Rivista Orizzonti del Diritto CommercialeISSN 2282-667X
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L'esdebitazione nell'attuazione del patto marciano disciplinato dall'art. 48-bis T.U.B. (di Francesco Moscogiuri, Laureato in Giurisprudenza, Sapienza Università di Roma)


La formula negoziale di autotutela esecutiva del credito, introdotta dal nuovo art. 48-bis T.U.B., solleva diversi problemi interpretativi. Uno di questi riguarda la cosiddetta esdebitazione nel caso di garanzia incapiente. Nel silenzio legislativo, in dottrina sono state prospettate tutte le soluzioni ipotizzabili. Più convincente appare quella che ammette l’esde­bitazione solo per accordo espresso delle parti, con effetto che potrebbe essere, secondo l’intento, di semplice inesigibilità della prestazione o di estinzione dell’obbligazione.

The discharge in the implementation of the

The credit’s executive self-protection, it was introduced by the new art. 48-bis T.U.B., presents several problems of interpretation. One of these concerns the debt’s extinction when the guarantee is insufficient. In the law’s silence, all the possible solutions have been proposed by law’s experts. It is more plausible to admit the debt’s extinction only by express agreement of the parties. The effect can be, according to the agreement, the simple unforceability or the radical extinction of the obligation.

KEYWORDS: pactum marcianum – agreement on forfeitur – debtor’s discharge

Sommario/Summary:

1. La pluralità di "soluzioni marciane" ... - 2. ... e il problema dell'esdebitazione nell'art. 48-bis T.U.B. - 3. L'intreccio dogmatico: l'esdebitazione e la "funzione" delle alienazioni commissorie. - 4. Segue: il fondamento concettuale e pratico della funzione di garanzia nelle alienazioni commissorie. - 5. Segue: la funzione di garanzia delle alienazioni commissorie e la mo­dalità condizionale dell'efficacia. - 6. Segue: la "relativa" indipendenza del problema dell'esdebitazione dalla "funzione" delle alienazioni commissorie. - 7. Le modulazioni argomentative dell'orientamento favorevole all'e­sdebitazione. Critica e rassegna degli argomenti contrari. - 8. Segue: se i vantaggi (per il creditore) dell'autotutela esecutiva del credito possano costituire il fondamento razionale idoneo a giustificare l'esdebitazione. - 9. L'ammissibilità dell'esdebitazione solo come conseguenza di una pattuizione espressa - NOTE


1. La pluralità di "soluzioni marciane" ...

Anche tralasciando ogni riferimento alle connessioni con la cosiddetta «economia del debito» [1], con le basi ideologiche da cui muove il riformismo di questi ultimi decenni [2], con la letteratura “efficientista” di law and develop­ment [3], restano pur sempre molte le ragioni che hanno portato in auge – non soltanto negli ordinamenti giuridici nazionali, ma a diversi “livelli” della esperienza giusprivatistica attuale [4] – l’antico patto marciano e le modalità di cosiddetta autotutela esecutiva del credito [5]. Sono ragioni ormai ampiamente note: fornire ai privati rimedi idonei ad evitare le lentezze e i costi delle forme giurisdizionali di tutela del credito [6]; adeguare i sistemi di garanzia delle obbligazioni, a volte obsoleti, ai mutamenti intervenuti in una realtà economica sempre più dinamica e globalizzata [7]; tentare di arginare l’accumulo dei NPLs bancari, accentuato dalla Grande Recessione degli anni 2007 e seguenti, favorendo la cedibilità dei crediti in virtù di garanzie dalla più facile realizzazione [8]; elevare il grado di efficienza nella tutela del credito per agevolare il finanziamento degli investimenti e dei consumi e, in definitiva, stimolare così la crescita economica. I potenziali benefici del “patto marciano” hanno convinto anche il nostro legislatore. A differenza di altri, adoperatisi con risultati forse discutibili nel merito ma certo pensati più organicamente all’insegna di una regola marciana di applicazione generale [9], il nostro è però intervenuto, con tale soluzione e con ampiezza nella materia delle garanzie (reali) del credito, solo di recente e in maniera, per vero, alquanto scomposta. L’esito è costituito dalla presenza nel nostro ordinamento di una pluralità di formule contrattuali creditizie [10], nelle quali al creditore è consentito di avvalersi di meccanismi negoziali (cioè interamente stragiudiziali, se si escludono le ipotesi dei commi 10 e seguenti dell’art. 48-bis) di attuazione della garanzia e, a favore del debitore inadempiente, sono previste protezioni di vario tipo (inadempimento “qualificato”, oneri “procedimentali” del creditore ecc.), che si aggiungono al diritto di ricevere l’eventuale eccedenza di valore [...]


2. ... e il problema dell'esdebitazione nell'art. 48-bis T.U.B.

Un effetto di questo tessuto legislativo così sfilacciato e del conseguente disordine sistematico può essere considerato il problema dell’esdebitazione nel caso di attuazione, (anche) con garanzia incapiente, del marciano previsto dall’art. 48-bis T.U.B. [29]. Prima però di affrontare l’argomento, occorre almeno avvertire che, sotto l’aspetto pratico, la questione dovrebbe porsi con rara frequenza, per molti motivi. Anzitutto, perché il nuovo marciano, seppure dovesse diffondersi come strumento di garanzia, porrebbe più probabilmente – in linea con la prassi più comune – il problema opposto a quello derivante dalla garanzia insufficiente, cioè quello della sproporzione in eccesso della garanzia rispetto al debito [30]. Poi, perché il comma 2 dell’art. 48-bis attribuisce al creditore lo jus eligendi fra l’attuazione del patto di garanzia e l’utilizzo dei rimedi ordinari; e poiché non è escluso il cumulo fra ipoteca e alienazione marciana dello stesso cespite ipotecato, risulta poco probabile che il creditore professionale – cui la garanzia dovrebbe essere riservata ai sensi del comma 1 – non sappia premunirsi, nella misura e nelle forme adeguate, contro l’eventualità di dover attuare il marciano con garanzia incapiente. Infine – last but not least – perché, carico com’è di profili problematici e di farraginose rigidità, il nuovo strumento di garanzia sembra godere di poco successo presso gli operatori economici, tanto più che subisce la concorrenza di una garanzia ipotecaria che si evolve nel senso dello snellimento delle procedure di escussione (v. il riformato art. 532, comma 2, c.p.c.). Ciò detto, quella della garanzia incapiente, seppur molto poco probabile, non si può considerare una mera ipotesi di scuola: i valori immobiliari possono subire oscillazioni notevoli nel tempo; il creditore, poi, deve decidere se avvalersi della garanzia marciana quando ancora non può conoscere il valore di stima del bene offerto in garanzia (v. l’art. 48-bis comma 5). Non si può escludere, dunque, che la garanzia immobiliare costituita ai sensi del comma 1, pur inizialmente sufficiente, possa nel tempo ridurre il proprio valore ad un livello inferiore all’ammontare del debito garantito e che il [...]


3. L'intreccio dogmatico: l'esdebitazione e la "funzione" delle alienazioni commissorie.

Sotto il profilo costruttivo della determinazione della norma utile, quello della esdebitazione costituisce forse uno dei problemi di maggior impegno [48] e di particolare rilevanza «dogmatica», almeno quando se ne ricerchino, così come in realtà è stato fatto in prevalenza, la corretta impostazione e la soluzione sul piano della funzione “causale” [49], cioè della causa solutoria ovvero di garanzia, del patto marciano e, in generale, delle alienazioni commissorie [50]. Tema su cui occorre soffermare l’attenzione nei suoi riferimenti generali, anche perché interferisce, ripetutamente e per diversi aspetti, con l’interpreta­zione e l’(ampia) integrazione necessaria a dare organicità alla disciplina della formula negoziale di finanziamento e garanzia del credito introdotta con l’art. 48-bis [51]. Complice l’inclusione nella categoria delle alienazioni in garanzia e l’asso­ciazione legislativa alle garanzie reali e all’anticresi, l’identificazione del patto commissorio con la costituzione di una particolare forma atipica di garanzia è talora considerata un dato del tutto scontato. In realtà, riguardo alla determinazione della essenziale finalità delle stipulazioni commissorie, superata definitivamente l’antica opinione della “causa” di scambio [52], gli orientamenti dogmatici sono radicalmente divisi fra le due opzioni fondamentali della funzione di garanzia e della funzione solutoria [53] e quella della funzione composita, cioè comprensiva di entrambe le funzioni, che talora non sono ritenute rigorosamente alternative [54]. Una prima importante sistemazione nella materia del patto commissorio avviene nella dottrina tedesca dei primi del ‘900. Superando alcune concettualizzazioni meramente descrittive o l’inaccettabile accostamento alla figura della compravendita, si attribuisce alla stipulazione commissoria una funzione unitaria eminentemente solutoria, attraverso l’inquadramento della stes­sa nella figura della datio in solutum [55]. In aperto dissenso da questa risalente (e mai del tutto abbandonata) dottrina, nella prima moderna trattazione organica della materia elaborata nel nostro paese, le stipulazioni commissorie sono invece considerate tipiche ipotesi di alienazione in funzione di garanzia, [...]


4. Segue: il fondamento concettuale e pratico della funzione di garanzia nelle alienazioni commissorie.

Sia la costruzione del patto commissorio come alienazione in garanzia, sia quella del patto configurato nei termini del contratto con esclusiva funzione solutoria, sembrano contenere una verità di fondo. Se così si può dire, l’errore sta nel considerare le due concezioni come alternative, cioè non conciliabili l’una con l’altra. In realtà, entrambe le funzioni, intese per ora genericamente, sembrano coessenziali alla stipulazione commissoria, tanto che parte della dottrina più recente ritiene le due causae – solvendi e cavendi – coesistenti, in maniera simultanea o, eventualmente, consecutiva [66]. Può dirsi, anzi, che le due funzioni sono in rapporto di vicendevole implicazione. Ma occorre chiarire questo punto, perché una conclusione sincretistica, alla fine, risulterebbe semplicemente ambigua, se non intrinsecamente erronea, e forse priva di ogni utilità pratica e sistematica. Posto che le espressioni funzione di garanzia e funzione solutoria hanno una forte carica di indeterminatezza, può essere utile, per non cadere nelle trappole di una terminologia polisensa, seguire le riflessioni condotte sulla figura della cessione del credito. Un banco di prova estremamente sensibile in quanto, notoriamente, tale cessione può svolgere l’una o l’altra finalità, propriamente intese sotto il profilo della fondamentale connotazione funzionale del negozio. Sul piano fenomenologico, appunto allo scopo di distinguere le cessioni con la diversa finalità, è stata delineata l’identità delle due funzioni nei seguenti termini: le garanzie hanno il carattere della sussidiarietà, perché sono risorse che vengono utilizzate solo in caso di inadempimento, e hanno la finalità di «rafforzare la pretesa del creditore, attribuendogli dei poteri che possono essere esercitati solo quando sia venuta a mancare la collaborazione del­l’obbligato principale»; gli strumenti solutori, invece, «servono a soddisfare – con maggiore o minore immediatezza – l’interesse all’adempimento della prestazione» [67]. Se il criterio distintivo tra le due funzioni viene agganciato alle priorità fissate nel regolamento contrattuale, come sembra giusto che sia fatto, allora si [...]


5. Segue: la funzione di garanzia delle alienazioni commissorie e la mo­dalità condizionale dell'efficacia.

Il nesso di dipendenza che il regolamento commissorio pone fra l’avverarsi dell’inadempimento e la vicenda traslativa fa sì che il creditore, in caso di inadempimento, venga immesso (automaticamente o per sua scelta «potestativa») nella titolarità di un altro diritto, solitamente di proprietà (o, quanto meno, di un diritto di credito che non richieda la cooperazione del medesimo debitore principale). In termini economici, prendendo come riferimento il caso classico del mutuo garantito con l’alienazione commissoria di un diritto di proprietà, si può ravvisare nella vicenda un recupero dello scambio fra moneta e bene nel caso di fallimento dello scambio fra moneta attuale e moneta futura. In termini giuridici, è un modo di sostituire, almeno se l’operazione è lecita ed è tecnicamente ben confezionata, «la tutela reale … alla tutela risolutoria» [77]. Il creditore, infatti, attraverso il programma negoziale di tipo condizionale, neutralizza il rischio dell’inadempimento, divenendo titolare di un altro diritto nel caso in cui il diritto di credito resti insoddisfatto. Anche al debitore, però, grazie alla stessa operatività di tipo condizionale, è garantito il recupero automatico del diritto alienato in garanzia al momento stesso dell’adempimento, senza i rischi propri dei trasferimenti fiduciari [78]. La relazione che il regolamento negoziale commissorio istituisce fra l’ina­dempimento di un’obbligazione e il trasferimento del diritto rende del tutto pertinente il richiamo al «modello condizionale», in funzione però di un utilizzo del meccanismo della condizione che in generale può anche (e, nel nostro caso, dovrebbe opportunamente) prescindere dalla configurazione dell’evento incerto, costituito dall’inadempimento, come vera e propria condizione negoziale [79]. La mera condizionalità dell’effetto giuridico, come si osserva giustamente, non è il presupposto sufficiente a richiamare il concetto tecnico della condizione negoziale. Perché un «evento» possa definirsi propriamente condizione contrattuale, è necessaria la presenza di determinati «caratteri distintivi» e la corrispondenza «ad un interesse integrativo e peculiare, reso rilevante e valorizzato nel contesto dello schema tipico (o [...]


6. Segue: la "relativa" indipendenza del problema dell'esdebitazione dalla "funzione" delle alienazioni commissorie.

Tornando al problema specifico dell’esdebitazione nell’attuazione, con cespite incapiente, del patto di garanzia previsto nell’art. 48-bis, si potrebbe affermare che la conclusione raggiunta circa la essenziale funzione di garanzia delle alienazioni commissorie dovrebbe condurre de plano alla soluzione negativa. Nell’assenza di una deroga legislativa espressa all’art. 2740 comma 2 c.c., si dovrebbe infatti applicare la regola generale secondo la quale il diritto di credito, nella misura in cui risulti insoddisfatto, permane pur dopo l’escus­sione della garanzia specifica. Va detto però che, in punto di principio, gli argomenti utili a sorreggere la tesi negatrice dell’esdebitazione, così come quelli funzionali alla affermazione della tesi contraria, potrebbero anche dissociarsi, come in effetti, in alcune dottrine, è anche accaduto, dalla attribuzione al patto marciano della funzione di garanzia o, viceversa, di quella solutoria in senso proprio. La scelta, fra l’una o l’altra di queste ultime impostazioni, certamente attribuisce una maggiore coerenza dogmatica alle conclusioni contrarie o, viceversa, a quelle favorevoli all’esdebitazione; ma l’alternativa che si pone in merito alla funzione causale delle stipulazioni commissorie, pur importante a vari fini costruttivi [93], non appare di per sé tanto decisiva quanto invece è stata solitamente considerata. Nulla vieta, infatti, di ipotizzare un contratto con funzione solutoria che risulti soltanto parzialmente estintivo di un’obbligazione [94]; così come, per converso, secondo i più recenti sviluppi della dottrina, non sarebbe impedito alle parti limitare negozialmente la responsabilità patrimoniale a un dato cespite concesso in garanzia e, conseguentemente, attribuire alla escussione di quella garanzia, quand’anche il credito dovesse rimanere parzialmente insoddisfatto, l’effetto preclusivo della residua pretesa creditoria o radicalmente estintivo dell’obbligazione [95]. Dunque, si potrebbe ben contrastare l’automatismo della soluzione tratta dalla natura “causale” dell’alienazione commissoria, affermando che il contratto solutorio determina normalmente, ma non necessariamente, l’estinzione dell’obbligazione; per contro, l’escussione o l’appropriazione [...]


7. Le modulazioni argomentative dell'orientamento favorevole all'e­sdebitazione. Critica e rassegna degli argomenti contrari.

Contro la tesi, invero maggioritaria, che nega l’effetto di esdebitazione, nel caso di estinzione solo parziale del debito, sono state formulate alcune più specifiche e penetranti obiezioni, che fanno perno sostanzialmente sui seguenti argomenti: (a) l’anomalia di una datio in solutum soltanto parziale o di un trasferimento in facultate solutionis che non sia anche estintivo dell’obbliga­zione [113]; (b) il carattere formalistico dell’argomento ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit, introdotto attraverso il confronto fra l’art. 120-quinquiesdecies (ove l’estinzione dell’obbligazione garantita con il patto marciano è stabilita espressamente), e il patto di garanzia dell’art. 48-bis, che invece in proposito tace e, quindi, dovrebbe legittimare la conclusione negativa riguardo all’am­missibilità dell’esdebitazione [114]; (c) il fatto che la liberazione del debitore con una prestazione alternativa inferiore al valore del debito costituisca sì per lui un arricchimento ma «pur sempre deducibile in realtà da uno jus eligendi com­piuto a monte dal creditore» [115]; (d) l’esigenza di realizzare le finalità del nuovo istituto, che sono anche quelle di «di abbattere il contenzioso dell’esecuzio­ne forzata» e di offrire all’imprenditore uno strumento che possa facilitarne gli investimenti, finalità che sarebbero in contrasto o comunque non incentivate dalla mancata esdebitazione [116]; (e) l’obiettivo di fornire, nell’applicazione degli artt. 48-bis e 120-quinquiesdecies, un senso omogeneo al principio della par condicio creditorum e, quindi, di tutelare, in entrambi i casi allo stesso modo, la posizione dei terzi creditori di fronte al creditore che, avvalsosi del patto marciano, faccia poi valere, per la parte di credito rimasta insoddisfatta, la garanzia generica sui beni residui del debitore, considerato che questi beni costituiscono «i soli cespiti su cui gli altri creditori, chirografari o con un titolo di prelazione postergato, possano pensare di soddisfarsi … non in concorso col primo, già avvalsosi di un diverso adempimento» [117]. Riguardo ad alcune di queste obiezioni, si è osservato che, in generale, sono senz’altro dotate di una certa [...]


8. Segue: se i vantaggi (per il creditore) dell'autotutela esecutiva del credito possano costituire il fondamento razionale idoneo a giustificare l'esdebitazione.

Non appare parimenti condivisibile l’orientamento che, pur non ravvisando nel patto marciano «una causa solutionis, poiché il suo effetto non consiste nel consentire un recupero del contenuto originario dell’obbligazione», attribuisce alla sua attuazione l’effetto estintivo della «situazione debitoria» in quanto «rappresenta l’esplicazione [...] di una regola di responsabilità patrimoniale di­versa da quella generale di cui all’art. 2740 c.c. […] e consistente nella destinazione di un bene determinato alla soddisfazione della posizione creditoria mediante un’esecuzione forzata di natura privata» [138]. Sull’impostazione di fondo riguardo alla funzione di garanzia delle alienazioni commissorie, non dissimile da quella qui seguita, si deve evidentemente concordare. Discutibile è invece il corollario tratto in ordine al problema del­l’estinzione dell’obbligazione [139]. C’è in realtà uno iato fra quest’effetto e l’at­to con il quale viene destinato «un bene determinato alla soddisfazione della posizione creditoria mediante un’esecuzione forzata di natura privata». L’alie­nazione commissoria, costituisce una garanzia assimilabile alle garanzie reali e, per questo motivo, destina – secondo la già indicata modalità condizionale – un cespite determinato alla funzione di garanzia. È perciò un atto (a) che costituisce una posizione preferenziale in capo al creditore e (b) che lo abilita all’escussione “privata” del bene destinato alla garanzia. Quale dei due elementi dovrebbe essere la causa efficiente dell’effetto estintivo o, almeno, rappresentare una ragione sufficiente a giustificarla? Non la destinazione a garanzia del credito di un bene determinato (e la preferenza accordato a un creditore a danno degli altri), visto che l’ipoteca o il pegno operano in maniera analoga e non comportano, nel caso di garanzia incapiente, l’esclusione della garanzia patrimoniale generica. Nemmeno, però, l’esecuzione forzata non giudiziale ma di natura privata, considerato che l’esdebitazione è riconosciuta in ipotesi di esecuzioni concorsuali, giurisdizionali o private, ma non nelle esecuzioni individuali. Vero è che una regola di responsabilità [...]


9. L'ammissibilità dell'esdebitazione solo come conseguenza di una pattuizione espressa

Vero è che, in una logica di ricostruzione complessiva di tutte le nuove fattispecie di cautela marciana, sembrerebbe più lineare una soluzione negativa circa l’effetto di esdebitazione nella realizzazione del patto previsto nell’art. 48-bis [146]. Nella prospettiva del confronto fra le regole dei nuovi marciani, infatti, sembra emergere con maggior forza la carenza di una fonte legale utile a giustificare, nell’art. 48-bis, la limitazione di responsabilità ex art. 2740 comma 2 c.c. È ben vero che in astratto è debole e formalistico l’argomento a contrario che, attraverso il confronto dell’art. 48-bis con l’art. 120-quinquiesdecies e con le disposizioni della legge 2 aprile 2015 n. 44 sul prestito vitalizio ipotecario, si potrebbe costruire sulla base del brocardo ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit [147], specie se la voluntas del legislatore non è sorretta da buone «capacità e preparazione» [148]: la natura «consumeristica» delle disposizioni di raffronto, come giustamente si nota, dovrebbe impedire di invocarle come supporto di una soluzione negatrice dell’effetto di esdebitazione [149]; epperò anche come fonte legittimante un’interpretazione dell’art. 48-bis conforme alle altre disposizioni che prevedono l’esdebitazione, giacché altrimenti si aprirebbe forse la via, per la finalità di rendere omogeneo il trattamento degli “altri” creditori in tutti i “nuovi marciani” [150], al paradossale principio opposto dell’ubi lex voluit tacuit. Accompagnato da altri argomenti, come quelli già passati in rassegna, e comunque controllato nella razionalità degli effetti in concreto prodotti, il richiamo alla voluntas legis perde le caratteristiche di debolezza e formalismo da cui può essere in generale connotato e, in ogni caso, dovrebbe imporre l’o­nere, a chi voglia disattenderlo, di indicare un fondamento logico-sistematico e assiologico forte, idoneo a superare quelle indicazioni testuali che sembrano orientare diversamente i risultati interpretativi. Fondamento che, invero, allo stato, non sembra che possa essere individuato e sostenuto con forza argomentativa dirimente riguardo all’affermazione dell’esdebitazione [...]


NOTE