Rivista Orizzonti del Diritto CommercialeISSN 2282-667X
G. Giappichelli Editore

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Società benefit e società non benefit (di Mario Stella Richter Jr **)


L’articolo si concentra su due dei problemi più rilevanti sollevati dalla nuova disciplina: cosa distingue realmente una società benefit da una società non-benefit (la finalità di beneficio comune? L’equilibrio tra interessi degli azionisti e degli altri stakeholders? Entrambi?) e dove dovrebbe essere fissato il relativo confine; e, in secondo luogo, se la trasformazione di una società non-benefit in una società benefit debba essere considerata una causa legale di recesso per gli azionisti dissenzienti – questione, quest’ultima, molto critica nell’utilizzazione concreta del modello della società benefit - 

Benefit Companies and Non-Benefit Companies in Italy

The paper focuses on two of the most relevant questions raised by the new legislation: what really distinguishes a benefit corporation from a non-benefit corporation (the common benefit objective? The balance between shareholders’ and other stakeholders’ interest? Both?) and where should the boundaries be set; and, secondly, whether the transformation of a non-benefit into a benefit corporation should qualify as a legal cause of withdrawal for dissenting shareholders – a very critical issue in the practical usage of the benefit form.

KEYWORDS: benefit company – shareholder withdrawal – interests to be pursued

È il testo, marginalmente riveduto, della relazione svolta al convegno "Dalla Benefit corporation alla Società benefit", tenutosi alla Luiss G. Carli di Roma il 21 aprile 2017.

Sommario/Summary:

1. Premessa - 2. Alcuni dati normativi - 3. Società benefit, società non benefit e beneficio comune - 4. Previsione delle finalità di beneficio comune, modificazioni statutarie e diritto di recesso - NOTE -


1. Premessa

Il titolo "società benefit e società non benefit" non è stato chiaramente scelto per trattare l'intera disciplina delle società benefit… e di tutte le altre società che benefit non sono. Con esso desidero solamente richiamare due questioni (tra loro almeno in parte collegate), che sin dalla prima lettura della legge di stabilità del 2016[1] e, in particolare, dei commi da 376 a 384 del suo articolo unico mi hanno incuriosito e mi sono parse rilevanti. Mi riferisco alle seguenti: (i) in cosa si sostanzi la distinzione tra società benefit e società non benefit, il che presuppone precisare quale sia la fattispecie normativa di società benefit e, in particolare, quale sia il senso del secondo periodo del comma 379 (a mente del quale «le società diverse dalle società benefit, qualora intendano perseguire anche finalità di beneficio comune, sono tenute a modificare l'atto costitutivo o lo statuto, nel rispetto delle disposizioni che regolano le modificazioni del contratto sociale o dello statuto, proprie di ciascun tipo di società»); e (ii) come avviene il passaggio dalla società benefit alla società non benefit e comunque la inclusione nello statuto della previsione del perseguimento della finalità di beneficio comune, il che comporterà all'atto pratico stabilire se l'inclusione successiva alla costituzione della società di tale previsione nel contratto, atto costitutivo o statuto sociale presupponga il riconoscimento del diritto di recesso in capo ai soci non consenzienti rispetto alla correlativa modificazione.


2. Alcuni dati normativi

Sono benefit, secondo lo stesso legislatore che si incarica di definirle, le società che «nell'esercizio di una attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse» (comma 376); società, dunque, che finalizzano lo svolgimento dell'attività economica non solo allo scopo di lucro ma anche a finalità altruistiche, di «beneficio comune». Le società benefit diventano tali, e si assoggettano dunque alla relativa (scarna) disciplina, indicando nella clausola statutaria dell'oggetto sociale finalità di beneficio comune o altruistiche, che dire si vogliano (commi 377 e 379, primo periodo). L'essere società benefit consente (e non impone) di «introdurre, accanto alla denominazione sociale, le parole: 'Società benefit' o l'abbreviazione: 'SB' e utilizzare tale denominazione nei titoli emessi, nella documentazione e nelle comunicazioni verso terzi» (comma 379, quarto periodo); consente quindi di fregiarsi del titolo di società benefit, sia inserendolo che non inserendolo nella denominazione o ragione sociale; ma la inclusione del riferimento alla società benefit nel nome della società non è presupposto per la sua qualificazione. Intendo cioè dire che - a differenza di quanto avviene per la identificazione dei tipi sociali - non è attraverso la spendita di un certo nomen juris che si concretizza l'antecedente logico per l'applicazione della disciplina delle società benefit. Del secondo periodo del comma 379 ho già detto.


3. Società benefit, società non benefit e beneficio comune

Tanto premesso, per tentare di stabilire che rapporto ci sia tra le società benefit e le società non benefit, mi pare necessario fare un passo indietro e distinguere diverse ipotesi di fatto (che invece sono state spesso confusamente accostate e accomunate in alcuni dei primi commenti sulla nuova disciplina delle società benefit). Intendo dire che ci possono essere, e di fatto ci sono, società - ma in questo caso sarebbe più corretto parlare in generale di imprese comunque organizzate - le quali, nell'ambito della loro libertà di iniziativa economica e della loro autonomia di impresa, scelgono di svolgere la (propria) attività economica bilanciandola con il perseguimento di interessi esterni e cioè con finalità di beneficio comune, nella convinzione che questa scelta gestionale possa portare vantaggi (reputazionali o di altro genere) idonei a tradursi, magari in un orizzonte temporale di più lungo periodo, anche in vantaggi di natura economica per la impresa. È appena il caso di aggiungere che si tratta di una scelta che, al pari di tutte quelle imprenditoriali, può portare o non portare all'atto pratico quegli sperati risultati di ordine economico, ma che tutto ciò, in ogni caso, non contraddice affatto lo scopo proprio, tipico e tradizionale dell'attività di impresa, e cioè lo svolgimento di una attività economica, così come non contraddice lo scopo di lucro oggettivo di tutte le società (e quello di lucro soggettivo delle società a causa lucrativa). Trattandosi di scelta prettamente gestionale essa ricade nella competenza dell'organo o degli organi cui è affidata la funzione gestoria dell'impresa sociale. Sempre in quanto scelta gestionale, ad essa si applica la business judgment rule. Dalla ipotesi appena fatta si può distinguere quella in cui alcune scelte di carattere ideale, che possono andare a vantaggio di interessi generali o collettivi ecomunque esterni alla società, sono fissate nello statuto(-atto costitutivo). Ciò avverrà, nella più parte dei casi, circoscrivendo l'oggetto dell'attività sociale e quindi operando sulla clausola relativa all'oggetto sociale[2]. Solo per fare qualche esempio, si potrà prevedere che l'attività di produzione di energia elettrica possa consistere solo nello sfruttamento di fonti rinnovabili; che una attività [...]


4. Previsione delle finalità di beneficio comune, modificazioni statutarie e diritto di recesso

Lascio questi primi (e - mi rendo conto - del tutto approssimativi e insoddisfacenti) spunti di riflessione per affrontare la seconda questione; e quindi chiedermi come avviene il passaggio (potremmo dire, seppure in senso non necessariamente tecnico, la "trasformazione") dalla società benefit alla società non benefit e comunque la inclusione nello statuto della previsione del perseguimento della finalità di beneficio comune; il che comporterà stabilire se l'inclusione successiva alla costituzione della società di tale previsione nel contratto, atto costitutivo o statuto sociale comporti il riconoscimento del diritto di recesso in capo ai soci non consenzienti rispetto alla modificazione. La rilevanza pratica della questione consiste, come è chiaro, in ciò che a seconda delle soluzioni fornite si potrà ipotizzare un più o meno significativo ricorso alla qualifica di "benefit" per le grandi realtà societarie, ad iniziare dalle società quotate. Muovo da un dato che mi pare pacifico: che la società benefit non è pensata e disciplinata come autonomo (e ulteriore) tipo sociale (ma appunto come semplice qualifica che le società di tutti i tipi possono attraverso acconce previsioni statutarie acquisire); con la conseguenza che, in caso di successivo acquisto della qualifica di società benefit, non si pone un tema di recesso per "modificazione del tipo". Direi anzi che proprio la circostanza che tutti i tipi di società di diritto italiano possano acquistare la qualificazione di società benefit impone di affrontare la nostra questione in modo analitico. Per quanto attiene ai tipi sociali appartenenti alla classe delle società di persone, mi pare che il discorso si riduca a ciò. La regola dispositiva della unanimità per la modificazione del contratto sociale non porrà di norma un problema di recesso o di tutela del socio dissenziente rispetto alla ipotizzata modificazione. Qualora invece il contratto preveda la sua modificazione a maggioranza si tratterà anzitutto di vedere se lo stesso disciplini cause convenzionali di recesso (potrebbe, per esempio, prevedere che in caso di alterazione delle basi essenziali della società o nel caso di cambiamento dell'oggetto sociale siano legittimati a recedere i soci non consenzienti) e poi comunque se, a prescindere dalla eventuale previsione di un regime [...]


NOTE

** Professore ordinario, Università di Roma Tor Vergata, stellarichter@yahoo.com 1) L. 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato». 2) Oppure attraverso l'autonoma previsione di "Principi di conduzione dell'impresa". È questo il caso dello statuto della celebre società editrice Axel Springer SE (già Springer Verlag AG): § 3 - «Principi di conduzione dell'impresa - 1. L'impresa si informa ai seguenti principi: a) la difesa della libertà e del diritto in Germania, un paese appartenente alla famiglia occidentale delle nazioni, e il progresso della unificazione dei popoli europei; b) la ricerca della riconciliazione tra ebrei e tedeschi, ivi compreso l'appoggio al diritto all'esistenza del Popolo di Israele; c) l'appoggio alla alleanza atlantica e il mantenimento della solidarietà con gli Stati Uniti d'America; d) il rifiuto di ogni forma di totalitarismo politico; e) la difesa di una libera economia di mercato sociale (freie soziale Marktwirtschaft). 2. Gli organi della Società sono vincolati alla stretta osservanza e alla esecuzione di questi principi». Per qualche ulteriore approfondimento sulla disciplina degli "elementi ideali" dell'atto costitutivo mi permetto di rinviare al mio Forma e contenuto dell'atto costitutivo della società per azioni, in Trattato delle società per azioni, diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, vol. 1*, Torino, 2004, 165 ss., a 242 ss. 3) Infatti, le società benefit sono tenute a sottoporsi a un processo di valutazione quantitativa e qualitativa delle performance sociali e ambientali, ricorrendo ad uno standard di valutazione esterno in possesso di specifici requisiti. In particolare, tale standard deve essere sviluppato da un ente che non sia controllato dalla società benefit o collegato con la stessa e che abbia le competenze necessarie per valutare l'impatto sociale e ambientale delle attività di una società nel suo complesso e che utilizzi un approccio scientifico e multidisciplinare per sviluppare lo standard. Sono dunque questi enti (ma in realtà ne esiste allo stato uno solo) ad essere i primi interessati alla diffusione della società benefit. 4) A prescindere da quelle che sono state le intenzioni del legislatore storico (e ringrazio l'avv. Livia Ventura che me le ha illustrate, posto che [...]