dell'operazione. L'enfasi con la quale il legislatore europeo ricorre all'endiadi illustrazionee giustificazione dell'operazione sotto il profilo giuridico ed economicotestimonia della circostanza per cui le stesse ragioni poste alla base dell'operazione devono essere "esplicate" e "supportate" al cospetto della platea dei soci. E non è un caso che gli autori più accorti, da un lato, abbiano condivisibilmente considerato la relazione illustrativa degli amministratori «lo strumento informativo privilegiato dei soci»[49] e, dall'altro, notato come l'obbligo di illustrazione e giustificazione richiami [...]


8. Segue: d) il principio ‘comply or explain’ e le decisioni in materia di related party transactions

L'analisi sinora svolta ha consentito ¯ sia pure per argomentazioni parziali e a tratti apodittiche ¯ di pervenire alla conclusione per cui è identificabile una precisa traiettoria nell'evoluzione delle modalità di proposizione e di assunzione di alcune fondamentali deliberazioni societarie; traiettoria, quella appena descritta, che muove da un punto originario, occupato dalle decisioni immotivate (o dequotate), e che successivamente approda a uno stadio in cui dal legislatore è richiestoa)che talune fondamentali decisioni siano il frutto di una precisa attività procedimentalizzata; eb)che esse rechino una esplicita motivazione a struttura giustificativa. Le conclusioni raggiunte mi pare possano ricevere ulteriori conferme allorché si getti lo sguardo su ambiti del nostro ordinamento societariodiversida quello delle decisioni di competenza dell'assemblea eulterioririspetto all'area tematica del recepimento delle direttive europee di armonizzazione. In questo senso, molto indicativo (per quanto limitato alle società quotate) appare, in primo luogo, il portato del principio "comply or explain" di cui alla Direttiva 2006/46/CE[56], a stregua del quale, come noto, «quando le società [quotate]  decidono di discostarsi da una o più raccomandazioni contenute nei codici di governo  societario [esse sono] tenute ad indicare le motivazioni poste alla base di tale decisione»[57]. In particolare, la citata Direttiva obbliga le società quotate a introdurre «all'interno  della  dichiarazione sul   governo  societario   (o,   meglio,   in   una   specifica sezione della relazione sulla gestione o in una distinta relazione)» un richiamo al codice di governo societario adottato (in quanto effettivamente adottato) «nonché di informare   sulle   modalità   della   sua   applicazione   secondo   il   principio   del   "comply   or explain"».[58] A questo proposito, la Commissione ¯ nell'ambito di una ricerca tesa a verificare lo stato di attuazione della Direttiva [59] ¯ ha avuto occasione di lamentare l'assenza o la genericità delle dichiarazioni con le quali le società hanno deciso di discostarsi da eventuali raccomandazioni del Codice di Autodisciplina. [...]


9. Segue: e) le proposte di modifica alla Direttiva Shareholders Rights

Vengo, infine, all'oggetto della comune riflessione odierna e dico subito che è senz'altro possibile propendere per la conclusione per cui la nuova Direttivasui diritti degli azionistirappresenta un ulteriore decisivo apporto allo sviluppo della motivazione in termini di discorso giustificativo. È dato anzi riscontrare un'accentuazione delle richieste del legislatore europeo e un consistente rafforzamento dell'orientamento dimostrato in questa materia fin dalle origini. Per comprovare quanto appena affermato, ritengo sia utile provare a trarre una conferma da due aree tematiche ben precise. La prima è quella afferente alla remunerazione degli amministratori e, più in particolare, al c.d. say on paydegli azionisti[65]. L'importanza sistematica dell'argomento discende non solo dal suo riconnettersi a molteplici punti topici in materia di corporate governance (in primis, il conflitto di interesse corrente tra soci e amministratori [[66]]), ma anche dall'evoluzione che lo stesso diritto europeo (un tempo considerato meno incisivo) registra sul punto rispetto alle regole vigenti negli Stati Uniti (ritenute più puntuali).[67] Ebbene, senza neppure entrare nel merito della questione se la pronuncia dei soci sul compenso degli amministratori debba preferibilmente avere natura vincolante o meramente consultiva[68], ciò che qui conta è rilevare che la decisione sulla politica retributiva è scandita da chiare tappe procedimentali e conclusivamente motivata in termini giustificativi. Tanto si desume dalla lettura dell'art. 9 bis ( Diritto di voto sulla politica retributiva), il quale dispone che: - "la politica retributiva illustra il modo in cui contribuisce agli interessi a lungo termine e alla sostenibilità della società…."; - "la politica indica la proporzione relativa adeguata delle diverse componenti della retribuzione…"; - "la politica spiega come è stato tenuto conto delle retribuzioni e delle condizioni dei dipendenti…."; - "la politica indica i criteri da utilizzare [per la retribuzione variabile]"; - "la politica specifica le procedure seguite per la determinazione della retribuzione degli amministratori…"; ecc.[69] Anche qui (ai fini di orientare futuri approfondimenti) è decisivo rammentare la struttura non contestuale (per relationem) tipica della motivazione societaria e ¯ elemento che si palesa di non secondario rilievo nella disciplina [...]


10. Conclusioni: quale agenda di ricerca per il futuro prossimo?

Di fronte alla evoluzione normativa fin qui tratteggiata non si possono trarre, allo stato, conclusioni univoche e definitive. La materia necessita certo di un'ulteriore approfondita riflessione. È sicuramente necessaria una messa a fuoco dei profili strutturali della motivazione societaria nei diversi contesti in cui essa è esplicitamente chiamata, dal diritto positivo, a rivestire un ruolo più o meno determinante. Ma è ancor più necessario ricostruirne i profili funzionali, sempre alla luce della disciplina data. Dopodiché, alcuni interrogativi su cui merita riflettere sono sicuramente i seguenti. Uno iniziale, fondamentale, è quello se la motivazione societaria rappresenti all'interno del sistema societario la regola ovvero l'eccezione[72]; quesito al quale segue ¯ indipendentemente dalla risposta data al precedente ¯ quello se possano ricavarsi ulteriori spazi alla motivazione rispetto a quelli normativamente previsti in via di auto‑integrazione dell'ordinamento tramite analogia. Ancora: è lecito chiedersi se di fronte all'esercizio di poteri discrezionali sia sempre auspicabile attendersi una motivazione. Questo problema ha sempre scosso le indagini teoriche sulla motivazione e, nel silenzio legislativo, ha condotto a risposte incerte. A suo tempo il diritto amministrativo francese e quello italiano giungevano a conclusioni opposte: il primo, fedelmente ancorato al principio pas de motivation sans texte; il secondo, proteso a una generalizzazione dell'obbligo di motivazione[73]. E non v'è chi non veda che un tale problema tocca quello - fondamentale - della relazione fra motivazione e sindacato giurisdizionale sugli atti degli amministratori. Si è poi accennato in corso di trattazione alla questione se la motivazione societaria possa essere funzionale a un "sindacato di opinione pubblica" (o, detto in altri termini, a un "controllo democratico") della decisione, sollevando dunque il problema ¯ in ipotesi di risposta affermativa al quesito ¯ alla stregua di quali elementi debba essere individuata tale opinione pubblica ovvero se essa, nel contesto in cui operiamo, possa coincidere (quantomeno nelle società "aperte") con la nozione di mercato tout court.[74] Su tutti questi interrogativi - sulla cui soluzione incidono questioni ancor più di vertice quali la definizione dell'interesse sociale e lo schema dell'eccesso di potere quale strumento di tutela del [...]


NOTE