Nell’ambito degli interventi operati dal d.l. 17 marzo 2023, n. 25 (c.d. decreto FinTech), il presente contributo si concentrerà sul capo II del citato decreto-legge, che detta «Disposizioni comuni per l’emissione e circolazione in forma digitale». In particolare, soffermandosi su quanto previsto dall’art. 5 ss. del decreto in merito agli effetti della scritturazione su registri per la circolazione digitale e alla legittimazione all’esercizio dei diritti relativi agli strumenti finanziari digitali, e partendo dalla dichiarata e altrettanto evidente assonanza di dette previsioni con le regole dettate per il regime di rappresentazione in forma scritturale di cui al t.u.f., si analizzerà il rapporto tra le due discipline e ci si interrogherà sulla condivisibilità della scelta legislativa.
In the context of the innovations introduced by Decree-Law No. 25 of 17 March 2023 (the so-called ‘FinTech Decree’), this article will focus on Chapter II of the Decree, which sets out the common provisions governing the issuance and transfer of digital financial instruments. In particular, by focusing on the provisions of the FinTech Decree on the effects of entry in a distributed ledger and on the entitlement to exercise the rights relating to digital financial instruments, and in the light of the declared and clear convergence of these provisions with those regulating dematerialised centralised management, the relationship between the two systems will be analysed in detail and the question of whether the legislative choice is shareable will be discussed.
1. Premessa. - 2. Ambito oggettivo di applicazione e perimetro dell’indagine. - 3. La (dichiarata) equivalenza delle regole. - 4. Le singole disposizioni applicabili quanto a effetti della scritturazione, esercizio dei diritti sociali e costituzione di vincoli. - 5. Prime riflessioni conclusive. - NOTE
Il d.l. 17 marzo 2023, n. 25 (di seguito “decreto FinTech”), convertito, con modificazioni, dalla l. n. 52 del 10 maggio 2023 e recante disposizioni urgenti in materia di emissioni e circolazione di determinati strumenti finanziari in forma digitale e di semplificazione della sperimentazione FinTech, oltre ad adeguare il nostro ordinamento alle regole con cui il legislatore dell’Unione europea ha istituito un regime pilota per le infrastrutture di mercato basate sulla tecnologia a registro distribuito (DLT), ha esteso la relativa disciplina agli strumenti finanziari digitali non ricompresi nell’ambito di operatività del regolamento (UE) 2022/858 (d’ora in poi reg. DLT Pilot Regime) [1]; precisamente, agli «strumenti finanziari digitali non scritturati presso un TSS DLT o un SS DLT» (art. 18 decreto FinTech) [2]. Nell’ambito delle molteplici e variegate previsioni che compongono la nuova disciplina, il cui (dichiarato) obiettivo è quello di favorire nuovi meccanismi di raccolta di capitali a beneficio dell’economia reale e nuove forme di circolazione degli strumenti finanziari, in un contesto di sicurezza tecnologica e nell’ambito di un quadro giuridico solido e certo a tutela degli investitori, il presente contributo si concentrerà sul capo II del decreto, che detta «disposizioni comuni per l’emissione e circolazione in forma digitale» e fornisce (o contribuisce a fornire), come è stato ben evidenziato [3], la cornice civilistica per il fenomeno dell’emissione e circolazione digitale. In particolare, soffermandosi su quanto previsto dall’art. 5 ss. decreto FinTech in merito agli effetti della scritturazione su registro e alla legittimazione all’esercizio dei diritti relativi agli strumenti finanziari digitali, e avendo come punto di partenza la evidente assonanza di dette previsioni con le regole dettate per il (diverso e ora alternativo) regime di rappresentazione in forma scritturale [4] di cui al t.u.f. e al regolamento c.d. CSDR [5], ci si interrogherà sul rapporto tra le due discipline e sulla condivisibilità del rilievo, talvolta critico, formulato dai primi commentatori di “appiattimento” del nuovo regime su quello introdotto nel 1998. Il tentativo di rispondere a questa domanda impone, preliminarmente, di valutare se le pur indubbie analogie tra il regime scritturale e [...]
Precisando che l’analisi si concentrerà solo su alcune delle disposizioni contenute nel capo II del decreto FinTech, che paiono a chi scrive particolarmente (o più) significative alla luce delle finalità del presente intervento [6], tali disposizioni si applicano agli strumenti finanziari [7] digitali – ossia emessi su un registro per la circolazione digitale secondo la definizione fornita dall’art. 1, primo comma, lett. c), decreto FinTech – a prescindere dal fatto che gli stessi siano negoziati in una sede di negoziazione MiFID (ossia rientrino nell’ambito di applicazione del DLT pilot regime) o siano strumenti “non negoziati”. Rispetto a questi ultimi è però richiesto che le relative emissioni avvengano su registri per la circolazione digitale [8] tenuti da responsabili del registro iscritti in un apposito elenco istituito e tenuto dalla Consob. Più in generale, l’art. 3 decreto FinTech richiede che l’emissione e il trasferimento degli (di tutti gli) strumenti finanziari digitali elencati siano eseguiti attraverso scritturazioni su un registro per la circolazione digitale tenuto da un responsabile del registro, dal gestore di un SS DLT o TSS DLT, dalla Banca d’Italia o dal Ministero dell’economia e delle finanze o dagli ulteriori soggetti eventualmente individuati con regolamento della Consob. Quest’ultima è altresì facoltizzata ad ampliare l’elenco degli strumenti finanziari digitali assoggettati al nuovo regime [9]. Centrale, ad avviso di chi scrive e ai nostri fini, è la previsione, contenuta nell’art. 3 decreto FinTech, secondo la quale gli strumenti finanziari digitali non sono soggetti all’applicazione degli obblighi di cui alle disposizioni attuative dell’art. 83-bis, secondo comma, t.u.f. Ciò significa che ad essi non si applicano gli obblighi di dematerializzazione presso un depositario centrale previsti in via secondaria dal provvedimento unico sul post-trading della Consob e della Banca d’Italia del 13 agosto 2018, vale a dire i cc.dd. obblighi di dematerializzazione di matrice nazionale (tra cui, teoricamente, l’obbligo di intermediazione [10]). Ed infatti, detto regime è imperniato sulla gestione accentrata, ossia impone all’investitore di detenere i propri strumenti finanziari attraverso un sistema basato [...]
Nella relazione al disegno di legge n. 605 si afferma che gli artt. 5 e 6 «definiscono un sistema di regole equivalenti a quelle previste nei regimi cartolari e scritturali in merito a legittimazione, effetti del possesso in buona fede ed eccezioni opponibili». In effetti, se si procede all’analisi delle disposizioni del capo II del decreto FinTech, a cominciare dal citato art. 5 relativo agli effetti della scritturazione su registro, e contestualmente si scorre la sezione I (capo IV, titolo II-bis, parte III) del t.u.f. relativa alla gestione accentrata in regime di dematerializzazione, detta equivalenza balza agli occhi, tanto che è stata sin da subito sottolineata – seppur con accenti e intensità diversi – da coloro che, all’indomani dell’emanazione del decreto, ne hanno fornito un primo commento [17]. Entrando nel dettaglio, l’art. 5 disciplina gli effetti della scritturazione sui registri per la circolazione digitale con particolare riferimento alla legittimazione all’esercizio dei diritti relativi agli strumenti digitali, al potere di disporne e alle pretese di terzi, mentre l’art. 6 contiene la disciplina delle eccezioni opponibili da parte dell’emittente al soggetto in favore del quale è avvenuta la scritturazione sul registro. Nei due articoli successivi il legislatore si occupa poi delle modalità di esercizio dei diritti sociali, nella specie, quanto ai diritti amministrativi, del diritto di intervento in assemblea e del diritto di voto (art. 7); quanto ai diritti patrimoniali, del diritto alla distribuzione degli utili, soffermandosi sulla legittimazione al loro pagamento e al pagamento delle altre distribuzioni afferenti agli strumenti finanziari digitali. L’art. 9 è dedicato al (sempre spinoso) tema della costituzione di vincoli sugli strumenti finanziari digitali, ribadendo il principio, già espresso dall’art. 83-octies t.u.f. in relazione ai titoli emessi o rappresentati in forma scritturale [18], per cui i vincoli sugli strumenti finanziari si costituiscono unicamente mediante scritturazione nel registro. Detta scritturazione, al pari della registrazione nel conto dell’intermediario, si sostituisce al “vincolo cartolare” «non più possibile stante la ontologica assenza di una chartula» [19]. La disposizione deve intendersi riferita sia ai vincoli di natura [...]
Dopo aver tracciato, a grandi linee, il perimetro della disciplina del decreto FinTech relativa agli effetti dell’emissione e circolazione di strumenti finanziari digitali – almeno della parte più significativa ai fini del ragionamento sul rapporto tra il vecchio (o l’esistente) e il nuovo –, è opportuno soffermarsi più dettagliatamente sulle singole disposizioni, cominciando dagli effetti della scritturazione. Le più significative, se ci si pone dal lato della (garanzia di) continuità e coerenza sistematica del regime di emissione/circolazione “digitale” rispetto alle regole previgenti, sono senza dubbio le disposizioni dettate negli artt. 5 e 6; le quali, come accennato nel precedente paragrafo, non solo ripropongono le stesse soluzioni già consacrate nella disciplina di settore, ma, soprattutto, dettano regole che non si discostano dai principi codicistici in materia di legittimazione all’esercizio dei diritti incorporati in una chartula [24]. In dettaglio, l’art. 5 prevede – similmente all’art. 83-quinquies, primo comma, t.u.f., relativo ai diritti del titolare del conto acceso presso l’intermediario [25] – che il soggetto in favore del quale è effettuata la scritturazione nel registro ha la legittimazione piena ed esclusiva all’esercizio dei diritti relativi agli strumenti finanziari digitali oggetto della medesima, secondo la disciplina propria di essi e delle disposizioni del decreto, e dispone – può disporre – degli strumenti finanziari digitali in conformità con quanto previsto dalle disposizioni vigenti in materia. Entrambe le disposizioni (rispettivamente il quarto comma per l’art. 5 e il secondo comma per l’art. 83-quinquies t.u.f.), inoltre, aggiungono che colui il quale ha ottenuto la scritturazione a suo favore di uno strumento finanziario digitale in un registro o la registrazione in conto, in base a un titolo idoneo e in buona fede, non è soggetto a pretese o azioni da parte di precedenti titolari. L’art. 6, a sua volta, esplicita il principio secondo il quale all’esercizio dei diritti inerenti agli strumenti digitali da parte del legittimato l’emittente può opporre soltanto le eccezioni personali al soggetto stesso e quelle comuni a tutti gli altri titolari degli stessi diritti (riferendosi qui il legislatore a titoli di massa, [...]
Provando a trarre qualche (prima) conclusione dalla disamina delle disposizioni del decreto FinTech e dal loro confronto con la disciplina del regime scritturale, ci si chiede se il legislatore avrebbe potuto osare di più rispetto al fatto di muoversi lungo i binari della disciplina esistente, relativa ad altro e diverso fenomeno di soppressione della chartula, soprattutto optando per un approccio più flessibile quanto all’esercizio dei diritti sociali; ciò alla luce della condivisibilità (in tempo reale) delle informazioni tra i vari nodi della tecnologia a registro distribuito [35] e della rappresentazione simultanea delle movimentazioni digitali [36], nonché delle possibili configurazioni che può in concreto assumere la singola DLT [37]. Probabilmente sì (e ne è un esempio l’art. 10 decreto FinTech, che consente la formazione e la tenuta del libro dei soci e del libro degli obbligazionisti attraverso il registro per la circolazione digitale). Tuttavia, ove si consideri il contesto nell’ambito del quale è stato emanato il decreto, in continua evoluzione [38] e caratterizzato da un pilot regime ancora sulla carta – relativamente al quale il primo CSD (CSD Prague) ha ottenuto l’autorizzazione ad operare come SS DLT a partire da novembre 2024 –, è comprensibile che il legislatore italiano si sia, almeno inizialmente, mosso nel solco dell’esistente, in linea di continuità con quanto avvenne nel passaggio dal regime cartolare a quello scritturale per taluni strumenti finanziari [39]. Ciò premesso, sembra in primo luogo che, pur “riecheggiando” il nuovo regime quello scritturale, le differenze tra le due discipline non siano trascurabili, se si pone mente a quanto statuito dall’art. 3 decreto FinTech e al fatto che la circolazione dematerializzata è necessariamente intermediata e ha una struttura piramidale; nonché alla previsione – non replicata nel regime digitale – di cui all’art. 83-quinquies, terzo comma, t.u.f., che consente la concreta attuazione di una delle norme cardine della disciplina della gestione accentrata in regime di dematerializzazione [40]. In secondo luogo, si ritiene che le pur evidenti assonanze tra le due discipline siano giustificate dal fatto che entrambi i sistemi si basano su scritturazioni, contabili nel primo caso, digitali [...]