<p>Impresa Società Crisi di Palazzolo Andrea, Visentini Gustavo</p>
Rivista Orizzonti del Diritto CommercialeCC BY-NC-SA Commercial Licence ISSN 2282-667X
G. Giappichelli Editore

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I DLT financial instruments tra Legge Fintech, MiFID e T.U.F.: questioni classificatorie dei tokens (di Filippo Annunziata, Professore di International Financial Regulation, Università Bocconi, Milano; Ca' Foscari, Venezia; KU Levuen; Fellow Academic Board Member, European Banking Institute, Frankfurt)


Il nuovo mondo cripto pone, tra i vari temi, quello della qualificazione delle cripto attività ai fini del loro inquadramento giuridico. Questo contributo intende indagare questo tema esaminando il quadro normativo esistente e, in particolare, i problemi di coordinamento tra la nuova regolamentazione sui cripto mercati e la regolamentazione finanziaria tradizionale. L’indivi­duazione della disciplina di volta in volta applicabile, se la MiFID II o il MiCAR, a seconda che la cripto attività possa o meno qualificarsi come “strumento finanziario”, è un tema complesso che lascia aperte due macro-questioni. In primo luogo, le norme che individuano l’am­bito di applicazione della MiFID II rinviano a concetti propri delle legislazioni nazionali che possono anche significativamente divergere tra loro con il risultato che l’ambito di applicazione della MiFID II rimane incerto. Con un ambito di applicazione della MiFID II incerto, è incerto anche l’ambito di applicazione del MiCAR che si identifica in negativo rispetto a quello della MiFID II, ricomprendendo al suo interno tutti gli strumenti tokenizzati che non sono “strumenti finanziari”. In secondo luogo, il tema dell’individuazione della disciplina applicabile e quindi della qualificazione si intreccia con la legislazione dei singoli Stati membri. Nella legislazione italiana l’ambito di applicazione della nuova Legge Fintech e della disciplina del “prodotto finanziario” non si allineano con quello delineato dalla definizione di “strumento finanziario” della MiFID II. Questi “disallineamenti” rendono dubbio se determinati strumenti tokenizzati che non sono “strumenti finanziari” ai sensi della MiFID II debbano ricadere nell’ambito di applicazione dalla nuova Legge Fintech, o nella disciplina del “prodotto finanziario”, o, ancora, nella categoria di applicazione residuale del MiCAR degli “other than...”. Il contributo intende trattare questi temi e indagarne le implicazioni sulla tenuta delle categorie tradizionali e delle nozioni fondamentali della regolamentazione finanziaria dell’UE.

DLT financial instruments between Fintech Law, MiFID and the Italian Consolidated law on finance: classification issues of tokens

The new crypto world raises, among other issues, that of the qualification of crypto assets for the purposes of their legal treatment. This article aims to investigate this issue by examining the existing regulatory framework and, in particular, the problems of coordination between the new regulation on crypto markets and traditional financial regulation. The identification of which regulation is applicable each time, whether MiFID II or MiCAR, depending on whether the crypto asset can qualify as a “financial instrument” or not, is a complex issue that leaves open two macro-questions. First, the rules identifying the scope of MiFID II refer to concepts specific to national laws that may also significantly differ from each other with the result that the scope of MiFID II remains uncertain. With the scope of MiFID II being uncertain, the scope of MiCAR is also uncertain, which is identified in the opposite way to that of MiFID II, including all tokenized instruments that are not “financial instruments.” Second, the issue of identifying the applicable regulation and thus the legal qualification is also intertwined with the legislation of individual member states. In Italian law, the scope of application of the new Fintech Law and the “financial product” regulation does not match that outlined in MiFID II’s definition of “financial instrument.” These “mismatches” make it unclear whether certain tokenized instruments that are not “financial instruments” within the meaning of MiFID II should fall under the scope of application of the new Fintech Law, or under the “financial product” regulation, or under MiCAR’s “other than...” residual category. The article aims to address these issues and investigate their implications on the validity of traditional categories and core notions of EU financial regulation.

Sommario/Summary:

1. Premessa. - 2. La Legge Fintech (10 maggio 2023, n. 52). - 3. Il Pilot Regime. - 4. MICAR. - 5. MiCA e MiFID: a che punto siamo? - 6. Conclusioni. - NOTE


1. Premessa.

Le presenti note intendono indagare, senza pretese di completezza, talune questioni che riguardano la qualificazione delle cripto attività e la disciplina loro applicabile: segnatamente, quelle che si pongono là dove si tratti di stabilire se una certa cripto attività sia regolata dalla disciplina finanziaria tradizionale, ad esempio quella derivante dalla MiFID II [1], o se invece sia soggetta alla nuova disciplina eurounitaria, introdotta appositamente per regolare il fenomeno, ossia il Regolamento MiCA (“MiCAR”) [2]. Il tema della qualificazione è complesso e, al momento, non risolvibile in via definitiva: troppe sono le lacune della disciplina europee, troppe le fughe in avanti dei legislatori nazionali, troppe le divergenze che connotano le relative interpretazioni, anche per la sostanziale assenza di una giurisprudenza delle Corti europee sul punto. In tale contesto, ulteriori complessità derivano dal rapporto “verticale” tra discipline nazionali e discipline UE. Con specifico riferimento alle nozioni recate da MiFID II – che, ai fini che qui interessano, assumono portata centrale, anche se esse non esauriscono certo tutte le fattispecie potenzialmente osservabili – esse rinviano a concetti propri delle legislazioni nazionali che possono anche significativamente divergere tra loro. Una cripto attività, per essere uno “strumento finanziario” e rientrare nell’ambito di applicazione della MiFID II, con conseguente esclusione dal MiCAR, necessita di una disamina che si svolge a due livelli: il primo è rappresentato dalla legislazione dei singoli stati UE, che, come si avrà modo di osservare, individua e definisce nozioni base quali “azioni”, “obbligazioni”, ecc.; il secondo livello è rappresentato dai requisiti posti dalla disciplina MiFID affinché quegli strumenti disciplinati dal diritto interno – ad esempio, le azioni o obbligazioni – siano ricompresi nel suo ambito di applicazione, come l’appartenenza ad una “classe” o la “negoziabilità”. In assenza di una piena armonizzazione delle legislazioni nazionali, e di una notevole incertezza interpretativa per quanto attiene alle nozioni ex-MiFID, il quadro delle tassonomie rimane incerto e così quello del Regolamento MiCA, che si applica a quegli strumenti (tokenizzati) che non rientrano tra [...]


2. La Legge Fintech (10 maggio 2023, n. 52).

Giova prendere le mosse dall’analisi dell’intervento del legislatore italiano in tema di cripto attività, ovvero la l. 10 maggio 2023, n. 52 (c.d. Legge Fintech) di conversione del d.l. 17 marzo 2023, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di emissioni e circolazione di determinati strumenti finanziari in forma digitale e di semplificazione della sperimentazione FinTech. La novella intende rispondere alla straordinaria necessità e urgenza di adottare le disposizioni necessarie per conformarsi alla modifica che il Regolamento (UE) 2022/858 [9] – che stabilisce un regime pilota per le infrastrutture di mercato basate sulla tecnologia a registro distribuito (c.d. Pilot Regime) – ha apportato all’art. 4, par. 1, punto 15), della MiFID II. Siffatta modifica ha incluso nella definizione di “strumento finanziario” anche gli strumenti che sono emessi e circolano mediante tecnologia a registro distribuito purché, ovviamente, siano riconducibili alla definizione di “strumento finanziario”. La Legge intende disciplinare la disciplina che sorregge l’emissione e la rappresentazione di strumenti finanziari in forma digitale, mediante il ricorso alla tecnologia a registro distribuito [10]. L’art. 2 della Legge, che ne definisce l’ambito di applicazione, dispone: «1. Le disposizioni dei capi I, II, III e V del presente decreto si applicano con riferimento alle seguenti categorie di strumenti finanziari: a) alle azioni di cui al libro quinto, titolo V, capo V, sezione V del codice civile; b) alle obbligazioni di cui al libro quinto, titolo V, capo V, sezione VII del codice civile; c) ai titoli di debito emessi dalle società a responsabilità limitata ai sensi dell’articolo 2483 del codice civile; d) agli ulteriori titoli di debito la cui emissione è consentita ai sensi dell’or­dinamento italiano, nonché ai titoli di debito regolati dal diritto italiano emessi da emittenti diversi dagli emittenti italiani; e) alle ricevute di deposito relative ad obbligazioni e ad altri titoli di debito di emittenti non domiciliati emesse da emittenti italiani; f) agli strumenti del mercato monetario regolati dal diritto italiano; g) alle azioni o quote di organismi di investimento collettivo del risparmio italiani di cui all’articolo 1, comma 1, lettera l), del TUF. 2. Resta fermo quanto previsto dall’articolo [...]


3. Il Pilot Regime.

Il Regolamento (UE) 2022/858 (c.d. “DLT Pilot Regime” o “Pilot Regime”) trova applicazione, ai sensi del combinato disposto dell’art. 2, punti (11) e (12) e dell’art. 3, ad azioni, obbligazioni e quote di OICR “tokenizzati”. Tali strumenti rappresentano un sottoinsieme degli “strumenti finanziari” di cui alla MiFID II nonché – secondo le conclusioni avanzate nel paragrafo precedente – della categoria degli strumenti soggetti alla Legge Fintech. Tuttavia, il Regolamento, e in particolare l’art. 18, modifica la nozione di “strumento finanziario” contenuta nella MiFID II. In particolare, l’art. 4, par. 1, punto 15), della MiFID II viene così riformulato: «15) “strumento finanziario”: qualsiasi strumento riportato nella sezione C dell’allegato I, compresi gli strumenti emessi mediante tecnologia a registro distribuito». Questo intervento di modifica è stato motivato alla luce del noto adagio della c.d. neutralità tecnologica della regolamentazione. Ai fini dell’applicazione della disciplina MiFID, infatti, non dovrebbe rilevare la tecnologia con la quale lo strumento viene emesso e circola: se esso è emesso e circola con la tecnologia a registro distribuito, lo strumento può benissimo essere uno “strumento finanziario” soggetto alla MiFID II purché ne presenti i tratti definitori. Il principio della neutralità tecnologica vuole, in tal caso, che non vi sia discriminazione ai fini dell’applicazione della MiFID II in ragione dell’impiego di un determinato tipo di tecnologia o di modalità di emissione/rappresentazione dello strumento in questione. Peraltro, il Pilot Regime è stato proprio concepito per creare un quadro normativo che consenta di sperimentare la tecnologia a registro distribuito su strumenti finanziari che rientrano nel campo di applicazione della MiFID II. Il Regolamento adotta, quindi, un sistema – tipico delle cc.dd sandbox – di eccezioni e deroghe alla regolamentazione finanziaria UE di guisa che i soggetti interessati possano operare in un quadro normativo “snello” e funzionale alle esigenze della sperimentazione. Tuttavia, dal momento che le deroghe ed eccezioni alla disciplina vigente possono creare dei vuoti di tutela, il Regolamento prevede talune soglie quantitative per la sperimentazione. [...]


4. MICAR.

Come si è detto, il Regolamento (UE) 2023/1114 (“MiCAR”), non si applica agli “strumenti finanziari” come definiti e regolati dalla MiFID II. Il Regolamento distingue le cripto attività che non sono “strumenti finanziari” in tre sottocategorie: (i) la prima ricomprende le cripto attività che mirano a stabilizzare il loro valore facendo riferimento a una sola valuta ufficiale; esse sono definite “token di moneta elettronica” (o, secondo l’acronimo inglese, “EMT”) e sono l’equivalente in forma tokenizzata della c.d. moneta elettronica disciplinata dalla direttiva 2009/110/CE (come successivamente modificata) [12]; (ii) la seconda ricomprende le cripto attività chiamate in lingua inglese “asset-referenced token” (“ART”): queste cripto attività mirano a stabilizzare il proprio valore facendo riferimento a un altro valore o diritto, o a una combinazione di questi, tra cui una o più valute ufficiali. Nella prassi, proprio per la loro funzione di stabilizzare il proprio valore ancorandolo ad un valore esterno, sono note come “stablecoin” [13]; (iii) la terza, residuale, ricomprende – seguendo un approccio “catch-all” – tutte le altre cripto attività, diverse dagli EMT e dagli ART; tra queste cripto attività, note come i token “other than...”, rientrano i “token di utilità” [14], ovvero quelle cripto attività che, nella definizione del MiCAR, sono destinate esclusivamente a fornire l’accesso a un bene o a un servizio fornito dal suo emittente [15]. Ciò detto, si possono porre a raffronto i vari tasselli del quadro normativo esistente: la MiFID II, il MiCAR, il Pilot Regime e, nella legislazione nazionale, la Legge Fintech, nonché la disciplina del “prodotto finanziario”, la quale ultima rileva ai fini dell’applicazione della normativa in materia offerta al pubblico. Dal confronto emergono, nuovamente, complesse questioni definitorie e di tassonomia. Per chiarire il tema, giova nuovamente muovere dall’esempio di azioni tokenizzate che difettano del requisito della negoziabilità. Come si è detto, tali azioni restano escluse dall’ambito di applicazione della MiFID II e del Pilot Regime, ma – ad avviso di chi scrive – rientrerebbero [...]


5. MiCA e MiFID: a che punto siamo?

Posto che le cripto attività che non rientrano nella definizione di “strumento finanziario” della MiFID II ricadono nell’ambito di applicazione del MiCAR, la delimitazione dei rispettivi ambiti di applicazione delle due discipline richiede un confronto tra la tassonomia adottata dalla MiFID II e la tassonomia adottata dal MiCAR. Questo confronto fa emergere tre principali aree di criticità: (i) la prima, alla quale abbiamo già accennato, è conseguenza degli incerti confini della nozione di “strumento finanziario” ai sensi della MiFID II: la nozione, infatti, poggia su concetti che non sono definiti dalla MiFID stessa ma dalla legislazione dei singoli stati UE, non pienamente armonizzata (ad es. i concetti di “azione”, “obbligazione”, ecc.) e si avvale di ulteriori nozioni di incerto inquadramento (“categoria di valori”, “negoziabilità”, “mercato dei capitali”, ecc.); (ii) la seconda è rappresentata dall’esistenza di nozioni domestiche – come quella italiana di “prodotto finanziario” – più ampie dello “strumento finanziario”, che potrebbero attrarre nel proprio ambito di applicazione anche cripto attività che rientrerebbero invece nella categoria residuale dei token “other than...” prevista dal MiCAR; (iii) la terza nasce dal confronto tra gli strumenti derivati che rientrano nella nozione di “strumenti finanziari” della MiFID II, e le cripto attività con una componente derivata che hanno come sottostante un “bene” o una “merce”. Queste ultime, come vedremo, dovrebbero rientrare nell’ambito di applicazione del MiCAR quando presentano una natura finanziaria. Di seguito si formulano alcune sintetiche riflessioni sulle tre aree di criticità sopra rilevate. La prima area di criticità riguarda, in vero, l’interazione tra la regolamentazione finanziaria tradizionale e la (nuova) regolamentazione delle cripto attività. Questa interazione è resa complessa dall’intersezione tra la legislazione finanziaria dell’UE e la legislazione nazionale degli Stati membri. Il fatto che la MiFID II usi nell’ambito della nozione di “strumento finanziario” concetti che non definisce ma che trae dalla disciplina degli Stati membri comporta che la nozione di [...]


6. Conclusioni.

La qualificazione delle cripto attività nella legislazione esistente è un esercizio a dir poco complesso. L’approccio adottato dal legislatore europeo è analitico, basato su tassonomie apparentemente puntuali. Tuttavia, l’ambito di applicazione della disciplina delle cripto attività è difficile da individuare perché esso dipende da quello della regolamentazione finanziaria pre-esistente, i cui confini sono resi labili anche dai diritti nazionali che si applicano in aggiunta al diritto UE. L’approccio dell’UE, che si sforza di fornire una maggiore certezza giuridica ex-ante attraverso una legislazione dettagliata e prescrittiva, si scontra, in definitiva, con l’incapacità delle norme di disciplinare in modo chiaro gli aspetti più rilevanti. Il nuovo Regolamento MiCA si inserisce poi in un contesto regolamentare che rimane frammentato, caratterizzato da un insufficiente coordinamento con il substrato delle regole nazionali di diritto societario e privato, da cui conseguono particolari effetti negativi sul piano della certezza del confine tra MiCAR e MiFID. Questi aspetti mettono in dubbio il già discutibile (ad avviso di chi scrive) principio di neutralità tecnologica, di cui, come abbiamo visto, la disciplina dell’UE dichiara di essere espressione. A ben vedere, in questa intricata materia, non vi è, salvo pochi casi (il Pilot Regime) alcuna neutralità tecnologia: piuttosto, la nuova tecnologia a registro distribuito mette in crisi le categorie tradizionali. Da ciò potrebbe, o forse dovrebbe, derivare lo stimolo ad un ripensamento radicale di nozioni fondamentali, come quella di strumento finanziario, nel contesto della disciplina del mercato dei capitali UE. Un nuovo approccio che sia, in definitiva, più attento a profili funzionali, piuttosto che a quelli formali del variopinto universo di strumenti che si rinviene nelle definizioni del diritto dell’Unione.


NOTE